Volume 29 - 8 Ottobre 2024

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Un modello di sostegno al percorso di ingresso nelle strutture residenziali

Autori


Obiettivi

Miglioramento utilizzo posto letto nelle strutture residenziali estensive e riabilitative psichiatriche

Metodo

Attivazione del GPMF nei reparti di ricovero breve

Risultati / Conclusioni

Nella Regione Lazio il ridotto numero di posti letto in SPDC alimenta il cortocircuito tra necessità di brevità dei ricoveri ospedalieri nelle acuzie psichiatriche (degenza media inferiore ai 10 giorni) e il mancato interesse ad approfondire la dinamica degli episodi critici. Il trasferimento dei pazienti in strutture con maggiore disponibilità di tempo di ricovero, gli STPIT e le SRTRI delle strutture psichiatriche private convenzionate nei quali i ricoveri sono autorizzati fino a tre-quattro mesi di degenza, recupera solo in parte la pratica clinica orientata ad ottenere prevalentemente il compenso sintomatologico. La SRP Samadi di Roma ha voluto affrontare la trasformazione degli obiettivi di questi ricoveri brevi, in cui si entra “mandati” per necessità, la logica del trasferimento del paziente “oggetto passivo”, verso la acquisizione della competenza di “soggetto attivo” del progetto della sua cura. Per il raggiungimento di questo obiettivo è stato anche attivato nel settembre 2021 un GPMF settimanale (che si affiancava a quello già esistente da alcuni anni, attivato per i pazienti comunitari) rivolto a questi ospiti della struttura: curanti, pazienti e familiari si ritrovano nel dare valore alla crisi psicopatologica, a coglierne i nessi con la storia e con l’ambiente familiare e a favorire l’espressione del coinvolgimento personale. Il GPMF era stato pensato da Garcia Badaracco in un Ospedale Psichiatrico sull’osservazione dello svilupparsi della relazione terapeutica negativa e sui fallimenti delle dimissioni a casa di pazienti compensati. La lettura delle dinamiche della crisi psicotica porta all’interno dei rapporti in famiglia, dove si riconoscono le crisi dei legami simbiotici patologici e patogeni che possono sopravvivere immutati nonostante la separazione degli ambiti di vita. Il risalire alle radici personali, familiari e transgenerazionali della crisi favorisce il riconoscimento dei bisogni di cura e l’identificazione del migliore contesto per favorirle. Se da un lato la gran parte dei ricoveri si concludono con il ritorno a casa del paziente e l’avvio o la ripresa delle cure presso il CSM, dall’altra si affronta la necessaria condivisione della prosecuzione delle cure in ambito residenziale. Il particolare setting del GPMF apre una prospettiva di ricerca non più centrata sulla cura del "malato", ma rimandando l'attenzione a vissuti di sofferenza o traumi che hanno riguardato la coppia genitoriale e le loro famiglie di origine. Questa prospettiva è in linea con quanto è ormai consolidato dalla ricerca neurobiologica: la mente si sviluppa in relazione sin dai primi giorni di vita e le basi dell'identità individuale trovano ragion d'essere solo se ricondotte al contesto nel quale si è sviluppata. Può rendersi necessaria, alcune volte, per il portatore del disagio sintomatologico la prosecuzione delle cure fuori dall’ambito familiare. In questo modo paziente e famiglia possono lavorare sui passaggi del percorso “recovery”: riconoscimento della condizione di crisi, accettazione della necessità delle cure residenziali per il tempo necessario alla ricostruzione del progetto di vita esistenziale di tutti i membri famigliari coinvolti nella cura del GPFM. Il GPMF si è rilevato lo strumento di lavoro più idoneo ad attivare il superamento di queste aree problematiche: vignette di materiale clinico illustrano il modello.