Gli appartamenti di Residenzialità Leggera tra abitare condiviso e progetto individualizzato
Autori
Come si promuove l’autonomia all’interno di contesti – come la Residenzialità Leggera – che si costituiscono proprio sull’assenza di autonomia da parte delle persone che accolgono?
Il contributo, a partire dall’esperienza nella gestione di dieci appartamenti di autonomia per persone con esperienza di disagio mentale, intende proporre alcuni spunti con l’intento di problematizzare il percorso fatto, evidenziando alcuni apprendimenti.
Si fa riferimento agli appartamenti gestiti dalla cooperativa sociale Lotta contro l’Emarginazione, in stretta collaborazione con le Aziende Ospedaliere territoriali - ASST Grande Ospedale Metropolitano di Niguarda; ASST del Nord Milano e ASST Sette Laghi.
Alcuni spunti:
La residenzialità leggera un po’ casa e un po’ abitare comunitario
Gli appartamenti hanno una dimensione familiare, massimo 5 posti, ma sono anche “unità di offerta gestite da operatori” e come tali vi è il rischio che gli aspetti organizzativi e gestionali diventino abitudine e prendano il sopravvento rispetto alla specificità, creatività e personalizzazione dell’intervento. Una possibile risorsa dell’abitare comunitario sono le assemblee con le persone accolte.
“Noi e Loro”. La presenza degli educatori come possibile elemento di criticità
Come realizzare il passaggio da una presa in carico da parte dei servizi (di salute mentale, sociali, educativi) a una “presa in carico”, da parte della persona accolta, della propria situazione esistenziale e del proprio progetto di vita? L’appartamento ha senso se è un luogo intenzionalmente scelto dalla persona; un contesto in cui possano emergere bisogni, pensieri, emozioni, malesseri ma soprattutto desideri, progetti, intenzioni.
I ruoli dell’operatore
L’operatore svolge prioritariamente il ruolo di “mediatore dei diritti di cittadinanza”.
Al fianco della persona nell’”educare nella quotidianità della vita” e nel prendersi cura dei vari contesti sociali, nell’attivazione e sensibilizzazione della comunità.
Creare le condizioni perché le persone accolte possano fare un’esperienza “formativa” – emotiva, cognitiva, pratica – che consenta di ritornare alla propria vita più equipaggiate e con una maggior consapevolezza per comprendere come poter vivere, chi poter essere e imparando a convivere con la propria esperienza di malattia.
Portare se stessi nella relazione, disponibilità di mettersi in gioco in prima persona, a rischiare a farsi cambiare dalla relazione e arrivare a sperimentare gradualmente e a proporre l’assenza e quindi l’inutilità della presenza educativa.
I possibili compagni di viaggio
Gli esperti in supporto tra pari (ESP)
I facilitatori naturali
Dopo la residenzialità Leggera
L’associazione degli utenti
La radio
La redazione del Magazine