Appello per un piano nazionale per la salute mentale nell’emergenza coronavirus
Al Presidente del Consiglio, al Ministro della Salute
La salute mentale è un bene prezioso. “Non c’è salute senza salute mentale” è il motto dell’OMS da oltre un decennio. Da questo punto di vista è unanimemente riconosciuto che l’attuale emergenza Covid-19 determinerà conseguenze a lungo termine. Già prima di essa il carico dei disturbi mentali è stimato in forte aumento nel mondo, e la depressione diventerà entro il 2030 la maggior causa di disabilità a livello mondiale.
Tutti gli organismi internazionali, a partire dall’OMS, esprimono preoccupazione per la salute mentale nei diversi paesi, dove c’è un grande bisogno di indicazioni e direttive, che i governi stanno già fornendo direttamente o tramite organizzazioni ufficiali.
La stessa OMS, nella consultazione online sul Global Action Plan (2020-2030), ha aggiunto un obiettivo specifico riguardante ‘Mental health in humanitarian emergencies’, prima ancora che si verificasse la pandemia attuale.
In Italia, mentre tutta la sanità è sottoposta a un grandissimo stress e a una sfida senza precedenti, la salute mentale, i suoi utenti, le famiglie, tutti i cittadini che avvertono lo stress in maniera importante, tollerano in silenzio. L’impoverimento dei servizi, la loro riduzione e accorpamento, la carenza del personale, già presenti e denunciati da molti anni in qua, si sommano al fatto di essere messi oggi in coda alla lista delle priorità di salute. In questa emergenza si rischia la catastrofe finale del sistema di salute mentale italiano.
Pur nella scarsa circolazione di informazioni, sono emersi alcuni fatti che destano forte preoccupazione.
È notizia di questi giorni che alcuni Servizi ospedalieri di diagnosi e cura vengono riconvertiti a reparti Covid, con tutto il loro personale aggravando così la già precaria condizione dei servizi; persone con disturbo mentale che risultano positive all’infezione rischiano di seguire percorsi diversi dagli altri cittadini sia col ricovero (in SPDC) che con la quarantena (in spazi diversi); si propongono addirittura servizi dedicati a pazienti psichiatrici “Covid”.
In tutta Italia molti Centri di salute mentale vengono limitati pesantemente, a volte chiusi. L’assistenza di base è ridotta, insieme con tutta quella ambulatoriale “specialistica”, alle sole urgenze, gestita in maniera contingentata e ad appuntamento, portando a una contrazione e a un irrigidimento dell’offerta di servizi. Pochi servizi si convertono a una domiciliarità assertiva, rivolta alle persone con priorità di carattere psicopatologico e sociale.
Tutte le comunità, e in generale la residenzialità sulle 24 ore, iniziano a registrare focolai che hanno coinvolto operatori e ospiti. Si registra la sospensione quasi totale degli interventi riabilitativi, dalle borse di lavoro alle attività di socializzazione, ai centri diurni, spesso chiusi in toto. I servizi di supporto alla persona, di assistenza domiciliare ed educativa, realizzati soprattutto da cooperative sociali, si rallentano o si fermano in mancanza di strumenti adeguati di prevenzione. Gli stessi operatori del pubblico si trovano ad operare senza presidi minimi. Come immediata conseguenza, si inizia a registrare l’aumento dei TSO (come già riportato dai media a Torino, 10 in un solo giorno). Le famiglie, che stanno tenendo a casa i loro congiunti con problemi gravi, fanno molta fatica a reggere. Molte persone sono sole e senza aiuto, o si trovano in condizioni di indigenza, addirittura sulla strada.
Urge quindi agire in senso proattivo. Riteniamo indispensabile che il nostro paese si muova per la realizzazione di un piano dell’emergenza salute mentale, immediato e operativo.
Un paese il nostro che si trova suo malgrado a essere avanguardia nella lotta all’epidemia e alle sue conseguenze, sanitarie ma anche psicosociali ed economiche, deve mettere in campo, evitando personalismi e distinzione di sigle, tutte le intelligenze, le competenze e le esperienze che pure sono presenti in ogni regione.
È facile prevedere che questo sarà uno dei problemi che ci troveremo ad affrontare soprattutto sul medio e lungo periodo, quando l’angoscia e la paura saranno forse ridotti o in gran parte superati, come si spera, dalla messa sotto controllo dell’epidemia. Va tenuto conto che da un lato è presumibile che essa durerà a lungo, e dall’altro che gli effetti sulla salute mentale si manifesteranno soprattutto dopo un tempo di latenza che non è possibile precisare. Essi probabilmente coincideranno con l’allentamento della morsa attuale e con un inizio di ripresa di una vita normale, quando emergerà con chiarezza il portato delle perdite umane ed economiche e i relativi lutti, insieme con sentimenti depressivi e di rabbia, sintomi post-traumatici e altre condizioni.
Riteniamo sia responsabilità di governo quella di trasmettere indicazioni di base centralizzate ai servizi e alla popolazione generale (come esempio, è ciò che nazioni come la Francia e la Gran Bretagna, pur arrivate dopo di noi allo stato di emergenza, stanno facendo). Tra le azioni del nuovo piano d’azione dell’OMS si richiede di inserire la salute mentale nei comitati nazionali per l’emergenza. In particolare si chiede:
“... durante le emergenze, assicurare il coordinamento con i partner sull'applicazione dello standard minimo del Progetto Sphere per la salute mentale e delle linee guida (IASC); dopo la fase acuta delle emergenze, costruire o ricostruire sistemi di salute mentale sostenibili, basati sulla comunità, per far fronte all'aumento a lungo termine dei disturbi mentali nelle popolazioni colpite da situazioni di emergenza”.
L’OMS sta in questi giorni lavorando al documento ‘Maintaining essential health services during the outbreak’, ove si sottolinea per la salute mentale che:
- è importante mappare le competenze e le strutture di salute mentale e di sostegno psicosociale esistenti in ogni regione, compresi i servizi di salute pubblica e privata, assistenza sociale e istruzione. La mappatura funge da meccanismo per riunire, mobilitare e coordinare le risorse;
- è fondamentale stabilire o migliorare percorsi inter-agenzie e di riferimento intersettoriali per garantire che bambini e famiglie con altre preoccupazioni (come protezione, necessità di sopravvivenza, ecc.) o disagi più gravi possano accedere prontamente ai servizi necessari. Garantire che gli invii per violenza di genere includano protocolli per garantire la sicurezza di chi risiede in una struttura e dell’utenza in generale;
- gli operatori e le operatrici degli attuali servizi di salute mentale e di sostegno psicosociale possono non essere formati a intervenire in situazioni di emergenza. Offrendo formazione e sviluppando capacità negli approcci appropriati in caso di emergenza si incoraggeranno i servizi esistenti a fornire adeguata copertura nel contesto di COVID-19;
- devono essere prese precauzioni per garantire che le persone con problemi di salute mentale e abuso di sostanze continuino ad accedere ai farmaci e al supporto durante l'epidemia, sia nella comunità che nelle istituzioni. Il diritto al consenso informato deve essere rispettato in ogni momento durante il trattamento per le persone con disturbi mentali e di abuso di sostanze su una base di parità con tutte le altre persone;
- le persone che sviluppano sintomi di COVID-19 durante un soggiorno in una struttura di salute mentale ospedaliera dovrebbero ricevere lo stesso livello di trattamento e supporto di buona qualità di tutte le altre persone;
- le istituzioni (ad es. strutture ospedaliere per la salute mentale e istituti di detenzione) e le strutture residenziali (ad es. case di risposo e strutture di assistenza a lungo termine) devono sviluppare procedure per ridurre al minimo il rischio di infezione da COVID-19 e protocolli per rispondere alle persone che potrebbero essere state infettate;
- occorre prendere in considerazione le persone con preesistenti malattie croniche o disabilità le cui cure potrebbero essere interrotte durante l'epidemia COVID-19. È necessario adottare misure per garantire che l'accesso a farmaci, cure quotidiane, pasti, ecc. non venga interrotto;
- i servizi esistenti dovrebbero essere adattati alle nuove condizioni e al cambiamento dei percorsi di accesso agli stessi servizi, a esempio attraverso unità mobili che visitano le persone nelle loro case per fornire supporto, compresi quelle con preesistenti disturbi mentali e abuso di sostanze. Potrebbe essere necessario apportare adattamenti ai servizi di comunità per le persone con disabilità fisiche e mentali (a esempio interventi basati su gruppi) in modo da ridurre al minimo il rischio di infezione ma continuare il necessario supporto;
- Esempio: alcuni servizi di salute mentale e di sostegno psicosociale potrebbero chiudersi durante l'epidemia di COVID-19. Tali chiusure rappresentano un'opportunità per il personale qualificato di offrire supporto utilizzando approcci meno convenzionali, ad esempio tramite video e telefonate e social media.
Tenuto conto di tutto questo, occorre evitare che le regioni, o addirittura le singole aziende, procedano in ordine sparso o non procedano affatto.
Di seguito elenchiamo alcuni punti fermi che stanno emergendo dal dibattito a livello nazionale e internazionale, e su cui si sta raggiungendo un rilevante consenso:
- Assicurare l’immediata copertura delle carenze delle dotazioni organiche di psichiatri, psicologi, infermieri, operatori sociosanitari, educatori, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali, nell’ambito del piano straordinario di assunzioni che è stato contemplato;
- Sostenere la cooperazione sociale che sta soffrendo in maniera particolare la chiusura dei servizi, attraverso interventi economici diretti e non soltanto la cassa integrazione;
- Chiarire in maniera univoca quanto i servizi devono fare, sia pure in linea con “la massima precauzione”, che tuttavia non coincide col ritirare i servizi alle persone sul territorio e assicurare solamente farmaci e interventi d’emergenza, ricoveri e TSO;
- Garantire la tutela dei pazienti gravi, che sono tanto più a rischio, quanto più si trovano in condizioni di deprivazione sociale, o addirittura senza tetto;
- Sostenere le famiglie, che non possono da sole fare da ammortizzatori sociali dell’emergenza, se non per periodi brevissimi, in assenza di altri supporti;
- Rafforzare la domiciliarità come modalità di lavoro, che va garantita con un approccio multidisciplinare e multisettoriale, in un’alleanza servizio pubblico-servizi sociali-terzo settore, per una risposta globale ai bisogni di cura e di assistenza;
- Costruire un sistema di servizi tramite internet per raggiungere le persone e comunicare e interagire con loro, secondo quanto suggerito da importanti esperienze di e-mental health.
- Mettere in rete i programmi di ascolto e di contatto, e le forme di supporto psicologico e pratico offerte dai servizi pubblici e dal volontariato, attraverso l’istituzione di un numero verde nazionale.
Crediamo che attraverso la messa in campo di un piano straordinario per l’emergenza il sistema dei servizi di salute mentale italiano debba e possa rispondere con flessibilità e duttilità, anche in maniera proattiva e assertiva, alla difficile crisi organizzativa e sanitaria che si sta attraversando in relazione all’emergenza.