Abitare supportato in salute mentale. Un modello di integrazione fra servizi socio-sanitari e associazionismo
Autori
(1) già prof. di Sociologia Politica all’Università di Messina, Presidente di Solaris odv
(2) Utente Esperto di scrittura e appassionato di libri.
Congresso SIEP, Bologna 23-25 novembre 2023
1. Introduzione
L’articolo fa riferimento all’esperienza di abitare autonomo supportato che Solaris odv sostiene dal 2002 nel II Municipio di Roma Capitale. Si tratta di un progetto pilota “Le chiavi di casa”, per pazienti con sofferenza mentale, anche grave, sperimentato ormai da oltre 20 anni. E può considerarsi un caso concreto di attuazione della Recovery in cui, a partire dai bisogni dei soggetti, si attivano tutte le risorse possibili a disposizione e costituisce quindi un esempio concreto di budget di salute.
Per dare una idea indicativa della dimensione dell’esperienza, ad oggi Solaris odv ha attivato 14 alloggi autonomi, dove vivono 23 pazienti in coppia o singolarmente, altri 7 utenti vengono seguiti in famiglie problematiche (con genitori anziani o disabili).
Si tratta quindi di un totale complessivo di 30 utenti supportati in un percorso di abitare autonomo. Delle persone che abitano in alloggi indipendenti il 30% ha fatto ricorso per brevi periodi a ricoveri in residenze psichiatriche e di questi, una piccolissima parte, ha dovuto ricorrere a ricoveri più lunghi.
L’inserimento in un alloggio indipendente presuppone l’autonomia economica della persona rispetto alle spese di affitto, luce, gas, condominio, ma nel caso degli utenti che dispongono solo della pensione di invalidità, insufficiente per l’affitto, il Centro di Salute Mentale interviene con un sussidio all’abitare, che può raggiungere la cifra di 700€ mensili e che ha origine in un fondo che il Comune di Roma ha destinato all’abitare nella salute mentale. Le spese di assistenza alla quotidianità sono invece gratuite per gli utenti. Solaris per questo servizio riceve dal II Municipio 75.000€ annue per fornire l’assistenza a 30 persone (in media 2.500€ annuali ognuna). E, attraverso progetti ad hoc e alle competenze professionali di familiari e volontari rafforza le possibilità di crescita degli utenti, realizzando molteplici attività di socializzazione in collaborazione con altre realtà del territorio.
Emerge da questi dati la differenza notevole non solo rispetto alla qualità della vita ma anche rispetto ai costi di un ricovero in Residenze Psichiatriche o in altre comunità residenziali che si può aggirare dai 100€ giornalieri fino ai 200€ (nelle residenze ad alta intensità assistenziale).
Inoltre nel 2016 si è costituita una cooperativa sociale Solaris Supported Housing, con cui si assistono in case autonome 8 utenti privati e attraverso i fondi della Legge 112/2016- Legge Dopo di noi, sono stati attivati 3 percorsi di abitare autonomo.
Il II° Municipio di Roma Capitale, in cui Solaris prevalentemente opera, è un territorio complesso con un’alta densità abitativa e una popolazione tra le 150.000 e 170.000 persone dove coesistono situazioni socio-economiche molto diverse. I numeri però danno solo una informazione molto parziale delle molteplici implicazioni e della innovatività dell’esperienza. Vediamola più in profondità.
2. La nascita di un percorso di autonomia
Il progetto nasce all’interno della Comunità terapeutica di via Sabrata grazie alla collaborazione tra il dott. Maone, psichiatra responsabile della comunità terapeutica, la sua equipe, i familiari dei pazienti che formano una associazione di volontariato , Solaris, e la disponibilità dell’assessorato alle politiche sociali dell’ex Municipio III (ora II) di Roma Capitale.
È importante comprendere quali sono state le circostanze che hanno permesso la nascita e la sperimentazione di questo progetto pilota.
La legge Basaglia era stata approvata nel 1978 e prevedeva la chiusura dei manicomi. Le criticità nell'attuazione della legge erano tante e si pensava che mai si sarebbe potuta attuare in una grande città come Roma, che era più semplice farlo nei piccoli centri, per cui poterla realizzare a Roma era una scommessa importantissima per far comprendere che la legge funzionava (nota 1). Nel 1994 il dott. Losavio divenne Direttore del “Progetto di chiusura del “Santa Maria della Pietà”, e guidò lo smantellamento di ciò che restava dell’istituzione psichiatrica: alle soglie del 2000, Losavio potè dichiarare chiuso l’Ospedale Psichiatrico romano. Durante gli anni 90 Roma si trovava nella situazione di non aver più possibilità di far entrare nuovi pazienti psichiatrici all'interno del manicomio ma di non avere sufficienti strutture e servizi territoriali di cura. Tra le prime comunità che nascono a Roma c’è quella di via Sabrata all’interno del DSM della ASL RMA.
In questa comunità si creano delle circostanze favorevoli perché il responsabile dottor Maone e la sua equipe si pongono, fin dal momento in cui i pazienti entrano nella comunità terapeutica, il problema di dove sarebbero andati dopo. Ricordiamoci che i pazienti che entrano in comunità in quella fase sono pazienti per lo più gravi che aspettavano da anni una struttura che li potesse accogliere non essendoci strutture sul territorio adeguate per cui venivano da situazioni personali ed anche familiari difficili e complesse.
Il dott. Maone e gli altri operatori della comunità sanno che i familiari possono essere una risorsa ma contemporaneamente sono provati da una enorme sofferenza e quindi vanno sostenuti. All'interno della comunità organizza un gruppo terapeutico con i familiari che si riunisce ogni 15 giorni condotto dallo stesso Maone con la partecipazione degli psicologi e degli altri operatori della comunità. La partecipazione assidua e attiva dei familiari al gruppo fa si che al suo interno si formuli e si affronti la questione del dopo comunità. Cosa faranno i pazienti una volta concluso il percorso in comunità? Come agevolare l'uscita dalla comunità di coloro che cominciano a stare meglio? Maone a questo punto ha un'idea geniale quanto semplice: provare a chiedere agli stessi pazienti che cosa vorrebbero fare dopo la comunità e la risposta unanime è avere una casa, avere “le chiavi di casa” per l'appunto da cui nasce il titolo del progetto. A quel punto l'interrogativo è come fare? saranno in grado di vivere in autonomia? Tanti dubbi e perplessità ma qui si crea la convergenza tra il desiderio dei pazienti che sono stati messi al centro del progetto di cura, i familiari che si mobilitano, capiscono quanto sia importante cercare una soluzione collettiva e le istituzioni locali sia sanitarie che sociali che convergono sulla fattibilità di questo progetto.
Si inizia così il percorso per far sì che, uscendo dalla comunità, possano andare a vivere in abitazioni autonome con l'adeguato supporto degli operatori e con una fase di transizione in cui la stessa comunità continua a seguirli. Viene eletto presidente di questa onlus Lotario Turini (padre di un figlio con problemi psichiatrici trasferitosi dalla Puglia a Roma sperando di trovare delle cure migliori per suo figlio), che riesce a trovare le giuste parole per coinvolgere l'istituzione locale, l'allora terzo municipio di Roma, ora secondo; l’assessore alle Politiche sociali, convinto della fattibilità del progetto, decide di finanziarlo con un primo contributo di 5 milioni di lire che servono per avviare i primi due appartamenti. Il contributo viene utilizzato per pagare due operatori che avrebbero aiutato i pazienti, che autonomamente avevano scelto di andare a vivere insieme, nella ricerca della casa, nella sua gestione e nell’inserimento sociale, con il coordinamento volontario del presidente di Solaris e la collaborazione dei familiari e dei volontari. Inizialmente di fronte al problema dell’affitto degli alloggi sul libero mercato ci si è posti il problema di come trovarli, a nome di chi affittarli? Come garantirne la solvibilità agli occhi degli affittuari? E come favorire un avvio armonico delle convivenze? Così l’associazione Solaris all’inizio ha affittato a proprio nome i primi due appartamenti, gli appartamenti sono stati scelti dagli utenti, che versavano la quota dell’affitto all’associazione. In seguito gli appartamenti sono stati affittati direttamente dagli utenti o dai familiari ove disponibili.
3. Alcuni elementi fondamentali per la realizzazione del progetto:
Dalle riflessioni dei protagonisti dei percorsi di abitare autonomo emergono alcuni elementi particolarmente importanti per mettere a fuoco la portata innovativa di questa esperienza.
a. La centralità e la determinazione degli utenti
Dalle testimonianze degli utenti emerge ripetutamente in questi anni la consapevolezza della propria centralità come condizione imprescindibile per la possibilità di realizzare un percorso di autonomia. Una centralità interpretata in modi diversi e molteplici, ma irrinunciabile. Dice Maurizio B. La mia rete di sostegno, in questi dieci anni di autonomia, è stata necessaria per il mio miglioramento: la famiglia (in senso largo), il mio psicoterapeuta personale, il mio psichiatra, i miei operatori domiciliari e Reza, il mio co-inquilino afgano. Ma non sarebbe servita a niente senza di me, gli sforzi che ho fatto e i rischi che mi sono preso per stare meglio.
E Maurizio P. Mi sembra innegabile di essere stato protagonista di un buon percorso di recupero di cui sono piuttosto soddisfatto. Qualcuno mi ha suggerito che questo sia dovuto anche al fatto di aver avuto una sola crisi. Questo non lo so. Ciò di cui invece sono sicuro è che il mio impegno personale è stato fondamentale. Con tale affermazione non voglio sminuire l’importanza dell’aiuto ricevuto. Voglio invece sottolineare che proprio il mio essere attivo in questa direzione mi ha permesso di usufruire dell’aiuto che mi veniva offerto.
“Mettersi in cammino” verso l’autonomia appare dunque profondamente legato alla maturazione e alla determinazione con cui gli utenti scelgono di farlo.
b. La separazione della cura medica dall’abitare e la “non gradualità” dei percorsi di autonomia
Facendo riferimento alla letteratura della Recovery, Maone sottolinea l’importanza e la possibilità di offrire alle persone che lasciano le comunità terapeutiche le condizioni concrete per vivere una vita “normale” a partire prima di tutto dalla possibilità di abitare in modo autonomo e duraturo. È una prospettiva che in parte ribalta i tradizionali paradigmi gradualistici della residenzialità psichiatrica legati a una concezione che mutua il proprio orientamento dalla riabilitazione fisica. Secondo il principio della gradualità, scrive Maone “per rimediare alla vulnerabilità (dei pazienti) occorre procedere con gradualità, a tappe progressive. A ciò è connesso il concetto di linear continuum nell’ambito della residenzialità psichiatrica: lo sviluppo di un continuum graduale di programmi residenziali attraverso il quale il paziente “progredisce” verso un migliore funzionamento sociale e quindi verso setting meno restrittivi” (nota 2). Questo orientamento produce un elemento di forte fragilità nei percorsi di cura, dovuto allo stretto legame fra alloggio e assistenza clinica. Cosa che mette in contrapposizione il bisogno di assistenza legato agli aspetti clinici, generalmente caratterizzato da variazioni significative lungo il decorso e il bisogno di un luogo certo in cui vivere, che è invece una necessità costante per tutti gli esseri umani e per tutta la vita. La sovrapposizione tra abitare e cura propria del modello “gradualistico” comporta dunque che il percorso esistenziale del paziente si trovi ad essere “costantemente vincolato alla collocazione spaziale del provider, anziché essere modulato sulla naturale variabilità temporale dei bisogni” (nota 3).
Le persone cioè si trovano a dover cambiare i propri luoghi di vita a seconda del livello di controllo che si ritiene necessario per loro in quella data fase. L’esperienza dell’abitare supportato invece scinde l’assistenza clinica dall’abitare e consente il radicamento stabile del paziente nella comunità, attraverso la restituzione di un “vero” spazio personale, svincolando i bisogni degli utenti più gravi da luoghi istituzionali più o meno vigilati e presidiati. Questa impostazione si basa sul presupposto che “le persone apprendono più facilmente dalle esperienze quando esse sono concretamente disponibili e realizzabili, piuttosto che dopo aver dimostrato un miglioramento dei sintomi e del funzionamento psicosociale” (nota 4).
Occorre però tenere conto che non tutte le persone con disabilità psichiatrica possono, o vogliono, assumersi l’onere e la responsabilità di un’abitazione indipendente. Un sistema ideale, perciò, dovrebbe tenere aperta questa possibilità nel tempo e consentire che, anche in questi casi, sia l’utente a scegliere e decidere di volta in volta la soluzione migliore.
c. L’equilibrio tra benefici e “rischi”
Nel riflettere sull’esperienza di abitare autonomo sempre Maone sottolinea l’importanza di mettere a tema un problema con cui loro come istituzione, le famiglie, i pazienti hanno dovuto confrontarsi: la capacità di valutare le opportunità potenziali delle persone nonostante la possibilità di effetti sfavorevoli (adverse effects). E hanno assunto un orientamento che ribalta una visione unidimensionale del rischio in salute mentale (considerato come ampiamente ascrivibile ai pericoli provenienti dall’utente), e invece considera il rischio come multidimensionale e dinamico, enfatizzando sia i vantaggi dell’assumersi un rischio sia i potenziali effetti negativi. Si tratta di un orientamento che punta sulla realizzazione dei potenziali benefici riducendo la probabilità di danni che possano verificarsi nell’assumersi rischi. Nel campo dell’abitare supportato questi aspetti – secondo lo psichiatra - giocano un ruolo centrale e impongono una riconsiderazione e una distinzione fra fattori di rischio di varia natura. In questa prospettiva un servizio orientato alla promozione di percorsi di vita indipendente deve porsi il problema e arrivare a una definizione chiara e condivisa del punto di equilibrio che può permettersi di adottare e delle responsabilità che può assumersi (Maone). È certo un terreno scivoloso, in cui, accanto all’assunzione di un certo tasso di rischio “utile” alla crescita e all’emancipazione del paziente, occorre aver presente e minimizzare il rischio “dannoso”, attraverso pratiche di coinvolgimento attivo di tutti gli attori in gioco e una organizzazione flessibile del lavoro, che sappia rispondere alle differenze dei bisogni e alla loro variabilità nel tempo.
E comunque i differenti attori in gioco (utenti, famiglie, psichiatri, operatori), hanno fatto fronte a differenti implicazioni legate alla propria collocazione e alle proprie responsabilità, trasformandole profondamente attraverso un agire comune.
d. Il ruolo delle famiglie e la socializzazione, il ruolo delle istituzioni locali
Il ruolo dei familiari appare in tutta la sua portata sia nell’esperienza concreta di Solaris, sia nel consenso ormai generalizzato rispetto alla loro importanza grazie al fatto che nelle ultime decadi, è stato gradualmente archiviato l’approccio «colpevolizzante» che, a partire da alcune teorizzazioni si era divulgato capillarmente anche nelle pratiche dei servizi (nota 5). Oggi in particolare i familiari non appaiono più soltanto come una risorsa per l’assistenza ai congiunti ma si è creata una apertura dei servizi all’iniziativa spontanea dei familiari, alla responsabilizzazione e alla partecipazione attiva nella pianificazione degli interventi e nella loro effettiva realizzazione e anche nella valutazione dei risultati e nella ricerca. Questo aspetto emerge in modo evidente dall’esperienza di Solaris. “Aiutati a contenere e ricucire (anche grazie alla potente azione del gruppo) le devastanti ferite riportate nell’impatto con la malattia mentale, i familiari hanno gradualmente assunto una visione in apparenza più realistica, che sembra aver consentito loro di recuperare un senso di competenza e vitalità”. I familiari hanno acquisito conoscenze e strumenti e “hanno bussato con forza, finché le porte sono state aperte, non per ottenere elargizioni o favori, ma per proporsi come collaboratori esperti e motivati, mettendo in campo il loro agire sensato nel rendere disponibile l’anello mancante (la sistemazione abitativa dei pazienti) senza il quale, malgrado le migliori intenzioni, i servizi sanitari e i servizi sociali non erano riusciti a incontrarsi e integrarsi” (nota 6).
La pressione esercitata con costanza e determinazione dai familiari ha fatto si che, presso i Municipi, venisse accettata l’idea che i Piani di Zona (L. 328/2000) riguardassero anche la disabilità psichiatrica tradizionalmente ritenuta competenza esclusiva dei servizi psichiatrici, cioè delle Aziende sanitarie.
4. Coerenza tra Metodologie di riferimento, servizi erogati, organizzazione del lavoro e formazione
Solaris, come ho accennato, è costituita da familiari, volontari e persone con sofferenza mentale ed opera a Roma dal 2002, nel II Municipio, in stretto contatto con le strutture territoriali di Salute Mentale, con l’istituzione municipale e con un’ampia rete di associazioni. sostenendo uno dei primi esperimenti di “supported housing” in Italia. Una sua caratteristica importante è l’aver attentamente curato in questi anni la possibilità di armonizzare e rendere coerenti tra loro le metodologie di riferimento, i servizi offerti, l’organizzazione del lavoro e la formazione di quanti prestano la loro opera.
a. Metodologie di lavoro
Solaris nel suo lavoro fa riferimento all’indirizzo metodologico della Recovery, uno degli orientamenti più innovativi in campo psichiatrico. Secondo questo indirizzo il percorso riabilitativo non si fonda più sull’attesa di una ipotetica guarigione per iniziare a vivere, ma sulla possibilità che l’individuo migliori la propria salute e il proprio benessere, viva in modo “self-directed” e rafforzi le proprie potenzialità, anche con i limiti posti dal disagio psichico. Questa impostazione è fortemente condivisa dalle strutture istituzionali di Salute Mentale presenti nel II Municipio di Roma e favorisce la collaborazione e la continuità di indirizzi di intervento tra queste strutture, Solaris ODV e la rete di associazioni con cui Solaris interagisce.
Inoltre Solaris ODV fa riferimento a un secondo indirizzo metodologico, strettamente connesso a quello di Recovery, sostenuto dal Wapr (World-Association-for-Psychosocial-Rehabilitation). Questo indirizzo riconosce l’importanza decisiva della collaborazione e del confronto paritario tra utenti, operatori e familiarinei percorsi di cura, aprendo nuove prospettive per la condivisione di questi percorsi tra tutti i soggetti implicati, e per il riconoscimento della centralità del soggetto con disagio psichico in essi.
Da questi riferimenti deriva un modello operativo che prevede una “alleanza terapeutica” tra tutti i soggetti coinvolti e richiede un modello di “assistenza flessibile” capace di adattarsi alle fragilità e alle discontinuità che caratterizzano il disagio psichico. Si tratta quindi di una prospettiva che mette fortemente in discussione i tradizionali interventi in campo psichiatrico e favorisce la crescita della compartecipazione e delle sue possibilità innovative a sostegno di un rafforzamento del welfare comunitario.
b. Servizi offerti
I servizi offerti rispecchiano questi orientamenti, curando il più possibile la centralità dell’utente che attraverso il progetto di cura personalizzato viene costantemente chiamato a scegliere e a condividere la programmazione dei percorsi e delle attività. Contemporaneamente il Gruppo di monitoraggio: composto dal referente/equipe del CSM, dall’assistente sociale di Solaris, coordinatrice del progetto, il referente municipale e il Dirigente UOC Salute Mentale o suo delegato. si riunisce con cadenza trimestrale per verificare e valutare l’andamento del progetto nel suo insieme Qualora si verifichino momenti di particolare criticità si programmano incontri più ravvicinati valutando la necessità di coinvolgere gli utenti e i loro familiari nei modi che si ritengono più adeguati.
Ogni anno, come si è detto Solaris odv segue 30 utenti con un progetto di assistenza domiciliare finanziato dal II Municipio, e Solaris Cooperativa segue 3 persone supportate dalla legge 112/16, 8 utenti che vivono in famiglia.
In particolare: gli utenti coinvolti nei percorsi di abitare autonomo supportato sono segnalati all’Associazione Solaris dal CSM. Possono essere utenti che stanno per iniziare un percorso abitativo autonomo nuovo, o già inseriti in percorsi in atto. Ma possono anche essere utenti seguiti nella famiglia di origine.
I servizi offerti sono:
Sostegno nel normale svolgimento delle attività quotidiane, in particolare: cura della persona, aiuto domestico e cura della casa, espletamento di pratiche burocratiche, spesa e acquisti personali. L’educazione a un consapevole uso del denaro, accompagno per visite mediche e analisi e ai controlli/ visite presso strutture di salute mentale, il superamento di atteggiamenti di passività e dipendenza, il sostegno alla costruzione di rapporti di fiducia con i compagni di casa o con i familiari coresidenti.
Queste attività richiedono che l’operatore si guadagni la fiducia della persona con disagio psichico, metta al centro le sue scelte, i suoi bisogni e interessi specifici, la incoraggi a compiere le attività rispetto a cui mostra maggiori difficoltà e resistenza, abbia grande attenzione alla possibilità di eventi e urgenze non previste, dia spazio a momenti di rassicurazione, o semplicemente di conversazione e svago. Le attività saranno concordate con l’utente.
Attività di socializzazione, svago e relazione con reti primarie e secondarie.
Alla possibilità di riappropriarsi dei gesti della quotidianità e di abitare in forme nuove si accompagna la necessità di costruire o rafforzare relazioni sociali, amicali, familiari, di soddisfare interessi, di partecipare ad attività sociali, ludiche, culturali che aiutino gli utenti a reinserirsi nel quartiere e nella “normalità” del vivere.
Sul terreno della socializzazione e del coinvolgimento delle reti familiari, Solaris OdV offre alcuni importanti servizi sperimentati con successo in questi anni, partendo dai principi indicati dal Wapr per la compartecipazione paritaria di operatori, utenti, familiari, volontari attraverso laboratori integrati.
Attività di supporto e accompagnamento verso la realizzazione di progetti di cohousing
Per quelli che stanno per intraprendere un percorso di autonomia abitativa e per i quali si ipotizza la possibilità del cohousing vengono predisposti i seguenti servizi:
- coinvolgimento diretto dei pazienti nella scelta dell’abitazione, dei coinquilini, del mobilio
- ricerca appartamenti nei luoghi più vicini possibili al quartiere di riferimento del paziente
- programmazione di un’assistenza all’abitare tarata su interventi domiciliari individualizzati, contrattati con l’utente in base alle sue esigenze, in vista di una graduale autonomia, anziché essere standardizzati ed “imposti” dai protocolli dei servizi
- programmazione di attività che favoriscano l’inserimento dei pazienti nel quartiere (vedi servizi aggiuntivi)
- sostegno a chi resta in famiglia
Attività di sostegno e reperibilità telefonica
La possibilità di un sostegno telefonico e di una adeguata reperibilità telefonica da parte dell’operatore di riferimento è molto importante per gli utenti. Le modalità e la regolazione di queste possibilità vengono concordate tra utente e personale.
c. Figure professionali e formazione
Le figure professionali previste per il servizio di supported housing sono l’assistente sociale, l’educatore, il tecnico della riabilitazione psichiatrica e l’operatore sociosanitario. Tra i volontari sono presenti una psicoperapeuta, una councelor, due sociologhe, un ingegnere informatico, una botanica, una giornalista, due insegnanti, due esperte in progettazione europea. Le diverse professionalità possono avvicendarsi nel supporto a seconda dei problemi e dei bisogni dell’utente. La definizione dei singoli percorsi si confronta infatti con la soggettività degli utenti, con la ricchezza e con la diversità di elementi espressi, e deve tenere conto dei continui cambiamenti che l’utente attraversa. Per operare in questo quadro complesso si attua un ‘modello di assistenza flessibile’ largamente sperimentato: numero di ore mensili che potranno andare da un minimo di 4 a un massimo di 14 ore, in base alle specifiche esigenze dell’utente, all’evoluzione della sua patologia e alla realizzazione del suo progetto personalizzato. Il carattere discontinuo dei percorsi reali dipende dalle caratteristiche della sofferenza mentale e dalla mutevolezza dei bisogni a cui occorre rispondere con una assistenza flessibile. Questo criterio viene adottato per la scelta della figura professionale più adeguata alle necessità del momento.
Formazione permanente di operatori, familiari, utenti e volontari:
Un corso di formazione permanente. organizzato in collaborazione con l’Associazione Apeiron (nota 7) per familiari, operatori e volontari, fondato sul metodo dell’Osservazione Diretta messo a punto dallo psichiatra Francesco Scotti.
L'osservazione diretta nasce in ambiente psichiatrico coinvolgendo tutta l’equipe del Centro di Igiene mentale di Perugia. L’idea da cui parte Scotti e che forse non ci sono tanto casi difficili ma siamo noi a non sapere individuare le possibilità di intervento. Se ad osservare non è il solo psichiatra ma tutti coloro che hanno a che fare col paziente e si mettono insieme i tanti punti di vista si può arrivare altrove. Questa metodologia, partita dalla sperimentazione riportata nel libro Osservare comprendere (nota 8), è stata poi estesa anche grazie all'associazione Apeiron ad altre professioni di cura, quali gli insegnanti, le assistenti sociali, i volontari della cooperazione, gli operatori del sociale ed i familiari. L’osservazione diretta è una forma di addestramento all'ascolto di ciò che accade intorno a noi e dentro di noi e per ascoltare bisogna imparare a sospendere il giudizio; questa metodologia la utilizziamo da anni all’interno di Solaris ed ha contribuito a creare un clima generalizzato di ascolto non giudicante in cui tutti si sentono accolti.
Si tratta di una metodologia utilizzata per comprendere i segnali spesso impliciti che l'attività della mente produce comunque e che spesso sfuggono a un osservatore poco attento; è un modo per scoprire le risorse nascoste nelle realtà sociali e nel soggetto attraverso l'individuazione di aspetti sommersi o poco visibili; un modo per valorizzare al meglio le risorse esistenti e individuarle lì dove apparentemente non ci sono; un modo per individuare che cosa sta cambiando o, se c'è una previsione di cambiamento, in che direzione il cambiamento sta andando. Una metodologia che aiuta a cogliere come nasce una relazione e ciò che le impedisce di svilupparsi.
Partecipazione al gruppo di psicoanalisi multifamiliare di via Sabrata.
Nel 2016/17 è stato avviato un gruppo di psicanalisi multifamiliare in via Sabrata a cui partecipano molti dei familiari di Solaris. Si è creato nel tempo una connessione e uno scambio tra i familiari che partecipavano al gruppo di psicanalisi multifamiliare di via Sabrata e Solaris. Molti sono entrati a far parte della nostra associazione quindi si è creato uno scambio interessante a livello di partecipazione e di riflessione, noi familiari abbiamo capito che è un elemento fondamentale nel percorso di cura e che va ad integrarsi con gli altri interventi. Una dimensione gruppale e di confronto e di cura. Nei gruppi di psicanalisi multifamiliare ci siamo confrontati con i vissuti di altri familiari, di pazienti e di operatori, abbiamo capito che proprio tutti possono dare un contributo alla cura. Nel setting del gruppo siamo su un piano di parità, si vedono altri punti di vista a partire da sé, non si giudica e non ci si sente giudicati. Sono fondamentali perché aiutano noi familiari a elaborare quei sensi di colpa profondi che abbiamo perché ci sentiamo responsabili, quasi sempre, della malattia di nostro figlio o di altri familiari, ci aiutano a superarli e, a partire dalla realtà che stiamo vivendo, ci aiutano ad andare avanti. Ci aprono questa prospettiva di vita e ci permettono di fare altre esperienze, di costruire nuove relazioni o di ricucire relazioni interrotte.
REPLICABILITÀ/Creatività/ e Flessibilità
Ho accennato prima, nel riferirmi all’equilibrio tra benefici e rischi, alla centralità che la flessibilità dell’assistenza assume nel favorire i percorsi di autonomia degli utenti. Si tratta di un metodo tanto più efficace quanto più indirizzato ai bisogni degli utenti per come vengono individualmente espressi, con le loro variabilità temporali, piuttosto che essere intesa come controllo sistematico e standardizzato della vita quotidiana. Si tratta di una idea che l’esperienza di Solaris ha messo in luce nella sua complessità e che non si limita a una flessibilità organizzativa degli orari o delle prestazioni (cosa comunque importante), ma comporta la capacità/creatività di rispondere ai bisogni delle persone e alle loro molteplici variazioni con soluzioni non standardizzate. Capaci cioè di cogliere e accogliere le differenze in modi creativi che però condividono gli obiettivi da raggiungere e riconoscono le similarità dei bisogni.
Questo orientamento ci rimanda a due considerazioni ulteriori. La prima, importantissima, è la scelta di mantenere una dimensione della propria operatività e del proprio raggio di intervento circoscritta. Una dimensione che per numero di persone seguite e di prestazioni consenta di articolare i tempi di intervento sui reali bisogni di ciascuno, che permetta di “inventare” soluzioni specifiche e che crei prospettive di intervento articolate e non modelli rigidi (cosa inevitabile sui grandi numeri). Questo comporta una scelta strategica: favorire il decentramento e la moltiplicazione delle esperienze sul territorio, e non l’accentramento dei sevizi in poche mani, comporta una alta replicabilità delle esperienze, in modo che si possa sempre operare attraverso la costruzione di legami profondi col territorio e con le singole persone. Anche in questo caso partendo dal principio che la replicabilità (contrariamente a quanto si pensa solitamente) non deriva (necessariamente) dalla standardizzazione dei modelli, ma dagli spunti e dalle indicazioni che una esperienza riuscita riesce a trasmettere ad altri. La replicabilità come creatività piuttosto che come modellizzazione. Del resto non è possibile un manuale per imparare a vivere! Posso portare uno o due esempi concreti: uno si riferisce all'Associazione La Rosa Bianca di Ciampino, dove il presidente di Solaris Turini in risposta alla richiesta di un gruppo di familiari di creare una sede decentrata di Solaris a Ciampino ha proposto di aiutarli a creare un’associazione simile. Turini è stato nel consiglio direttivo dell'associazione per diversi anni fino al 2017. Il progetto di Sostegno all’abitare per persone adulte con problematiche psico-sociali è stato finanziato dal Comune di Ciampino. Un secondo esempio recentissimo riguarda una Comunità terapeutica di Siderno, gli operatori erano stati da noi a Roma per capire come funzionavamo e di recente hanno aperto un primo appartamento.
Quando parliamo di flessibilità e di creatività ci riferiamo pure alla possibilità di creare delle convivenze non basate solo su pazienti psichiatrici ma anche miste. Porto come esempio quello di mio figlio. Grazie alle reti familiari e amicali all’interno del terzo settore si è potuta realizzare una coabitazione con un rifugiato politico afgano in uscita da un centro di accoglienza che frequentava i corsi d’italiano di un’associazione conosciuta dai familiari.
Un altro caso è quello di un utente la cui sorella è arrivata a noi grazie alle reti amicali. Dopo un tentativo di suicidio era stato ricoverato in una clinica, avvicinandosi il momento dell'uscita, insieme alla sorella, lo abbiamo sostenuto, in collaborazione con i servizi, a ritornare nella casa dei suoi genitori riorganizzandola insieme ai nostri operatori, dopo aver conquistando la sua fiducia.
Un’altra esperienza riguarda la vice presidente di Solaris, i suoi due figli vivevano con lei e non sono mai stati in comunità terapeutica. Però a un certo punto lei ha capito che era importante che uscissero dalla casa materna e provassero a vivere in autonomia ispirandosi agli appartamenti Solaris.
Potremmo fare altri esempi nati anche dal fatto che collaborando con Solaris i familiari acquisiscono una loro capacità di progettazione, comprendendo che il problema dei propri figli, sorelle, fratelli non può essere risolto individualmente ma lo si può affrontare collettivamente ed ognuno ci deve mettere del suo perché ogni storia è diversa ed ogni persona ha bisogno del suo progetto.
Solaris contribuisce a rafforzare i percorsi di autonomia degli utenti con l’organizzazione di molteplici attività di socializzazione finanziate con progetti ad hoc e con il lavoro volontario e le competenze professionali di molti familiari, Si tratta di attività espressamente aperte a utenti, volontari, familiari, operatori, finalizzate a rafforzare i legami degli utenti con il territorio, a offrire nuovi strumenti di conoscenza e nuove competenze, e alla realizzazione di “prodotti” concreti attraverso cui misurare la propria riuscita. Tutto ciò favorisce il rafforzamento delle relazioni e dei legami con il territorio.
Tutte queste attività hanno consentito la tessitura di una rete molto ampia di collaborazione e confronto con molteplici associazioni e strutture istituzionali che operano nel campo della salute mentale. Questo ha reso possibile un ampliamento delle attività, un confronto allargato sui nuovi indirizzi della psichiatria, una qualità altissima degli esperti contattati, con risultati positivi e realizzati grazie ad una solida rete di confronto e scambio. Rete che negli ultimi anni si è allargata agli scambi europei grazie alla realizzazione di un progetto Erasmus plus con due associazioni di familiari di Madrid e Lisbona. Per quanto riguarda Solaris il progetto dell’abitare autonomo supportato è stato scelto come buona pratica da presentare a livello europeo.
A questo quadro di collaborazione e apertura hanno contribuito le istituzioni locali che hanno compreso l'importanza di avere una comunità accogliente favorendo la nascita e la prosecuzione di questo progetto.
Ci troviamo quindi ad avere tre soggetti che lavorano insieme al soggetto principale che è il paziente, il Dipartimento di Salute Mentale che garantisce la cura medica, l'associazione dei familiari e volontari che operano per la buona riuscita del progetto e gli operatori sociali che forniscono l'assistenza domiciliare necessaria.
Vorrei concludere con quanto scrive Wilma Boevink (nota 9): “inevitabilmente una storia di recovery è anche una storia di sofferenza. non c'è modo di evitarla, se non altro perché devi tenere ben presente ciò da cui ti devi riprendere. quando si scrive una storia di recovery si cerca di tradurre in parole questa sofferenza immensa…. Recovery significa trovare le parole più adatte a recuperare e mantenere la propria identità. non sei il tuo disturbo, sei una persona, un essere umano che per qualche ragione deve avere a che fare con un'immensa sofferenza”
Maurizio Biondo
Cambiamenti, la mia esperienza
Volevo dire due parole su quello che penso della psichiatria, sulla mia esperienza personale. Per uscire dalla psichiatria devi fare quello che ti dicono, allo psichiatra non interessa di te, il suo lavoro è capire se stai bene o stai male, se puoi stare a casa, nella Comunità o in ospedale. Fare lo psichiatra è un lavoro come tanti altri all’interno dell’ambito medico, alla fine lui ti prescrive i farmaci. Ai problemi ci pensa lo psicologo. Non bisogna vedere la psichiatria come il nemico che ti opprime o che ti priva della libertà perché questo accade ma solo nella tua testa, nessuno ha interesse che tu stia male, sei solo tu che pensi all’apocalittico scenario del controllo psicologico totale che non è realisticamente probabile, e comunque il problema non sono gli psichiatri che anche in quella situazione sarebbero solo degli ingranaggi di un sistema il cui obiettivo non sarebbe privare la gente della libertà ma solo aumentare la propria, questo è quello che penso della psichiatria.
Per me tutto comincia negli anni 90 anche a causa dei miei amici di Messina, che hanno delle responsabilità; dopo tanti ricoveri in ospedale, clinica e 4 comunità. Nel gennaio 2011 ho avuto finalmente una casa e da quel giorno non ho più avuto bisogno delle strutture, ma dei medici sì. In poche parole ho messo la testa a posto, non vado in giro a rompere le scatole alla gente o a cercare esperienze del passato. è proprio dal passato che bisogna partire, solo imparando dai propri errori si evita di ripeterli, ho conosciuto tanta gente ma quelli che voglio ringraziare sono la mia famiglia e il mio Psicologo e soprattutto Maurizio (oltre alcuni maestri a cui talvolta penso). la casa si trovava a Roma nel quartiere africano con un bel giardino privato, tre stanze, cucina e bagno io la chiamavo capsula 24 oppure il magazzino. Diciamo che della casa c’è solo il fatto che ci si dorme e infatti capsula 24 è soprattutto un’installazione artistica, dovresti vedere l’armadio e le lavagnette su cui attacco quello che capita oltre alla mia collezione di libri. Con me vive Reza un’amico afgano e Muffin la nostra gattina, ho la fortuna che i miei pagano l’affitto e le bollette , e anche di poter lavorare vicino casa grazie alla ASL Roma1 nella biblioteca comunale Villa Leopardi. Ora da gennaio 2024 è cambiato tutto, ora sono proprietario di una bellissima casa a Montesacro, che ho chiamato Appartamento12, ho cambiato anche il servizio psichiatrico. È come se avessi avuto un upgrade della mia condizione e mio padre ha detto che ora che mi sono sistemato devo essere indipendente, e ha ragione. Tornando indietro potrei continuare per ora a parlare dei ricoveri, delle comunità e dei miei problemi ma voglio dire qualcosa su Solaris e sulla scrittura, scrivere mi è sempre stato utile oggi faccio con i ragazzi di Solaris il laboratorio di scrittura creativa che ora si chiama scrittura libera, all’inizio il laboratorio me l’hanno insegnato alla comunità mentre ora io sono l’esperto e lo sto replicando alla comunità terapeutica di Primavalle, ho scritto in collaborazione con Angela Bagnato un libro pubblicato da Solaris che si intitola “Se cucinare vi sembra poco” da una mia idea che ho sviluppato nel 2017, una cosina leggera una specie di saggio non scientifico su psicologia e alimentazione con alcune cosine messe così tanto per divertirsi. Ho presentato il libro per tre volte, ne abbiamo stampate 400 copie e ora è uscita la seconda edizione. Poi ho pubblicato sempre con Solaris il diario vagabondo all’interno del libro-erbario “Oltre i giardini”, il diario del progetto erasmus redatto anche in trasferta a Lisbona e abbiamo altri progetti interessanti.
Concludo dicendo, come piace a me, che io sono il più alto e sommo prodotto della psichiatria italiana.
Note
Nota 1 Tommaso Losavio, Fare la 180. Vent'anni di riforma psichiatrica a Roma Edizioni ETS 2021
Nota 2 Antonio Maone, L’indipendenza abitativa come esito in salute mentale
www.nuovarassegnastudipsichiatrici.it/volume-13
Nota 3 Antonio Maone, L’indipendenza abitativa come esito in salute mentale
www.nuovarassegnastudipsichiatrici.it/volume-13
Nota 4 Antonio Maone, L’indipendenza abitativa come esito in salute mentale
www.nuovarassegnastudipsichiatrici.it/volume-13
Nota 5 Donatella Barazzetti, Antonella Cammarota Silvia Carbone, Incolpevoli, però, FrancoAngeli 2014
Nota 6 Antonio Maone, Claudia Domiziani, Fare insieme per una vita indipendente. Il progetto Solaris , in “lavoro sociale”, Vol. 10, n. 1, aprile 2010 (pp. 105-115)
Nota 7 Apeiron è un’associazione che riunisce psicoanalisti, psicoterapeuti, insegnanti, educatori, esponenti della cultura e dell’arte che interrogano l’etica e il desiderio, con l’obiettivo della Cura nella relazione tra paziente e analista, tra allievo e educatore, tra un “tu” e un “io”. Centrale nell'attività di ricerca di Apeiron è l'individuazione di connessioni tra il campo psicoanalitico e quello educativo attraverso la formazione di psicoterapeuti, insegnanti, educatori, operatori sociali con la metodologia dello Psicodramma Analitico e dell’Osservazione Diretta. Gestisce la formazione di operatori, familiari e volontari nel campo della salute mentale.
Nota 8 Francesco Scotti, Osservare e Comprendere, Quaderni di psicoterapia infantile N.46, Borla Editore
Nota 9 Wilma Boevink, La vita oltre la Psichiatria, in Maone e D’Avanzo (a cura di), Recovery. Nuovi paradigmi per la salute mentale, Raffaello Cortina Editore Milano 2015