Volume 30 - 16 Aprile 2025

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La psichiatria gentile: ossimoro o necessità?
I colori della gentilezza, dai diritti alle prassi

Autrice


Riassunto

L'articolo intende essere un contributo sul rapporto tra Psichiatria e gentilezza. La riflessione parte dalla definizione dei concetti di diversità e gentilezza, per arrivare a declinarli in relazione a prassi e promozione dei diritti dei pazienti all'interno dei servizi psichiatrici. L' autrice conclude sottolineando che gentilezza e Psichiatria non sono due termini antitetici. Al contrario, la gentilezza è necessaria e irrinunciabile in ogni ambito ed in ogni fase della cura psichiatrica.


Abstract
The article intends to be a contribution on the relationship between Psychiatry and kindness. The reflection starts from the definition of the concepts of diversity and kindness, to arrive at declining them in relation to practices and promotion of patients' rights within psychiatric services. The author concludes by underlining that kindness and Psychiatry are not two antithetical terms. On the contrary, kindness is necessary and indispensable in every field and in every phase of psychiatric care.



Qualche mese fa, durante un evento organizzato a Padova dal Centro Buddhista Tara Citta Mani, sono stata invitata insieme ad altri a condividere una testimonianza sul tema della gentilezza, declinato in varie accezioni, all’ interno di una giornata che ha visto la partecipazione di centinaia di persone e di numerosi relatori di diversa provenienza e formazione. Con riconoscenza, ho accettato l’invito a preparare un intervento su “Psichiatria e gentilezza” che mi ha permesso di approfondire la riflessione su questo tema fondamentale e provare ad ordinarlo in un pensiero organizzato che ho sintetizzato come segue.


1. La “diversità”

La "diversità" tra le persone è uno degli elementi ineliminabili della comunità umana. Il concetto di “diversità” – nel significato più comune - viene accostato a quello di scostamento da una “normalità” intesa come condizione rappresentata con maggior frequenza statistica all’ interno di una popolazione di riferimento. Interagire con la diversità:

  1. si correla alla sopravvivenza ed evoluzione dei sistemi umani che si configurano “biologicamente” come “sistemi aperti”, vale a dire che necessitano di scambi continui di energia e materia non solo al loro interno – tra le diverse parti - ma anche con l’esterno. Questo continuo scambio – fatto di tensioni, squilibri, incompletezze – è ciò che permette anche ai sistemi umani di vivere ed evolversi.
  2. si correla alla sopravvivenza stessa dei “diversi” (stranieri, matti, estranei, strani) e all’ esercizio dei loro diritti. I diversi solitamente sono coloro che non solo si discostano da una “media”, ma spesso sono caratterizzati dall’essere fragili, ultimi, deboli, anomali. Strange and strangers.

Con la diversità e le diversità è necessario interfacciarsi ed interagire, pena la “morte” del sistema umano (sistema aperto) ed anche la “morte” dei diversi, (per esclusione, segregazione, sottomissione, eliminazione).

L’Articolo 3 della Costituzione Italiana si connette al tema della diversità all’interno della comunità con parole molto nette: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, politica, condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il ”pieno sviluppo della persona umana.”

Fatte queste premesse, risulta consequenziale affermare che la diversitàsi configura come necessità biologica e sociale che penetra la sfera dei “diritti e dei doveri” riguardanti la cittadinanza e sanciti costituzionalmente.


2. La Psichiatria e la diversità

La Psichiatria si definisce come tentativo di cura della persona con disturbo psichico che è innanzitutto un “diverso” che si scosta dalla norma.

Nel corso della sua storia, in alcuni frangenti e per alcuni aspetti, la Psichiatria viene fatalmente a coincidere con azioni di controllo, potere, normalizzazione, segregazione e dominio del e sul “diverso”. Psichiatria e "diversità" appaiono da sempre legate a filo doppio. Negli ospedali psichiatrici venivano ricoverate le persone che si discostavano dalla norma non solo per peculiari caratteristiche del loro funzionamento mentale ma anche per il loro “scorrere fuori dai binari”, per i loro costumi, comportamenti, idee, atteggiamenti che si differenziavano da uno standard sociale condiviso. Dunque, la cura dei disturbi mentali veniva a coincidere con la segregazione ed il controllo, a volte senza fine, di persone diverse su cui veniva esercitato un potere che partiva proprio dalla non accettazione della diversità per arrivare fino all’ utilizzo della coercizione e della violenza. Da queste ultime considerazioni si può intuire come il filo doppio che da sempre lega Psichiatria e diversità sia potuto e possa diventare ed essere un cappio per il diverso.

A meno che non si posseggano due potenti antidoti: la sua accettazione in primis ed il rispetto della diversità e dei diritti di cui è portatore.

Partire da questi antidoti comporta saper stare nel confronto con il diverso, ed anche saper stare nel conflitto che si può e deve generare.

Dunque: rispettare il diverso, stare nel conflitto generato dalla diversità. Come?


3. La gentilezza

In questa riflessione intendo la gentilezza come un atteggiamento improntato al rispetto e all’ ascolto/accettazione della identità dell'altro, riconosciuto nella sua originalità e diversità rispetto a me e ai gruppi allargati con cui interagisce o a cui appartiene (famiglia, gruppo, società, cultura, istituzioni).

In questo senso, la gentilezza si definisce come un atteggiamento che non solo accetta la diversità dell’altro ma addirittura permette ai soggetti diversi di stare nel confronto e finanche nell’eventuale conflitto che si può e deve generare.

Rispetto al conflitto, la gentilezza si pone come metodo per ricondurre le parti a regole condivise che diventano antidoto alla violenza e possibilità di utilizzo costruttivo delle forze in campo verso la ricerca di un bene comune o di un bene frutto della mediazione tra i “beni” delle parti conflittuali.

Dunque, la gentilezza si configura come substrato ed al contempo strumento necessario a pratiche di contrattazione e mediazione non solo con il diverso, ma anche con il mondo con cui il diverso ha a che fare.

In questa accezione, la gentilezza viene ad essere:

  1. una scelta etica
    intesa come insieme e norme di valori che regolano il comportamento umano in relazione agli altri e a “tutti” gli altri, compresi i diversi con il loro diritti ed identità;
  2. una scelta tecnica
    intesa come metodo per interagire con la diversità in modo costruttivo secondo il bene di entrambe le parti o secondo un bene comune frutto di mediazione.

4. Gentilezza e Psichiatria

Se la gentilezza è intesa come sopra scritto, se la psichiatria ha a che fare con il diverso, se il diverso e i suoi diritti sono ineludibili dalla comunità umana, allora la gentilezza è pre-requisito necessario -anche se non sufficiente- in tutte le componenti e luoghi dei percorsi/sistemi di cura psichiatrici e nell’ ambito della salute mentale più in generale.

Tale consecutio può declinarsi in tre livelli.

Un primo livello “personale”:

Gentilezza verso le parti di sé o della propria storia che si sentono come estranee, diverse “straniere”, poco conosciute, negative, indesiderate, “fuori” da una nostra norma interna. Non possiamo non nominare il tema del “conflitto” intra-psichico che ha dato forma alla psichiatria psicodinamica a partire dai primi del Novecento.

Si può dire che il conflitto ed il confronto con le nostre parti interne “diverse” può essere evolutivo e vitale solo se non mettiamo in atto un braccio di ferro con esse, ma se le accogliamo con gentilezza come parti di noi e della nostra storia. Diversamente, un atteggiamento di “opposizione dura” e dominio verso tali parti può portare a stallo e sofferenza, ed anche alla immobilità in una sorta di tiro alla fune.

Il primo campo di esercizio della gentilezza nasce proprio dal praticarla verso sé stessi. Senza capacità di gentilezza e tolleranza verso le proprie diversità interne, diventa difficile essere capaci di gentilezza con i diversi al di fuori da sé.

Un secondo livello che coinvolge i servizi ed i percorsi di cura in Psichiatria:

I percorsi all’ interno della Psichiatria partono dall’ incontro tra una persona con disturbo mentale che porta sempre e comunque una “diversità” ed un sistema curante e di curanti. In ogni punto del percorso, questo incontro con la diversità può essere caratterizzato dal rispetto di tale diversità o dal suo opposto, fino al “dominio” dell’istituzione curante sul curato prima accennata.

La gentilezza intesa come rispetto e ascolto della diversità deve allora a permeare ogni punto del percorso.

Dal primo approccio della persona al sistema curante fino a tutte le articolazioni della cura:

  1. gentilezza del primo incontro (che vuol dire accoglienza, accessibilità dei servizi rispetto orari e logistica e differenti possibilità economiche);
  2. gentilezza nell’uso di alcuni costrutti riduzionistici della psichiatria come diagnosi e prognosi spesso usati una specie di gabbia in cui la persona scompare o viene appiattita sulla dimensione classificatoria che traccia una sorta di destino;
  3. gentilezza nel percorso terapeutico che va co-costruito e deve partire dal punto di vista e dai bisogni di chi chiede aiuto e non dal punto di vista o dalle possibilità del sistema o del curante;
  4. gentilezza nei luoghi di cura che siano rispettosi della intimità delle persone, della loro individualità e della loro privacy, del bisogno di comfort e bellezza;
  5. gentilezza nella progettazione di percorsi riabilitativi che partano da chi è quella persona nella sua “diversità” (quali sono le sue risorse e desideri, quale è il suo modo personale di poter entrare nelle reti di contrattazione dei normali e dei forti rispetto alle grandi aree casa - lavoro- socialità-esercizio dei diritti?)
  6. gentilezza nell’ uso dei farmaci, tenendo conto ad esempio di quello che la persona riporta sugli effetti collaterali, delle sue difficoltà e timori. Un uso dei farmaci che non miri all’ottundimento della persona ma al contrario ne favorisca l’espressione.
  7. gentilezza nelle infinite operazioni di mediazione necessarie tra la “persona diversa” che chiede aiuto e la sua famiglia, i suoi gruppi di appartenenza, il luogo di lavoro, la città, la scuola, le istituzioni.
  8. gentilezza nel “fare-assieme” tra pazienti, operatori e famigliari come metodo centrale dei sistemi per la salute mentale (senza gentilezza non c’è fare-assieme)
  9. gentilezza come rispetto dell’ altro diverso (il paziente) fino a farlo diventare soggetto e non più oggetto dei sistemi di cura (protagonismo degli utenti, advocacy)
  10. gentilezza per affrontare i conflitti ineliminabili tra le diverse istanze portate da curati, famigliari, curanti, comunità, istituzioni.
Un terzo livello che è quello della Legge e delle norme che regolano i sistemi della cura:

Non possiamo non citare Basaglia – nel centenario della sua nascita - ed il suo movimento che è partito dal riconoscimento dei diritti del diverso (matto) e dalla necessità del superamento dei luoghi dell’esclusione e della subordinazione fino a far diventare tutto questo Legge (L. 180 ). Ma pensiamo anche a tutti quei dispositivi di tipo giuridico ed amministrativo che permettono ai “diversi” l’ accesso al lavoro, alla casa e a risorse economiche modulate proprio sul riconoscimento ed accettazione della “diversità” e fragilità.

Per concludere, richiamo due affermazioni di Franco Rotelli e di Benedetto Saraceno che mi paiono connesse al discorso sul rapporto tra Psichiatria e gentilezza.

“Se si trattano bene i matti, ma anche i bambini e le donne ... allora succedono molte cose... emergono bisogni, si formulano desideri, nascono affettività” (1) (Franco Rotelli).

“Allora diciamo che la cura e' un diritto. Che è un insieme di azioni tangibili e misurabili ... ma che essa si invera soltanto se improntata ad attitudini quali delicatezza, rispetto, gentilezza, discrezione” (2) (Benedetto Saraceno).

Concludendo: gentilezza e Psichiatria non costituiscono affatto un ossimoro, anzi la gentilezza in Psichiatria è punto di partenza. E’ necessità.

In estrema sintesi: o la Psichiatria è gentile o è il caso che non sia.


Note

Nota (1),(2): Saraceno Benedetto (2024). Ultima Lezione. In: Autori Vari. (2024). Cosa sta succedendo qui? Cronache e tragedie dal presente. Rivista di Psicologia Analitica. N°58, vol. 110, 243-254.