Recensione a:
“Tempo Libero”, di Francesco Casamassima, Affiori, Roma, 2024
Autore
Conosco Francesco Casamassima come un giovane validissimo, preparato e assennato collega, da diversi anni direttore facente funzione della Salute Mentale di Firenze, mai avrei pensato che potesse scrivere un romanzo come “Tempo Libero”, profondamente e inquietantemente psicoanalitico ma anche fortemente creativo e innovativo sul piano narrativo: un testo nel complesso molto piacevole, analitico, ironico e autoironico, con continue notazioni psicologiche degne di citazione: un short novel, o un racconto lungo che va letto almeno due volte per venire a capo della trama e per comprendere che in ultima analisi stiamo leggendo una storia d’amore, o, meglio, la descrizione delle vie fortuite ed anche distorte che, attraverso una relazione di rispecchiamento, porta ad apprendere che cosa sia l’amore per chi l’ha cercato ma mai trovato in precedenza.
L’Io narrante che, come sempre accade, è un po’ l’autore ma, per molti aspetti (penserei e vorrei sperare), anche no, è uno strano tipo, affetto indubbiamente da una forma di pensiero ossessivo, fissazioni anali e scatologiche, tratti di meticolosità e perfezionismo abnormi, come si evince dal monologo interiore che si spande per circa la metà del libro, nel quale descrive planimetrie e caratteristiche delle case in vendita che visita nel tempo libero, non tanto per comprarne davvero una, ma per socializzare con gli agenti immobiliari e i proprietari degli immobili. Il protagonista valuta dalle condizioni e dallo stato dell’immobile la storia dei suoi abitanti e, con un gioco di associazioni, rivela la propria personalità e le proprie idee partendo dai dettagli che osserva. Numerose sono, ad esempio, le digressioni sull’importanza dei bagni e delle attività che vi si svolgono, per le coppie che abitano gli appartamenti, cosa che trascina ricordi sensorializzati di varie esperienze infantili, col richiamo, ad esempio, ai vasi da notte delle abitazioni primitive del Sud. Molti ricordi associativi rinviano alla rigida educazione dell’io narrante, cresciuto come l’autore in una città del Sud Italia e poi, come l’autore, trapiantato nella realtà monumentale di Firenze; molte comprensibili aspettative di riscatto gravavano sulla sua testa ancora infantile, con la conseguenza di una distorsione narcisistica e perfezionistica delle relazioni e la controparte dell’inclinazione alla vergogna e alla colpa per i fallimenti inevitabili: “sono giunto alla conclusione di aver subito un addestramento alla vergogna, prolungato, intenso, sfiancante, come se volessero addestrare un marine della vergogna”.
La routine per così dire “autoerotica” della prima parte del romanzo si rompe quando, nel visitare una casa di un’anziana signora, il protagonista vede, in una stanza, la figlia di lei che si aggira con totale indifferenza rispetto al visitatore, totalmente nuda. Per deformazione professionale, ho pensato che questa descrizione fosse il ricordo di una qualche visita domiciliare che nella nostra gioventù effettuavamo con frequenza nelle case degli psicotici. Si tratta in ogni caso del primo snodo narrativo di una vicenda che rappresenta la struttura della seconda parte del romanzo. Nel visitare un altro appartamento, l’io narrante incontra una seconda donna, Anna, che gli mostrerà l’abitazione in vendita una stanza per volta, in una sorta di strip tease mentale, un mettersi progressivamente a nudo contestuale al racconto della sua anoressia giovanile, delle difficoltà sessuali, del conseguente fallimento coniugale, dei tentativi successivi di riappropriarsi del proprio corpo e delle proprie pulsioni. Tra i due nasce un’intimità che, genialmente, viene resa non solo dai contenuti dei dialoghi, ma dalla trasformazione del monologo interiore in un bi-logo in cui, nelle varie righe di una stessa pagina, si intrecciano senza segni di interpunzione i pensieri, i dialoghi, i ricordi, le aspettative dell’uno e dell’altro. Si tratta indubbiamente di un’invenzione letteraria affascinante, i dialoghi si con-fondono con i duplici streams of consiousness, rendendo perfettamente la simbiosi sempre più pervasiva delle due anime.
In una sorta di ricapitolazione degli stadi libidici precoci che vanno dall’accudimento materno dei primi mesi fino all’educazione anale, alla rinascita adolescenziale dell’oralità, la coppia giunge al compimento alla sessualità adulta (che non è descritta ma piuttosto allusa, con uno strano effetto dubitativo per il lettore). In questa progressione i due imparano ad amarsi o, meglio, la sedicente malata diviene colei che insegna l’amore al sedicente sano. Dopo un tentativo del protagonista di proporre alla donna di comprare una casa “coniugale” isolata in montagna, distante da ogni conflittualità del passato, i due fanno ritorno in città dove si scopre, dal racconto di lei, che la ragazza che in precedenza si era offerta nuda allo sguardo di lui è sua sorella e che questo comportamento aveva una radice post-traumatica che ovviamente non anticipo, nella quale Anna aveva una parte come involontaria colpevole.
Nel finale si assiste ad una riconciliazione globale tra le sorelle di fronte alla madre e all’Io narrante, ormai accasato in questa nuova famiglia dal funzionamento diffusamente ed egosintonicamente psicotico, in cui lui viene naturalmente ospitato, cosa che lo solleva dalla decisione razionale di quale casa comprare (qui un’associazione davvero azzardata va al film di Lars Von Trier “La casa di Jack”).
Salutiamo questo romanzo come un testo originale, affascinante, coinvolgente, inconsueto e innovativo, che poteva essere partorito solo dalla fervida collusione tra l’inconscio di uno psichiatra dotato di una spiccata attitudine autoanalitica con le esperienze coinvolgenti del suo quotidiano lavoro; l’augurio è che ‘attività letteraria di Casamassima abbia ulteriori e felici sviluppi.