Sistemi Complessi: dalla Fisica alla Società
Autore
Ingegnere Nucleare e Fisico – Senior research executive and principal investigator, Italian Institute of Technology, Roma, Italia
Riassunto
La nostra vita è avvolta dalla complessità, nel mondo esterno che ci circonda e ancor più in quello dentro di noi, il nostro corpo e la nostra mente.
Eppure è solo di recente che la scienza ha iniziato ad occuparsi di sistemi complessi in maniera quantitativa. Il risultato è la cosiddetta Scienza dei Sistemi Complessi, un termine che vuol dire tutto e dunque niente. In questo saggio si cercherà di focalizzare l’attenzione alcuni aspetti molto concreti della scienza dei sistemi complessi che possono e stanno già avendo un impatto tangibile su problemi non solo della ricerca scientifica ma dell’intera società moderna.
Abstract
Our life is wrapped up in complexity, in the external world around us and even more in the one inside us, our body and our mind.
Yet it is only recently that science has begun to deal with complex systems in a quantitative way. The result is the so-called Science of Complex Systems, a term that means everything and therefore nothing. In this essay we will try to focus attention on some very concrete aspects of the science of complex systems that can and are already having a tangible impact on problems not only of scientific research but of the entire modern society.
Introduzione
Definire la complessità non è semplice (ovviamente!) tanto è vero che qualcuno ha definito la complessità “la tomba delle definizioni”!
È tuttavia possibile identificare una serie di caratteristiche comuni ai sistemi complessi indipendentemente dall’ambito specifico. Per semplicità, ci concentreremo su due aspetti fondamentali: Nonlinearità e Coesistenza Ordine-Disordine. Queste due caratteristiche si dimostrano infatti capaci di un potere straordinario di entrambe i segni, a volte distruttivo ma spesso anche prodigiosamente costruttivo; un contrasto che rende il nostro mondo terribile e meraviglioso al tempo stesso.
In questa ottica la complessità è sostanzialmente libertà, la libertà di miliardi e miliardi di molecole che “decidono” di muoversi tutte insieme vorticosamente nell’occhio di un ciclone, scatenando un’enorme potenza distruttiva. La stessa libertà che consente ad altrettante molecole di sincronizzarsi in maniera prodigiosamente accurata per svolgere la miriade di funzioni che sostengono la nostra vita biologica. La relazione complessità-libertà è un tema profondo e affascinante, ma non è il tema di questo saggio. Qui ci proponiamo invece di discutere una tematica molto più pratica, ovvero come i metodi della fisica-matematica moderna coi quali si affronta la complessità dei fenomeni naturali possano portare beneficio ad altri settori della scienza e società moderna apparentemente molto lontani dalle scienze cosiddette “esatte”, principalmente fisica e matematica.
I motori della complessità
Passiamo dunque a una descrizione un po’ più dettagliata dei concetti di Nonlinearita’ e coesistenza Ordine-Disordine.
Nonlinearità
I sistemi complessi sono quasi sempre non-lineari, ovvero non rispondono in maniera proporzionale alle sollecitazioni che ricevono. A volte rispondono in maniera smisurata a cambiamenti anche irrisori (il famoso “effetto farfalla”) a volte, piu’ raramente, esattamente il contrario (chiameremo “effetto elefante”).
Sempre la nonlinearità è responsabile di un effetto non meno importante, il trasferimento di energia e informazione tra scale diverse, ovvero dal grande al piccolo (breakup) e dal piccolo al grande (coalescenza).
Già queste due caratteristiche, tipiche dei sistemi complessi naturali, ci dicono che la Vita stessa, come la conosciamo su questo Pianeta, non sarebbe possibile in un mondo lineare, dove due più due fa quattro e le cose piccole restano piccole e quelle grandi restano grandi. La nonlinearità è dunque il primo motore della capacità di cambiamento che sta alla base dei sistemi complessi e permette loro di sopravvivere adattandosi ai cambiamenti dell’ambiente circostante e spesso addirittura di trarne vantaggio. Sempre a seguito della nonlinearità un sistema complesso è capace di funzionare in molti stati diversi, saltando da uno all’altro talora senza troppo preavviso. Per contro un sistema semplice funziona in pochi stati, spesso uno solo.
Questa molteplicità di stati permette ai sistemi complessi di adattarsi all’ambiente circostante e spesso anche di modificarlo, tipicamente a proprio favore per aumentare la propria capacità di sopravvivenza. I sistemi complessi sono, come si dice, attivi, e soprattutto adattivi.
Coesistenza Ordine/Disordine
Un’altra caratteristica fondamentale dei sistemi complessi è quella di ospitare una sottile e profonda coesistenza di Ordine e Disordine. L’Ordine viene generalmente associato a strutture organizzate che assolvono precise funzioni, mentre il Disordine è tipicamente visto come un disturbo che ostacola e talvolta vanifica il succitato funzionamento. Questa dicotomia, ancorché ragionevole, non cattura però l’essenza della complessità, che consiste invece della continua cooperazione/competizione tra Ordine e Disordine. Un duello/duetto nel quale nessuno dei due antagonisti esce mai vincitore definitivo. Laddove questo succedesse, la complessità svanirebbe e con essa la capacità dei sistemi complessi di realizzare funzioni apparentemente “impossibili”, la vita stessa essendo un caso spettacolare di questa capacità. In generale l’ordine realizza equilibrio e organizzazione, cose buone, ma che tuttavia possono condurre alla stagnazione, ovvero l’incapacità di trovare soluzioni nuove e più adatte, ad esempio, a cambiamenti dell’ambiente circostante. Il disordine è essenziale proprio per la ricerca di queste soluzioni innovative attraverso fluttuazioni fuori dall’equilibrio che anziché essere riassorbite crescono sino al punto di generare nuovi regimi di funzionamento.
Energia Libera
La termodinamica, la branca della scienza che si occupa appunto dei cambiamenti, fornisce nomi specifici all’Ordine e Disordine: Energia ed Entropia, rispettivamente.
Non e’ qui il caso di imbarcarsi in una discussione che ci porterebbe troppo lontano, ma ci limitiamo a segnalare una terza grandezza, perlopiù sconosciuta agli specialisti, che è invece quella più pertinente a catturare la competizione/cooperazione tra ordine e disordine, ovvero la cosiddetta Energia Libera (Free Energy in inglese). La formula matematica dell’energia libera è talmente semplice che possiamo permetterci di riportarla
F=E-TS (1)
Dove F è appunto l’energia libera (F for Free in inglese), E è l’energia, S è l’entropia e T è la temperatura. Da notare il segno meno davanti al termine entropico, che esprime appunto la competizione tra energia ed entropia.
La natura è infatti congegnata in modo da obbedire un principio economico molto diretto, ovvero realizzare stati di minimo costo in termini non di energia ma bensì di energia libera. Un semplice sguardo all’equazione (1) mostra che questo significa bassa energia e alta entropia (di nuovo il segno meno).
Poiché l’entropia è una misura della probabilità di realizzare un dato stato macroscopico essa è una misura del disordine (ci sono enormemente più modi di fare disordine che ordine), essa tende ad essere alta in presenza di disordine.
Le strutture di minimo F risultano dunque associate a bassi costi energetici ed alto disordine. Non c’è bisogno di matematica per capire che la Vita abita altrove, mentre invece il minimo dei minimi è quello che i fondatori della termodinamica, scienza del XIX secolo, definirono, “Morte Termica”.
Il secondo principio della Termodinamica, la più inesorabile delle leggi fisiche, sancisce che un sistema chiuso, ovvero non soggetto a scambi con l’ambiente, ha una tendenza irresistibile a evolvere spontaneamente verso lo stato di massima entropia, ovvero la morte termica. Un messaggio deprimente che riflette sin troppo bene la nostra esperienza quotidiana di esseri umani limitati nello spazio e soprattutto nel tempo.
La Vita, tuttavia, offre un’ammenda, seppur temporanea, all’inesorabile morte termica, nel senso che esistono stati in cui l’energia libera ha un minimo relativo, ovvero cambiamenti “piccoli” rispetto a quello stato non posso che aumentare F, e dunque il sistema ha una tendenza naturale a non spostarsi, sospendendo dunque la fatale corsa verso la morte termica. Seppur in metafora è letteralmente vero che la Vita è tempo preso a prestito dal Secondo Principio. E soprattutto, tempo speso nelle oasi di minimo locale dove le cose funzionano sfuggendo temporaneamente alla morte termica.
Complessità distruttiva e costruttiva
L’effetto farfalla è una metafora di caos e impredicibilità, l’aspetto oscuro della complessità. Il clima e la meteorologia sono epitomi della complessità naturale, il cui impatto sulla nostra vita è sin troppo noto a tutti. La discussione precedente ci illumina sul fatto che la complessità si compone dunque sia di aspetti di impredicibilità (meteo, terremoti, disastri di ogni tipo) ma anche di aspetti costruttivi, la biologia essendo l’arena primaria di questi ultimi.
Ma torniamo al nostro punto, la complessità dalla scienza alla società.
Per far questo abbandoniamo la Biologia e passiamo invece a un terreno apparentemente meno fascinoso, la scienza dei materiali, e in particolare al tema del vetro (gasp!).
Vetro e matrimoni: dalla fisica alla biologia alla società
Il vetro è una presenza ubiqua nella realtà di tutti i giorni, al punto che può risultare curioso che offra un esempio di complessità che la nostra miglior scienza non è tuttora in grande di comprendere appieno.
Ma andiamo con ordine e cominciamo a parlare di un fenomeno ben noto di fisica classica: il magnetismo. Cos’è il magnetismo lo sappiamo tutti: le calamite attirano il metallo. La domanda è: perché? La risposta è nota da tempo e risiede nella proprietà degli elettroni non solo di muoversi lungo i materiali conduttori (i fili che portano l’elettricità) ma nel contempo di ruotare intorno a se stessi come delle trottole (spin in inglese). Le leggi della fisica quantistica insegnano che queste trottole possono puntare solo in due direzioni, diciamo su (up) e giù (down).
Il campo magnetico di un materiale magnetico non è altro che la somma di questi magnetini portati da ciascun singolo elettrone. Se dunque tutti i magneti puntano nella stessa direzione, ancorché piccoli. Essendo moltissimi (dell’ordine di un milione di miliardi di miliardi: circa 6 seguito da 23 zeri, noto come di numero di Avogadro, dal conte torinese Amedeo Avogadro 1776-1856), l’effetto è un campo magnetico abbastanza forte da attirare oggetti macroscopici: la calamita appunto.
Scritto per esteso 6000 0000000000 0000000000, da paragonare a un miliardo, 1 seguito da 9 zeri, 100000000.
Se invece i magnetini vanno uno in su e l’altro in giù in maniera casuale e caotica, allora si cancellano l’un l’altro col risultato che non si forma alcun campo magnetico macroscopico. Ora, i materiali magnetici sono quelli in cui gli spin si allineano perché l’allineamento è energeticamente favorevole: ovvero se uno spin punta in su, è meno costoso per lo spin vicino fare lo stesso anziché puntare in basso.
Si capisce bene che questo genera un effetto domino per cui tutti gli spin si allineano. Una situazione di massimo ordine, che è alla base del magnetismo.
Se invece ad essere favorito è il disallineamento, allora prevale il disordine e non si osserva alcune magnetismo. Un ruolo fondamentale è giocato dalla temperatura, il volto macroscopico del disordine. Lo studio quantitativo dei magneti indica che al di sopra di una certa temperature critica, Tc, l’energia libera del magnete ha un solo minimo assoluto, corrispondente al totale disordine (morte termica del magnete) nel quale non si osserva alcun magnetismo. Raffreddando il magnete sotto la temperatura critica, tuttavia si osserva un cambiamento di regia, l’energia libera ora presenta due minimi assoluti, tra loro equivalenti, tutti spin-up o tutti spin-down, trionfo dell’ordine. Il sistema è dopotutto semplice, un minimo sopra la temperatura critica e due sotto.
Questo è il caso dei cosiddetti sistemi ferromagnetici, quelli in cui gli spin hanno vantaggio a stare allineati (in termini sociali parleremmo di cooperazione).
Se invece il sistema è antiferro, ovvero favorisce il disallineamento (competizione) allora prevale il disordine.
La domanda: cosa succede in un materiale in cui entrambe queste tendenze coesistono? Ovvero certi spin amano cooperare coi vicini mentre altri preferiscono competere? Quali sono i minimi di energia libera in questo sistema?
La matematica qui diventa estremamente più complessa (e infatti è alla base del recente Premio Nobel a Giorgio Parisi) e mostra che il numero di minimi relativi cresce in maniera esplosiva, riflettendo una corrispondente esplosione di complessità. Ma cosa rappresentano tutti questi minimi relativi sul piano fisico?
La risposta, a parole, è molto semplice: sono situazioni di compromesso, ovvero il sistema è soggetto a più vincoli di quanti non possa soddisfare, e cerca di fare come può, realizzandone solo alcuni e rinunciando ad altri.
Un esempio pratico spiega bene la situazione.
Consideriamo un triangolo con tre spin posizionati nei tre vertici, diciamo A (alto), B (basso sinistra) e C (basso destra).
Supponiamo che tutti e tre lati del triangolo portino legami cooperativi, ovvero che il costo energetico sia minimo quando i relativi spin sono allineati, non importa se su o giù, purché allineati.
La configurazione di minima energia è molto semplice: tutti e tre gli spin up o tutti e tre down, nessun conflitto.
Supponiamo ora che uno dei due lati diciamo AC, porti un legame competitivo (antiferro). In che direzione deve puntare il corrispondente spin?
Gli spin in A e B devono essere allineati, diciamo in alto.
Se lo spin in C punta in alto soddisfa il legame BC ma non quello AC.
Viceversa, se punta in baso, soddisfa il legame AC ma non BC.La conclusione è che lo spin in C è frustrato, comunque lo si metta, uno dei due legami non viene soddisfatto: il triangolo di spin è frustrato.
A questo punto siamo pronti a passare dai magneti al sociale.
Tre conoscenti, Alice, Bob e Carlo si siedono in un tavolo a tre; Alice ama stare vicino sia a Carlo che a Bob, e stesso vale per Bob e Carlo. Abbiamo tre collegamenti, AB, AC e BC. A ciascuno di questi associamo un numero, -1 se il collegamento è cooperativo, e +1 se è competitivo.
L’energia (libera) è la somma di questi numeri sui tre collegamenti.
Se l’obiettivo è massimizzare la soddisfazione (l’energia libera cambiata di segno) è chiaro che non c’è problema, comunque li disponiamo, A B e C sono contenti e la soddisfazione è massima. Nel linguaggio dei fisici, zero frustrazione.
Matematicamente F=-1-1-1=-3, perché tutti e tre i collegamenti sono cooperativi.
Supponiamo ora che Alice continui a gradire Bob ma non più Carlo, mentre Carlo e Bob continuano ad andare d’accordo. E’ chiaro che in un tavolo a tre non c’è alcun modo di rendere tutti contenti perché Alice non può evitare la fastidiosa vicinanza di Carlo. Il sistema è come si dice “frustrato” perché c’è un vincolo (AC) che non può essere soddisfatto.
Matematicamente F=-1-1+1=-1, dove il +1 viene da AC, meno non si può.
Il tavolo a tre è un problema facile: supponiamo adesso di aver un matrimonio con 100 invitati, con altrettanta lista bianca di chi ama chi (ferro) e lista nera di chi detesta chi (antiferro). La domanda pratica è semplice: qual’è la disposizione ottimale, ovvero quella che minimizza lo scontento=frustrazione (analogo dell’energia libera)?
Questo è un complesso problema di ottimizzazione, la cui difficoltà cresce in maniera esplosiva all’aumentare del numero di invitati, come nel caso appunto di un matrimonio. In un vetro ordinario, un solo centimetro cubo equivale un matrimonio con un milione di miliardi di miliardi di invitati, una cifra che da sola racconta la tremenda complessità matematica del problema.
Non ci avventuriamo di certo in questa frontiera della fisica moderna, ci accontentiamo di sottolineare come i metodi matematici sviluppati per studiare il vetro, i cosiddetti “vetri di spin”, hanno prodotto frutti in campi completamente diversi, dall’ottimizzazione dei processi naturali e industriali, all’informatica, alle neuroscienze. Potenza dei sistemi complessi.
Cosmologia e Neuroscienza, Dirac e Lemaître
Paul Dirac (1903-1986), il leggendario scopritore dell’eponima equazione che predisse l’esistenza dell’antimateria prima che fosse effettivamente scoperta in laboratorio, non era famoso per la sua loquacità. Tuttavia, essendo un grande ammiratore dell’abate belga Georges Lemaître (1894-1966), il padre della teoria del big bang, un giorno pensò bene di complimentarsi con lui dicendogli, spontaneamente, che riteneva la cosmologia la branca più importante della fisica. Con sua sorpresa, si sentì rispondere che no, la scienza più importante non era la cosmologia, bensì la psicologia, perché la cosmologia si occupa dell’Universo mentre la psicologia si occupa della mente umana, un sistema assai più complesso della mente umana. Alla luce della scienza moderna pare di poter dire che, come al solito, Lemaître ci aveva visto giusto. La cosmologia ha fatto passi da gigante negli ultimi venti anni, e naturalmente si mostra costellata di eventi complessi, esplosioni di stelle, buchi neri, onde gravitazionali e quant’altro. Ma lo studio del cervello, le neuroscienze stanno rivelando una complessità organizzativa non da meno, anzi per molti versi superiore. In effetti, come ricordava il noto astrofisico, David Spergel, il comportamento dell’Universo può essere descritto in prima approssimazione da pochi parametri fondamentali mentre il comportamento del cervello e a maggior ragione della mente è tuttora molto misterioso (nonostante enormi progressi).
E’ interessante notare che anche qui i vetri di spin hanno una voce concreta, esistono infatti dei modelli matematici, noti come “reti neuronali” che funzionano in maniera piuttosto simile sul piano matematico.
In questo caso lo spin è il neurone, la cellula basica del cervello che si attiva (spin up) quando il potenziale esercitato da tutti i neuroni ad esso collegati via le sinapsi l’equivalente dei lati del triangolo ABC di cui sopra, che possono essere eccitatorie (cooperative) o inibitorie (competitive), supera una determinata soglia.
Se invece il potenziale cumulativo rimane sotto soglia il neurone resta inattivo (spin down). Naturalmente occorre procedere coi piedi di piombo, i fisici sono abituati a semplificare alla ricerca delle leggi ultime che ritengono essere elegantemente semplici (l’esempio di maggior successo è probabilmente la fisica delle particelle).
I biologi hanno piuttosto la tendenza opposta, attenzione e ammirazione per i dettagli che non si lasciano incasellare da principi “universali”: la mela di Newton in Biologia non segue le stesse regole della luna in moto intorno alla terra.
I neuroni sono cellule complesse, non è pensabile che rappresentarle con un semplice spin-up spin-down possa fornirci tutti i dettagli del funzionamento del cervello. La cosa interessante è che può tuttavia fornire informazioni utili sulle configurazioni dei neuroni associate a diverse condizioni del cervello (veglia, allerta, …).
Integrare queste due tendenze opposte ma complementari è una delle sfide più importanti della moderna scienza dei sistemi complessi, le neuroscienze essendo sicuramente in prima linea su questo fronte. Anche qui vorrei riferirmi a un esempio concreto, tratto dalla mia diretta esperienza professionale. Le reti neurali offrono una descrizione sistemica del cervello, in cui la maggior parte dei dettagli fisiologici viene volutamente trascurata per concentrare l’attenzione sui meccanismi di propagazione dell’informazione: la foresta ma non gli alberi.
Ma i neuroni non sono trottole spin-up, spin-down, i dettagli fisiologici possono fare tutta la differenza: difetti sulla scala di un deci-miliardesimo di metro delle proteine che fungono da neuro-trasmettitori possono essere alla base del mancato o difettoso passaggio dei segnali che stanno alla base del modo in cui il nostro cervello elabora la nostra percezione del mondo circostante. E questi difetti non sono note a margine, parliamo di gravi disordini neurologici, inclusa la depressione.
Un deci-milardesimo di metro, non parliamo della foresta e nemmeno degli alberi, ma di minute foglie. Questa è la complessità del nostro mondo, un intricato ma incredibilmente armonioso connubio di eleganti principi universali, sui quali si innestano dettagli sottilissimi ma spesso irrinunciabili.
Tenere insieme i principi universali della Fisica e i dettagli irrinunciabili della Biologia in maniera consistente è probabilmente la sfida più importante della moderna scienza dei sistemi complessi. Una sfida che, come abbiamo visto nel nostro esempio pedagogico di Alice, Bob e Carlo, può avere ricadute importanti i tanti altri settori della scienza e società moderne.
Complessità oltre la Fisica?
Avendo illustrato un esempio prominente dell’applicazione di metodologie della fisica matematica a contesti più generali di sistemi complessi, la domanda naturale è sin dove possa arrivare questo processo di trasferimento della conoscenza quantitativa. Le opinioni tra gli scienziati sono ovviamente divise, c’ė che pensa che colmare il gap tra la Fisica e la Biologia e le scienze Psico-Sociali sia solo una questione di tempo, mentre altri sostengono che questo gap è intrinsecamente incolmabile nel senso che le scienze della vita e sociali presentano dei livelli di complessità insormontabili per le metodologie quantitative della fisica e matematica. Il dibattito è molto affascinante ma a forte rischio di derive metafisiche, dunque qui ci limitiamo a sottolineare una caratteristica che in effetti distingue i problemi sociali da quelli fisici. In fisica, i costituenti elementari, diciamo atomi e molecole, obbediscono tutti alle stesse leggi. Su queste leggi, come abbiamo visto sopra, si inseriscono poi dettagli specifici e contingenti che danno luogo a una varietà enorme e per alcuni incalcolabile a priori, ma pur sempre soggetti alle stesse leggi. Nei sistemi sociali gli atomi sono individui che “pensano”, ovvero in grado di modificare le leggi stesse a cui devono obbedire. In particolare, sono in grado di “truccare le carte” e volgere a proprio favore certe situazioni, talvolta a danni dei loro simili. Questa caratteristica potrebbe in effetti segnare un solco fondamentale tra la complessità fisica e quella psico-sociale. Esistono metodologie matematiche in grado di tener conto di questa fondamentale differenza, e anche se non ci è possibile predire se colmeranno il gap ci cui sopra, non c’è dubbio che siano destinate a produrre notevoli progressi nella nostra comprensione del mondo fisico, psicologico e sociale.
Bibliografia
- P.V. Coveney and R. Highfield, Frontiers of Complexity, the search for order in a chaotic world, Ballantine books, 1996
- M. Gell Mann, The Quark and the Jaguar, Penguin Press, 1992
- S. Kauffman, The world beyond physics, Oxford Univ. Press, 2019
- S. Succi, Sailing the Ocean of Complexity: Lessons from the Physics-Biology Frontier, Oxford Univ. Press, 2022