Volume 26 - 31 Luglio 2023

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Esperienza ad orientamento DBT nei Servizi

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Svolgo il lavoro in Salute Mentale come Operatore Socio Sanitario da circa 20 anni, ad oggi sto facendo servizio da 5 anni presso l’S.P.D.C. di Prato. A gennaio di quest’anno il gruppo di lavoro che si occupa degli utenti ad alta intensità emotiva e porta avanti la la DBT, ha proposto alla mia figura e ad altre professionalità che ruotano sul Dipartimento di Salute Mentale, di entrare a far parte di un percorso di formazione relativo al disturbo di personalità borderline (D.B.), per creare un equipe con differenti professionalità che potesse poi supportare il lavoro dei conduttori della DBT, con mansioni e compiti precisi inerenti anche al settore specifico di servizio. Dopo la prima parte teorica, coadiuvata anche da simulate inerenti i moduli della DBT, ci è stata data la possibilità di partecipare ai gruppi DBT per la durata di un modulo, successivamente si è creato un gruppo stabile, formato da una Psichiatra, una Psicologa, un O.s.s., due Educatori Professionali, un Infermiere ed un Assistente Sociale. Ognuno ha assunto un ruolo con compiti specifici; il mio in quanto O.s.s.. Premetto, anche se può sembrare ovvio, che all’interno della salute mentale, l’ O.s.s. ha un ruolo in prevalenza di tipo relazionale e molto meno assistenziale. L’obiettivo è di istaurare una relazione che permetta poi di lavorare per arrivare ad una compliance di cura, fare coaching nei momenti di picco di agitazione psicomotoria, raccogliere dati e informazioni che possono permettere di costruire un’anamnesi il più possibile particolareggiata, in modo da poter costruire in equipe una progettualità specifica e attinente ai bisogni del paziente. Lavorando in S.P.D.C. come team DBT, abbiamo deciso che i compiti miei in quanto O.s.s., fossero relativi al proporre, durante i ricoveri alle persone con D.B., le tecniche per “raffreddare” le situazioni di intensità emotiva e/o riportare alla realtà durante i momenti di dissociazione, attraverso le strategie di cambiamento della chimica del corpo (TIP). In alcuni momenti proporre tecniche che sul momento potessero sostituire la farmacologia aggiuntiva; un compito specifico che attuo durante il mio lavoro, grazie alla formazione particolare e costante. La formazione è partita all’inizio del 2022 con un corso sulla DBT all’interno del Dipartimento di Salute Mentale Prato, condotto da una psichiatra e da una psicologa entrambe psicoterapeute che avevano attivato la terapia in precedenza all’interno del Servizio. Dopo una formazione teorica di tre mesi, è iniziato lo stage pratico, quindi la partecipazione ai gruppi per moduli ed un’educazione permanente attraverso le riunioni mensili di team DBT. Da gennaio 2023 è partito un corso organizzato per tutta la ASL Toscana Centro in cui si sono svolte le lezioni teoriche, arricchite però dalle esperienze pratiche portate dai singoli Dipartimenti che avevano già attivato la terapia sul DBT. Il confronto fra le diverse realtà ha permesso di arricchire il bagaglio e le conoscenze ed è stato motivo di crescita e di revisione sulle modalità di attuazione. Questa formazione allargata a tutta la ASL ha anche l’obbiettivo di far partire questo tipo di terapia nei Dipartimenti che al momento ne sono privi, contando sul supporto delle realtà già esistenti. In concomitanza con questa ulteriore formazione nel nostro Dipartimento (Prato), è stato possibile aggiungere il coaching, infatti ogni componente del team DBT svolge attività di coaching di persona e telefonico; come O.s.s. attualmente ho in carico due pazienti che partecipano al gruppo. Tutto ciò mi ha permesso di acquisire molte più competenze riguardo al D.B. ma soprattutto mi ha fatto cambiare angolazione nell’osservazione di questo tipo di disturbo della personalità; inoltre il vedere all’atto pratico la terapia di gruppo, mi ha chiarito molto di più il significato di questo tipo d’apprendimento. Ognuno di noi impara dalla prima infanzia fino alla preadolescenza a interagire, creare relazioni, tollerare la frustrazione e la sofferenza e regolare l’emotività; questo ovviamente se abbiamo la fortuna di esserci trovati sempre in un ambiente e con persone funzionali, ma purtroppo non è sempre cosi e non lo è per tutti, infatti c’è chi ha vissuto in ambienti e con persone altamente disfunzionali e questo non solo ha compromesso un apprendimento delle modalità per “vivere bene”, ma ha anche lasciato segni e traumi che hanno poi determinato un ulteriore peggioramento del proprio “vivere”. La pandemia con le sue regole salvavita ha determinato un grosso aumento di persone che dopo il 2020 si sono rivolte ai Servizi di salute mentale e anche i casi con diagnosi di disturbo borderline sono drasticamente aumentati; questo lo evidenzia la letteratura scientifica ma è un dato che emerge lampante anche nella realtà pratica dei Centri di Salute Mentale. Il pensare che attraverso una terapia di gruppo si possa imparare a sopperire a delle mancanze e inadeguatezze vissute durante la crescita emotiva e cognitiva, è qualcosa di veramente importante, perché potrebbe andare a significare per la persona che intraprende il percorso, la possibilità di vivere il futuro ma soprattutto di viverlo bene. L’ottimale ovviamente sarebbe riuscire a far sì che certe reazioni e modi di porsi con gli altri e con se stessi diventassero degli script come lo diventano certe attività (il guidare l’auto), naturalmente questo non può avvenire solo con una terapia di gruppo annuale, però credo possa essere un buon inizio.

Questa azione di coinvolgere le varie professionalità in un percorso formativo specifico la ritengo una grande idea, perché la conoscenza permette a tutti di interagire in maniera più idonea sulla base di chi ci troviamo davanti; sbagliare una movimentazione su una persona può provocare un danno che però è subito evidente, mentre l’atteggiamento o le parole sbagliate in una specifica circostanza possono creare un danno che non sempre si evidenzia da subito e può anche vanificare il lavoro fatto da altri talune volte, rimanendo però sconosciuto nelle conseguenze e quindi senza la possibilità di interventi risolutivi immediati. Fondamentale in questo ambito risulta essere l’approccio multiprofessionale, figure con preparazione e bagagli conoscitivi diversi hanno una maggiore possibilità di valutare ad ampio spettro le singole situazioni, soprattutto ognuno porta una modalità interventistica con peculiarità differenti, creando quindi maggiori possibilità di riuscita della terapia. L’O.s.s. è considerato come un aiuto e un supporto, essendo una figura con una definizione non specificatamente medico-sanitaria ma con una formazione ad ampio raggio, con una base di conoscenze medico-sanitarie, educative e psicosociali (infatti l’O.s.s. nasce per essere di supporto alle altre figure quali medico, infermiere, educatore, assistente sociale), senza però essere definito a livello culturale in uno schema giuridico in cui invece sono inquadrate le altre figure, quindi un ruolo che a livello sociale non si inquadra in una specifica figura di tipo sanitaria o socio educativo. Questo a volte favorisce lo stabilire una buona relazione con i pazienti o almeno ad oggi questa è la mia sintesi esperienziale. Questo tipo di interventi terapeutici stanno sempre più prendendo campo all’interno della salute mentale; oltre alla DBT, viene usato per altre forme di disturbo il social skills training, la psicoeducazione. La DBT è una metodologia d’intervento sempre più validata a livello scientifico, chiaramente richiede maggiori risorse in termini di tempo e di persone, mentre ad oggi quello che si investe nella salute mentale continua ad essere molto iniquo rispetto ai bisogni evidenti e alla crescita del disagio mentale.