Decorso di malattia dei disturbi dello spettro schizofrenico in pazienti residenziali vs pazienti ambulatoriali
Autori
U.O.C. Centro di Salute Mentale area nord, Dipartimento di Salute Mentale di Pescara, ASL Pescara.
Email:
Congresso SIEP, Bologna 23-25 novembre 2023
Riassunto
Il decorso e la storia naturale di malattia dei Disturbi dello Spettro Schizofrenico (DSS), sono da sempre oggetto di interesse della ricerca orientata alla pratica clinica e allo sviluppo di modelli assistenziali nel lungo termine.
Nonostante i progressi scientifici le evidenze documentano una cattiva prognosi particolarmente evidente dopo pochi anni di malattia con la tendenza a peggiorare e ad influenzare negativamente il tasso di mortalità. Il presente studio ha analizzato 78 pazienti con DSS con la scala FPS in maniera retrospettiva per circa 25 anni.
I risultati confermano una prognosi molto scadente con perdita delle autonomie personali e sociali precocemente nel corso della vita, documentando l’esistenza di una sottopopolazione di persone con DSS con decorso particolarmente maligno. Queste persone necessitano di speciali cure e attenzioni in termini di sanità pubblica a causa di una perdita precoce dell’autosufficienza.
Abstract
The course and natural history of Schizophrenia Spectrum Disorder (DSS) disease have been the subject of interest in research oriented towards clinical practice and the development of long-term care models. Despite scientific progress, the evidence documents a particularly evident poor prognosis after a few years of illness with the tendency to worsen and negatively influence the mortality rate. The present study analyzed 78 patients with DSS with the FPS scale retrospectively for approximately 25 years.
The results confirm a very poor prognosis with loss of personal and social autonomy early in life, and document the existence of a subpopulation of people with DSS with a particularly malignant course. These people require special care and attention in terms of public health due to an early loss of self-sufficiency.
Introduzione
Il decorso dei disturbi dello spettro schizofrenico è da lungo tempo oggetto di interesse sia della epidemiologia clinica sia della sanità pubblica, per i risvolti sulla programmazione sanitaria e sulla pratica clinica [1]. Dai dati della letteratura emerge un modello di un progressivo decorso deteriorativo-peggiorativo indipendentemente da trattamenti e modelli assistenziali messi in atto sia per gli aspetti funzionali sia della salute globale e della mortalità [1].
Poiché le principali evidenze scientifiche le deriviamo da studi naturalistici, poco interesse è stato focalizzato su sottopopolazioni eventualmente presenti o sottogruppi caratterizzati da profili prognostici diversi.
A titolo di esempio in Italia attualmente ci sono 28895 persone in oltre 2000 strutture residenziali a lungo termine con tempi di degenza che vanno da pochi mesi a decenni [2,3]. Questa popolazione di utenti è stata particolarmente trascurata per quanto attiene la caratterizzazione epidemiologica, nonostante gli elevati costi assistenziali e la palese discrasia con i principi della recovery.
Inoltre non ci sono evidenze scientifiche utili a derivare quali siano i predittori clinici, funzionali o sociali che sottendono alla capacità di funzionare e quindi alla possibilità di vivere o meno in comunità in coerenza con i livelli di autosufficienza.
La nostra ipotesi è che la capacità di funzionamento personale e sociale scadente unitamente ad altri fattori sociali, economici e di welfare, siano alla base della collocazione in strutture residenziali a medio e lungo termine.
Il presente studio si propone di misurare le caratteristiche di decorso di malattia e il funzionamento attraverso la Scala di Funzionamento Personale e Sociale della VADO [4] opportunamente modificata per il contesto regionale e per valutazioni retrospettive (FPS-M).
Nella sua formulazione originaria la VADO è orientata prevalentemente per pazienti che vivono in strutture residenziali e riabilitative, ed è di più difficile uso per la valutazione funzionali di utenti che vivono in differenti e diversificati setting di vita comunitaria (domicilio, famiglia, gruppi appartamenti ecc).
Infatti, a parere degli autori, si rileva una inadeguatezza ed una scarsa precisione nella attribuzione dei punteggi della Scala del Funzionamento Personale e sociale della VADO (FPS), per i pazienti che vivono in comunità, che godono di una rete assistenziale informale ovvero che vivono in contesti rurali o semirurali nei quali centri diurni o strutture riabilitative residenziali non sono facilmente accessibili se non addirittura inesistenti, in particolar modo se la valutazione è retrospettiva.
La FPS (che nella forma modificata prende l’acronimo FPS-M), è stata pertanto riadattata precisando e dettagliando ulteriormente una serie di punti di ancoraggio che permettesse un più affidabile e fedele scoring, con particolare attenzione a differenziare meglio i punteggi fra le macro-categorie piuttosto che la variabilità numerica intra-categoria. A titolo esplicativo si è tentato di essere molto precisi nel rilevare differenze fra i punteggi 58-62 (numeri che ricadono su due categorie diverse), rispetto a punteggio fra 51 e 59 (che ricadono nella stessa categoria numerica e funzionale).
Il presente studio condotto su 78 pazienti con Disturbo dello Spettro Schizofrenico (DSS) in carico a due centri di salute mentale abruzzesi, tenta di validare quanto espresso in precedenza, ovvero verificare una convergenza con i dati della letteratura scientifica, della storia naturale di malattia nel real world di un’area del centro Italia, su una popolazione non manicomiale e utilizzando informazioni eterogenee oggettive e soggettive, strutturate per pietre miliari, al fine di precisare l’esatto livello di funzionamento personale e sociale stabilizzato. Il tutto in modo sistematico e retrospettivo e con un approccio naturalistico in utenti in carico a centri di salute mentale.
METODI
78 pazienti affetti da DSS afferenti ai centri di salute mentale di Penne e Metropolitano della UOC CSM area Nord della ASL di Pescara (Abruzzo) per i quali si disponeva di un approfondito livello di conoscenza attuale e retrospettivo sono stati arruolati. I pazienti erano trattati as usual.
Di questi 49 erano maschi. Inoltre sulla base del setting ambulatoriale vs residenziali, si segnala che 54 pazienti erano ambulatoriali e 24 degenti in strutture residenziali con una durata di degenza variabile da 2 ai 15 anni.
Le diagnosi per gli arruolamenti provengono dal Sistema Informativo Salute Mentale (SISM) del Ministero della salute (criteri diagnostici del ICD-9 - CM). Le diagnosi dovevano essere conformi e concordanti anche ai criteri del DSM-5 [5] per verificare la concordanza con il set di diagnosi che sono considerate patologie dello spettro schizofrenico e quindi per l’arruolamento nello studio.
L’arruolamento è stato consecutivo e sistematico, a partire dal 1/1/2021.
Le caratteristiche socio demografiche del territorio di afferenza dei due CSM sono le seguenti: popolazione di 135.000 residenti distribuiti in 23 comuni. Ampia è la variabilità all’interno di quest’area, infatti vi è un comune costiero (Montesilvano) di 53.170 abitanti di contesto urbano ad alta densità (2255 ab/km2) e il resto della popolazione residente è distribuita in 22 comuni di cui 4 con popolazione prossima ai 10000 abitanti e i restanti comuni con popolazione inferiore ai 3000 residenti prevalentemente collinari e di montagna.
<’>La valutazione naturalistica ha esaminato le seguenti variabili: decorso e la storia naturale della loro malattia attraverso la valutazione del funzionamento personale e sociale, durata di malattia, rapporto M/F, età. Tutti i pazienti sono in trattamento con antipsicotici (dati non tabulati) sia in forma orale che LAI.La tabella 1 riporta i dati clinico demografici come media, DS e mediana di età e durata di malattia, nonché il rapporto M/F.
STRUMENTI: la valutazione del decorso di malattia e del funzionamento nel mondo reale è stata eseguita retrospettivamente utilizzando la Scala di Funzionamento Personale e Sociale (SFP della VADO) [2], modificata per essere sensibile alle modificazioni dei livelli di funzionamento valutati ex post in un contesto territoriale comunitario e per migliorare la fedeltà fra osservatori. Questa nuova scala di funzionamento è stata denominata FPS-M.
Le informazioni retrospettive pervenivano da approfondite interviste cliniche effettuate con il paziente, i familiari, i caregiver, nonché attraverso la consultazione dalla documentazione sanitaria disponibile e da ogni altra fonte informativa formale e informale (certificazioni, verbali di invalidità civile ecc).
Venivano identificati retrospettivamente almeno 7 “punti di repere” temporali a partire dal punteggio FPS-M attuale e, quindi, retrospettivamente si ricostruiva la storia naturale di malattia fino ad una età in cui il paziente esperiva uno stato di completo benessere psicofisico.
La valutazione FPS doveva riferirsi ad un periodo di stabilità funzionale di almeno sei mesi, per evitare una eccessiva variabilità legata ad occasionali riacutizzazioni o ricadute di malattia. Le informazioni venivano sistematicamente verificate fino al massimo di dettaglio e affidabilità possibili.
RISULTATI
La figura 1 illustra graficamente l’andamento nel tempo delle mediane del punteggio della FPS-M nel campione in toto. Non ci sono moderatori di decorso sulla base della variabile sesso (maschi vs femmine) e scolarità.
Le persone affette da DSS presentano un significativo peggioramento repentino del funzionamento personale e sociale nei primi 8 anni di malattia.
A 12 anni dall’esordio e ad una età mediana di 30 anni oltre la metà delle persone necessita di supervisione, supporti sociali, familiari e sanitari per condurre le proprie esistenze: Lo studio, confermando una solida base dottrinaria derivata da studi internazionali, evidenzia una fatale e grave progressione deteriorativa di malattia con un gravissimo decadimento del funzionamento psicosociale globale delle persone affette da Schizofrenia e Disturbi dello Spettro.
Entro i 40 anni di età tutti necessitano di modelli assistenziali di qualità elevata in grado di erogare cure mediche, riabilitative, psicosociali e socio-assistenziali. La percezione retrospettiva nei pazienti e nei loro familiari è quella di una caduta funzionale fatale e inemendabile.
Dopo 20 anni di malattia esibiscono un funzionamento personale e sociale incompatibili con una vita completamente autonoma e di questi almeno il 5% richiede cure intensive continuative di tipo residenziale con personale specializzato nelle 24 ore.
Gli utenti residenziali (figura 2) presentavano un decorso sostanzialmente analogo ai non residenziali ma con un livello di disfunzione significativamente e clinicamente peggiore già dai primi anni di malattia ed in maggior misura risultavano non autosufficienti in età più giovanile.
CONCLUSIONI
Lo studio propone una metodologia di analisi retrospettiva e prospettica replicabile che consente una visione critica della storia naturale dei DSS in un setting naturalistico e ne fornisce dati empirici sui tempi e percentuali di deterioramento funzionale.
L’uso della forma modificata della FPS, ha manifestato una evidente convergenza con il modello di riferimento attuale su quale sia il decorso dei DSS nel lunghissimo termine, ovvero un decorso inequivocabilmente deteriorativo, ma ha documentato con maggiore precisione le pietre miliari critiche e la loro epoca di insorgenza, a testimoniare un decorso più rapidamente deteriorativo di quanto si fosse stimato in passato, confermando recenti evidenze con disegno sperimentale prospettico di coorte [6].
Tre importanti gradoni tempo dipendenti, descrivono il deterioramento del funzionamento personale. I miliari di questa sincronia esistenziale si collocano a 4, 9 e 17 anni dall'età di esordio dei sintomi psicotici ovvero ad una età mediana di 22, 26 e 35 anni di età rispettivamente. Il deterioramento funzionale rappresenta la regola e può dividersi in due macro-categorie: una categoria di progressivo, rapido e subcontinuo deterioramento funzionale ed una categoria più rara in cui la malattia procede tumultuosa e inarrestabile e che conduce ad una perdita completa della autonomia quantomeno in contesti familiari e della comunità sociale.
A 4 anni all’esordio conclamato dei sintomi psicotici, il basso livello di autonomia funzionale necessita dei servizi di salute mentale e dei modelli di intervento multidisciplinari e flessibili usuali. Questo dato anticipa di almeno un anno il periodo che viene considerato di allarme ed entro il quale è mandatario avviare una presa in carico multiprofessionale e multidisciplinare, e che sostanzialmente sancisce la cronicizzazione della psicosi.
Dopo 9 anni di malattia e ad una età mediana di 27 anni le tipologie di intervento dei servizi si fanno più assertive, più intense e globali dovendo includere famiglia, tessuto socio-assistenziale e terzo settore (associazionismo, volontariato e rete di supporto formale e informale). La mediana di funzionamento è di 59,5 punti (punteggio della FPS-M) e appare particolarmente preoccupante, in considerazione anche della evoluzione che in tutta evidenza appare decisamente peggiorativa rispetto al quinquennio precedente.
Purtroppo una quota rilevante di persone ha un decadimento personale e sociale gravissimo e fatale, tale da non permettere la vita in contesti che non siano residenziali e assistenziali, ma la ridotta prospettiva di vita di tali pazienti, in genere inferiore ai 67 anni, riduce l’impatto in termini di costi assistenziali.
Il presente studio offre un supporto alla necessità di stadiare con elevata precisione e con l’ausilio di biomarcatori, la schizofrenia, in quanto stadiare la malattia permette di applicare in misura sistematica e oggettiva il trattamento più appropriato ed efficace.
Permane più forte, la necessità di sviluppare modelli organizzativi e culturali in grado di intervenire prima dell’esordio delle psicosi [7,8], attraverso misure preventive sia universali che su popolazioni a rischio. Queste misure non necessariamente sono sanitarie, ma anche sociali, ambientali, urbanistiche, demografiche, pedagogiche e politico-istituzionali in senso lato in grado di contrastare efficacemente l’uso di droghe in primis, e di promuovere e valorizzare il ruolo educativo e formativo della scuola in una nuova prospettiva culturale sociale matura e partecipativa.
La figura 2 mette a confronto i pazienti seguiti ambulatorialmente e che vivono in famiglia o da soli e pazienti in strutture residenziali. Essendo lo studio naturalistico non è stata effettuata alcuna stratificazione dei pazienti a priori e inoltre, sono stati inclusi tutti gli utenti consecutivamente arruolati indipendentemente dagli anni di inserimento in Struttura. Il gruppo di 27 utenti include persone con permanenza che va dai 2 ai 20 anni. I dati raccolti evidenziano che il sottogruppo dei residenziali, presenta un andamento temporale del funzionamento personale e sociale deteriorativo al pari degli utenti che vivono in famiglia, ma presentano un chiaro ed evidente livello sempre inferiore di almeno 10 punti rispetto all’altro gruppo. Ovvero a parità di età e di anni di malattia i livelli su cui si attestano gli utenti che poi hanno un destino di tipo residenziale è sempre peggiore di un gradiente chiaro evidente e definibile numericamente.
In conclusione esiste ancora una percentuale rilevante di persone affette da DSS con gravissimo disfunzionamento personale e sociale resistente agli usuali interventi terapeutico-riabilitativi dei DSM, molti dei quali con decorso peggiorativo ingravescente e che rapidamente perdono la loro autosufficienza.
Sul piano della programmazione sanitaria, questi dati documentano in maniera assolutamente evidente la necessità di servizi e prestazioni dedicate, vista la eterogeneità della popolazione di persone con DSS e l’importanza di prevedere ed implementare servizi e modelli organizzativi commisurati per tali utenti riducendo al minimo i tempi di psicosi non trattata [9].
Sarebbe auspicabile implementare risposte tecniche assistenziali socio-sanitarie, laddove gli interventi sanitari siano in tutta evidenza conclusi, personalizzando le cure per utenti gravissimi e persistenti [10].
Riconoscimenti. Di Michele Vittorio dichiara di aver libero e completo accesso ai dati presentati nel presente elaborato e si assume la responsabilità della loro correttezza e dell’accuratezza delle analisi su di essi condotte.
Bibliografia
1 Jablensky A. (2012). Course and outcome of schizophrenia. New Oxford Textbook of Psychiatry. Oxford University Press. 2012; Pag. 569-578.
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4 Morosini P et al. VADO. Manuale per la riabilitazione in psichiatria. 1998. Erickson. Trento.
5 APA America Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual for mental Disorders. DSM-5 2013. “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione”. DSM-5. Raffaello Cortina Editore. Milano. Prima edizione 2014.
6 Kotov R, Fochtmann L, Li K, Tanenberg-Karant M, Constantino EARubinstein J, Perlman G, Velthorst E. Declining Clinical Course of Psychotic Disorders Over the Two Decades Following First Hospitalization: Evidence From the Suffolk County Mental Health Project. Am J Psychiatry 2017; 174:1064–1074;
7 Martinez-Cao C, de La Fuente-Tomas L, Garcia-Fernandez A, Gonzales-Blanco L, Salz PA, Garcia-Portilla MP, Bobes J. Is it possible to stage schizophrenia? A systematic review. Translational Psychiatry 2022;12:197.
8 Kelleher I. Psychosis prediction 2.0: why child and adolescent mental health services should be a key focus for schizophrenia and bipolar disorder prevention research. Br. J. Psychiatry, 2023;193:1-3.
9 Albert N, Hansen HG, Starzer M, Nordentoft M, Hjortoi C. Functioning in pre e post-treatment in schizophrenia: further investigation into lead time bias and duration of untreated psychoses. Schizophrenia res, 2023:3:18-22.
10 Starace F, Mungai F. La salute mentale in Italia Analisi delle strutture e delle attività dei Dipartimenti di Salute Mentale, vol. 1. Italia: SIEP; 2017.