Coltivare salute e capacitazione. Nuovi approcci alla salute mentale di comunità
Autori
* Presidente Koiné impresa cooperativa sociale, Arezzo
** Direttore Servizi Koiné impresa cooperativa sociale, Arezzo
*** Coordinatore Agricoltura sociale Koiné impresa cooperativa sociale, Arezzo
**** Vice Presidente Koiné impresa cooperativa sociale, Arezzo
Ricevuto il 25/09/2023 – Accettato il 10/10/2023
Riassunto
Il testo analizza le pratiche di agricoltura sociale e green care sperimentate e validate da Koiné nel Valdarno aretino. Queste esperienze, validate anche sotto il profilo della valutazione dell’impatto sociale prodotto e del potenziale di concorso alla evoluzione delle politiche pubbliche, hanno le caratteristiche – poco frequenti- di basarsi su una visione sistematica dei problemi e delle soluzioni e sull’agire diretto di una impresa sociale locale, costituendo perciò un importante riferimento per lo sviluppo di pratiche di salute mentale di comunità.
Abstract
The essay deepens social farming and green care practices experimented and validated by Koiné in the Valdarno Aretino Italian region, located in Tuscany. These experiences, validated considering the social impact produced and the potential contribution to the evolution of public policies, are based on a systematic approach that assesses problems and solutions and on the direct action of a local social enterprise, thus constituting an important reference for the development of community mental health practices.
0. Punto d’origine e prospettive dell’esperienza
Dall’inizio del 2000, nei territori in cui operiamo e di cui – come impresa cooperativa sociale - ci consideriamo strumento e parte, è apparsa evidente l’esigenza di guardare alla salute mentale come bene comune e come costrutto sociale che impegna – nella prospettiva della sussidiarietà - le persone, le famiglie, le organizzazioni sociali, la comunità.
L’evoluzione del pubblico dei servizi della salute mentale, connotata da un crescente peso di giovani, aveva generato la necessità di ampliare e diversificare l’offerta dei servizi, ancora centrata sul modello dei centri diurni di inizio anni ’80 e sorti per l’attuazione e sulla spinta della Legge Basaglia e, nel nostro contesto, dell’importante processo di de-manicomializzazione prodotto ad Arezzo (nota1).
Dal gruppo degli educatori Koiné della socio riabilitazione psichiatrica del Valdarno aretino e dalla cooperativa, vennero quindi poste in essere, in un ciclo continuo, con il sostegno attivo dei responsabili dell’UFSMA Valdarno, una serie di azioni innovative volte da un lato a incrementare e differenziare le opportunità abilitative, riabilitative, di sostegno alla socializzazione ed all’inserimento sociale per gli utenti presi in carico e, dall’altro, a coinvolgere attivamente le famiglie, i soggetti sociali, le organizzazioni di terzo settore e le imprese nel processo di costruzione della “rete delle opportunità“.
Nacquero, così, in questo ambito, le esperienze di abilitazione-riabilitazione basate sull’uso della pratica sportiva (Polisportiva Gambassi), sull’uso del teatro e della drammatizzazione (I giocarelloni), sulla valorizzazione delle capacità espressive (Atelier di pittura e di scrittura creativa), sulla promozione della partecipazione attiva delle famiglie alla programmazione ed alla realizzazione di attività abilitative e per l’inclusione sociale (Associazione Aldebaran), per generare capacitazione ed inserimenti lavorativi (Cooperativa Beta), estendendo di molto anche in senso qualitativo le pratiche e gli strumenti atti a prevenire la istituzionalizzazione, l’esplosione di eventi sentinella e critici e a dare forma e sostanza ad un approccio comunitario alla salute mentale.
Ciò che ha caratterizzato le esperienze promosse nel Valdarno aretino da Ufsma e da Koiné rispetto a percorsi apparentemente simili non era tanto il carattere delle iniziative in sé ma lo sforzo – generalmente risultato efficace – di coinvolgere attivamente la comunità locale e di mirare a “spingere fuori“ le persone dalla “porta girevole dei servizi” (nota 2).
In questo percorso ed ambito, nel 2014, anche con riferimento alle pratiche dei cosidetti “Patti Smit” prende forma il percorso di ricerca intervento finalizzato alla costruzione ed alla concretizzazione del Patto sociale per la salute mentale di comunità (nota 3). Mediante il ricorso alla ricerca azione (Lewine) e dando priorità al coinvolgimento attivo degli utenti e delle loro famiglie (sul presupposto che essi possono recare saperi e concrete soluzioni ai propri problemi) , prima fu sottoscritto il Patto Territoriale per la salute mentale, poi si dette corpo ad una sorta di “ cabina di regia” partecipata dagli Enti Locali, dalla Usl e dalle organizzazioni sociali, poi fu definito un complesso piano di lavoro che assumeva al proprio centro, come questione principale e priorità, la concreta creazione di contesti abilitanti e capacitativi (Nusbaum) : la Fattoria Sociale Aia di Ramarella è nata così ed in questo contesto di riferimento. Tra le altre esperienze di agricoltura sociale che sono “ fiorite “ in Toscana anche grazie al forte impegno della Regione, che ha anche recentemente varato la legge regionale sulla agricoltura sociale, quella della Fattoria di Ramarella, nel Comune di Laterina Pergine Valdarno (Arezzo), promossa e gestita da Koiné impresa sociale aretina, si distingue per alcune caratteristiche “strutturali” e di “visione” che possono, forse, suscitare interesse anche al di là del “perimetro” regionale. I tratti principali di questa esperienza sono così, sinteticamente, rappresentabili:
La fattoria sociale
La fattoria sociale di Ramarella è una proprietà rurale di piccole dimensioni “classica” nei nostri territori che incorpora un fabbricato principale di circa 300 metri quadrati (che ha al suo interno – al piano terra – una grande cucina ed un altrettanto ampia rimessa attrezzi e, al piano superiore, due appartamenti originariamente destinati alla famiglia dei coltivatori) e terreni, a seminativo e a bosco ceduo, per complessivi 15 ettari.
La Fattoria è in aperta campagna ma dista meno di un chilometro dai paesi di Pergine Valdarno e Pieve a Presciano ed è raggiungibile dai comuni del Fondo Valle del Valdarno e da Arezzo in una ventina di minuti.
Nel 2022, Koinè, l’impresa sociale aretina che è promotrice della sperimentazione e della validazione delle pratiche di socio riabilitazione di adulti in carico ai servizi della salute mentale che vi si esercitano dal 2015, ha acquisito la proprietà con l’obiettivo di dare stabilità all’esperienza e di promuoverne lo sviluppo.
Nella Fattoria attualmente si producono ortaggi – destinati alla vendita al “gas” (gruppo acquisto solidale) costituito dalla stessa cooperativa (che conta oltre 730 lavoratori) ed ai mercati dei paesi limitrofi ma è stato varato un piano di miglioramento, ora in fase di concreta attuazione, che punta al recupero di alcuni annessi pre esistenti, alla attivazione di una piccola cucina industriale ed alla produzione di uova biologiche, di miele bio, all’allevamento di cani di razza e, per altro verso, all’avvio di un piccolo progetto di trasformazione e commercializzazione di prodotti pronti al consumo (conserve di pomodoro, ortaggi sotto olio ed aceto, sughi pronti etc etc).
Complessivamente, gli investimenti realizzati dalla cooperativa e, al momento, totalmente autofinanziati, nell’attività sommano a 330.000€ ed arriveranno, a completamento del Piano di sviluppo già in essere, a superare i 600.000€.
1. Green Care
Nella Fattoria, le attività produttive costituiscono in primo luogo l’ambito di estrinsecazione della missione di Koiné, che è (anche) quella di produrre pratiche abilitative, riabilitative e di capacitazione di adulti in carico ai servizi pubblici della Salute Mentale del Valdarno aretino ed, in secondo luogo, la leva per conseguire l’autosufficienza economica (al momento, le perdite di gestione sono coperte da Koiné con risorse di Bilancio).
Attualmente, risiedono a Ramarella, con un semplice supporto di tipo educativo, 3 adulti, che lavorano in fattoria insieme ad altre 14 persone in carico al servizio UFSMA cui si sommano altre 7 persone con disabilità e potenziale di sviluppo del funzionamento di un altro progetto Koinè (il Centro Cla di Arezzo) che operano durante la giornata solare con frequenze differenziate. Tutte le persone sono inserite sulla base di un progetto individualizzato terapeutico-riabilitativo costruito dagli specialisti UFSMA assieme agli educatori professionali della Socio Riabilitazione zonale (servizio gestito da Koiné per USL Toscana Sud Est), alle persone ed alle loro famiglie.
Alla collaborazione con UFSMA Valdarno, si è venuta a sommare, quella con UFAS della Zona Distretto di Arezzo: partecipano attivamente ai laboratori di orticoltura anche altre 7 persone con disabilità che sono inserite in un programma di capacitazione per la vita indipendente ed il dopo di noi (CLA) progettato e gestito da Koiné con il sostegno concreto della associazione delle famiglie Il Velocipede.
Sotto il profilo metodologico, le pratiche abilitative poste in essere si basano : 1. Sulla considerazione delle aspettative delle persone inserite, cioè partendo dalla considerazione che il lavoro in Fattoria interessa e piace; 2. Sulla valutazione multidimensionale e specialistica della coerenza e dell’utilità dell’inserimento in Fattoria rispetto al progetto terapeutico riabilitativo individualizzato; 3. Sulla gradualità e l’incrementalità dei percorsi abilitativi-riabilitativi, che si dipanano attorno alla accettazione delle regole condivise per arrivare alla loro interiorizzazione e, pertanto, dalla condivisione dell’idea, del progetto e del programma di lavoro – che viene discusso e condiviso collegialmente tra operatori ed utenti - alla assunzione di responsabilità e compiti specifici nella gestione del quotidiano e della programmazione di periodo ; 4. Sulla attivazione di percorsi lavorativi diversi che sollecitano la messa in campo di attitudini, abilità ed interessi diversi dal gestire la casa al gestire la preparazione dei pasti, dal fare l’orto al raccogliere uova e miele, dalla gestione della preparazione di eventi alla gestione degli eventi stessi, dalla condivisione di iniziative all’esterno alla realizzazione e gestione delle stesse, dalla cura di bosco ed ambiente all’accompagnare gruppi di bambini e ragazzi nei percorsi; 5. Sul promuovere lo sviluppo di relazioni positive nel gruppo, con i familiari e gli operatori, così da costituire un nucleo unitario assimilabile ad una famiglia allargata o, forse, è meglio dire, numerosa ; 6. Sul promuovere e l’agire perché la Fattoria sia luogo aperto alla comunità locale, da essa fruibile e fruito, generando scambio continuo tra “dentro” e fuori per far si che il dentro sia percepito come fattore di protezione ed accoglienza e non come recinto e luogo di esclusione.
In tutto, “la tela che si ricama” considera che ogni persona è in grado di svolgere un ruolo attivo e positivo, che il riconoscere le aspettative favorisce il benessere delle persone ed il loro esser parte attiva e, per altro verso, sfrutta l’ambiente come fulcro e leva del processo di apprendimento ed abilitativo, sul presupposto montessoriano che l’ “ambiente abilita ed educa” e su quello, di basico buon senso, che la “bellezza educa e fa bene”.
Su alcuni tratti metodologici e di contenuto delle attività che vengono svolte è forse necessario - ancorchè sinteticamente – offrire qualche ulteriore dettaglio:
A. Ruolo attivo e riconoscimento delle aspettative e dei bisogni delle persone inserite:
A Ramarella si va perché si vuol andare, non perché che ci veniamo “spediti” nostro malgrado. Sia le persone che abitano la casa sia gli utenti inseriti nelle attività diurne, hanno scelto di “frequentare” la Fattoria e di divenire, entro essa e le sue attività, parte attiva. L’esercizio di un ruolo attivo , del resto, è una condizione strutturale dello “stare” a Ramarella : la programmazione e la pianificazione delle attività sono codecise con gli utenti come l’assegnazione a ciascuno di funzioni e ruoli operativi. Il ricorso al coinvolgimento attivo e, in qualche misura, al metodo concertativo è parte sostanziale dell’approccio abilitativo e riabilitativo che poniamo in essere, che mira ad impoterire e, allo stesso modo, a responsabilizzare le persone sul presupposto che ognuno di noi è competente sull’interpretare i propri bisogni, le proprie aspettative e le proprie potenzialità.
In questo senso, abbiamo deciso, anche con gli utenti, che a rappresentare la cooperativa in alcuni consessi istituzionali e pubblici importanti, fosse un utente (Fulvio, il nostro “capitano”) accompagnato da un operatore e non un operatore accompagnato dall’utente: l’immaginario e la condizione umana non sono aritmetica e, nel nostro caso, in tutta evidenza, invertire l’ordine dei fattori cambia di molto il prodotto.
Sullo stesso presupposto, si è preso per buona l’ipotesi di rappresentare la fattoria nella bandiera dei “Pirati dei Caraibi” e quella, correlata, di auto definirsi “I pirati di Ramarella”. Essendo tutt’altro che affezionati alla pirateria ed alla filibusta, molto semplicemente, abbiamo rispettato una (più o meno scherzosa e forse anche provocatoria) richiesta delle persone che vivono a Ramarella al solo scopo di rendere evidente – in primo luogo a loro – che si sentono e che la loro voce ha un peso, salvo, muovendo sul solco che separa sempre il serio dal faceto, “contrattare” il contestuale utilizzo di bandiere rosse, rosse come la Koiné e rosse come quelle che avvisano i bagnanti del mare in tempesta.
B. Abitare: prevenire la istituzionalizzazione, capacitare, impoterire:
Nella casa posta al secondo piano del Fabbricato principale, vivono 3 persone, che, per vari motivi, necessitavano di una risposta anche di tipo residenziale. La casa, che riproduce per numero di utilizzatori (massimo 5), caratteristiche strutturali e modello gestionale, una “normale” abitazione familiare, è del tutto autogestita dagli abitanti, con un mero e molto limitato supporto dell’educatore, che sostanzialmente si limita alla supervisione. Nella casa, gli ospiti, si occupano del riordino, delle pulizie, della preparazione dei pasti, della spesa e di tutte le necessità pratiche nel vivere “ in autonomia”, ivi incluse quelle, non banali, connesse alla cura della propria igiene, alla cura del proprio sé e dei propri abiti e, parimenti, a quelle, anch’esse tutt’altro che banali, connesse alla condivisione dei tempi, degli spazi, del televisore, in un contesto ove, ad ognuno, “tocca” di esercitare un compito ed una funzione precisa, che è condiviso con gli altri e che, nel tempo, può cambiare.
C. Lavorare : una notevole quantità di cose da fare tra loro diverse
Nella fattoria, al momento, è in essere una attività di produzione di ortaggi e, di recente, sono state introdotte attività di produzione di miele biologico ed un piccolo allevamento di galline ovaiole per la produzione di uova bio: a seconda delle inclinazioni, dei desideri e delle potenzialità, ognuna delle persone inserite concorre al conseguimento dei risultati produttivi attesi in una o più attività. L’inserimento delle persone nei diversi processi produttivi è graduale, tenendo conto dei tempi di ogni persona ma si misura, sempre, con un risultato atteso, rispetto al conseguimento del quale gli educatori che agiscono in Fattoria si confrontano e sollecitano ogni singolo, che, è e dev’esser chiaro sin dall’inizio, “non si gioca e non si perde tempo ma si fanno cose tangibili, misurabili e mangiabili e devono essere sane, belle, buone”. Con il completamento del lavoro di recupero degli annessi e di adeguamento funzionale del fabbricato principale, in fattoria si realizzerà una piccola cucina industriale per trasformare in “pronti a mangiare” i prodotti dell’orto, verrà attivata una piccola osteria sociale, impiantato un piccolo allevamento di cani di razza e portata a regime una offerta di Fattoria didattica, allargando la gamma dei mestieri da svolgere ed il volume delle opportunità di inserimento formativo e lavorativo.
D. Servizio alle comunità locali
Un altro, essenziale, elemento che connota la mission della Fattoria sociale è quello di costituire un punto di riferimento per le comunità locali, le famiglie, i giovani, i ragazzi ed i bambini.
In questa ottica, anche grazie alla bellezza ed alla fruibilità dell’ambiente, ove sono stati strutturati anche percorsi di cammino nel bosco, Ramarella si è proposta ed è stata utilizzata anche come luogo di incontri e feste di asili nido, scuole elementari, gruppi classe, associazioni culturali e di volontariato del territorio : nello scorso mese di giugno, la Fattoria ha ospitato la festa di fine anno di molti asili nido del Valdarno, con, più o meno, millecinquecento presenze tra bambini, genitori, nonni ed educatori.
Per queste attività, organizzate e gestite in toto dai “protagonisti” della Fattoria, il prezzo richiesto ai partecipanti è il sorriso, la condivisione gioiosa dello spazio, il rispetto dell’ambiente, lo sforzo di relazionare ed inter agire umanamente, che, nel loro insieme, restituiscono agli utenti ed alle comunità locali, il dato di fatto della “Struttura aperta” , non solo priva di stigmi negativi ma, al contrario, gravata di una reputazione positiva, tanto che, “a Ramarella si va volentieri” anche per feste ed iniziative famigliari e private: molti hanno chiesto (ed ottenuto) di fare in Fattoria la feste di compleanno del figlio, cene ed incontri aziendali e, per parte sua, la cooperativa, la usa a questo scopo in modo sistematico.
Già dal prossimo anno, con la attivazione della prevista cucina, saremo in grado anche di fornire panini e altri alimenti, produrre pasti, organizzare piccole feste di gruppo, traendo da ciò anche risorse economiche e la possibilità di creare altri spazi di espressione del sé per giovani in carico ai servizi.
L’insieme di queste attività di abilitazione e riabilitazione ha prodotto buoni esiti in termini di conseguimento degli obiettivi dei programmi terapeutico riabilitativi individualizzati delle persone inserite ; non per caso, l’esperienza è documentata (tra le due italiane) nel rapporto sulle Green Care in Europa elaborato da INDTC (nota 4).
E. Valutazione di impatto sociale delle esperienze in essere
Le esperienze sin qui realizzate ed in essere cui si è fatto cenno hanno prodotto esiti soddisfacenti in termini di impatti sociali misurabili oltre la percezione e – presumibilmente, realisticamente, di esiti intangibili ma tutt’altro che irrilevanti.
In primis, occorre considerare un dato oggettivo: per la fruizione di questi servizi, il SSR non sostiene e non ha mai sostenuto alcuna spesa. Secondo la programmazione dei servizi e dei singoli progetti riabilitativi individuali, alcuni educatori della socio riabilitazione territoriale e del progetto CLA supervisionano gli utenti che effettuano i programmi abilitativi in Fattoria. Le persone che vivono in casa, danno un piccolo contributo mensile al sostegno delle spese di gestione.
In secondo luogo, vale annotare che mediante l’utilizzo dell’indice SROI (social return on investment) si è potuto asseverare che le risorse impegnate da Koiné (e, per l’Orto felice - di cui poi diremo- dalla Fondazione Allianz UMANA MENTE) sono poca cosa rispetto a quelle generate in termini di ricadute culturali e sociali nei territori di riferimento, territori ove, come si è detto, queste esperienze hanno concorso alla nascita ed allo sviluppo di reti tra piccole imprese agricole, Enti Locali e associazioni non profit di territorio che lavorano concretamente sulla modellizzazione di forme di multi funzionalità in agricoltura, valorizzazione delle produzioni biologiche, promozione delle filiere corte, del chilometro zero e delle tipicità, promozione della tutela della biodiversità e della difesa dell’ambiente.
Questi risultati, oltre agli output misurabili (il numero delle persone coinvolte nei percorsi abilitativi e capacitativi, la creazione della rete delle imprese agricole impegnate in percorsi di interesse sociale e del Distretto Rurale del Valdarno, la attivazione di alcuni mercatali, lo sviluppo – anche metodologico – di pratiche abilitative e riabilitative in agricoltura sociale a costo zero per il sistema sanitario regionale, la definizione di diversi inserimenti lavorativi), sono destinate, a noi parrebbe evidentemente, a produrre nel tempo ancora più significativi outcome nella dimensione intangibile (ma molto concreta) delle culture condivise nei territori, in quelle visioni e co obbligazioni che, in letteratura economica, vengono definite capitale sociale a livello locale (P. Bordieu), una componente essenziale per lo sviluppo locale anche nelle aree interne, nei contesti montani e rurali.
Riteniamo molto importante anche la connessione di queste esperienze con il sistema della educazione-istruzione, giacchè l’attivazione di piccoli orti negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia – che i ragazzi di Ramarella hanno impiantato in 25 situazioni diverse nella scorsa primavera - ispessisce e diversifica la pianificazione dei percorsi di esperienza ed educativi nella (necessaria) direzione di incrementare le competenze scientifiche e “Stem” anche attraverso una sensibilizzazione precoce alla biologia, alla natura ed alle sue leggi che si basa sulla pratica e l’esperienza diretta (nota 5).
In tutti gli ambiti, la novità ha suscitato l’interesse degli utenti, dei genitori e dei familiari : in diversi casi, nonni di bambini che frequentano i nidi, si sono proposti per fare volontariato nell’orto; nelle RSA, dopo il periodo terrificante della pandemia, l’attivazione dei piccoli orti ha segnato la ripresa di normalità, della possibilità di respirare e sorridere, di riporsi, finalmente, sotto il cielo.
In questi processi, di rigenerazione di relazioni umane, promozione di self e well being e di forte spessore educativo, i ragazzi che vivono e lavorano in Fattoria sono stati protagonisti, non semplicemente parte attiva e, anche in questo caso, il profitto sia pure intangibile è stato enorme in termini di benessere relazionale, fiducia in se stessi, acquisizione e consolidamento di capacità funzionali ed autonomie.
Ciò ha confermato inequivocabilmente per un verso la correttezza e l’efficacia dell’approccio recovery (di un approccio cioè che mira a promuovere nuove capacità e competenze e non semplicemente a gestire la patologia) per altro verso la validità delle esperienze abilitative e capacitative in contesto agricolo, dove una precisa pianificazione delle attività permette di valorizzare ed accrescere le capacità di ognuno e da ultimo ma non per ultimo la concreta praticabilità di una strategia volta ad attivare la comunità locale sull’obiettivo di presidiare ed estendere i beni comuni.
Se, come si è visto, la valutazione delle pratiche con l’indice SROI restituisce un quadro positivo, non meno lo è la valutazione basata sull’approccio controfattuale, che misura ciò che si è prodotto facendo agricoltura sociale e green care rispetto a ciò che si sarebbe ottenuto dal non farlo.
Anche in questo caso, senza troppo sforzo, è semplice constatare: * che senza l’alloggio di abitare supportato in Fattoria, i 3 residenti, che non sono nella condizione di vivere a casa propria, sarebbero finiti in qualche struttura residenziale di tipo socio sanitario ed assistenziale, con il rischio di istituzionalizzazione, la probabile perdita del potenziale di recupero e sviluppo di autonomie, il peggioramento del benessere relazionale, l’incremento della spesa in capo al SSR; ** che senza i laboratori di orticoltura di Ramarella e Borgo San Felice, le persone che vi sono state inserite non avrebbero avuto risposte di sorta o avrebbero avuto risposte realisticamente meno gradite da utenti e famiglie e più onerose per il SSR.
Sotto questo profilo, le esperienze prodotte si palesano come concretamente coerenti con l’obiettivo del PNRR di prevenire la istituzionalizzazione di persone vulnerabili e fragili e con quello, non meno importante, di valorizzare il punto di vista di utenti e familiari nella definizione dei progetti di presa in carico sia di adulti in carico ai servizi della salute mentale (Piano Nazionale della Salute Mentale) sia di persone con disabilità (Piano biennale per i diritti delle persone con disabilità e legislazione regionale toscana sul “progetto di vita”).
In questa ottica e su questo piano, vale annotare che le esperienze di agricoltura sociale potrebbero assumere ulteriore utilità sociale, valore comunitario ed impatto ove – con opportune variazioni del quadro legislativo regionale – potessero rivolgere la propria offerta anche ad anziani in condizioni di solitudine, fragili, con non autosufficienza moderata (Isog = < 3) con formule tipo casa famiglia e o co-housing.
Soprattutto nelle aree interne e nei contesti montani e rurali - ove i tassi di invecchiamento della popolazione sono significativamente più elevati di quelli medi già alti, ove è maggiore il rischio di isolamento delle persone, ove la rete dei servizi sanitari e socio sanitari pubblici è decisamente meno fitta, la sperimentazione, la validazione, la messa a regime e la diffusione di formule di casa famiglia ed abitare supportato rivolte ad anziani apparirebbe indispensabile.
Nella discussione attorno alla revisione ed alla integrazione del PNRR, il tema dello sviluppo di iniziative rivolte agli anziani in contesto rurale e di agricoltura sociale apparirebbe utile a dare sostanza e corpo al proposito di prevenire l’istituzionalizzazione e permetterebbe di generare modelli alternativi ai grandi contenitori istituzionali che se costituiscono interessanti affari immobiliari (per gli investitori) non sono certo la soluzione più umana e proponibile ai crescenti bisogni di assistenza e cura che vengono da parte congrua della popolazione anziana.
F. Ragnatele e disegni di futuro
Un ulteriore fattore che ha caratterizzato l’esperienza della fattoria sociale è lo sforzo di disseminare nel territorio la logica della cooperazione, della collaborazione, del fare rete in uno scambio continuo con le altre imprese rurali del territorio, le organizzazioni professionali del settore (Koinè – in questo anno - ha aderito a Coldiretti ed aderisce a Bioas dal 2021), le Amministrazioni Locali, le altre organizzazioni e cooperative sociali di territorio.
In questo “andare”, che si basa che una comunità ed un territorio sono tanto più forti quanto più sono capaci di pensare, di progettare, di decidere e di fare insieme, si è contribuito alla nascita del Distretto Rurale del Valdarno superiore (nota 6), lavorato sul coinvolgimento delle piccole imprese di territorio nella gestione di inserimenti abilitativi e lavorativi, pianificato la attivazione di piccoli laboratori di agricoltura sociale in altri servizi educativi, sociali e socio sanitari gestiti dalla cooperativa, contribuito alla progettazione delle attività di agricoltura sociale nella Strategia Aree Interne di Casentino e Valtiberina, reso la disponibilità a collaborare al trasferimento in altri territori delle nostre esperienze.
Anche grazie alla collaborazione con il progetto regionale di Terre di Toscana per la realizzazione Banca del Germo plasma Toscano (cui abbiamo aderito come sostenitori, nella scorsa primavera abbiamo impiantato piccoli orti in cassetta in venticinque strutture di comunità tra asili nido, Scuole dell’Infanzia, Centri diurni ed RSA con l’intento di elevare le qualità educativa, abilitativa ed occupazionale dei servizi, avviare i bambini alla comprensione dei cicli e delle scienze naturali, promuovere sensibilità ed attenzione verso l’ambiente e la bio diversità.
In tutti gli ambiti, la novità ha suscitato l’interesse degli utenti, dei genitori e dei familiari: in diversi casi, nonni di bambini che frequentano i nidi, si sono proposti per fare volontariato nell’orto; nelle RSA, dopo il periodo terrificante della pandemia, l’attivazione dei piccoli orti ha segnato la ripresa di normalità, della possibilità di respirare e sorridere, di riporsi, finalmente, sotto il cielo.
In questi processi, di rigenerazione di relazioni umane, promozione di self e well being e di forte spessore educativo, i ragazzi che vivono e lavorano in Fattoria sono stati protagonisti, non semplicemente parte attiva e, anche in questo caso, il profitto- sia pure intangibile - è stato enorme in termini di benessere relazionale, fiducia in se stessi, acquisizione e consolidamento di capacità funzionali ed autonomie.
Ciò ha confermato inequivocabilmente per un verso la correttezza e l’efficacia dell’approccio recovery (di un approccio cioè che mira a promuovere nuove capacità e competenze e non semplicemente a gestire la patologia) per altro verso la validità delle esperienze abilitative e capacitative in contesto agricolo, dove una precisa pianificazione delle attività permette di valorizzare ed accrescere le capacità di ognuno e da ultimo ma non per ultimo la concreta praticabilità di una strategia volta ad attivare la comunità locale sull’obiettivo di presidiare ed estendere i beni comuni.
G. La Rete Aie Diffuse
Identiche, piene, conferme si hanno anche dalla lettura critica dell’esperienza dell’Orto Felice di Borgo San Felice, a Castelnuovo Berardenga, attivata grazie all’impegno della Fondazione Allianz UMANA MENTE, che ne finanzia interamente la gestione.
In questo caso specifico, le attività, prodotte nel contesto splendido che ospita anche il famoso Relàis Chateau omonimo, coinvolgono 12 giovani con disabilità sensoriale e o intellettiva con ottimi esiti sul piano della capacitazione, del benessere relazionale e dell’inserimento sociale.
Tra le due esperienze, gestite entrambe da Koiné, si è creata una vera e propria sinergia produttiva organizzando le coltivazioni e la produzione in modo più efficace ed efficiente nella prospettiva di conseguire l’autofinanziamento del progetto.
Il marchio Aie Diffuse, che identifica un modello di impresa agricola che assume la socialità e la salute come alcuni – in vero i più rilevanti - degli output e degli outcome del processo produttivo, è, nei nostri intenti, destinato a collegare stabilmente una grande quantità di esperienze anche di diversa natura societaria ma convergenti nell’idea che dal mondo rurale possa arrivare un contributo importante alla rigenerazione dei beni comuni e dei sistemi di welfare locale.
H. Passi in avanti
In relazione agli esiti – come si è visto positivi – dei percorsi fatti, Koiné ha varato un complesso piano di investimenti atto a recuperare gli annessi, realizzare una piccola cucina “ industriale “ per avviare una attività di Osteria Sociale e trasformare i prodotti dell’orto in pronti a consumare, migliorare la fruibilità del bosco anche per persone anziane, bambini e famiglie, avviare una piccola attività di produzione di miele bio (10 arnie) e di uova bio (10 galline ovaiole), rendere meglio fruibili le attività della fattoria didattica e di Pet terapy, cantierare azioni di formazione professionale che permettano di sfruttare meglio il potenziale occupazionale del settore agricolo e di creare opportunità di lavoro regolare e vero.
Con queste attività, si ritiene di poter raggiungere la piena autosufficienza economica della Fattoria (ad oggi la gestione produce una piccola perdita che la cooperativa copre con risorse di Bilancio) e, nel contempo, ed è certo, di creare le condizioni per fare altri inserimenti sociali e lavorativi di persone con svantaggio e vulnerabili, per accrescere ulteriormente la capacità e la possibilità di costituire un punto di raccordo ed espressione per tutta la comunità locale, per rendere concreto e credibile l’approccio comunitario alla salute mentale anche contribuendo alla necessaria revisione dei modelli di servizio residenziale e diurno, che, in tutta evidenza, vanno modificati alla luce dei cambiamenti sociali e degli stili di vita che si sono prodotti negli ultime trent’anni.
In questa prospettiva, un importante passo in avanti è stata l’esperienza della co-progettazione dei servizi della salute mentale adulti del Valdarno, voluto dalla Direzione della Zona Distretto e gestito da Estar.
In questo processo di “amministrazione condivisa”, le iniziative di agricoltura sociale e le altre, numerose e sostanziali, poste in essere nel territorio grazie alle sinergie attivate dal gruppo degli educatori Koiné della socio riabilitazione con tante organizzazioni sociali ed imprese del territorio, ha preso corpo l’idea di salute come bene comune e quella, altrettanto rilevante, di approccio comunitario alla salute mentale. Se, come negli altri ambiti in cui si sono sperimentati i nuovi approcci alla co-programmazione ed alla co-progettazione, sono emerse alcune difficoltà pratiche nella gestione dei processi (nota 7), l’avvio dell’esperienza ha generato nuove energie e nuovi entusiasmi che sembrerebbe abbiano permesso di girare, finalmente, la pagina dove era scritto che tutto è perduto e che non resta che il mugugno.
Dando continuità, spessore, respiro e coerenza al cammino, iniziato nel 1994 (anche grazie agli stimoli ed al sostegno del Dottor Paolo Pesce) in una nuova alleanza sociale tra Enti Locali, Azienda sanitaria locale, organizzazioni di terzo settore e soggetti attivi nella comunità locale, si possono rilanciare i servizi pubblici della salute mentale e difendere la sanità pubblica.
Note
1) John Foot, La repubblica dei matti, Feltrinelli, 2014
2) Renato Piccione, Manuale di Psichiatria, Bulzoni, 2015
3) M.Fornaini, S.Testi, Nuove politiche di salute mentale rigenerative all'interno della comunità: i Patti territoriali, in Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, volume 14, 2017
4) Green Care, Un contributo dalla comunità terapeutiche. A cura di International Network of democratic communities, Alpes Edizioni, Roma, 2022, P.Peruzzi, Nuovo comunitarismo e cooperazione per la salute mentale di comunità, in Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, volume 17, 2018
5) grazie alla collaborazione con il progetto regionale di Terre di Toscana, nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 20-24 della Regione Toscana per la realizzazione Banca del Germo plasma Toscana (cui abbiamo aderito come sostenitori), nelle settimane scorse abbiamo impiantato piccoli orti in cassetta in venticinque strutture di comunità tra asili nido, Scuole dell’Infanzia, Centri diurni ed RSA con l’intento di elevare le qualità educativa, abilitativa ed occupazionale dei servizi, avviare i bambini alla comprensione dei cicli e delle scienze naturali, promuovere sensibilità ed attenzione verso l’ambiente e la bio diversità.
6) http://www.conferenzasindacivaldarno.it/index.php/news-nascoste/31-firmato-accordo-per-la-costituzione-del-distretto-rurale-del-valdarno-superiore
7) S.Magi, Amministrazione condivisa per affrontare le grandi sfide, Il Riformista, pag.10 del 16 settembre 2023