Volume 26 - 31 Luglio 2023

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Le parole e le inerzie della politica in Salute Mentale

Autrice

Ricevuto il 14/06/2023– Accettato il 24/06/2023



Riassunto

Nell’articolo si vuole evidenziare il grave problema del silenzio “politico” in salute mentale descrivendo da un lato il disinteresse delle politiche nazionali e regionali, ampiamente dimostrato dalla mancanza di investimenti in salute mentale e dall’altro lato, invece, quanto si potrebbe fare se si considerasse la Salute Mentale un “bene pubblico”, come suggerisce con energia anche l’OMS che indica le strade per recuperare il rapporto della Salute Mentale con la Politica.


Abstract

The article aims to highlight the serious problem of "political" silence in mental health by describing on the one hand the disinterest of national and regional policies, amply demonstrated by the lack of investment in mental health and on the other hand, however, what could be done if Mental Health were considered a "public good", as the OMS also energetically suggests, which indicates the ways to recover the relationship between Mental Health and Politics.


Non c’è settore della sanità pubblica maggiormente legato alla politica di quanto lo è la salute mentale perché ha le sue radici nella sfera sociale.

Per raccontare quanto la politica sia assente lì dove dovrebbe esserci con azioni di indirizzo e non solo, ci vorrebbe un manuale. Qui si vuole solo evidenziare il problema del silenzio politico in salute mentale e di quanto invece si potrebbe e dovrebbe fare se solo si prendesse coscienza che la salute mentale è un bene comune, un bene pubblico e come tale la politica non può lasciarlo fuori dalla sua agenda, anche in ottemperanza all’art.2 della Costituzione che recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Proprio questi sono i doveri che riguardano la salute mentale e che la legano indissolubilmente alla politica.

La politica, sia nazionale sia regionale, sfoggia la sua grande incapacità a comprendere l’importanza della salute mentale, e lo dimostra ampiamente, con i continui miserevoli investimenti che offendono la comunità e tutti quegli operatori che si prodigano ancora nel cercare di far funzionare i servizi.

La politica, negando gli investimenti, disconosce il “bene comune” insito nella salute mentale.

La politica che conosciamo non è saggia né tantomeno lungimirante, perché investire in salute mentale, oltre che necessario e urgente, produrrebbe un aumento del benessere generale, una riduzione delle disuguaglianze e il contenimento dei costi – diretti e indiretti – causati dai disagi mentali.

La politica è la grande assente della salute mentale: basta guardare al PNRR dove non c’è traccia di salute mentale, una “cenerentola” a mala pena nominata.

Le politiche nazionali e regionali hanno dimostrato un crescente disinteresse nei confronti della salute mentale, iniziato già dagli anni 90. La legge 180, (senza voler entrare nello specifico), è stata tradita prima di tutto dalla politica che non ha mai assunto il ruolo di indirizzo che avrebbe dovuto, lasciando gli operatori e i servizi ad agire da soli.

Le resistenze della politica alla legge cosiddetta Basaglia sono state e sono resistenze che impattano fortemente con il riconoscimento dei diritti umani e politici e hanno come conseguenza il confinamento di essi ad un ambito prettamente medico/ospedaliero.

“Citare i diritti umani degli utenti dei servizi psichiatrici è diventato un obbligo dettato più da un linguaggio politically correct che da veri e propri progetti di difesa di questi diritti”. (saluteinternazionale.info).

E l’assenza di strategie, la mancanza di impegno economico, la carenza di soluzioni organizzative e innovative creano col tempo anche una diffusa riduzione del diritto di cura.

Si perdono le tracce della salute mentale perfino nella definizione dell’assistenza territoriale del SSN dove essa si confonde con la non autosufficienza in cui viene accorpata.

Difficile e complesso analizzare le cause di questi “atteggiamenti”.

Ci ritroviamo spesso di fronte ad amministratori con alta formazione manageriale ma bassa capacità di pensare nuove forme di integrazione e partecipazione necessarie ad un miglior andamento dei servizi di salute mentale.

Paura del cambiamento? Paura di perdere il controllo? paura perché le dirigenze non sono adeguatamente formate? paura di mancare obiettivi economici aziendali prefissati?

O forse è lo stigma, ancora molto forte per troppi di noi… ma anche le leggi troppo spesso corrispondenti alla forza irresistibile del consenso più che al benessere della cittadinanza. Non è un mistero che gli atteggiamenti derivanti dallo stigma e dai pregiudizi sono purtroppo assai presenti nella classe politica, ancor più che nella popolazione generale.

Eppure la strada sarebbe anche tracciata… con il rapporto dell’OMS (“Comprehensive mental health action plan 2013-2030”) che rappresenta una chiara “bussola” normativa e autorevole per i politici e gli operatori del settore.

Il documento, infatti, indica “dove” è più necessario il cambiamento, le “ragioni” che sostengono la necessità di cambiare e le “strategie” per meglio conseguire questo obiettivo, partendo dalle più recenti evidenze e mostrando esempi di buone pratiche in vari contesti a livello globale.

Per prenderci cura delle persone che hanno disagi e per promuovere e proteggere la salute mentale come “bene collettivo” l’OMS suggerisce di trasformare i nostri atteggiamenti e le nostre azioni.

Nel rapporto si sottolinea con estrema preoccupazione che le buone intenzioni dichiarate dai governi non vengono poi soddisfatte con i dovuti investimenti, soprattutto dopo la crescente necessità di servizi ampiamente dimostrata dal covid 19.

L’Oms rileva infatti che nessuno degli obiettivi prefissati per il 2022 riguardo la leadership, la governance e i finanziamenti sia stato raggiunto.

Fatto tanto più grave in quanto la salute mentale è direttamente correlata alla produttività, all’assenteismo e al turnover dato che le sue origini sono sociali, economiche e solo poi sanitarie.

La salute mentale viene perciò definita dall’Oms come una “priorità globale” da affrontare con percorsi innovativi basati sugli ambienti di vita: famiglia, scuola, lavoro, comunità.

Fondamentale “investire sulla trasformazione globale dei sistemi di salute mentale” percorrendo diverse strade: rafforzare politiche di assistenza di comunità, potenziare la ricerca (oggi molto trascurata in questo settore), abbattere lo stigma e la discriminazione, legiferare per meglio tutelare i diritti umani, rafforzare sistemi di assistenza territoriale centrati sull’interezza della persona e della sua vita, promuovere conoscenza ed educazione nelle scuole…

Inoltre l’Oms si spinge anche a dare indicazioni sulle strategie alla base dei possibili interventi indicando che devono concretizzarsi in sinergie multidisciplinari e multisettoriali, che devono tener conto della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che devono spostare il luogo di cura dall’ospedale alla comunità e al territorio, che devono superare le discriminazioni che riducono l’accesso alle cure, che devono dare maggiore attenzione alla salute mentale dei bambini e degli adolescenti…

Un impegno di questo tipo, dati i legami imprescindibili tra salute mentale e salute pubblica, tra diritti umani e sviluppo socio economico favorisce certamente lo sviluppo delle comunità e il livello di civiltà di un paese. Sembra ormai comprovato che le politiche volte alla riduzione delle disuguaglianze socio economiche, individuate dalle Nazioni Unite come priorità tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile, possono contribuire a ridurre l’incidenza di molti disagi psichiatrici e la crescita della partecipazione nelle comunità.

Non sono quindi le idee, le parole o i suggerimenti di indirizzo che mancano alla politica di buon livello… ma è l’agire politico dei singoli governi che tradisce ogni buona intenzione.

Basta guardare complessivamente cosa è successo al nostro ottimo Sistema Sanitario Nazionale: era partito bene, ma negli anni più recenti ha subito un pesante e dannoso disinvestimento in termini di organici, di innovazione e di ricerca che lo hanno portato ad un pericoloso tracollo strutturale generale.

La classe politica che negli anni lo ha indirizzato non è stata coerente con il carattere universalistico dato al SSN, anche se questa era la sua caratteristica più significativa e vincente.

Proprio perché la salute mentale non riguarda solo la sanità, la branca che la cura cioè la psichiatria e i servizi relativi, hanno una carta in più rispetto agli altri settori sanitari per trovare una via d’uscita, per evitare il tracollo, dove si può…

Spetta alla Salute Mentale diventare capace di “parlare” alla politica, come già successo nel passato, e di indirizzare le attuali gravi inerzie politiche ad un cambiamento profondo ed efficace nel produrre maggior benessere collettivo. Dobbiamo prima di tutto essere consapevoli noi stessi che la Salute Mentale è portatrice di cultura, cambiamento, investimenti umani, valori, “nuovi saperi” che le arrivano forti anche dalla partecipazione civica e dall’associazionismo… e che ogni investimento rappresenta crescita di civiltà del nostro paese.

C’è però molto lavoro da fare, parecchie “cose”, tutte molto interessanti e innovative:

Cambiare metodi per “costringere” la politica a “guardare” alla salute mentale, aprendo prospettive per nuove esperienze di cura della fragilità in un’ottica intersoggettiva e comunitaria.

Rinnovare i servizi in forma partecipativa opponendosi, uniti e compatti, al loro lento smantellamento economico favorito dai miopi e narcisistici processi di rientro di bilancio fatti dalle aziende sanitarie.

Cercare e cavalcare il “ruolo politico” negli spazi spesso ambivalenti della partecipazione.

Fare “formazione di partecipazione e di gruppo” non solo agli operatori ma a tutti i protagonisti di una salute mentale di comunità.

Ricollocare le questioni della cura in una sfera nuova, attenta alle dimensioni politiche delle relazioni, dei luoghi di vita, dell’ambiente, dei tessuti sociali spesso frutto di lavori di cura invisibili e non remunerati.

Ne deriva una significativa importanza da dare ai centri di salute mentale di comunità come punto focale delle reti che garantiscono l’inclusione sociale, il “prendersi cura” della persona, l’attività di prevenzione e promozione, il superamento dei disturbi più comuni...

L’Italia è agli ultimissimi posti in Europa con gli investimenti in salute mentale, è invece tra i primi in esperienza di salute mentale di comunità… ed è proprio qui che dobbiamo investire capitale umano, è qui che dobbiamo costruire alleanze con i cittadini, con gli utenti dei nostri servizi e i loro familiari, è qui che dobbiamo formarci solidamente per “parlare” alla politica e “pretendere” da chi ci governa il giusto investimento in un settore della vita pubblica che domani diventerà il principale “problema globale” (nel 2030 secondo l’Oms).

Perciò la salute mentale di comunità con le sue molteplici realtà gruppali è la nostra strada, meglio dire la nostra speranza, per combattere le inerzie della politica.

Essa è in grado di produrre molti benefici ed è a basso costo; riesce a trasformare gli interventi riorganizzativi allargando il potere dei diritti…

Rappresenta un po’ la nostra piccola rivoluzione, il punto di partenza per mettere insieme risorse sociali e sanitarie, pubbliche e private con una visione condivisa della cultura del sociale dove l’inclusione non è solo il luogo del contenimento del disagio ma il luogo del benessere collettivo.

La salute mentale di comunità dovrà riuscire a convincere la classe politica che investire in salute mentale, seguendo gli indirizzi già delineati dall’OMS, è necessario, giusto, doveroso e… conveniente.


Nota

Il presente articolo è frutto di studio sui principali siti Internet dedicati all’argomento:

  • quotidianosanità.it
  • saluteinternazionale.info
  • forumdisuguaglianzediversita.org
  • forumsalutementale.it
  • salute.gov.it
  • iss.it
  • ilsole24ore.com