Volume 25 - 23 Dicembre 2022

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EDITORIALE - Servizi di Salute Mentale Dialogici e Democratici orientati al benessere mentale di Comunità. I princìpi delle buone pratiche

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“Perché mai serve una nuova visione dei Servizi di Salute Mentale?” In effetti, i numerosi cambiamenti sociali, antropologici e relazionali occorsi negli ultimi anni – nonché la pandemia – impongono un cambiamento di rotta. L’organizzazione dei servizi di salute mentale odierna, improntata per lo più al modello biomedico e tecnicistico, non si è rivelato in grado di rispondere ai bisogni di cura delle persone con sofferenza mentale, laddove non abbia addirittura prodotto effetti di cronicizzazione negli stessi. Il mutare dei quadri psicopatologici, in particolare quelli dell’adolescenza, impone un cambiamento di rotta. Negli ultimi anni in Italia si stanno diffondendo nuovi orientamenti terapeutici che rispondono in maniera più efficace alla domanda di cura orientata alla guarigione possibile.

Le intuizioni della Legge 180/78, comunemente definita “Legge Basaglia”, ha avuto una notevole risonanza a livello nazionale ed internazionale ed un vivace fermento nel panorama del dialogo sulle pratiche di Salute Mentale nei diversi contesti territoriali.

In Italia ormai da qualche anno si sta attraversando una crisi caratterizzata dal progressivo impoverimento degli investimenti economici e di risorse nel campo della Salute Mentale Pubblica, anche a causa di una sempre maggiore carenza di personale deputato a farsi carico della domanda di aiuto posta dalle persone con sofferenza psichica, dalle famiglie e dai territori.

In tale scenario si colloca la nostra riflessione. Si impone di valorizzare le innovazioni lungimiranti che si stanno affermando in alcuni territori italiani, che alimentano una nuova speranza e una possibilità concreta di dare slancio al lavoro dei servizi di salute mentale pubblici.

Si stanno sviluppando, nei vari territori italiani, dal nord al centro e al sud, nelle aree metropolitane e nelle province, esperienze innovative che tengono conto della specificità del territorio locale, ma che hanno un respiro internazionale.

Per esempio la rete nazionale dei gruppi multifamiliari, delle pratiche dialogiche, delle comunità terapeutiche democratiche (ad es. le esperienze di accreditamento tra pari), il welfare innovativo del terzo settore in co-progettazione e co-produzione tra gli enti della cooperazione sociale e dell’associazionismo e i servizi pubblici.

A partire dal periodo della pandemia da Covid 19, si è avviato uno sperimentale scambio di esperienze tra servizi di salute mentale pubblici italiani. Inizialmente, in via pioneristica, tre servizi pubblici (Milano, Prato e Caltagirone), attraverso una ricerca ed uno studio multicentrico sui primi casi afferiti ai servizi pubblici durante il periodo della pandemia da Covid 19, hanno avviato un dialogo e confronto sulle buone pratiche. Successivamente lo scambio di esperienze si è allargato ad altri servizi (Roma 2, Termoli, Grosseto, Napoli, Agrigento).

In seguito è nato un gruppo di lavoro che vede coinvolti i Dirigenti dei servizi pubblici, che si riunisce una volta al mese, e che vede la partecipazione, oltre che dei servizi su citati, anche dei dirigenti di Cagliari, Perugia, Ancona. Dal gruppo emerge con chiarezza che, malgrado le difficoltà argomentate in precedenza, è possibile individuare nuove vie praticabili, innovative ed efficaci che fanno riferimento alle buone pratiche di cura della malattia mentale nella comunità locale, di lotta alla esclusione sociale, di promozione della partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti.

In particolare tali approcci configurano significative opportunità per valorizzare le risorse familiari, sociali e della comunità in genere, essendo strumenti che valorizzano la dialogicità e la democrazia al fine di perseguire il benessere mentale di comunità.

Si ritiene indispensabile il coinvolgimento di tutte le figure professionali dei servizi, delle famiglie e degli utenti sia nel processo terapeutico, che nella valutazione dei servizi pubblici.


I dieci principi di “Buone Pratiche” per Servizi di Salute Mentale dialogici e democratici orientati al benessere mentale di Comunità

  1. Programmi, progetti e pratiche che prevedano la partecipazione degli utenti e delle famiglie alle attività del DSM (anche attraverso la presenza di Associazioni degli utenti e dei familiari) attivando una governance a livello locale con una leadership democratica, dialogica e inclusiva rispetto al rischio della deriva di una psichiatria del controllo sociale. Essere attenti ai nuovi linguaggi delle diverse generazioni, sia con gli utenti che con i giovani operatori.
  2. Impegno e dimostrazione di pratiche di non contenzione o presenza di regolamenti che limitano l’uso della contenzione a tempi limitatissimi e monitorati. Rilanciare il valore del lavoro domiciliare e della vita quotidiana per trasmetterlo alle nuove generazioni, e promuovere la cultura e la pratica della non-contenzione, e della non-istituzionalizzazione.
  3. Presenza di strutture residenziali orientate ai principi e alle pratiche delle Comunità Terapeutiche Democratiche valorizzando le esperienze della residenzialità leggera e dell’abitare supportato e l’esperienza di autogestione abitativa.
  4. Presenza di progetti d’inclusione sociale e lavorativa (SILS, IPS, Fattorie Sociali, Cooperative di tipo B, Tirocini formativi, Borse Lavoro, ecc.). Valorizzare il rapporto tra pubblico e privato sociale e terzo settore; innovare e rilanciare la funzione della cooperazione sociale non solo come forza lavoro operativa, ma identificandovi dei portatori di innovazione organizzativa, di radicamento nel territorio e di nuove competenze.
  5. Pratiche terapeutiche che prevedano il coinvolgimento delle famiglie e delle reti sociali fondate sullo “stile di lavoro” dell’Open Dialogue, dei Gruppi Multifamiliari, dei Gruppi di Auto- mutuo aiuto. Sviluppare capacità di lettura e analisi dei contesti sociali locali e globali per comprendere i cambiamenti degli stili di vita in atto; accogliere quindi le sfide della complessità delle aree metropolitane e dell’impoverimento delle province delle aree interne.
    Evitare il rischio di chiusura, di isolamento dei servizi pubblici al mondo esterno e di demotivazione degli operatori, accogliendo nuove possibilità e opportunità attraverso una progettazione a rete con il coinvolgimento di tutti i possibili attori locali formali e informali.
    Impegnarsi a creare un clima caldo, positivo, appassionato e compassionevole nelle relazioni dentro i servizi attraverso un atteggiamento flessibile, di leggerezza, di divertimento, di condivisione e di gentilezza nell’accoglienza dell’Altro. Attivare in tutti i Dipartimenti di Salute Mentale le Consulte dei familiari e degli utenti, nonché i Comitati zonali per il benessere mentale di comunità con le agenzie locali. Prendersi cura anche dei rapporti con il sistema di accoglienza dei SAI e dei CAS.
  6. Monitoraggio LAI e uso “appropriato” della terapia psicofarmacologica, e coinvolgimento dei familiari ed utenti nell’uso informato, consapevole e corretto dei farmaci, tenendo conto anche delle esperienze internazionali della de-prescrizione.
  7. Programmi per la presa in carico fondati sulla stipula di PTRI co-costruiti con gli utenti, su pratiche Recovery Oriented. Particolare attenzione dei servizi pubblici sugli interventi precoci agli esordi e sulla valutazione degli esiti nella prospettiva della recovery.
  8. Monitoraggio dei PTRI e pagamenti attraverso il Budget di Salute. accogliere con rinnovato impegno e con intelligenza operativa la sfida del budget di salute.
  9. Programmi e protocolli con la Magistratura e le Forze dell’Ordine per la presa in carico dei pazienti con Misure di Sicurezza. Riconoscere il valore dell’informalità nella relazione con la magistratura di sorveglianza e tutelare, attivando processi di reciproca conoscenza e fiducia, anche attraverso una formazione condivisa.
  10. Programmi di formazione continua degli operatori e degli utenti e delle famiglie, con progetti di covisione, intervisione e supervisione. Diffondere l’utilizzo della Mindfulness e della Meditazione della consapevolezza quale strumento efficace nella formazione e nella pratica quotidiana. Favorire la trasmissione dei saperi e delle esperienze frutto delle buone pratiche del laboratorio italiano della legge 180/1978, tra conoscenza storica e slancio verso l’innovazione, con particolare attenzione alla formazione degli specializzandi in psichiatria e psicoterapia. Individuare gli aspetti innovativi dell’uso delle nuove tecnologie come catalizzatori della partecipazione alle riunioni di organizzazioni complesse. Avviare progetti di ricerca in collaborazione con le Università e accettare la sfida del confronto, riconoscendo da un lato il valore innovativo e formativo della esperienza dei servizi territoriali, e dall’altro l’importanza di favorire una lettura critica ed un’elaborazione dei dati raccolti nell’attività dei servizi pubblici.

Questi dieci principi dovranno essere documentati e messi a disposizione di “gruppi di lavoro integrati” (esperti, operatori, familiari, utenti), che possono verificare, e monitorare anche attraverso un Progetto nazionale di Visiting.

In tal senso alcune esperienze nazionali, attraverso gruppi di lavoro, sono già in procinto di essere avviate con l’obiettivo di discutere, costruire ed approvare modalità operative per la definizione, realizzazione e valutazione dei suddetti princìpi.

Affinché un Servizio di Salute Mentale possa essere riconosciuto come Servizio di Salute Mentale Dialogico e Democratico orientato al benessere mentale di comunità deve soddisfare almeno 6-7 di tali princìpi.

Tali azioni concrete e possibili permettono di riconoscere appieno il valore del “pragmatismo utopico” per creare comunità consapevoli, lungimiranti e competenti.

Si riconosce infine il valore delle parole positive come speranza di cambiamento: in particolare, “gentilezza” è stata la parola più condivisa nei diversi contesti di formazione, di scambio in convegni sulle tematiche su descritte, di confronto nei gruppi di lavoro.

Il lavoro descritto vuole configurarsi come l’attivazione di un processo di scambio tra servizi di salute mentale pubblici e del privato sociale e di esperienze di buone pratiche di diversi territori italiani. Attraverso incontri dialogici e democratici e di confronto tra tutti gli stakeholders suddetti, si propone l’individuazione di un percorso di elaborazione di strumenti verificabili che permettano la crescita dei diversi servizi, il riconoscimento delle buone prassi e la individuazione di procedure operative condivise, riconosciute e approvate dagli operatori, dalle famiglie e dagli utenti. L’obiettivo è di consolidare un Movimento di benessere mentale di comunità nel quale tutti possano riconoscersi e che indichi percorsi positivi per lo sviluppo delle buone prassi di salute mentale in Italia.

Invitiamo i servizi, gli enti, gli operatori, utenti e familiari, le cooperative sociali e le associazioni interessati, a partecipare attivamente in quanto il percorso è aperto ai contributi di tutti. È possibile inviare la disponibilità a partecipare, contattando la redazione della rivista ai seguenti indirizzi email:
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