Clozapina per impulsività, aggressività e disregolazione emotiva nel Disturbo borderline di personalità e Schizofrenia: sintesi clinica e case report di un caso refrattario
Autori
Ricevuto il 30 novembre 2024; accettato il 15 dicembre 2024
Riassunto
Introduzione:
La clozapina è un antipsicotico atipico utilizzato per il trattamento della Schizofrenia resistente e per la riduzione del rischio suicidario. Recentemente, il suo impiego è stato esplorato nel contesto del Disturbo borderline di personalità (BPD), particolarmente nei casi caratterizzati da disregolazione emotiva e comportamenti impulsivi. Questa review non sistematica si propone di analizzare le evidenze disponibili sull'uso della clozapina nella schizofrenia, nel BPD e nella loro comorbidità, con particolare attenzione alle sovrapposizioni cliniche e neurobiologiche.
Materiali e Metodi:
È stata condotta una ricerca bibliografica non sistematica su database quali PubMed, Scopus e Google Scholar, utilizzando termini chiave quali "clozapina", "schizofrenia resistente", "disturbo borderline di personalità", "disregolazione emotiva", "impulsività" e "comorbidità". Sono stati inclusi 35 studi, di cui 12 focalizzati sulla schizofrenia resistente, 13 sul BPD e 10 sulla comorbidità tra i due disturbi.
Risultati:
Nei pazienti con schizofrenia resistente al trattamento, 12 studi hanno evidenziato una significativa riduzione dell'aggressività e del rischio suicidario, con miglioramenti già entro 4 settimane dall'inizio della terapia. Clozapina ha dimostrato maggiore efficacia rispetto ad altri antipsicotici, come risperidone e olanzapina, nei contesti ad alta aggressività, valutati tramite la Modified Overt Aggression Scale (MOAS). Nel BPD, 13 studi hanno documentato una netta riduzione negli episodi di autolesionismo e un miglioramento nella regolazione emotiva. La Barratt Impulsiveness Scale e la RIPoST-40 sono state utilizzate per misurare il miglioramento nella gestione dell'impulsività. La clozapina ha mostrato particolare efficacia nei pazienti refrattari agli approcci convenzionali, riducendo il rischio di ospedalizzazioni ed ulteriori complicanze. Infine, 10 studi hanno esplorato la comorbidità tra schizofrenia e BPD, evidenziando sovrapposizioni sintomatologiche significative. I pazienti con questa comorbidità spesso presentavano sintomi psicotici transitori e intensi episodi di disregolazione emotiva.
Discussione:
I risultati sottolineano come la clozapina, grazie al suo peculiare profilo recettoriale (antagonismo D2 moderato, modulazione 5-HT2A/5-HT1A, α1 e H1), sia in grado di affrontare la complessità della schizofrenia resistente e del BPD. Le sue proprietà farmacodinamiche sembrano particolarmente efficaci nel migliorare l’impulsività e la disregolazione emotiva, rendendola un’opzione terapeutica promettente per pazienti gravi e refrattari nelle due condizioni, o in pazienti con comorbidità. Tuttavia, gli studi inclusi presentano limitazioni, tra cui campioni limitati e disegni non sempre comparativi.
Conclusioni:
La clozapina rappresenta un trattamento di riferimento per la schizofrenia resistente e mostra crescenti evidenze di efficacia nel BPD, specialmente nei casi più gravi e refrattari. La gestione dei casi complicati da medesime caratteristiche psicopatologicoche, o in comorbidità tra schizofrenia e BPD, rimane una sfida clinica significativa, ma l'uso della clozapina offre una prospettiva terapeutica che merita ulteriori approfondimenti attraverso studi prospettici e randomizzati su campioni più ampi.
Summary
Introduction:
Clozapine is an atypical antipsychotic widely used in the treatment of treatment-resistant schizophrenia (TRS) and for reducing suicide risk. Recently, its use has been explored in the context of Borderline Personality Disorder (BPD), particularly in cases characterized by emotional dysregulation and impulsive behaviors. This narrative review aims to analyze the available evidence regarding the use of clozapine in schizophrenia, BPD, and their comorbidity, with particular attention to clinical and neurobiological overlaps.
Materials and Methods:
A non-systematic bibliographic search was conducted using databases such as PubMed, Scopus, and Google Scholar. Keywords included "clozapine," "treatment-resistant schizophrenia," "borderline personality disorder," "emotional dysregulation," "impulsivity," and "comorbidity." A total of 35 studies were included, of which 12 focused on treatment-resistant schizophrenia, 13 on BPD, and 10 on the comorbidity between the two disorders.
Results:
In patients with treatment-resistant schizophrenia, 12 studies reported significant reductions in aggression and suicide risk, with improvements observed as early as four weeks after initiating clozapine therapy. Clozapine demonstrated superior efficacy compared to other antipsychotics, such as risperidone and olanzapine, in high-aggression contexts, as measured by the Modified Overt Aggression Scale (MOAS).
For BPD, 13 studies documented a marked reduction in self-harm episodes and improved emotional regulation. The Barratt Impulsiveness Scale and RIPoST-40 were used to evaluate the improvement in impulsivity management. Clozapine showed particular efficacy in patients refractory to conventional approaches, reducing hospitalization rates and associated complications.
Finally, 10 studies explored the comorbidity between schizophrenia and BPD, highlighting significant symptomatic overlaps. Patients with this comorbidity frequently exhibited transient psychotic symptoms and intense episodes of emotional dysregulation. Clozapine contributed to a reduction in hospitalizations and improved overall functioning in this challenging subgroup.
Discussion:
The findings emphasize that clozapine, due to its unique receptor profile (moderate D2 antagonism, 5-HT2A/5-HT1A modulation, α1, and H1 binding), effectively addresses the complexity of treatment-resistant schizophrenia and BPD. Its pharmacodynamic properties appear particularly suited for managing impulsivity and emotional dysregulation, making it a promising therapeutic option for severe, refractory cases of either disorder or their comorbidity.
However, the included studies present limitations, such as small sample sizes and non-comparative study designs. Moreover, metabolic side effects associated with clozapine warrant careful monitoring, particularly in long-term use.
Conclusions:
Clozapine remains the gold standard treatment for treatment-resistant schizophrenia and shows growing evidence of efficacy in BPD, particularly in severe and refractory cases. Managing complex psychopathological features in either disorder, or in cases of comorbidity, remains a significant clinical challenge. However, clozapine provides a therapeutic perspective that deserves further investigation through prospective, randomized studies with larger sample sizes.
Introduzione
Negli ultimi anni il crescente interesse per il neurosviluppo ed i disturbi ad esso associato, ha reso possibile importanti approfondimenti anche sulle aree di sovrapposizione tra il Disturbo Borderline di Personalità (BPD) e la Schizofrenia, sia sul versante clinico che neurobiologico (Mishra S et al., 2023); questo, nonostante lo studio delle comorbidità nella Schizofrenia si sia concentrato maggiormente sui disturbi di cluster A (Disturbo Paranoide, Schizotipico e Schizoide), la cui inclusione all’interno dello “spettro schizofrenico” è stato oggetto di dibattito fin dalla psichiatria dei primi del Novecento.
Il BPD e la Schizofrenia condividono infatti vulnerabilità comuni legate alle alterazioni della plasticità cerebrale ed a fattori epigenetici, influenzando il pruning sinaptico, o sule disregolazioni del sistema dopaminergico e serotoninergico a livello frontale e limbico (Zandersen et al. 2020). Attualmente quindi, sempre più studi real-world stanno esplorando tale area di sovrapposizione clinica, evidenziando ad esempio come le caratteristiche psicotiche, pur persistenti, possano coesistere con le disfunzioni emotive e relazionali tipiche del BPD: sintomi come derealizzazione, depersonalizzazione, allucinazioni uditive e paranoia sono infatti frequenti nel BPD, e spesso indistinguibili da quelli della schizofrenia, almeno in assenza di una valutazione longitudinale approfondita (Paris et Al., 2019).
Tali considerazioni cliniche e neurobiologiche rafforzano l’ipotesi di una continuità tra i due disturbi, suggerendo che interventi terapeutici che agiscano sui circuiti condivisi potrebbero essere efficaci in entrambe le condizioni, specialmente quando complicati da resistenza al trattamento, impulsività, rischio suicidario, auto/eteroaggressività e disregolazione emotiva (Han et al., 2023)(Hancock et al., 2017).
Clozapina, tradizionalmente utilizzata per il trattamento della Schizofrenia resistente al trattamento (TRS) ed il rischio di suicidio, rappresenta attualmente uno dei principali focus della ricerca clinica nel trattamento di BPD gravi e refrattari a trattamenti standard (Meltzer HY et al. 2003); quest’ultimo, risulta tutt’ora associato a complicanze gravi come l’autolesionismo non suicidario (NSSI), con tassi di suicidio annuali fino al 10%, 50 volte superiori rispetto alla popolazione generale (Pompili et al., 2005).
Tuttavia, la letteratura specifica sull'uso della clozapina in pazienti con diagnosi concomitante di schizofrenia e BPD è limitata. La maggior parte degli studi si concentra sull'efficacia della clozapina in ciascuno dei due disturbi separatamente (Han et al., 2023). Pertanto, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno i benefici e i rischi dell'uso della clozapina in pazienti con comorbidità di schizofrenia e BPD (Fig. 1).
I risultati ed obiettivi di questa review si concentreranno sull’esplorazione di:
- Caratteristiche farmacologiche di Clozapina che la rendono l’antipsicotico più atipico tra gli atipici
- Il ruolo di Clozapina nella TRS e del BPD, con particolare attenzione ai pazienti caratterizzati da impulsività, auto/eteroaggressività, rischio suicidario, disregolazione emotiva
- Overlap clinico-neurobiologico dei due disturbi, con focus prognostico-terapeutico nelle comorbidità
Metodologia
Per la realizzazione della presente review, è stata condotta una ricerca bibliografica approfondita su database scientifici riconosciuti, tra cui PubMed, Scopus, PsycINFO e Google Scholar. La ricerca si è focalizzata su articoli pubblicati in lingua inglese e italiana riguardanti clozapina nella TRS e nel BPD, e le loro comorbidità, usando i termini: "clozapine", "schizophrenia", "borderline personality disorder", "comorbidity", "impulsivity", "suicide prevention", "emotional dysregulation", "auto/etero-aggressiveness", combinati con operatori booleani per ottimizzare i risultati.
Sono stati inclusi articoli originali, revisioni narrative e sistematiche, studi osservazionali e case series pubblicati fino al 2024, con particolare attenzione agli studi incentrati sulle sovrapposizioni cliniche-neurobiologiche tra Schizofrenia e BPD, oltre che sull'efficacia della clozapina nella disregolazione emotiva, impulsività, auto/eteroaggressività e rischio suicidario. La selezione degli articoli è stata effettuata manualmente sulla base della pertinenza ai temi oggetto della review.
I dati rilevanti sono stati estratti e analizzati qualitativamente, fornendo un quadro sintetico delle evidenze disponibili per approfondire il potenziale ruolo della clozapina in queste popolazioni complesse di pazienti.
Risultati
Nella revisione sono stati analizzati complessivamente 35 studi, suddivisi come segue; 12 studi hanno valutato l’utilizzo della clozapina nella schizofrenia, concentrandosi su sintomi psicotici resistenti, riduzione del rischio suicidario e controllo dell’impulsività; 13 studi hanno esplorato l’efficacia della clozapina nel Disturbo Borderline di Personalità (BPD), in particolare per la gestione della disregolazione emotiva, dell’aggressività e dei comportamenti autolesionistici; 10 studi si sono focalizzati sulla comorbidità tra schizofrenia e BPD, valutando le caratteristiche cliniche sovrapposte e l’impatto terapeutico della clozapina.
1. Clozapina, profilo farmacodinamico unico e multi-target
Clozapina è un antipsicotico atipico approvato in Italia per la Schizofrenia resistente al trattamento e psicosi in corso di Parkinson, dimostrando rispetto ad altri antipsicotici indiscussa efficacia nel ridurre mortalità e rischio suicidario in pazienti affetti da Schizofrenia (Meltzer et al. 2003, Hennen and Baldessarini 2005, Zalsman et al. 2016, Chan et al. 2021).
Nonostante sia associata a significativi effetti collaterali come miocardite e agranulocitosi, che richiedono un attento monitoraggio e ne limitano in alcuni casi l’applicabilità (Miller 2000, Safferman et al. 1991), rappresenta attualmente l’unico farmaco con approvazione specifica nel ridurre il rischio suicidario grazie all’azione anti-impulsiva che esercita (U.S. Food and Drug Administration 2021).
Clozapina è una dibenzodiazepina triciclica, e grazie al suo unico profilo farmacodinamico, nonostante una scarsa attività antagonista per i recettori D2 (in media <60% di occupazione, con rapida dissociazione) e maggior affinità per i D4, presenta un’importante attività serotonergica 5-HT1A/5-HT2A-C, associata ad alta affinità di legame per α1 ed H1 (Ki 1.62-1.13 nM), protagonisti principali dell’efficacia in aggressività ed impulsività (Wenthur et al., 2013).
In ultimo, studi preclinici di augmentation tra antipsicotici atipici e glicina/D-cicloserina, suggeriscono che la maggiore efficacia della clozapina nei quadri resistenti a trattamento, sia in parte riconducibile a un meccanismo di modulazione dei recettori NMDA (De bartolomeis et al., 2004) (Fig. 2).
2. Clozapina nella schizofrenia resistente complicata da impulsività ed auto/eteroaggressività e rischio di suicidio
Clozapina rappresenta un punto di riferimento in quadri resistenti nel trattamento di dimensioni di aggressività ed impulsività, sia nei disturbi afferenti allo spettro schizofrenico che disturbi affettivi. Quattro studi randomizzati controllati hanno evidenziato che la clozapina è più efficace di antipsicotici come aloperidolo, risperidone e olanzapina nel ridurre l'aggressività, come misurato da scale specifiche (es. Modified Overt Aggression Scale, OAS).
In uno studio retrospettivo venivano confrontati trattamenti con clozapina ed olanzapina in pazienti ad alto rischio di suicidio, riportando una significativa riduzione dei tentativi di suicidio e una minore necessità di ospedalizzazioni o interventi di emergenza nei pazienti trattati con clozapina (Modestin et al., 2005); quest’ultimo replicava e conferma risultati emersi da un RCT precedente InterSePT Trial (Meltzer et al., 2003) in cui Clozapina era associata ad una riduzione del rischio suicidario del 26% rispetto all'olanzapina (HR = 0.76, p < 0.05) durante l’intero periodo di due anni.
Una metanalisi condotta da Hennen e Baldessarini ha mostrato una riduzione circa 3 volte maggiore di condotte suicidarie rispetto ad altri antipsicotici (Hessarini, 2005), replicando risultati di studi precedenti (Spivak et al.,1998) (Meltzer & Okayli et al.,1995), in cui la riduzione dei tentativi di suicidio e una diminuzione del rischio suicidario era 12 volte superiore nei pazienti trattati con clozapina, rispetto a quelli che assumevano antipsicotici di prima generazione.
La dimensione dell'aggressività, verbale e fisica, è stata analizzata in RCT, studi di coorte condotti in contesti forensi e studi retrospettivi.
Clozapina ha mostrato superiorità in RCT rispetto a risperidone ed aloperidolo in pazienti schizofrenici con elevata aggressività valutati tramite la Modified Overt Aggression Scale (MOAS), riportando rispettivamente una riduzione del 45%, del 29% e del 25% a sei mesi (p < 0.01) (Volavka et al.,2004).
In un contesto ospedaliero forense, in 40 pazienti trattati con clozapina, caratterizzati da episodi di aggressività severa contro il personale sanitario ed altri pazienti, si è osservato una riduzione del tasso di violenza fisica e verbale del 63% e 53% rispettivamente, con il 78% del campione che ha mantenuto un’adesione alla terapia; parallelamente, uno studio retrospettivo su pazienti resistenti al trattamento ha riportato una riduzione del 70% nei punteggi di aggressività dopo 12 mesi di trattamento con clozapina, con miglioramenti documentati entro 4 settimane dall'inizio del trattamento (Swinton & Haddock et al., 2000) (Ratey et al. 1993) (Frankle et al.2001).
3. Clozapina nel disturbo borderline di personalità complicato e resistente
Clozapina ha dimostrato un significativo effetto sull’impulsività, suicidalità e disregolazione emotiva in pazienti con BPD, evidenziato in diversi studi, come revisioni narrative, sistematiche ed altri studi comparativi (Beri e Boydell et al. 2014; Hancock-Johnson et al. 2017). In una meta-analisi (APA Practice Guidelines, 2023) clozapina ha mostrato un impatto positivo nel controllo dell’impulsività e delle esplosioni aggressive, specialmente nei pazienti con BPD in cui i trattamenti convenzionali (es. SSRI, antipsicotici atipici) avevano fallito; venendo identificata come un’opzione di trattamento per pazienti con autolesionismo grave e impulsività, spesso in associazione con psicoterapia dialettico-comportamentale (DBT) (Barnow et al., 2010).
Una recente revisione sistematica (Han et al. 2023) ha identificato 24 studi, per un totale di 177 partecipanti (63% donne, età media 30-45 anni), che miravano a valutare l’uso della clozapina nei pazienti con Disturbo Borderline di Personalità (BPD). Tra gli studi inclusi (1 RCT; 7 studi di coorte;2 studi osservazionali; 2 case series; 12 case report) complessivamente, 18 studi (75%) hanno riportato risultati favorevoli all’uso della clozapina, evidenziando in particolare una riduzione dell’impulsività, della disregolazione emotiva e del rischio suicidario. Gli altri studi hanno sottolineato limitazioni legate alla dimensione del campione e alla qualità metodologica, ma hanno comunque suggerito trend promettenti per l’efficacia della clozapina nei casi gravi di BPD. In ultimo veniva evidenziato anche un buon profilo di tollerabilità, sebbene in alcuni casi siano stati riportati effetti collaterali come sedazione ed effetti metabolici. Clozapina è risultata efficace inoltre nella gestione della disregolazione emotiva associata a condotte autolesionistiche in pazienti con BPD grave e resistente (Frogley et al., 2013), con un miglioramento significativo del profilo sintomatologico nel primo anno di trattamento nell’81% del campione, associato ad una riduzione inoltre del 64% degli episodi critici di malattia (Tab. 1). Anche studi prospettici hanno confermato tali risultati nella gestione di NSSH (Non suicidal self harming): uno studio ha riportato una riduzione del 72% degli episodi di autolesionismo nei primi 12 mesi di trattamento (Kemp et al., 2016), e miglioramenti alla Barratt Impulsiveness scale del 54% con una riduzione significativa delle aggressioni verbali e fisiche autoriportate e documentate (Modestin et al., 2012). Come per la schizofrenia resistente a trattamento in una review sistematica che ha analizzato studi per complessivamente 152 pazienti, si è osservato un rischio ridotto del 63% con significativo miglioramento anche nella gestione dello stress (p3. Clozapina nel disturbo borderline di personalità complicato e resistente0.01) (Lieslehto et al., 2023).
4. Schizofrenia e Disturbo borderline di personalità, sul bordo della psicosi
Nonostante gli attuali sistemi nosografici rendano complessa la co-diagnosi tra un disturbo psicotico maggiore ed il BPD, sempre più evidenze in letteratura fanno luce su un’area significativa di sovrapposizione clinica e neurobiologica tra schizofrenia e BPD, che si manifesta attraverso sintomi comuni e caratteristiche condivise, complicando la diagnosi e il trattamento. Un importante studio condotto su 111 pazienti investigava longitudinalmente il decorso di allucinazioni, paranoia e traumi in epoca infantile in pazienti affetti da Schizofrenia e BPD. Il 18% del campione riportava una diagnosi di comorbidità, ma sintomi psicotici nel BPD come dispercezioni uditive, deliri o sintomi paranoici sono presenti fino al 54% di pazienti (12, 13, 15) con tendenza a mostrarsi più transitori e contestuali ad eventi stressogeni rispetto ai disturbi dello spettro schizofrenico, confermato anche da studi longitudinali (Bahorik et al., 2010).
La comorbidità formale tra schizofrenia e BPD è relativamente rara, ma i pazienti con caratteristiche di entrambi i disturbi rappresentano un sottogruppo ad alto rischio clinico. Studi prospettici e retrospettivi hanno rilevato che circa il 17% di pazienti con schizofrenia ad alto rischio suicidario possa presentare tratti borderline significativi (Dauphin et al., 2017), e che fino al 25% dei pazienti ad alto rischio di psicosi possano soddisfare criteri per disturbi di personalità del cluster B, inclusi il BPD (Clinical-High-Risk Study, 2020).
Discussione e conclusioni
La Schizofrenia e BPD, considerate dalla nosografia attuale entità cliniche distinte, condividono aspetti clinici e neurobiologici che pongono il clinico di fronte a sfide significative sia per la diagnosi che per il trattamento. La possibilità di diagnosticare simultaneamente il Disturbo Borderline di Personalità (BPD) e la Schizofrenia nel DSM-5 è oggetto di controversie, e sebbene non escluda formalmente questa doppia diagnosi, esistono una serie di limitazioni intrinseche come l’esclusione basata sulla temporalità dei sintomi, oppure, la dicotomica distinzione tra disturbi psicotici e disturbi di personalità proposta (Slotema CW et al., 2018). Non infrequentemente, tuttavia, si riscontrano nel real-world sottogruppi di pazienti particolarmente complessi, in cui i due disturbi condividono medesime complicazioni psicopatologiche con sintomi gravi di impulsività, disregolazione emotiva e sintomi psicotici che spesso esitano in auto/eteroaggressività o incrementato rischio di suicidio (Kingdom DG et al., 2010). Deliri paranoici si verificano in circa un terzo dei pazienti con BPD così come le allucinazioni uditive sono comuni in entrambi i gruppi, sia nei pazienti con schizofrenia che in quelli con BPD (Dauphin et al., 2017). Gli autori sottolineano come il criterio di temporalità o insight non siano sufficienti per discriminare la natura di tali sintomi, data la prevalenza di studi trasversali, o la persistenza di sintomi psicotici che caratterizza quadri di BPD (Pope et al., 1985). La disregolazione emotiva, complicata da impulsività, considerata una caratteristica centrale del BPD, può essere presente anche in pazienti con schizofrenia, specialmente nei casi con sintomi negativi e disfunzioni interpersonali (Bahorik AL et al., 2010). Tali valutazioni rafforzano l'importanza di strutturare studi prospettici per confermare l'efficacia e ottimizzare le linee guida terapeutiche per tali popolazioni di pazienti complessi, caratterizzati da aumentati rischi di suicidio e del tasso di ospedalizzazioni.
Nonostante il trattamento farmacologico per il BPD sia oggetto di studio dal 1981, non esistono ancora farmaci specificatamente approvati, con evidenze fornite dai clinical trials che risultano ancora per larga parte inconsistenti. Tuttavia, nel contesto di un approccio farmacologico che contribuisca a ridurre sintomi come l’instabilità affettiva, l’impulsività o sintomi simil-psicotici, facilitando l'adesione al trattamento e diminuendo i rischi immediati di suicidio ed autolesionismo, gli antipsicotici rappresentano una delle principali classi di farmaci indagate (Abraham e Calabrese, 2008). Nel real-world, infatti, l'uso di antipsicotici per il BPD è tuttora comune, con evidenze crescenti in letteratura che supportano l’efficacia della clozapina in pazienti con BPD grave e refrattario, confermandone il potenziale terapeutico per sintomi complessi e ad alto rischio (Han et al., 2023; Hancock-Johnson et al., 2017).
Dal punto di vista neurobiologico, la risposta clinica alla clozapina può essere attribuita al suo unico profilo farmacodinamico, che include un’azione anti-impulsiva mediata dalla modulazione serotoninergica (5-HT1A/5-HT2A) e un miglioramento della connettività cortico-limbica, con effetti su ansia, irritabilità e disregolazione emotiva (Fig.3). È significativo notare che i dosaggi medi utilizzati nei campioni di pazienti con BPD sono stati inferiori rispetto a quelli tipicamente impiegati nella schizofrenia, a sostegno di un approccio individualizzato e ben tollerato (Meltzer et al., 2003; Zalsman et al., 2016).
Sarebbe fondamentale condurre studi randomizzati e controllati che potrebbero chiarire ulteriormente il profilo di sicurezza, considerando i rischi metabolici, come l'aumento di peso e l'intolleranza al glucosio. Inoltre, tali studi permetterebbero di definire meglio il sottogruppo di pazienti con potenziale maggior beneficio dalla clozapina, favorendo un approccio più personalizzato.
In conclusione, sebbene Clozapina sembri promettente come trattamento per i casi più gravi di Disturbo borderline di personalità con caratteristiche condivise anche da gravi disturbi dello spettro schizofrenico, maggiori evidenze circa le aree di sovrapposizione clinica sono necessarie per standardizzare un suo utilizzo; dovrebbe essere attualmente riservato a contesti clinici attentamente monitorati, con un'attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio per ciascun paziente.
Caso clinico real world, Virginia, 25 aa
La paziente è una giovane donna di 25 anni, seguita inizialmente durante l'infanzia per disturbo d'ansia generalizzato, manifestatosi prevalentemente con ansia situazionale e sintomi somatici. Anamnesi familiare positiva per Schizofrenia (nonno paterno, trattato efficacemente con Clozapina) ed un Parkinson ad esordio giovanile in linea materna (madre).
In adolescenza la situazione si è evoluta con umore flesso, ansia, abbandono scolastico, e sporadicamente self-cutting. Veniva iniziata terapia con Citalopram con solo parziale beneficio e graduale impoverimento del funzionamento relazionale e personale.
Nell’arco di circa tre mesi, si assisteva ad un peggioramento significativo con floridi sintomi produttivi con idee persecutorie, dispercezioni uditive ed esperienze di influenzamento somatico. Contestualmente, emergevano angoscia, impulsività, crisi di rabbia nei confronti di sé stessa e familiari, e frequenti vissuti di taedium vitae. Tale fenomenica portava alla diagnosi di Schizofrenia, svariati ricoveri, ed all’impostazione di terapia psicofarmacologica specifica, inizialmente con Olanzapina gradualmente titolata fino a 20 mg/die, ben tollerata, poi sostituita da Risperidone 6 mg/die per scarsa efficacia.
Grazie a tale terapia psicofarmacologica specifica venne raggiunto un parziale compenso sui sintomi produttivi, in completa assenza tuttavia di una stabilità clinica sulla sintomatologia di disregolazione emotiva, disforia ed agiti impulsivi. Nonostante strategie di augmentation con stabilizzatori dell’umore (litio carbonato/valproato di sodio), gli episodi di eteroaggressività, e discontrollo rimanevano presenti, vissuti dalla paziente con intensa angoscia e complicati da ideazione suicidaria; si rendeva necessario un ulteriore step terapeutico.
Intervento Terapeutico
Alla luce della refrattarietà ai trattamenti farmacologici precedenti, ed alla persistenza della sintomatologia di disregolazione emotiva ed impulsività, si è deciso di avviare una terapia con clozapina. Il dosaggio è stato aumentato gradualmente fino a raggiungere una dose stabile di 150 mg/die nell’arco di tre mesi, con monitoraggio regolare ematochimico e cardiologico.
Durante il trattamento, i miglioramenti sono stati valutati attraverso scale psicometriche ad una settimana, un mese(T0) e tre mesi(T3). Di seguito i miglioramenti a tre mesi in rapporto al dosaggio di Clozapina (Fig.3):
- RIPoST-40: riduzione del 40% (T0=160; T3=96), indicativa di un miglioramento nella regolazione emotiva.
- MOAS: riduzione del 58% (T0=11; T3=4,2), evidenziando una riduzione significativa degli episodi di aggressività.
- Columbia-Suicide Severity Rating Scale (C-SSRS): riduzione del 70% (T0=26,2; T3=7,9)
Un risultato particolarmente significativo è stata la completa assenza di ospedalizzazioni nei sei mesi successivi all’inizio della clozapina, a testimonianza di un miglioramento complessivo del funzionamento globale e del controllo sintomatologico.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali, l’unico riportato è stato un lieve incremento ponderale, gestito dalla paziente con una dieta e un programma di attività fisica leggera, dimostrando un atteggiamento proattivo nella gestione del proprio benessere.
Discussione del Caso
Con l’introduzione di clozapina la paziente ha ottenuto un controllo significativo sui sintomi psicotici e, registrando un miglioramento importante nella gestione dell’impulsività, dei comportamenti aggressivi e dei vissuti di angoscia, che in passato culminavano frequentemente in ideazione suicidaria.
La riduzione della frequenza e della gravità degli episodi di disregolazione emotiva, unita all’assenza di ospedalizzazioni nei sei mesi successivi all’avvio della terapia, conferma l’efficacia del trattamento nel garantire una maggiore stabilità clinica e una migliore qualità di vita.
Gli effetti collaterali sono stati limitati, con un lieve incremento ponderale gestito in maniera efficace grazie a interventi sullo stile di vita. Questo aspetto evidenzia un buon profilo di tollerabilità della clozapina, anche in un contesto di comorbilità borderline.
Questo caso mette in luce le sfide del trattamento nei pazienti con quadri di comorbilità e la necessità di un approccio multidisciplinare e personalizzato per garantire un miglioramento stabile e duraturo del funzionamento globale.
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