Volume 26 - 31 Luglio 2023

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EDITORIALE - "Fluctuat nec mergitur": navigare in un mare in tempesta

Autrici



Le evidenti difficoltà del SSN e le criticità di molti Servizi pubblici di salute mentale ci portano incessantemente a riflettere rispetto a come fare e come mettere in campo strategie di resilienza e di sopravvivenza.

Verosimilmente vi sono sistemi più fragili, sistemi resilienti e sistemi antifragili. Quali sono e quali caratteristiche devono avere i Servizi per spostarsi da un polo del continuum all'altro?

Innanzitutto l'"equipaggio": assistiamo in molti Servizi ad una riduzione progressiva di operatori, psichiatri, psicologi, infermieri ed educatori che ha come conseguenza la difficoltà a mettere in campo un lavoro in équipe multiprofessionale e multidisciplinare, a dare risposte adeguate all'utenza in carico, fino a determinare la chiusura di alcuni Servizi. Al di sotto di una certa dotazione di personale (rapportata al bacino d'utenza) il sistema non tiene.

Al di sopra dei relativi valori limite, i Servizi possono funzionare in modo alquanto diverso in relazione a storia, modelli, organizzazioni e prassi. La diversità rappresenta, soprattutto in epoca di crisi, una risorsa. D’altro lato però, ormai da tempo osserviamo una condizione di crisi dei Servizi pubblici di salute mentale, caratterizzata dalla necessità di continuare a dare risposta ad un incremento dei bisogni, in una condizione di generale riduzione delle risorse e in particolare del numero di operatori, fino a compromettere pesantemente l’efficacia dei Servizi, se non la loro stessa sopravvivenza.

In questo contesto, proponiamo alcuni temi, quali:

  1. Criticità dei Servizi
  2. Punti di forza dei Servizi
  3. Ruolo della Rivista in questo contesto
  4. Centralità della Ricerca nei Servizi pubblici di salute mentale

1) Conosciamo bene le molteplici criticità con le quali i Servizi devono quotidianamente confrontarsi, ovvero:

  • la carenza di risorse;
  • l’aumento dei bisogni (es. aumento delle condizioni di povertà, amplificate dalla recente pandemia) e l’incremento delle situazioni di disagio psichico. Fattore che inevitabilmente si lega alla complessità etiologica in salute mentale (incidenza dei determinanti biologici, psicologici e sociali sui concetti di vulnerabilità e resilienza);
  • la presenza di nuove emergenze psicopatologiche e comportamentali (disturbi gravi di personalità, disturbi alimentari psicogeni, emergenze comportamentali transnosografiche, disturbi comportamentali correlati alle nuove sostanze di abuso e superamento del concetto di dipendenza);
  • la gestione degli utenti autori di reato, successiva alla legge 81/2014 (e le conseguenti problematiche relative ai rapporti con la Magistratura ed alla posizione di garanzia, con il rischio di uno spostamento verso la medicina difensiva);
  • l’accentuarsi della dimensione custodialistica di controllo, e delle pressioni finalizzate al controllo, con il rischio di un neo-istituzionalismo (con delega ai servizi sanitari della gestione della pericolosità sociale e delle misure di sicurezza);
  • il confronto con la multietnicità e le problematiche di salute mentale dei migranti da leggere in termini antropologici ed etnopsichiatrici (in questo contesto si pongono i progetti SPRINT1 - SPRINT2 – ICARE – SAMEDI, come collegamento tra pratiche dei Servizi, centri di accoglienza, percorsi di inclusione);
  • ultimo punto, che è però di fondamentale importanza, l’aumento del disagio giovanile e dei disturbi psichici gravi nei giovani e nei giovanissimi, con parallelo incremento di suicidalità, comportamenti autolesivi e ricoveri nei reparti psichiatrici. Sappiamo bene che il tema del disagio giovanile che è emerso in modo significativo con la pandemia, trae di fatto le sue origini molto prima dell’emergenza Covid. In questo senso, un recente lavoro di Armocida B. et al. (2022), evidenzia come in un periodo precedente al Covid (dal 1990 al 2019), nella fascia di età tra 10 e 24 anni, siano aumentati gli anni di vita persi per disabilità legati ai disturbi di salute mentale, mentre i progressi in ambito scientifico e clinico hanno permesso una riduzione di prevalenza di tutte le altre patologie non trasmissibili (ovvero delle patologie ad etiologia multifattoriale caratterizzata da una vulnerabilità genetico/biologica, dove hanno però un forte impatto i determinanti sociali). Inoltre, una meta-analisi di Solmi M. et al (2022) condotta su 192 studi epidemiologici, evidenzia che il picco di insorgenza dei disturbi di salute mentale è intorno ai 14 anni di età. Da tutto questo emerge la necessità di intervenire precocemente, attraverso interventi complessi, centrati su più contesti, considerando la vulnerabilità biologica, psicologica e sociale.

2) Conosciamo però anche i punti di forza dei Servizi pubblici di salute mentale:

  • il forte radicamento dei Servizi pubblici di salute mentale nella comunità (con la necessità di promuovere comunità e ambienti abilitanti, inclusivi. Un esempio virtuoso in Toscana è rappresentato dai progetti sulla green care del Valdarno aretino);
  • la ricchezza delle pratiche e della “storia” dei Servizi (ma anche la necessità di confrontarsi con un ricambio generazionale degli operatori, ovvero la necessità di “trasferire la storia e valorizzare i nuovi contributi”);
  • relativamente alla Regione Toscana, la specificità che prevede: un’equipe unica ospedale-territorio (che garantisce la continuità terapeutica); l’attivazione di gruppi multiprofessionali nell’ambito dei Servizi; un governo unico per tutta la rete dei presidi (CSM, SPDC, residenze); la gestione diretta dei percorsi riabilitativi e l’unitarietà dell’integrazione socio-sanitaria;
  • le collaborazioni dei Servizi con il terzo settore e con le risorse della comunità;
  • il contributo di utenti e familiari (in particolare attraverso gli ESP e i gruppi di auto-mutuo-aiuto).

3) In questo contesto, la rivista si propone come spazio laboratoriale e di confronto tra Servizi, in termini di epistemologie, organizzazioni e politiche, ma soprattutto di prassi ("superiorità intellettuale della pratica" N. Taleb) nella convinzione che possiamo provare ad identificare ed arricchirci di quelle esperienze positive, alcune già strutturate ed evidence based, altre più creative ed innovative per ampliare sguardi ed orizzonti.

Una riflessione sull'antifragilità porta a valorizzare il piccolo rispetto al grande, il locale in "rete", rispetto al globale, la flessibilità e l'apertura rispetto a rigidità e chiusura.

La Rivista, come proposto anche nell’ultimo editoriale di Raffaele Barone e Angelita Volpe, si pone come opportunità di confronto e laboratorio di pensiero per riflettere insieme:

  • sulla complessità delle problematiche attuali;
  • sulle strategie che i Servizi possono mettere in atto per rispondere alla complessità dei bisogni;
  • sull’appropriatezza e sull’efficacia degli interventi;
  • sugli interventi innovativi presenti nel territorio regionale e nazionale;
  • sul fare rete tra Servizi (SerD, UFSMIA, Servizio Sociale, Consultorio, ecc.) e tra Servizi e Comunità;
  • sul possibile contributo di altri saperi e discipline (quali Antropologia, Sociologia, Filosofia, Diritto) dove punto di forza è la pluralità di voci e competenze, anche in relazione alla complessità dell’etiologia e degli interventi in salute mentale.

E quindi “riflettere assieme” per favorire la stessa resilienza dei Servizi pubblici di salute mentale.


4) Infine centrale, a nostro avviso, è l’attivazione della Ricerca nei Servizi pubblici di salute mentale come occasione per:

  • confrontarsi sulle esperienze per implementare interventi e strategie efficaci nei diversi Servizi;
  • favorire una rilettura critica della psichiatria basata sulle evidenze;
  • valutare i processi, gli esiti e l’efficacia di specifici interventi in diversi contesti (consapevoli della centralità dell’appropriatezza specie in carenza di risorse), considerando, anche in termini valutativi, il punto di vista di utenti e familiari;
  • confrontare Servizi differenti in termini di dimensioni, strategie organizzative e risultati.

In questo contesto, possiamo considerare ad esempio, lo Studio sui fattori predisponenti i TSO, promosso dalla Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica, che coinvolge diversi Servizi in Italia (Magnani N. et al 2022).


In questo numero abbiamo chiesto al Prof. Andrea Fagiolini, quale persona vicina alla collega tragicamente scomparsa, di scrivere un omaggio per Barbara Capovani e tutti noi partecipiamo e ci sentiamo vicini al profondo dolore alla famiglia.

Paola Carozza propone quindi un contributo che considera l’approccio della medicina fondata sull’evidenza (EBM) non come un tentativo di ridurre la complessità dei determinanti in salute mentale, ma piuttosto al contrario, come una cornice che sposta il fuoco su tale complessità, e che permette di approcciare la complessità definendo gli interventi che, allo stato dell’arte, risultano più efficaci. L’autrice utilizza uno sguardo critico, che pone anche attenzione ai limiti della EBM in un contesto dove molteplici sono le variabili in gioco e dove complessa è anche la definizione della diagnosi e la scelta di quale specifico esito considerare nelle valutazioni di efficacia. Propone inoltre un’accezione “etica” della EBM ed una declinazione dei trattamenti psicosociali basati sulle evidenze, considerando le correlazioni tra interventi psicosociali e neuroplasticità, tra pratica basata sull’evidenza (EBP) e recovery.

Sergio Zorzetto, Barbara Mamone e Giuseppe Cardamone presentano una riflessione sul necessario rapporto tra Servizi pubblici di salute mentale e sistema di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, dove essenziale è conoscere il contesto interistituzionale in cui si svolge la funzione di cura; contesto interistituzionale nell’ambito del quale si stratificano una pluralità di dispositivi, a loro volta influenzati dal contesto sociale.

Gli autori evidenziano che la migrazione non concerne solo due territori e due culture (il territorio di partenza e quello di arrivo), ma riguarda anche il viaggio ed il contesto immateriale e virtuale delle telecomunicazioni e di internet. Dare risposta alle problematiche dei rifugiati e richiedenti asilo richiede una sinergia fra prospettive transculturali e prospettive comunitarie in salute mentale, dove è essenziale:

  • predisporre di modalità strutturate di interazione proattiva con il sistema di accoglienza;
  • aumentare le competenze degli operatori della salute mentale relativamente a clinica transculturale ed etnopsichiatrica;
  • dotare i Dipartimenti di nuove professionalità e competenze disciplinari;
  • partecipare alla promozione dei territori e contesti sociali accoglienti.

Mauro Camuffo, Gian Paolo Sammarco, Maria Maddalena Acchiappati, Valentina Burzi, Ettore Caterino, Giuseppe Cerbucci, Antonella De Luca, Maria Grazia Francalacci, Irene Massetti, Lucia Radice, Francesco Toninelli e Simona Dei propongono uno studio epidemiologico relativo ai dati di attività 2022 dell’UF Salute Mentale Infanzia e Adolescenza di Grosseto per cercare di analizzare le ragioni del gap tra utenza reale e utenza potenziale. Gli autori evidenziano che, sia in Italia sia negli altri paesi, nelle ultime decadi si è osservato in età evolutiva un marcato incremento epidemiologico dei disturbi mentali ed un aumento del numero dei suicidi; tale incremento è stato ulteriormente amplificato nel periodo pandemico per l'isolamento sociale, la chiusura delle scuole, la mancanza di attività fisica e lo stress familiare. Nonostante le numerose evidenze che sottolineano l’efficacia di interventi precoci, circa la metà dei minori affetti da disturbi psichici trattabili, non riceve alcun trattamento o consulenza specialistica.

Inoltre gli adolescenti e i loro disturbi rappresentano oggi, anche per l’UFSMIA di Grosseto, la vera emergenza epidemiologica. Gli autori sottolineano le carenze di personale ed il numero insufficiente di reparti e servizi territoriali deputati al trattamento dei disturbi neuropsichiatrici nei minori, condizioni per cui prevalgono di fatto interventi di consultazione breve, centrati sulle urgenze e sulla gravità, mentre meno frequenti sono gli interventi preventivi o precoci.

Giulio D’Anna, Giuseppe Cardamone e Giovanni de Girolamo propongono alcuni risultati del progetto DiAPAson, che coinvolgendo un ampio Consorzio di DSM e di altri Servizi di salute mentale, ha valutato l’uso del tempo quotidiano, l’attività fisica, l’alleanza terapeutica e la psicopatologia in un campione di oltre 600 pazienti affetti da disturbi dello spettro schizofrenico, trattati sia in regime ambulatoriale che nell’ambito di percorsi residenziali. L’Unità Funzionale Complessa Salute Mentale Adulti di Prato è uno dei 37 centri partecipanti al progetto DiAPAson. Molte evidenze in letteratura sottolineano che la gravità e la precoce insorgenza dei sintomi negativi rappresenta il maggior predittore di esito negativo a lungo termine, determinando anche un maggiore rischio di deterioramento cognitivo; inoltre i sintomi negativi si associano ad una compromissione del funzionamento psicosociale e della qualità di vita.

Parallelamente, gli autori sostengono la centralità di una valutazione in tempo reale dell’esperienza quotidiana dei pazienti e della dimensione emotivo-attitudinale e motivazionale, con particolare attenzione alle emozioni negative. Lo studio ha rilevato tra gli altri risultati, una relazione significativa tra emozioni negative ed attività non produttive (che emerge anche correggendo per i sintomi negativi e per il carico farmacologico), sottolineando quindi l’importanza della dimensione emotiva nel determinismo e nella genesi dei sintomi deficitari nello spettro schizofrenico.

Piera Strano, Francesco Baccetti, Margherita Papa e Edvige Facchi propongono i risultati di un follow-up a 12 mesi, relativi ad un progetto pilota della ASL Toscana Sud Est, che si pone l’obiettivo di esplorare le tematiche relative alla disforia di genere e favorire il miglioramento delle qualità̀ di vita delle persone LGBTQI+. Il progetto si è ispirato ai principi della Schema Therapy, con l’ausilio di tecniche cognitivo comportamentali. In uno spazio dedicato, sono stati coinvolti giovani adulti in carico presso l’UFSMA di Grosseto, ritenuti idonei rispetto al percorso di transizione. In un periodo di 12 mesi, a partire da Marzo 2021, sono stati effettuati incontri a cadenza bisettimanale della durata di 90 minuti, svolti in presenza di due conduttori. Dopo nove mesi, gli autori attraverso la somministrazione di strumenti standardizzati, hanno rilevato che i partecipanti presentavano minore diffidenza e si sentivano meno feriti dal giudizio altrui. A tre mesi dalla fine del trattamento, a fronte del mantenimento di una certa rigidità psicologica rispetto all’immagine di sé nei confronti degli altri, è emersa la tendenza a concedersi e legittimare maggiormente i propri stati emotivi, con un decremento dell’angoscia legata alla disforia di genere.

Margherita Papa e Flavia Martino propongono i primi risultati di un percorso terapeutico dedicato ai soggetti con Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder), che utilizza l’orientamento della Terapia Dialettico Comportamentale (DBT), in un Centro per i disturbi alimentari della ASL Toscana Sud Est, area provinciale di Grosseto. Le autrici sottolineano che il disturbo da alimentazione incontrollata è il più comune tra i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, presenta numerose e frequenti comorbidità con altre psicopatologie ed è quasi sempre associato ad una condizione di sovrappeso e obesità. In questo contesto, in letteratura, il modello della Regolazione Emotiva viene proposto come fattore/costrutto transdiagnostico. Nel contributo proposto, vengono quindi riportate, su un campione di partecipanti ai gruppi di skills attivati in un periodo di quattro anni, le valutazioni precedenti e successive al trattamento, osservando un miglioramento della sintomatologia alimentare ed una correlazione tra costrutto della Regolazione Emotiva e miglioramento della sintomatologia.

Fabio Marroni e Lucia Chiocchi propongono i dati di attività della SRP1 “I Prati” di Abbadia S. Salvatore istituita nel 2017, su progetto della Azienda Sanitaria Usl Toscana Sud Est, per far fronte alle esigenze dettate dalla legge 81/2014, che attualmente dispone di dieci posti letto, per accogliere pazienti psichiatrici autori di reato.

L’ingresso nella struttura avviene su proposta del Servizio psichiatrico territoriale che ha in carico il paziente, con autorizzazione dell’autorità giudiziaria e presuppone la definizione di un progetto terapeutico riabilitativo individualizzato, che viene progressivamente rinnovato, nel periodo di permanenza dell’ospite in coerenza con i tempi indicati dall’autorità giudiziaria. La diagnosi prevalente risulta essere un disturbo psicotico; nel 50% dei casi la diagnosi si associa a disturbi di personalità e nel 7% dei casi si associa a disabilità intellettiva. Durante il percorso in struttura solo tre utenti hanno avuto necessità di ricovero in SPDC; non vi sono stati TSO e non si sono verificati comportamenti anticonservativi. La struttura propone un lavoro di rete con il territorio per attività riabilitative, inserimenti lavorativi a carattere socio-terapeutico e rapporti strutturati con il Centro per l’Impiego.

Miriam Gualtieri propone la rilettura di un testo etnografico e l’analisi di alcuni concetti antropologici, sottolineando la naturale attitudine degli esseri umani a considerare il proprio modo di vivere come il solo dotato di senso, mentre tutto ciò che non è conforme ad esso appare irrazionale. In particolare, se ci si limita al punto di vista e allo sguardo dell’osservatore che non conosce una specifica popolazione, il comportamento osservato appare “diverso” e “bizzarro”, anche perché comune a tutti è la tendenza ad assumere come universali i modelli della propria cultura (l’”attitudine etnocentrica”, come definita in Antropologia), per un insopprimibile bisogno di identificazione con un mondo dato. Per superare tale distorsione derivante dalle categorie interpretative, occorre applicare un “etnocentrismo critico”, ossia la consapevolezza che tali categorie sono in realtà prodotte dalla propria cultura. L’autrice considera quindi come l’Antropologia, attraverso il riconoscimento di ciò che negli uomini è simile o diverso, possa arricchire la prospettiva biomedica, considerando di fatto la malattia come interazione tra “natura” e “cultura”.

Marco Nicastro propone una riflessione sulla dinamica psicologica di tipo relazionale da lui osservata nelle situazioni in cui viene evidenziata violenza contro le donne nei rapporti di coppia. In questo contesto considera una possibile vulnerabilità psicologica (che in entrambi i partner può favorire determinate esperienze relazionali), ma anche gli aspetti culturali e gli standard educativi che possono influenzare questa vulnerabilità.

L’autore esplora inoltre i possibili meccanismi che contribuiscono a mantenere intrappolata la donna in una relazione pericolosa e disfunzionale, e quanto i suoi comportamenti siano influenzati dal protrarsi nel tempo del difficile contesto relazionale in cui essa vive e dalla fase esistenziale.

Maria Platter, esponente di Cittadinanzattiva, ci propone un suo contributo da una prospettiva non tecnica, ma indubbiamente capace di uno sguardo competente che riesce a rilevare le criticità in modo puntuale, in un'ottica costruttiva e propositiva. In particolare l’autrice sottolinea l’evidente criticità derivante dai carenti investimenti in salute mentale (ad es. nel PNRR non vi è alcuna citazione esplicita relativa alla salute mentale) e parallelamente, in modo costruttivo, quanto potrebbero invece essere efficaci le politiche in salute mentale, se sostenessero percorsi e interventi in linea con quanto indicato dall’OMS, che considera la salute mentale un “bene comune” e un “bene pubblico” di primaria importanza, una “priorità globale” da affrontare con percorsi innovativi basati sugli ambienti di vita: famiglia, scuola, lavoro, comunità.
L’autrice evidenzia la stretta connessione tra politica e salute mentale (poiché quest’ultima è fortemente radicata nella sfera sociale) e sottolinea che investire in salute mentale produrrebbe un aumento del benessere, una riduzione delle disuguaglianze ed il contenimento dei costi – diretti e indiretti – causati dai disagi mentali. In questo contesto sono fondamentali strategie, impegno economico, ricerca e formazione, soluzioni organizzative e innovative capaci di coinvolgere tutta la comunità, per promuovere i diritti umani e il diritto alla cura delle persone con problemi di salute mentale, dove, come sostiene l’autrice, l’inclusione non è solo il luogo del contenimento del disagio, ma il luogo del benessere collettivo.

Salvatore Marzolo con uno "stile narrativo" ed uno sguardo orientato alla complessità, esplora la sofferenza del "curante" da tre diverse prospettive: quella di uno psichiatra trentenne, quella di un operatore della salute mentale e quella di un Dipartimento di Salute Mentale dei nostri tempi. In qualità di giovane psichiatra, Salvatore evidenzia la difficoltà, ma anche la necessità di orientarsi nelle trasformazioni sociali, culturali e digitali e nella complessa frammentazione del sapere proprie della società post-moderna. Come operatore della salute mentale orienta il suo sguardo sul cambiamento nel tempo del ruolo dell'operatore, considerando in particolare la centralità della comunità nei percorsi di cura e la necessità di promuovere un creativo dialogo intergenerazionale. Infine l’autore esplora le criticità del Dipartimento di Salute Mentale relativamente alla possibilità di proteggere i propri dipendenti dalla disorganizzazione che produce stress e burnout, dalla crisi della risorse e dal superlavoro. Propone quindi due possibili strade da percorrere: 1) aprire “ponti” (canali di comunicazione) con altre istituzioni, altri gruppi e altri movimenti e più in generale con la comunità, per generare nuove soluzioni; 2) promuovere una cultura “ecocentrica” della responsabilità diffusa, ovvero quella di un mondo dove non c’è “nessun altrove” e dove sia possibile un movimento fatto di operatori e cittadini sufficientemente sani e, come sostiene l’autore, aperti alla speranza e capaci di costruire pensiero e salute mentale.

Sandro Guarducci propone una riflessione sull’istituzione di un gruppo stabile multidisciplinare a supporto di un percorso centrato sulla Terapia Dialettico Comportamentale (DBT) nel SPDC di Prato. Questo progetto ha previsto all’inizio un percorso di formazione specifico rivolto alle diverse figure professionali, e successivamente l’attivazione di una formazione DBT rivolta alla ASL Toscana Centro che ha permesso il confronto fra diverse esperienze condotte nelle diverse realtà e che si propone di promuovere e ampliare in vari contesti, gli interventi di Terapia Dialettico Comportamentale.


Riferimenti bibliografici

- Benedetta Armocida et al. Burden of non-communicable diseases among adolescents aged 10–24 years in the EU, 1990–2019: a systematic analysis of the Global Burden of Diseases Study, Lancet Child Adolesc Health 2022; 6: 367–83 2019

- Solmi M. et al. Age at onset of mental disorders worldwide: large-scale meta- analysis of 192 epidemiological studies. Molecular Psychiatry 2022; 27:281–295

- Taleb Nassim Nicholas. The black swan. The impact of the highly improbable. Ed. Random House, 2007

- Magnani N., Bruschi C., D’Avanzo B., De Stefano A., Maone A.G., Picardi A., Saponaro A., Tibaldi G., Starace F. e Gruppo di Studio TSO Italia. Studio SIEP sui TSO: i primi dati. Newsletter SIEP – N.31/2022. https://siep.it/studio-siep-sui-tso-i-primi-dati/