EDITORIALE - Oltre il posto letto: Riabilitare la residenzialità
Autori
Dal 23 al 25 novembre 2023 si è tenuto a Bologna il XV Congresso della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (nota 1), del quale questo numero della Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici raccoglie gli Atti.
La scelta della Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici di pubblicare gli atti del Congresso SIEP corrisponde ad una delle finalità della rivista stessa che è quella di garantire un’azione di diffusione e di condivisione di riflessioni e contributi che hanno particolare rilevanza per i Servizi pubblici di salute mentale in questo particolare momento storico, e che contestualmente fanno riferimento ad una epistemologia della complessità e al paradigma della salute mentale di comunità.
Il senso di raccogliere questi contributi è anche quello di attivare un pensiero critico rispetto alla residenzialità, considerando anche come essa si sia andata definendo negli ultimi 15 -20 anni, non solo in termini di spesa ma soprattutto in termini di pratiche, per cui sotto la stessa definizione possono essere comprese esperienze innovative ma anche situazioni cristallizzate che ripropongono dinamiche neo-istituzionalizzanti.
Tema del Congresso è stato la Residenzialità in salute mentale, argomento indubbiamente centrale se si considera che dati forniti dal Ministero della Salute segnalano che le strutture residenziali, pur essendo utilizzate da una percentuale molto bassa (3,4%) degli utenti in cura presso i Dipartimenti di Salute Mentale, utilizzano più del 40% della spesa totale dei DSM, mentre la spesa complessiva per le strutture residenziali sommata alla spesa per la semi-residenzialità, approssima il 50% della spesa totale per la salute mentale in Italia.
Di fatto le strutture residenziali costituiscono indubbiamente una risorsa se orientate all’inclusione nella comunità e alla recovery degli utenti con disturbi mentali gravi (dati epidemiologici evidenziano che la metà degli ospiti delle strutture residenziali sono affetti da disturbi dello spettro schizofrenico), ma anche una possibile criticità, se vengono a mancare i criteri di appropriatezza e se si innescano meccanismi di dipendenza ed esclusione con il rischio di attivare percorsi di neo-istituzionalizzazione e trans-istituzionalizzazione.
Uno studio recente (Martinelli, Killaspy et al. 2022) condotto su 48 strutture residenziali situate in diverse regioni italiane (progetto DIAPASON - DAily time use, Physical Activity, quality of care and interpersonal relationships in patients with Schizophrenia spectrum disorders), valutate attraverso il QuIRC-SA (Quality Indicator for Rehabilitative Care – Supported Accomodation), ha evidenziato di fatto carenze nelle “prassi orientata alla recovery” ed una durata media dei percorsi residenziali maggiore rispetto alla durata massima indicata dal Ministero della Salute per ciascuna tipologia di struttura.
La durata elevata dei percorsi residenziali e le marcate differenze regionali, evidenti nonostante il tentativo del Ministero della Salute di definire requisiti strutturali e organizzativi delle diverse tipologie di residenze, sono sottolineate anche nell’ultimo Quaderno SIEP (Quaderno SIEP n.11, 2024) “La salute mentale nell’Italia del Regionalismo” (Starace 2024), che analizza i dati del Ministero della Salute.
In questo contesto è essenziale introdurre percorsi innovativi, ponendo attenzione a scelte, desideri e motivazioni della persona che deve avere voce attiva nella costruzione del suo percorso di cura e riabilitazione, e quindi privilegiando soggettività, personalizzazione e diritto di scelta.
Occorre inoltre evitare di considerare l’inserimento in struttura come soluzione abitativa permanente, evitando la strutturazione di dipendenze, favorendo la dinamicità dei percorsi e promuovendo processi di emancipazione e acquisizione di competenze, orientati alla realizzazione di progetti di vita autonoma, attraverso politiche di accesso alla casa e percorsi innovativi di supporto all’abitare.
Tra i percorsi innovativi pensiamo al Budget di Salute, ai progetti IESA (Inserimento eterofamiliare supportato di adulti), al co-housing e all’abitare supportato, ai progetti di accreditamento tra pari per le strutture residenziali, al coinvolgimento degli ESP (esperti per esperienza), alla promozione ed attivazione di reti nella comunità locale finalizzate a promuovere partecipazione, superamento dello stigma, cultura dell’inclusione e benessere di comunità.
Un ulteriore livello di complessità è poi rappresentato dal tema relativo agli autori di reato, poiché di fatto dopo la Legge 81/2014 si è sensibilmente modificata l’attività dei Servizi di Salute Mentale, impegnando nella gestione degli utenti autori di reato oltre alle REMS, anche Residenze di varia tipologia ed SPDC (questi ultimi spesso in modo improprio) ma anche risorse (umane e economiche) in un periodo storico che vede una contrazione marcata delle risorse dedicate alla sanità pubblica in generale e alla salute mentale in particolare. Per gestire questo livello di complessità, unica strada possibile è quella di una fattiva collaborazione interistituzionale e di un approccio centrato sulla comunità (comunità abilitante come risorsa e inclusione) che coinvolga servizi sanitari e sociali.
Infine, nel documento pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2023 (“Residenzialità psichiatrica: analisi e prospettive”), vengono proposte alcune raccomandazioni indubbiamente condivisibili, tra cui:
- il “diritto all’abitare” per persone con problemi di salute mentale;
- la necessità di Politiche di accesso alla casa e supporto all’abitare;
- il riequilibrio della spesa dalle strutture residenziali verso forme di sostegno all’abitare;
- l’adozione del Budget di Salute;
- la necessità di pre-requisiti per la qualità delle cure (ovvero implementare le attività di riabilitazione psicosociale potenziando la capacità di presa in carico delle persone con bisogni complessi da parte dei CSM tramite un’idonea formazione e dotazione di personale);
- la valutazione multidimensionale riguardante l’accesso e l’esito;
- il progetto personalizzato come base del sistema centrato sulle persone;
- la co-produzione e non delega al privato sociale;
- i progetti di innovazione (Housing First, Budget di Salute, Cluster housing, “Ambienti abilitanti di sostegno all’abitare”, Programmi di accoglienza di genere, Case per la recovery, Reti di self-help supportate, Inserimento eterofamiliare supportato di adulti, Accreditamento tra pari – visiting);
- la formazione e riqualificazione del personale.
Essenziale è infine che il governo clinico delle residenze e la responsabilità dei percorsi rimanga in carico al Servizio pubblico ed è fondamentale permettere di valorizzare esperienze divergenti e innovative da cui cogliere elementi positivi da condividere e sostenere.
Questi e altri temi sono stati oggetto del Congresso SIEP 2023, di cui proponiamo qui alcuni contributi.
In questo numero, Giuseppe Cardamone e Angelo Malinconico propongono alcune considerazioni sul tema della residenzialità a partire dai principi che hanno orientato l’origine ed il percorso dell’associazione AIRSaM (Associazione Italiana Residenze/Risorse per la Salute Mentale) che radicandosi nelle realtà locali, ha favorito una forte alleanza tra Servizio pubblico di salute mentale e terzo settore, con la finalità di promuovere politiche democratiche e comunitarie, di promozione della salute mentale. L’AIRSaM è finalizzata a garantire il dialogo ed il confronto tra operatori, utenti, familiari, organizzazioni del volontariato, cooperative sociali, esponenti della politica e della cultura, nel rispetto del pluralismo culturale, attraverso il confronto dialettico dei diversi modelli concettuali. In questo contesto, la contrapposizione tra modelli non preclude la possibile sinergia tra ipotesi psicologiche, aspetti relazionali e sociali, neurobiologici e farmacologici.
Gli autori sottolineano inoltre che le residenze sono strumenti transitori, con una temporalità definita, ed i percorsi debbono essere orientati da principi culturali ed etici, piuttosto che essere ricondotti ad una logica aziendale dove il profitto è l’elemento determinante. La salute mentale è quindi ricondotta alla comunità sociale, alla sua capacità di promuovere fattori di protezione e di limitare i fattori di rischio, favorendo percorsi di inclusione sociale. Gli autori evidenziano la necessità di porre attenzione e impegno (scientifico, culturale e politico) per preservare capacità e diritti, ricostruire spazi vitali nelle residenze, nelle famiglie e nella comunità. Inoltre pongono attenzione a innovazioni possibili quali le pratiche dialogiche, la psicoanalisi multifamiliare, la Comunità Terapeutica democratica e la formazione di esperti nel supporto tra pari, ma pongono anche attenzione ai fattori terapeutici aspecifici e all’atmosfera globale di ogni specifico contesto residenziale.
Roberto Mezzina propone una riflessione sulla necessità di promuovere percorsi di riabilitazione orientati alla recovery, alla partecipazione ed inclusione sociale, sottolineando come i processi di deistituzionalizzazione nel mondo si siano spesso trasformati in trans-istituzionalizzazione, dove le strutture residenziali sono impropriamente diventati luoghi per la vita, mentre il diritto all’abitare, centrale per ogni persona, deve avere risposte diverse. Anche in Italia si è evidenziato negli anni lo sviluppo di strutture residenziali caratterizzate da notevole eterogeneità, spesso con carenti valutazioni di processo e di esito. In questo contesto l’autore sottolinea la necessità di un potenziamento dei Servizi di salute mentale basati sulla comunità e di progetti riabilitativi personalizzati e condivisi con la persona, dove particolare attenzione sia posta alle scelte individuali, ai determinanti sociali di salute, e dove sia favorita la co-progettazione tra enti, istituzioni, servizi (sanitari e sociali) ed i diversi stakeholders. In questo senso, sottolinea l’autore, porre la persona al centro del proprio percorso di cura costituisce di fatto un’istanza etica, ma anche scientifica, basate su evidenze che ne sottolineano appropriatezza ed efficacia in termini di risultati. In questo contesto è prioritaria una riconversione della spesa verso forme di abitare assistito e di sostegno all’abitare, anche attraverso strumenti innovativi come il budget di salute ed un potenziamento, da parte dei DSM, della presa in carico delle persone con bisogni complessi.
Pietro Pellegrini propone una riflessione sullo stato di attuazione della legge 81/2014, sulle criticità e sulle possibili evoluzioni. L’autore sostiene che la riforma deve essere completata con una revisione del Codice Penale e in questo senso sottolinea come vi siano due proposte, una di limitazione della non imputabilità ai soli disturbi psicotici e l’altra che supera il “doppio binario” abolendo la non imputabilità, la pericolosità sociale e le misure di sicurezza. Di fatto come sostiene l’autore, in quest’ultimo caso si segue una linea dove si riconosce a tutte le persone il diritto di essere giudicate e si considera anche la valenza terapeutica dell’assunzione di responsabilità.
Tra le criticità successive alla Legge 81, l’autore osserva come la chiusura degli OPG sia avvenuta sostanzialmente senza risorse aggiuntive determinando sia il rischio di omissioni e abbandono, sia l’utilizzo inappropriato di SPDC e residenze, criticità che non possono trovare soluzione in un aumento dei posti REMS senza potenziare il territorio. Tra i punti di forza, si rileva come nella Legge 81, l’OPG sia stato sostituito dalla necessità di favorire percorsi di cura, inclusione nella comunità e partecipazione sociale.
In questo contesto l’autore sottolinea la necessità di superare la posizione di garanzia dello psichiatra in favore del “privilegio terapeutico”, poiché lo psichiatra non può in termini tecnico-scientifici prevedere, prevenire e controllare i comportamenti delle persone, in quanto molteplici sono i determinanti del comportamento umano, sotteso dalla reciproca interazione di fattori biologici, psicologici, sociali, culturali e ambientali.
Inoltre l’autore sottolinea l’importanza di una costante e dialogica collaborazione tra istituzioni giudiziarie e servizi di salute mentale, utile anche per affrontare nuove emergenze quali Codice Rosso, femminicidi, conflittualità di genere, baby gang. Essenziale è quindi mantenere aperto il dialogo tra servizi di salute mentale, operatori della giustizia, utenti, familiari, garanti, società civile, contesto sociale.
Pietro Pellegrini propone inoltre una breve sintesi ragionata dei temi affrontati in un simposio parallelo dal titolo: “Risorse di comunità ed empowerment degli utenti”. Nell’ambito del simposio sono state proposte relazioni relative alle seguenti tematiche: progetto IESA (inserimento eterofamiliare supportato di adulti); gruppi appartamento dedicati ai giovanissimi; percorsi di housing supportato per l’autismo; una struttura residenziale di riabilitazione psichiatrica “in relazione” con la comunità; attività di una REMS che si centra sullo shared decision making.
Pietro Pellegrini individua quindi alcune possibili linee evolutive della residenzialità in salute mentale, quali:
- sviluppare competenze specifiche (PDTA) per il trattamento di adolescenti e giovani adulti, autismo, autori di reato, DCA, esordi psicotici;
- mettere al centro la persona e la casa come luogo di vita, ricreando legami affettivi tra persone sole e isolate;
- realizzare un servizio di comunità e prossimità, trasformando la residenzialità per produrre inclusione, impresa sociale e benessere di comunità;
- considerare tutte le persone ospiti dimissibili dalle Residenze, e quindi con diritto alla casa.
In questo senso Pietro Pellegrini propone un Servizio di Comunità e Prossimità radicato nel territorio, capace di sostenere nelle 24 ore e di integrare gli interventi del welfare e le esperienze innovative nell’ambito dell’abitare, della formazione lavoro e della socialità, in ottica di recovery.
Giuseppe Nese, Agostina Belli e Concetta Perrotta propongono una riflessione sui dati di attività del Punto Unico Regionale (P.U.R.) della Regione Campania nel periodo 2018-2023, relativamente alla presa in carico degli autori di reato con misure di sicurezza, sottolineando l’importanza di disporre di informazioni attendibili e specifiche per monitorare il processo di superamento degli OPG e l’appropriatezza delle attività e regolamentazioni collegate all’operatività degli attori istituzionali coinvolti.
Gli autori sottolineano inoltre che le problematiche correlate al superamento degli OPG, non possono essere ricondotte semplicemente alla scarsità di posti nelle REMS, ma necessitano piuttosto di soluzioni complesse e diversificate, che implicano collaborazioni interistituzionali. In questo contesto gli autori descrivono l’attuale regolamentazione nazionale di riferimento, nel cui ambito si pone anche la formale istituzione dei Punti Unici Regionali (P.U.R.) ed il monitoraggio delle attività da parte di tutte le Regioni e PP.AA attraverso il Sistema informativo SMOP (Sistema informativo per il monitoraggio del superamento degli OPG) della regione Campania, già adottato dalla quasi totalità delle Regioni. Emerge inoltre la necessità di monitorare il livello di turnover delle REMS e di effettuare una ricognizione delle persone in lista di attesa per l’ingresso in REMS, dove essenziale è evidenziare i casi di persone che hanno effettiva necessità di accoglienza in REMS (“prioritari”), distinguendoli da quelli per cui sono possibili alternative (“non prioritari”) e da quelli relativi a persone destinatarie di una misura di sicurezza temporaneamente non eseguibile.
Claudio Bencivenga considera come la complessità dell’intervento che caratterizza la specificità delle Comunità terapeutiche, articolata sui principi fondamentali di comunalismo, democraticità, tolleranza e confronto con la realtà e su ulteriori “core standards” aggiunti dalla network di Community of Communities, rischi di subire semplificazioni riduzionistiche legate ad un rigido modello biomedico e assistenziale o educativo/sociologico, a svantaggio di un’evoluzione dinamica, evolutiva e trasformativa. L’autore propone una riflessione relativa alle normative di 13 Regioni condotta da un gruppo tecnico di lavoro sul tema delle Comunità Terapeutiche Residenziali istituito nel 2022 dal CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi). Focus del lavoro sono le Strutture comunitarie per la Tutela della Salute Mentale per adulti e per adolescenti di tipo estensivo. Dai primi risultati emerge sia nelle comunità per adulti che per minori, un numero esiguo di psicologi, con prevalenza marcata delle figure assistenziali ed educative/riabilitative. Inoltre, in alcune situazioni si osserva una discrepanza tra gli interventi psicoterapeutici indicati nella mission delle strutture e la presenza di figure psicologiche e non psicoterapeutiche.
Perla Strom, Antonietta Ambrisi e Massimo Rosa propongono una riflessione sui percorsi residenziali della Regione Piemonte, ripercorrendo i vari decreti che hanno definito, nel corso degli anni, la tipologia delle Strutture Residenziali. Descrivono in particolare come la Regione Piemonte abbia effettuato una ricognizione delle strutture residenziali psichiatriche presenti sul territorio, verificando la congruità degli inserimenti. Il percorso seguito ha visto però varie opposizioni da parte di molti soggetti del settore, con successive modifiche e integrazioni.
Nel 2021 la Regione Piemonte ha emanato la D.G.R. n. 84-4451, promuovendo un cambiamento clinico-organizzativo ed un riordino della residenzialità in salute mentale, inserendo aspetti innovativi quali l’introduzione di strumenti per la valutazione ed il monitoraggio della qualità dei servizi; l’introduzione del sistema di libera scelta della struttura e di una disciplina specifica sui diritti dei familiari. Sono stati inoltre individuati nuovi standard di personale, correlati al carattere sanitario e socio-sanitario delle strutture. Considerando poi la complessità dei percorsi residenziali, gli autori sottolineano come si sia reso necessario modificare il paradigma di pensiero con una valenza sistemica e multidimensionale, considerando in particolare anche le linee programmatiche relative al “Budget di salute”, dove si privilegia il favorire la permanenza della persona al proprio domicilio e l’attivazione di interconnessioni tra sistema di cura e comunità.
Gianfranco Aluffi propone il modello IESA (inserimento eterofamiliare supportato di adulti), che si pone tra gli obiettivi quello di restituire un ruolo sociale attivo a utenti dei servizi di salute mentale o più in generale a persone in stato di difficoltà. Vi sono esperienze di applicazione del modello IESA per persone con disagio psichico, dipendenze, disturbi neurocognitivi, disabilità fisica e psichica, autismo, homeless, migranti, utenti giovani o persone anziane non autosufficienti, ecc. L’inserimento in famiglia permette di sviluppare un proprio progetto di vita inclusivo nella comunità che potenzia le autonomie della persona e promuove la recovery. La persona è accolta da volontari disposti ad ospitare presso la propria casa e capaci di offrire stimoli, svago, relazione, affettività; si avvale inoltre del monitoraggio di operatori formati e di una reperibilità telefonica continuativa.
Il progetto prevede una fase di individuazione, selezione (dove si considerano attentamente gli aspetti culturali e motivazionali), formazione dei volontari disposti ad accogliere ed il loro successivo abbinamento con gli ospiti. Solo se l’utente aderisce al progetto, si può continuare il percorso di inserimento eterofamiliare.
Il tempo di permanenza nella famiglia ospitante varia a secondo delle caratteristiche dell’utente e degli obiettivi prefissati.
La fase di reperimento dei volontari ospitanti può impegnare fino al 30% del tempo di lavoro dell’operatore IESA e si avvale di diverse iniziative finalizzate a divulgare e diffondere una cultura dell’accoglienza familiare.
L’autore evidenzia che nel 2023 il Servizio IESA della ASL TO3 - Centro Esperto Regione Piemonte ha compiuto 26 anni di attività; ispirato ad analoghe esperienze del sud della Germania, si è diffuso in diverse ASL italiane. Questo percorso si è potuto realizzare anche grazie al coraggio di persone lungimiranti e capaci di affrontare le sfide evolutive.
In termini di efficacia, si è osservato tra l’altro una riduzione delle acuzie sintomatologiche (e dei conseguenti ricoveri ospedalieri), una riduzione del consumo di benzodiazepine, una riduzione dello stigma ed il miglioramento della qualità della vita.
Nel 2022 si è inoltre costituito il Centro Europeo di Documentazione, Ricerca e Formazione sullo IESA.
Antonella Cammarota e Maurizio Biondo propongono l’esperienza di abitare autonomo supportato che l’associazione Solaris ODV sostiene nel II Municipio di Roma Capitale dal 2002; un progetto sperimentato da oltre 20 anni e centrato sulla recovery, che rappresenta di fatto uno dei primi esperimenti di “supported housing” in Italia.
Il progetto è nato a partire dalla Comunità terapeutica di via Sabrata, una tra le prime comunità che nascono a Roma, grazie alla collaborazione tra Antonio Maone, psichiatra responsabile della comunità terapeutica, la sua equipe e i familiari che hanno formato l’associazione Solaris; inoltre il progetto si è avvalso della disponibilità dell’assessorato alle politiche sociali dell’ex Municipio III (ora II) di Roma Capitale. Gli autori evidenziano quindi alcuni elementi fondamentali che hanno permesso la realizzazione del progetto, ovvero: la centralità e la determinazione degli utenti; la separazione della cura medica dall’abitare e la “non gradualità” dei percorsi di autonomia; l’equilibrio tra benefici e “rischi”; il ruolo delle famiglie e la socializzazione, il ruolo delle istituzioni locali; la coerenza tra metodologie di riferimento, servizi erogati, organizzazione del lavoro e formazione. E’ inoltre attivo un corso di formazione permanente per familiari, operatori e volontari coinvolti nel progetto e un gruppo di psicanalisi multifamiliare. Il progetto prevede una rete molto ampia di sinergie con il territorio e di collaborazioni che negli ultimi anni si è allargata agli scambi europei.
Mario Betti e collaboratori descrivono un sistema di residenzialità dinamica che prevede un insieme di strutture residenziali psichiatriche e di abitazioni assistite funzionalmente correlate, realizzato presso l’Unità Funzionale Salute Mentale Adulti della Zona Valle del Serchio, nell’Azienda USL Toscana Nordovest. Tale progetto è centrato su un rapido turn-over, una presenza capillare nel territorio ed una progettualità incentrata sull’inclusione sociale, favorendo percorsi di recovery.
In particolare gli autori evidenziano, attraverso valutazioni standardizzate, l’efficacia di questo modello applicato nella SRP.1 Nausicaa, una struttura residenziale psichiatrica a rapido turn over. Le valutazioni condotte confermano che i miglioramenti si verificano nella fase iniziale del ricovero in struttura, in un periodo variabile fra una settimana e due mesi. Il percorso nella residenza prevede anche un approccio a valenza psicoterapeutica.
La SRP.1 Nausicaa accoglie casi di acuzie, sub-acuzie, post-acuzie ed esordio, di norma per un massimo di tre mesi ed è situata in prossimità del Centro Diurno e del Centro di Salute Mentale, per cui gli ospiti della comunità possono partecipare alle attività riabilitativo-terapeutiche offerte dal Servizio. Vengono inoltre mantenuti i contatti con le figure significative del contesto familiare e sociale. I motivi di ingresso prevalenti risultano essere in prevalenza “acuzie psicopatologica”, seguiti da “crisi di contesto” e recovery post ospedaliera; la SRP.1 Nausicaa, come sostengono gli autori, funge quindi da Centro Crisi ed offre una valida alternativa al ricovero ospedaliero.
Claudio Lucii e collaboratori propongono osservazioni relative alla valutazione degli esiti nella Struttura Terapeutico-Riabilitativa per pazienti autori di reato “I Prati” di Abbadia San Salvatore (SI), una delle strutture che la Regione Toscana ha permesso di istituire per prevenire l’invio nelle REMS e anche per accogliere i pazienti in dimissione dalle REMS, dopo l’approvazione della legge 81/2014.
Vengono quindi esaminati i dati di attività della struttura dall’agosto 2017 (inizio di attività della struttura) a ottobre 2023, soprattutto relativamente agli eventi critici e ai percorsi di dimissione; gli autori osservano quindi che nel periodo di valutazione non c’è stato nessun trattamento sanitario obbligatorio, nessun suicidio, nessun evento di aggressività che abbia portato a cure mediche rilevanti. Il modello di lavoro si richiama ai principi generali e teorici relativi alle Comunità Terapeutiche Democratiche. Quali punti di forza vengono sottolineati il lavoro di gruppo con condivisione dei singoli progetti, il rapporto costante con i servizi invianti e la stretta collaborazione con i Magistrati di Sorveglianza.
Teresa Morgillo e collaboratori propongono uno studio osservazionale sugli interventi di supporto all’abitare nella ASL Roma 2. Gli autori sottolineano che L’ASL Roma 2, in attesa dell'adozione di una regolamentazione regionale specifica, nel 2017 ha deliberato un Piano di Supporto all'Abitare, impegnandosi nella creazione di un unico piano aziendale. In questo contesto è garantita la centralità del servizio territoriale e la continuità delle cure. Precedentemente la ASL Roma 2 aveva condotto come capofila il progetto HERO relativo al sistema Abitare in Salute Mentale, finanziato con fondi Europei. Il supporto all’abitare della ASL Roma 2 si realizza in abitazioni civili; le azioni sono concordate con l'équipe multidisciplinare che ha in carico l'utente e con il referente del progetto abitativo. Gli interventi sono inoltre centrati sulla comunità, valorizzando le reti relazionali, i contesti familiari le risorse formali e informali presenti sul territorio. In questo percorso il territorio diventa il contesto di cura e centrali sono il coinvolgimento attivo della persona e la flessibilità per rispondere ai bisogni degli utenti, alle diverse esigenze e criticità. Gli autori rilevano quindi dall’analisi dei dati, che il numero di ricoveri in SPDC o in SRP post-acuzie è stato significativamente meno elevato dopo l’inserimento nei progetti di supporto all'abitare, rispetto ad un periodo precedente di analoga durata.
Alessandra Martinelli propone, sulla base delle ricerche più recenti, un’analisi dei punti di forza e delle sfide relative alle strutture residenziali psichiatriche in Italia, sottolineando che le strutture residenziali di fatto assorbono circa la metà del budget destinato a ciascun Dipartimento di Salute Mentale. In relazione alle linee guida nazionali e internazionali, le strutture residenziali dovrebbero avere un approccio orientato alla recovery, anche se, come sottolinea l’autrice, studi recenti hanno di fatto rilevato la scarsa presenza di pratiche orientate alla recovery nelle SRP italiane. Evidenze in ambito di ricerca hanno inoltre rilevato che la progressione da strutture a maggior supporto a strutture a minor supporto è efficace solo nella metà dei casi. Si rileva inoltre che i pazienti residenziali dormono di più, assumono più farmaci e svolgono attività più leggere rispetto a quelli ambulatoriali. L’autrice sottolinea inoltre che si evidenziano: un basso tasso di occupazione lavorativa; limitate opportunità di inclusione sociale; un alto grado di dipendenza dai servizi di salute mentale e una durata di permanenza in struttura spesso superiore a quanto previsto. Particolare attenzione poi va posta ai bisogni insoddisfatti che hanno un impatto negativo sull'umore, indipendentemente dal livello di gravità sintomatologica.
Paola Carozza nel suo contributo sottolinea l’importanza di realizzare percorsi residenziali orientati alla recovery e sviluppati attraverso metodologie di intervento basate sulle evidenze scientifiche, finalizzati all’inclusione sociale. L’autrice considera la necessità di introdurre nella psichiatria di comunità un approccio EBM anche in termini etici, poiché questo permette di orientare le scelte terapeutiche e riabilitative, facendo riferimento alle conoscenze disponibili sull’efficacia dei diversi metodi ed interventi, piuttosto che in relazione ad opinioni personali. In questo contesto l’autrice sottolinea come sia più appropriato parlare di “programma” residenziale piuttosto che di “struttura”, facendo riferimento al concetto di “setting” dove realizzare il processo riabilitativo finalizzato all’apprendimento di abilità e di comportamenti socialmente competenti.
Vittorio Di Michele e collaboratori effettuano un’analisi del decorso dei disturbi dello spettro schizofrenico confrontando utenti inseriti in percorsi residenziali e utenti ambulatoriali. Gli autori ipotizzano che una maggiore compromissione del funzionamento personale e sociale unitamente a fattori sociali, economici e di welfare, siano alla base della collocazione in strutture residenziali a medio e lungo termine. Effettuano quindi una valutazione del funzionamento globale attuale e pregresso attraverso interviste cliniche effettuate con il paziente, i familiari, i caregivers, attraverso la consultazione dalla documentazione sanitaria disponibile e attraverso ogni altra fonte informativa formale e informale. Gli autori rilevano quindi un decadimento del funzionamento psicosociale già a partire dai primi anni di malattia che risulta essere più evidente nei soggetti per i quali è stato deciso un percorso in strutture residenziali.
Carmen Cimmino e collaboratori propongono l’esperienza della Residenza di Riabilitazione Psichiatrica Casa Impresa Benessere del Dipartimento di Salute Mentale ASL Napoli2 Nord che ha realizzato una rete di collaborazioni con diverse Agenzie Istituzionali presenti sul territorio, quali i Comuni, l’imprenditoria locale, le associazioni di familiari e di volontariato, le agenzie educative di istruzione e formazione, comunità religiose, il CAM (Centro di animazione missionaria), il Vescovato di Aversa ed il terzo settore. Per valutare l’efficacia dei percorsi residenziali, sono stati utilizzati strumenti standardizzati all’ingresso e alla dimissione, evidenziando l’efficacia di un percorso residenziale in rete con le risorse del territorio e centrato sulla partecipazione attiva di utenti e familiari alla definizione di azioni capaci di favorire percorsi inclusivi nella comunità.
Monica Carnovale e collaboratori propongono un’analisi degli esiti di trattamento relativa ai pazienti dimessi dalla REMS Villa Caterina di Genova, con la finalità di esplorare la collocazione attuale degli utenti dimessi, la loro situazione clinica e sociale.
La struttura, aperta nel 2017, ospita autori di reato dell’area ligure e gli autori sottolineano che grazie ad un modello di intervento centrato sul lavoro di rete, è stato possibile effettuare un numero considerevole di dimissioni, condivise con il CSM inviante e con la Magistratura, in gran parte verso strutture residenziali con misura giudiziaria attenuata. Gli autori sottolineano quindi che unitamente al lavoro di rete, è essenziale la presa in carico dei Servizi territoriali dopo la dimissione.
Panfilo Ciancaglini e collaboratori propongono uno strumento informatizzato (Oida System) che comprende cartella clinica, percorso di cura guidato, sistema informativo utilizzato in 30 strutture residenziali del Gruppo Redancia, presenti in 4 Regioni (Liguria, Piemonte, Lombardia, Calabria). Il sistema raccoglie anche dati sul follow up dei dimessi a 1 e 5 anni. Le strutture sono Comunità terapeutiche per adulti o per minori, comunità alloggio, residenze assistite, REMS. I dati forniti dal Oida System permettono di analizzare le differenze tra dati attesi e dati reali e di confrontare tra loro le diverse strutture; vengono quindi utilizzati per discussione, confronto, analisi dei trend, individuazione di obiettivi, al fine di creare uno “stile di lavoro” condiviso e non autoreferenziale.
Marina Agostini e Mariarosaria Barbera propongono l’esperienza del supported housing del DSM della ASL Roma 1, realizzata in appartamenti di proprietà degli utenti o con regolare contratto di affitto loro intestato. Il progetto è dedicato ad utenti gravi, stabilizzati clinicamente, con un buon grado di compliance, in prevalenza provenienti da strutture residenziali del DSM. Obiettivo prioritario del percorso è l’inclusione sociale, per cui l’intervento è finalizzato ad attivare reti sociali e legami di solidarietà sia all’interno della casa sia all’esterno, nel quartiere e nel territorio.
Vengono infine riportati tutti gli abstract rivevuti per il Congresso, relativi alle relazioni effettuate in plenaria ed alle comunicazioni delle sessioni parallele. In questi contributi vengono proposti temi quali: residenzialità e recovery; percorsi alternativi alla residenzialità; progetti a sostegno della domiciliarità e supporto all’abitare; budget di salute; progetti innovativi finalizzati a inclusione sociale; esperienze di accreditamento tra pari; comunità per utenti autori di reato; gruppi di psicoanalisi multifamiliare; task shifting; residenzialità negli esordi e nell’autismo; modelli organizzativi; pianificazione sanitaria basata sull’analisi dei real-world datae sulla valutazione dell’efficacia delle cure erogate.
Note
Nota 1 Congresso SIEP “Oltre il posto letto: Riabilitare la residenzialità”, Bologna 23-25 novembre 2023. Responsabile Scientifico: Fabrizio Starace. Segreteria scientifica: Fabrizio Starace, Nadia Magnani, Alessia de Stefano, Caterina Bruschi, Barbara D’Avanzo, Antonio Gabriele Maone, Angelo Picardi, Alessio Saponaro, Giuseppe Tibaldi, Fabio Lucchi
Riferimenti
- Martinelli A., Killaspy H., Zarbo C. et al. Quality of residential facilities in Italy: satisfaction and quality of life of residents with schizophrenia spectrum disorders. BMC Psychiatry22, 717 (2022). https://doi.org/10.1186/s12888-022-04344-w
- Starace F. (a cura di) Rapporto SIEP 2024 “La salute mentale nell’Italia del regionalismo”, SIEP Quaderno di Epidemiologia Psichiatrica n.11, 2024
- Istituto Superiore di Sanità. Residenzialità psichiatrica: analisi e prospettive. A cura di Maria Luisa Scattoni per il Gruppo di Lavoro “Residenzialità psichiatrica” 2023, vii, 40 p. Rapporti ISTISAN 23/9