Guarire insieme.
Esperienze di cura in Day Hospital
Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia Dipartimento Salute Mentale-DP
Servizio di Salute Mentale di Reggio Emilia Area Acuzie
Day Hospital “La Casa dell’Arcobaleno”
Riassunto
Il Day Hospital del Servizio di Salute Mentale di Reggio Emilia promuove l’intervento precoce nella crisi. Obiettivo è il recovery rapido per limitare il ricorso al ricovero h. 24, come indicato dalla normativa regionale e dalla ricerca evidence-based. Il percorso di cura prevede interventi individuali e di piccolo gruppo caratterizzati da una partecipazione attiva e responsabile della persona al trattamento. L’intervento integrato coniuga le opzioni terapeutiche di matrice medica, che privilegiano il miglioramento sintomatico, con il supporto del benessere psicofisico.
Abstract
The Mental Health Day Hospital in Reggio Emilia offers early crisis interventions, aiming to improve recovery time and thus reduce the 24-hour hospitalization. Early crisis interventions are mentioned by the regional legislation and are also emphasized by evidence-based research. The treatment consists of individual and small group interventions and is characterized by an active and responsible contribution of the person to the treatment program. The integrated intervention combines medical therapeutic options, to reduce symptoms, with support services to improve the person’s well-being.
Il contesto
La Struttura Operativa Semplice “Acuzie” del Servizio di Salute Mentale del Distretto di Reggio Emilia comprende una Residenza Terapeutica Intensiva (RTI) ed un Day Hospital (DH), alloggiati contiguamente.
Il DH è stato attivato nel 2000 per gemmazione da un centro diurno con incremento progressivo dei p/l ad otto ed una rimodulazione organizzativa verso una maggiore specificità delle funzioni. Le interfacce d’invio sono costituite dai Centri di Salute Mentale, dal Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, dalla Residenza Intensiva, questi ultimi due con priorità d'accesso.
Le funzioni sono orientate all’intervento precoce nella crisi ed alla stabilizzazione nella fase di post-crisi con attenzione alla ripresa del funzionamento adattato nella prospettiva di limitare il ricorso al ricovero h. 24, come da normativa regionale e da letteratura scientifica.
Il percorso di cura prevede interventi individuali e di piccolo gruppo orientati al superamento della fase di crisi ed all’apprendimento di strategie protettive di coping, sostenui da una partecipazione attiva e responsabile della persona al trattamento.
È opportuno chiedersi se questa tipologia di intervento possa garantire un sufficiente profilo cost-effective, un recovery più rapido, un miglioramento del funzionamento sociale, un sollievo del carico familiare, oltre che una riduzione della durata del ricovero h. 24 e della percentuale di ricadute.
Rispetto a tali questioni, la Cochrane Review conclude a favore di “...una ragionevole evidenza (di moderata qualità) a supporto che le cure in regime di DH riducono ospedalizzazione con outcome di miglioramento...” (1).
E segnala tre svantaggi:
- il ricovero DH non è più efficace di altri approcci sulla crisi nel ridurre la percentuale di ricoveri
- il risparmio nei costi è modesto (4.8%)
- non è chiaro come il DH si integri con altri tipi di cure-prodotti del Dipartimento.
La Review sottolinea che il DH parrebbe essere opzione positiva in realtà in cui è alta la richiesta di ricovero e non esistono alternative efficaci.
Per quanto il Dipartimento di Salute Mentale dell'Azienda Sanitaria di Reggio Emilia abbia una dotazione di p/l intensivi in media con quelli regionali, il numero di p/l in SPDC risulta essere inferiore del 15%. In fase di revisione organizzativa la risorsa rappresentata da un ospedale di giorno è risultata un'opzione utile.
Una programmazione partecipata
Nella fase di riorganizzazione contenuti e modalità del percorso di cura sono stati esplorati ed individuati con il contributo degli utilizzatori del DH e di facilitatori appartenenti ai gruppi di Utenti/Familiari/Operatori (UFO), ispirati alle esperienze di partecipazione responsabile.
La valorizzazione degli esperti per esperienza ha reso possibile la condivisione di sguardi nuovi e più vicini ai problemi. Ne è derivato anche l’impiego di parole nuove prossime all’esperienza, che hanno guidato la definizione del percorso nel rispetto di una prospettiva ampia e comprensiva in grado di adattare l’intervento alla persona, di indagarne i problemi ma anche gli obiettivi di vita e le risorse significative.
Le aree di intervento previste nei programmi terapeutici usuali sono state integrate da un’attenzione mirata al cambiamento e rivolta non solo alla cura della malattia ma ad un più generale progetto di vita.
Il focus dell’intervento riguarda le esperienze negative di perdita, frustrazione, risentimento, paura che connotano la fase di crisi, ma esplora contemporaneamente la possibilità di esperienze positive, nel segno dell’accoglimento, comprensione, condivisione ed attribuzione di significato con attenzione alla capacità di self-righting della persona, dei pari, dei familiari ed in genere dell’ambiente di vita.
L’obiettivo è un intervento integrato che, insieme alle opzioni terapeutiche di matrice medica che privilegiano il miglioramento sintomatico, renda la persona capace di affrontare in modo più consapevole rispetto alle proprie vulnerabilità e risorse gli eventi stressanti scatenanti la crisi.
Ne è derivata un’organizzazione modulare della cura declinata in tre aree, che corrispondono alla fase di accoglienza, intermedia e pre-dimissione del percorso terapeutico (figura 1).
Figura 1
Ciascuna fase riconosce obiettivi specifici e si avvale di strumenti dedicati. Ogni persona in trattamento ha un proprio programma individuale, che incrocia quello degli altri nei momenti di lavoro collettivo.
Questa definizione condivisa ha reso possibile la costruzione di un modello di intervento semi-strutturato, riconoscibile, valutabile ed in progress, che ha a sua volta migliorato l’aderenza terapeutica degli utenti ed incrementato la competenza e la motivazione degli operatori.
Coordinate teoriche e tecniche di riferimento
Mi impegno a migliorare ciò che posso migliorare
e ad accettare ciò che non posso migliorare
Il modello stress-vulnerabilità è stato integrato da una prospettiva che prende in considerazione l'intervento centrato sulla persona, in quanto soggetto attivo che vive una fase di vita critica ma è anche portatore di soluzioni di auto-cura, di risorse personali e di contesto.
Considerare la persona non come passivo recettore di una strategia di intervento, ma come partecipante nella ricerca della salute incoraggia un ruolo attivo nel trattamento ottimizzandone i tempi, aumenta la fiducia nelle proprie capacità di produrre effetti mediante le proprie azioni nel qui-ora, potenzia la capacità di assumersi la responsabilità della propria salute e sostiene un atteggiamento rivolto alla soluzione dei problemi. La salute è qualcosa di più dell'assenza di malattia. È possibile collocare i sintomi e la condizione di benessere lungo un continuum. Su una polarità stanno le difficoltà, le modalità disadattative, i sintomi, sull’altra le risorse attuali e potenziali in termini di capacità personali, relazioni positive, opportunità. In questa prospettiva integrata curarsi significa modificare i processi che rendono più vulnerabili con i metodi usuali della psicoterapia e farmacoterapia, ma anche sostenere le condizioni collegate al benessere definibili dalle dimensioni delle emozioni positive, delle relazioni, dei significati attribuiti e delle realizzazioni attraverso il lavoro sulle risorse.
Di riferimento sono stati i programmi di Psico-educazione orientata al Recovery (2), (3), (4), la promozione della salute e del benessere in un'ottica di Psicologia Positiva (5) insieme alla declinazione clinica del costrutto di resilienza (6).
Obiettivi
L’obiettivo generale della partecipazione attiva ed informata della persona al superamento della crisi valorizza l’apprendimento dall'esperienza personale e dal gruppo.
L'apprendimento dall'esperienza, secondo la felice espressione di Bion (7), ha privilegiato una conoscenza trasformativa, profonda, alimentata da componenti emotive intense, da un linguaggio dell'effettività diverso da quello d'uso quotidiano portatore di emozioni che chiedono di essere riconosciute, accolte, condivise e rese pensabili grazie a una disposizione mentale di apertura, di non saturazione, di sospensione, di tolleranza del dubbio che sempre Bion definisce capacità negativa (8).
In questa prospettiva, la definizione degli obiettivi specifici riguarda il miglioramento della capacità di riconoscere, comprendere e gestire la condizione di disagio in modo informato, attivo, responsabile e condiviso.
All'interno del percorso di cura in DH la crisi può così essere riesperita come momento di recupero di energie, di rivalutazione del proprio progetto terapeutico, di ri-significazione e riconnessione emotiva delle difficoltà in una prospettiva di affrontamento attivo e partecipato.
Il riconoscimento dello stato di disagio consente di normalizzare l’esperienza comprendendola all’interno della cornice esplicativa stress-vulnerabilità-risorse, in quanto la crisi può essere l’esito di una specifica vulnerabilità allo stress che tuttavia è modulabile rispetto ad ulteriori episodi attraverso l’identificazione dei segni precoci, l’individuazione dei fattori psicosociali stressanti, l’apprendimento di strategie di adattamento.
Le informazioni sul ruolo protettivo dei farmaci nella riduzione della vulnerabilità allo stress e sul fronteggiamento degli effetti collaterali, il riconoscimento dei segnali precoci di crisi hanno come obiettivo finale il miglioramento dell’aderenza terapeutica. Le ricadute positive riguardano infatti il senso di auto-controllo, l'auto-efficacia, l'autostima e la ripresa di un atteggiamento attivo anche di fronte ad eventuali difficoltà future.
La condivisione nel gruppo di pari favorisce la rappresentazione mentale positiva del gruppo-che-aiuta, che potrà costituirsi come risorsa interna in ulteriori momenti di difficoltà per ridurre l’isolamento e l'auto-stigma.
Il gruppo come risorsa
Io mi curo da sola,
ma guarisco insieme agli altri
Il gruppo costituisce a questo proposito un dispositivo chiave nel sostenere il cambiamento per una serie di peculiarità e vantaggi. La partecipazione ad un gruppo può risultare utile in particolare per persone che hanno difficoltà nel riconoscere la condizione clinica e/o che mostrano resistenze al cambiamento, in quanto consente di confrontarsi con l’esperienza dei pari. Il gruppo è il luogo neutrale in cui condividere problemi e soluzioni, in cui favorire sentimenti di cooperazione e solidarietà; in cui permettere l’apprendimento evolutivo attraverso strategie di modeling, role playing, osservazione diretta. Rappresenta, inoltre, una sorta di ambiente protetto nel quale mettersi alla prova e migliorare competenze e capacità per poi trasferirle nella vita di tutti i giorni, attraverso la comprensione degli stati emotivi e del funzionamento grazie al confronto con gli altri e al ruolo chiarificatore di chi conduce.
Il gruppo costruisce modelli condivisi di comprensione e lettura dei problemi consentendo la costruzione di un linguaggio comune. E' possibile individuare alcune funzioni del lavoro in gruppo, quali la comprensione del processo di crisi, la condivisione dell’importanza delle risorse personali e terapeutiche, la gestione del pregiudizio, l’acquisizione di coping skills, il conseguente miglioramento del senso di auto-efficacia ed autostima.
Tutto ciò rende possibile la confidenza nella propria capacità di padronanza, la sicurezza di avere modelli di ruolo positivi, la comprensione di come le situazioni possano trasformarsi all’interno di una dinamica ora/allora, oltre che un sentimento di unicità ma anche di identità valoriale sostenuto da un senso di connessione e realizzazione.
L’esito è la rimodulazione della sensazione di isolamento, impotenza, diversità di fronte alle difficoltà, che limita i processi di auto-stigmatizzazione.
Metodologia dell’intervento
Quando scelgo un colore,
mi sento più in contatto con me stesso
La dimensione del clima terapeutico, definita dalle funzioni implicite e semi-strutturate della accoglienza e del supporto ispirate alla esperienza emotiva correttiva ed alla riconnessione emotiva, valida innanzitutto l’esperienza della persona e riconosce le strategie di auto-cura come primo passo per renderle più funzionali e sostenere il cambiamento.
In questo ambiente terapeutico diffuso si inseriscono interventi strutturati individuali matrice psicoterapeutica breve e di gruppo psico-educativi utilizzando un assetto stabile di collaborazione tra la persona, la famiglia e il Centro di Salute Mentale in una prospettiva di co-gestione del disagio.
Ne deriva un planning di attività di cura prevalentemente clinico-sanitarie nella fascia oraria mattutina; psico-sociali nella fascia pomeridiana, queste ultime strutturate secondo una modularità flessibile (attività motoria e rilassamento, incontri psico-educativi, attività espressive, promozione del benessere).
L’attenzione alle abitudini sane di vita rappresenta uno degli interventi chiave per la ricaduta positiva allargata. Una dieta sana è, ad esempio, positivamente correlata con una migliore gestione degli effetti dismetabolici di alcuni farmaci. Un buon sonno è essenziale per diminuire le neurotossine e per il consolidamento cognitivo. Il contatto con l’ambiente naturale favorisce la detensione; il sintonizzarsi con i cicli naturali può ripristinare meccanismi di auto-guarigione. L’attività fisica aumenta le capacità cognitive, diminuisce l'ansia, favorisce l'apprendimento migliorando il controllo degli impulsi, l'attenzione, la tonicità e riducendo l'impotenza appresa.
Il materiale psico-educativo utilizza informazioni-stimolo minimali sotto forma di diapositive con immagini, che focalizzano l’attenzione e lasciano spazio al passaggio circolare di informazioni ed alla trasmissione di esperienze e di soluzioni ai problemi (Non solo farmaci; Riconosco i miei segni precoci; Comunicazione ecologica; Io ho un sintomo ed allora? Soluzione di problemi; Apprendo a gestire lo stress; Soffro di bipolarismo; Le cinque vie del benessere); rappresenta una sorta di iper-testo progressivamente integrato dai contributi del gruppo, che nel tempo ha individuato nuovi temi d’interesse, ha preferito un linguaggio meno tecnico, offerto nuove e condivise soluzioni esperienziali ai problemi tra pari, lasciato testimonianze.
Vengono utilizzati anche brevi video (Il cane nero; Il circo della farfalla; Il cesto dei rami di salice) e la colorazione di mandala come esercizio di rilassamento e meditazione, che favorisce uno stato generale della mente centrato nel qui-ora.
La lettura di brevi parabole è utilizzata per la sua funzione di potenziamento della memoria, delle capacità di problem-solving, della connettività cerebrale e per la riduzione dello stress; la scelta di storie resilienti consente un apprendimento all’utilizzo di risorse personali che il gruppo amplifica e consolida attraverso processi di identificazione.
Questi strumenti rappresentano strategie complementari alla psicoterapia e alla psicofarmacologia in una prospettiva di integrazione mente-corpo, che riconosce la centralità della persona.
Valutazione di efficacia
Per la valutazione della condizione clinica, della competenza psicosociale e dell’aderenza al trattamento vengono impiegate alcune scale, quali BPRS (Brief Psychiatric Rating Scale), HONOS-Roma (Health of the Nation Outcome Scales-Roma), I-WAI (Institutional-Working Alliance Inventory). Vengono inoltre monitorati le riammissioni in DH e i ricoveri residenziali.
Bibliografia
(1) Day hospital versus admission for acute psychiatric disorders (Review), Cochrane Collaboration, 2011
(2) Linee di indirizzo metodologiche regionali sulla psico-educazione orientata al “recovery” in salute mentale, Regione Toscana, 2014
(3) Slade M Personal recovery. Teoria e pratica della guarigione personale, Il Pensiero Scientifico, Roma, 2011
(4) Training di competenza sociale. Manuale per la conduzione di gruppi nella salute mentale, Dipartimento assistenziale integrato Salute Mentale-Dipendenze Patologiche, Ferrara, 2015
(5) Seligman M E P (1991) Imparare l’ottimismo, Giunti Editore, Firenze, 2015
(6) Bonfiglio N S et Al, La resilienza tra rischio ed opportunità. Un approccio alla cura orientato alla resilienza, Alpes, Roma, 2012
(7) Bion W R (1962) Apprendere dall’esperienza, Armando Editore, Roma, 1972
(8) Bion W R (1970) Attenzione ed interpretazione, Armando Editore, Roma, 1973
Corresponding Author
Maria Bologna
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