Volume 16 - 28 Marzo 2018

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La cura nella rete dei servizi dei pazienti psichiatrici autori di reato

Autore



Riassunto

La chiusura dell'Ospedale Pschiatrico Giudiziario si fonda su nuove Residenze (REMS) esclusivamente sanitarie per i pazienti autori di reato e, prioritariamente, su un sistema che favorisca percorsi terapeutici territoriali da parte dei servizi. La regione Toscana ha organizzato un sistema con strutture territoriali intermedie. Il numero complessivo di pazienti in misura di sicurezza è in crescita e molti di essi sono stranieri immigrati. È indispensabile potenziare le risorse dei Servizi psichiatrici territoriali.


Abstract

The closure of the Judicial Psychiatric Hospital is based on the new residential facilities (REMS), exclusively managed by national health system, for patients who have committed crimes and, as a main task, on a system promoting “community treatments”. Tuscany Region planned a system based on intermediate residential facilities for these patients. The whole number of users is increasing and many of them are foreigners or immigrants. It is needful to strengthen the resources of the community mental health services.


L'obiettivo dei provvedimenti emanati, a partire dal DPCM del 01-04-2008 fino alla più recente Legge 81/2014, non è stato solo quello della chiusura degli OPG, strutture rivelatesi largamente insufficienti ed inadeguate, nonostante l'impegno degli operatori, a dare un trattamento adeguato ai pazienti autori di reato. Fatta eccezione per l'OPG di Castiglione delle Stiviere, essi erano Istituti Penitenziari.

La Riforma ha invece affidato tutto il percorso di trattamento dei pazienti autori di reato al Servizio Sanitario Nazionale.

Questo è avvenuto allestendo Residenze per Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) per ospitare le persone destinatarie di una misura di sicurezza detentiva ma, in effetti, la sfida più esaltante, e la modifica più impegnativa, riguarda il curare le persone in misura di sicurezza non detentiva attraverso la realizzazione di progetti terapeutici nella rete delle strutture del Servizio di Salute Mentale.

Da tale intendimento, ancora in via di completa realizzazione, sono scaturiti aspetti di notevole importanza che richiedono, dopo l'importante obiettivo di civiltà centrato con la chiusura degli OPG, interventi organizzativi e, se necessario, legislativi per rendere più agevole e sicura la realizzazione di tali percorsi.

Ci troviamo comunque di fronte ad un sistema, sia sanitario che giudiziario, che sta affrontando le prime concrete questioni applicative delle nuove norme, a confronto con quelle ancora vigenti, non abolite o modificate dalla Legge. La stessa organizzazione delle strutture REMS richiede ancora un periodo di assestamento, atteso il fatto che la chiusura definitiva degli OPG è avvenuta solo ad inizio del 2017 (l'ultimo internato è infatti uscito dall'OPG di Barcellona Pozzo di Gotto nel Febbraio 2017) e che le prime REMS sono entrate in funzione nel 2015.

Si può azzardare un primo provvisorio bilancio di quanto è accaduto: in mancanza di dati nazionali, poiché non è ancora attivo un monitoraggio nazionale, possiamo verificare cosa accade nella Regione Toscana, individuando la consistenza numerica dei dati relativa al campione della USL Centro, di cui mi interesso.

La Riforma non ha modificato la tipologia delle misure che il Giudice applica alle persone ritenute socialmente pericolose e che si sostanziano:

  • nella misura detentiva (ex OPG o Casa di Cura e Custodia) per persone socialmente pericolose;
  • nella misura non detentiva di libertà vigilata applicata a persone socialmente pericolose laddove tale misura può far fronte alla pericolosità sociale (vedi Legge 81/2014 art. 1, comma 1, lett. b).

La Regione Toscana ha previsto, fin dal 2011 con DGRT 841/2011 e successive modifiche, un organizzazione, distinta su tre livelli di intervento, per la realizzazione dei percorsi dei pazienti autori di reato con misura di sicurezza:

I LIVELLO: Rete delle strutture territoriali per la Salute Mentale. Corrispondono ad un intensità di cura elevato, in accordo con le condizioni della persona e del percorso da realizzare, ma attuate attraverso una misura di sicurezza non detentiva (Libertà Vigilata), e non obbligatoriamente residenziale.

II LIVELLO, Strutture intermedie. Costituiscono il complesso della rete dedicata ad ospitare in trattamento i soggetti cui sono applicate misure non detentive, ma con obbligo residenziale, e di rispettare il percorso di cura e riabilitazione. Esse si pongono “a cavallo” tra la struttura per misure di sicurezza detentive e la Rete dei servizi del livello I. Nella Regione Toscana ne sono previste 6 (due per USL) per un complessivo di 48 posti letto.

III LIVELLO Residenze per Esecuzione delle misure di sicurezza detentive. In Toscana la REMS è attualmente attivata in Volterra ed ha assorbito finora la richiesta di posti letto. Vi sono comunque ancora casi in attesa di fare ingresso in tale struttura per cui è stata programmata l'attuazione di una nuova REMS a Empoli. La REMS si caratterizza per elevati livelli di intensità di cura e per la garanzia di sicurezza di esecuzione della misura, come disposto dal Giudice. È del tutto evidente che, trattandosi di strutture sanitarie, e con una gestione ed organizzazione sanitaria, il livello di sicurezza non deve penalizzare il percorso terapeutico che dovrà essere realizzato, sia all'interno della struttura che all'esterno, attraverso idonei provvedimenti del Giudice (licenze ed altro).

Allo stato attuale, la sola USL Centro, che copre un territorio di 3 province, Firenze, Prato, Pistoia ed il territorio del Circondario dell'Empolese Valdelsa, per un totale di 1,6 mln di abitanti, annovera:

  • n. 10 pazienti in misura di sicurezza nella REMS di Volterra, n. 1 paziente nelle REMS di altre Regioni e n. 3 pazienti in attesa di ingresso REMS (per un totale di 14 persone con misura detentiva);
  • n. 17 pazienti nelle due strutture intermedie (Villa Guicciardini e Le Querce);
  • n. 30 pazienti circa inseriti nelle strutture dei DSM o in regime domiciliare.

Nel complesso pertanto circa 60 utenti risultano in misura di sicurezza: tale dato è comunque parziale, suscettibile di aumento in base ai flussi di ingresso nelle misure di sicurezza. Il loro trattamento rappresenta un carico di lavoro, ed un costo, elevato e specifico.

Rispetto ai dati parziali, relativi ad una sola USL toscana, possiamo invece trarre alcune deduzioni, per molti versi comuni a tutto il territorio nazionale, sulle questioni chiave che dobbiamo affrontare per garantire che il sistema sia coerente e finalizzato a dare una risposta completa ed efficace.

L'utilizzo prioritario dei primi due livelli, in maniera precoce e prioritaria, consente di evitare che la REMS sia il provvedimento più facile, o comodo, puntando invece a mettere in atto, per situazioni non di elevato spessore di pericolosità, progetti territoriali. Nel corso di quest'anno, l'intervento e la collaborazione tra la SOC Ri.PAR ed i Servizi, ha consentito di evitare misure di invio in REMS, già disposte dal Giudice o in corso di valutazione da parte dei Consulenti Tecnici d'Ufficio (CTU), designati dal Magistrato, elaborando ed attuando progetti nelle strutture intermedie o nel territorio.

Varie questioni si sono poste, e si presenteranno nel futuro, partendo dall'esperienza e dai dati, seppure sommari e parziali, finora evidenziati.

- Una prima questione comincia a porsi sulla adesione delle persone al progetto di cura: la Rete dei Servizi nasce dopo la Riforma del 1978 come espressione del principio di non vincolo alla cura, che è volontaria e non obbligatoria, territoriale e non istituzionale, comunitaria e non ospedalizzata. Fatta eccezione per il Trattamento Sanitario Obbligatorio, disciplinato dalle norme della 833/78, ogni adesione deve essere volontaria e non vi devono essere barriere nelle strutture residenziali o semiresidenziali. Da tale principio nasce il problema di contemperare la necessità della cura con l'obbligo della misura, seppure attenuato nel regime di libertà vigilata. È indispensabile arrivare a definire accuratamente le prassi operative e di comunicazione con il sistema giudiziario, con l'Ufficio Esecuzione Penale Esterna del Ministero della Giustizia, in considerazione delle prescrizioni, dei vincoli imposti dal regime di libertà vigilata su cui il progetto terapeutico dovrà confrontarsi e tenerne conto. In tale materia è fondamentale avere chiarezza del linguaggio, e della terminologia, adoperata dai due sistemi, sanitario-psichiatrico e giuridico-penale, per evitare fraintendimenti ed attribuzioni di responsabilità non dovute.

La libertà vigilata applicata dai Giudici delle Indagini Preliminari spesso prevede, quasi esclusivamente, l'obbligo di residenza in una struttura, ed il rispetto del programma terapeutico, ma lascia ampi margini di libertà di adesione da parte del paziente. In effetti, fatto salvo l'obbligo di fissare dimora nella struttura e di non uscire negli orari notturni, la persona deve aderire volontariamente al percorso di cura: laddove il domicilio è fissato presso una struttura terapeutica, il programma dovrà prevedere momenti di uscita e di realizzazione di percorsi di trattamento esterni alla struttura. Non appare risolta la questione di cosa accada, e con quali modalità, nel momento di un mancato rispetto delle prescrizioni da parte delle persona, cioè se si debba prevedere obbligatoriamente l'inasprimento della misura di sicurezza e l'invio in REMS.

Il turnover della REMS funziona in maniera egregia ma la domanda di applicazione di misure di sicurezza, anche di invio in REMS, è sensibilmente cresciuta in questa prima fase di applicazione. La presenza di una lista di attesa per l'ingresso in REMS, concetto che appare incomprensibile di fronte ad una valutazione di pericolosità sociale elevata, scaturisce talvolta da una non attenta verifica delle possibilità di attivare un’alternativa ma esprime nel complesso una aumentata richiesta di posti nelle REMS.

Ciò accade nonostante ci sia stato sempre più spesso il ricorso da parte della Magistratura alle misure di Libertà Vigilata, spesso su pazienti non conosciuti, da eseguirsi tramite affidamento ai Servizi del territorio (n. 8 casi solo nell'ultimo trimestre). I tempi di permanenza all'interno del sistema si allungano notevolmente: è una sorpresa scoprire come vi siano casi di pazienti dimessi anni fa dall'OPG che si trovano ancora in una misura di sicurezza. Raramente si osserva che tali prolungamenti di misura sono scaturiti da reati commessi mentre, sempre con maggiore frequenza, il mantenimento di tale misura è determinato da fattori di trasgressione alle regole, di mancata “compliance” alla terapia, di allontanamento dalla struttura individuata.

In realtà i pazienti seguiti, e presi in carico, nelle strutture intermedie, o nel territorio, prescindendo dal giudizio di pericolosità sociale, per quanto ritenuto in maniera corretta di grado non elevato, sono pazienti gravi e un forte carico di bisogni, spesso sociali e di carattere relazionale, privi di risorse, con instabilità comportamentale e associato ricorso ad uso di sostanze. Un quadro pertanto che, per quanto connesso ad una patologia psichica, è spesso comunque legato alle difficoltà socioassistenziali.

Una valutazione basata solo, o prevalentemente, degli aspetti comportamentali e degli agiti, considerati pertanto come fattori di carattere trasgressivo o di infrazione rispetto alle prescrizioni, rischia di innescare un circuito senza fine con il mantenimento senza fine della persona all'interno del sistema della misura di sicurezza e dove ogni comportamento, anche spiegabile, alimenta impropriamente il concetto della pericolosità. D'altra parte il protrarsi della misura di sicurezza rischia di modificare nelle strutture territoriali che ospitano i pazienti autori di reato la modalità di funzionamento e la propria “mission ed organizzazione per adattarsi alle regole che sono richieste.

- Non è questo il luogo, non avendo la specifica competenza per dare indicazioni o soluzioni, per affrontare il problema della gestione delle persone cui è applicata la Legge 81/2014, art. 1 quater, che prevede la fine delle misura di sicurezza corrispondere al massimo della pena edittale, ma solo per quelle detentive e non per misura non detentiva della libertà vigilata. Occorrerà attendere decisioni della Magistratura o di organismi costituzionali per comprendere come questa differenza sia compatibile e cosa comporti nella gestione complessiva dei percorsi terapeutico riabilitativi. Il prolungamento “ad libitum” di misure di libertà vigilata, conseguenza di una persistente valutazione di pericolosità sociale, e di delega al Servizio Psichiatrico della gestione delle persone con tale misura, rischia davvero di riproporre, dopo la chiusura dei Manicomi nel 1978 e quelle degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari nel 2017, il Manicomio Liquido, spalmato sul territorio, almeno per le persone in misura di sicurezza.

- Il rapporto con i Consulenti Tecnici (CTU) e il sistema Giudiziario: questo aspetto rappresenta il momento di confronto più importante e delicato e che si arricchisce continuamente di nuovi quesiti ed interpretazioni. La diagnosi, sia psichiatrica che forense, che sostiene la valutazione della imputabilità, rappresenta l'attributo che fa “transitare-slittare” la persona autore di reato dal sistema sanzionatorio della pena detentiva a quello della misura di sicurezza e, di conseguenza sanitario, eseguite nelle strutture REMS o territoriali. La formulazione della diagnosi psichiatrica, che non sempre collima con quella dei Servizi che hanno in cura la persona, la valutazione della capacità di intendere e volere, che determina la imputabilità della persona, la valutazione della pericolosità sociale, tutti compiti affidati da parte del Giudice al CTU, non possono essere esclusivamente gestiti dal predetto CTU, con la inevitabile delega che ricadrebbe sul Servizio, ma devono vedere sempre più attivi i Servizi stessi nelle più precoci fasi del procedimento.

Nella Regione Toscana è attivo, e dovrà individuare idonee soluzioni, un tavolo di confronto tra Magistratura, Regione, DSM, Carcere e altri interlocutori per definire le procedure per un efficace comunicazione, coinvolgimento, collaborazione tra tutti gli interlocutori. Si richiede sempre più ai Giudici di consultare formalmente i Servizi territoriali nella formulazione delle risposte ai quesiti posti. In particolare appare degno di adeguata attenzione la definizione del progetto terapeutico della persona che non può essere demandata, nemmeno in parte minima, al CTU ma deve essere esclusivo compito del Dipartimento di Salute Mentale, con i propri Servizi che hanno la piena competenza a decidere l'utilizzo appropriato della Rete delle strutture.

A tale scopo, poiché le dinamiche processuali richiedono risposte chiare e spesso puntuali e sollecite, potrebbe essere attuata, come soluzione, la “separazione” tra momento valutativo della imputabilità e del livello o graduazione di pericolosità, affidati al CTU, e la definizione effettiva del programma terapeutico, di competenza del DSM in una fase immediatamente successiva.

Differenziare le due fasi, quella valutativa e quella progettuale, consentirebbe ai Servizi una più completa verifica, se non già effettuata nella fase di collaborazione con il CTU o il Magistrato, del progetto terapeutico e riabilitativo individuale più adeguato, e ritagliato sulle esigenze della persona, sulla base di livello di rischio che la condizione del paziente esprime.

L'assessment del rischio di commettere atti di violenza, metodica ampiamente applicata in vari Paesi, non ha mai ricevuto adeguata attenzione e riscosso interesse da parte dei Servizi, per cui viene raramente applicata nelle prassi operative. La metodica di valutazione del rischio rappresenta in molti altri campi dove è necessario valutare un rischio concreto, un esigenza irrinunciabile a viene attuata attraverso strumenti specifici. Nell'attuale regime di trattamento dei pazienti autori di reato, laddove la valutazione di pericolosità sociale resta un compito del sistema giudiziario-penale e persiste nel Codice Penale, la valutazione del rischio di violenza resterebbe solo un concreto adempimento che consentirebbe la verifica dei fattori su cui intervenire e la adeguatezza delle misure prese, restituendo altresì alla persona stessa la responsabilità della adesione al progetto terapeutico ed alle prescrizioni determinate dal provvedimento giudiziario.

In molte USL e Regioni si stanno costituendo i Nuclei di valutazione psichiatrico Forensi sotto forma di Servizi o di Unità Operative. L'organizzazione di unità simili, inserite nei DSM-D ma distaccate dalla funzione terapeutica, restituirebbe ai Referenti psichiatrici il compito intatto di occuparsi della cura e di agire senza essere condizionati dalla necessità di occuparsi degli aspetti relativi alla misura giudiziaria, con il rischio conseguente di apparire nella percezione del paziente il persecutore responsabile della libertà.

È del tutto inevitabile che compito di gestione dei percorsi terapeutici dei pazienti autori di reato sia ormai stato completamente affidato alla Rete territoriale dei Servizi ma occorre decidere se restare del tutto fuori dalle decisioni assunte dal sistema giudiziario, del quale il CTU fa parte, e doverne gestire le conseguenze, o far parte del processo, conservando, con la separazione dei compiti valutativi e consultivi connessi agli aspetti giuridico-forensi, attraverso specifiche unità operative e mantenere intatto il ruolo dei Referenti della cura.

Un ultimo accenno deve essere fatto al problema degli stranieri, per gran parte privi di permesso di soggiorno, irregolarmente immigrati e senza alcun riferimento familiare o sociale sul territorio. Solo nella USL Centro nel corso del 2017 si sono verificati 12 casi di persone di altra nazionalità , spesso senza permesso di permanenza. La gestione del futuro di tali persone, diventerà problematica per la mancanza di pregressi contatti con i Servizi del territorio, di validi legami familiari, di documenti personali.

La necessità di dare adeguate cure a tali persone non potrà anche prevedere di farsene carico anche sul piano assistenziale, abitativo e lavorativo. Dovranno essere attivate idonee soluzioni e la ricerca di legami familiari o sociali validi, sul territorio di origine o altrove, per poter effettivamente includere tali persone, spesso giovani, con abuso di sostanze, isolati nel nostro territorio ma spesso con legami familiari presenti in altri Paesi.

Siamo inoltre tutti in attesa di come sarà attuata la delega al Governo prevista nella Legge 103/2017 relativamente alla revisione delle misure di sicurezza: di sicuro sappiamo che accentueranno lo spostamento delle persone prosciolte per motivi di infermità mentale dall'esperienza sistema giudiziario a quello sanitario.

In base alle eventuali modifiche che saranno introdotte potremo adattare e modulare l’intervento dei Servizi e, non ultimo, definire in maniera più appropriata il bisogni di cura delle persone sottoposte a misura di sicurezza.


Riferimenti bibliografici e sitografia

LEGGE 30 maggio 2014, n. 81

DGRT 841/2011, Allegato DGRT 841/201

Relazione chiusura OPG www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/989196.pdf

Douglas, K. S., Ogloff, J. R. P., Nicholls, T. L., & Grant, I. (1999). Assessing risk for violence among psychiatric patients: The HCR-20 violence risk assessment scheme and the Psychopathy Checklist: Screening Version. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 67(6), 917-930.