Volume 28 - 15 Maggio 2024

ATTI CONVEGNO "Sistemi Complessi e Comunità del futuro: nuovi paradigmi per le Aziende Sociosanitarie. Ambiti disciplinari a confronto" tenutosi il 31 marzo 2023 e organizzato dal Centro di Riferimento Regionale sulle Criticità Relazionali (CRCR)

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Organizzazioni complesse e approccio di comunità

Autori

Corresponding author: Patrizia Meringolo
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Riassunto

Gli ambiti della “cura” costituiscono sistemi con un forte impatto sia sulla vita di chi si rivolge a un servizio sia su quella di chi vi opera. Parlare di salute, infatti, significa parlare di temi sensibili, che evocano ansia e incertezza per la propria vita e la propria integrità fisica, in cui le conflittualità possono essere costantemente presenti, e si possono tuttavia affrontare con un approccio di comunità, che comprenda tutti gli elementi del sistema. Ma non è solo questo il motivo per cui riteniamo centrale tale prospettiva: le organizzazioni sanitarie sono, da una parte, una comunità che cura, e dall’altra sono situate in una comunità locale, che è al tempo stesso la reale utente e la destinataria delle policies istituzionali.

I sistemi complessi richiedono una lettura di tipo ecologico in cui le variabili individuali e collettive risentono e sono influenzate dal contesto entro cui gli individui agiscono ed operano e che, come sottolineato da Capra (1995), necessitano di un nuovo paradigma scientifico e valoriale. La complessità richiede di integrare visione analitica ed olistica, pensiero razionale e intuitivo, logica lineare e logiche non lineari (Nardone & Balbi, 2012). A fronte di ciò, la ricerca deve essere in grado di rispondere alle caratteristiche e ai bisogni dei sistemi complessi, sviluppando la capacità di leggere la relazione fra gli elementi.

Sulla base su tali presupposti, il presente contributo individua nell’analisi delle reti sociali un elemento chiave per comprendere le qualità emergenti dei sistemi complessi, quali la stabilità, la resilienza, la partecipazione. In particolare, la Participatory Network Analysis-PNA (Chiodini & Meringolo, 2022) è un metodo che consente non solo di rilevare le caratteristiche delle reti, ma anche di promuovere il coinvolgimento delle comunità di riferimento. La PNA attiva un processo di empowerment e permette di identificare le opportunità di collaborazione, sostenere le relazioni tra gli individui e tra i gruppi e valutare l'impatto di un intervento o di un servizio.

L’articolo approfondisce gli studi sulla sostenibilità organizzativa, ovvero le esperienze che hanno attuato processi di cambiamento che, pur ridefinendo criticamente gli assetti istituzionali, si sono efficacemente inseriti nel funzionamento “routinario” dei sistemi. Harré (2022) ha recentemente proposto un intervento per la realizzazione di un sistema sociale sostenibile (sustainable social system), creato sulla base del metodo della ricerca-azione e con progetti centrati sulle persone (people-focused).

Concludendo, gli elementi prioritari dell’approccio di comunità che viene proposto consistono nell’utilizzo del modello della ricerca-azione per introdurre il cambiamento; la valorizzazione dei metodi qualitativi; la rilevazione dei pattern di funzionamento del sistema come riduttori di complessità; l’attenzione ai feedback provenienti dai partecipanti coinvolti; la necessità di coniugare la prospettiva bottom-up con quella top-down. E, infine, la centralità dello studio partecipativo delle reti per conoscere e sostenere le interazioni e la comunicazione fra le parti di un sistema complesso.


Abstract

Care systems have a significant impact on both the lives of those who seek services and the professionals who work there. Discussing health is a sensitive issue that can evoke anxiety and uncertainty due to conflicts that may arise and physical integrity. However, these difficulties can be addressed with a community approach encompassing all system elements. Furthermore, healthcare organizations are, on one hand, a community that cares; on the other, are situated in a local community. The local community is both the real user and recipient of institutional policies.

Complex systems require an ecological reading in which individual and collective variables are influenced by the context in which they operate. As pointed out by Capra (1995), such a perspective requires a new scientific and value-driven paradigm.

Complexity requires integrating analytical and holistic visions, rational and intuitive thinking, and linear and nonlinear logic (Nardone & Balbi, 2012). Therefore, research must be able to meet the needs of complex systems and develop the capability to read the relationship between the elements.

On this basis, this article identifies social network analysis as the key element for understanding the emerging qualities of complex systems. These qualities include stability, resilience, and participation. Participatory Network Analysis (PNA) (Chiodini & Meringolo, 2022) is a method that allows both detecting of network characteristics and promoting the involvement of reference communities. The PNA promotes empowering processes, identifies opportunities for collaboration, supports relationships between individuals and groups, and evaluates the impact of interventions or services.

The article investigates studies on organizational sustainability that allow the critical redefinition of institutional structures and their effective integration into the "ordinary" functioning of systems. Recently, Harré (2022) proposed an intervention for the implementation of a sustainable social system based on research-action methods and "people-focused" projects.

In summary, the main elements of the proposed community approach are the use of the research-action model to promote change; the enhancement of qualitative methods; the detection of system operating patterns as complexity reducers; the attentiveness to feedback from involved participants; the importance of merging the bottom-up perspective with the top-down perspective; and the centrality of participatory network analysis for understanding and supporting the interactions and communication between the elements of a complex system.


INTRODUZIONE: IMPORTANZA DELL’APPROCCIO DI COMUNITÀ

Le organizzazioni che operano nella salute implicano molteplici aspetti: un primo aspetto è quello psicologico, relativo alla realtà individuale, agli atteggiamenti e ai comportamenti, ai pensieri e alle emozioni, consapevoli o meno. Il secondo è quello delle relazioni interpersonali, da quelle intime a quelle formali, come il rapporto con i professionisti della cura. Altro aspetto di rilievo è quello sociale, inscritto nella dinamica dei ruoli e dei significati attribuiti ad essi. E, infine, gli aspetti collettivi, riferiti cioè alle regole che una comunità si è data, alla legislazione nazionale e locale e alla normativa organizzativa.

Gli ambiti della “cura” – non solo di trattamento, ma di presa in carico della persona, dalla prevenzione alla recovery e alla riabilitazione – costituiscono un sistema che ha un forte impatto sia sulla vita di chi si rivolge a un servizio sia su quella di chi vi opera. Parlare di salute significa quindi parlare di temi sensibili, che evocano ansia e incertezza per la propria vita e la propria integrità fisica, in cui qualsiasi parola non detta o detta in modo inadeguato può evocare fantasmi difficilmente gestibili.

Per questi motivi le conflittualità sono costantemente presenti ed esplodono, sovente, nella relazione tra gli anelli più deboli del sistema: i/le pazienti e gli operatori più vicini ad esse. Difficilmente possono essere risolte solo con interventi individuali, ma possono essere affrontate con un approccio di comunità, che comprenda tutti gli elementi del sistema.

Tuttavia, non è solo questo il motivo per cui riteniamo centrale tale prospettiva: le organizzazioni sanitarie sono, da una parte, una comunità che cura, e dall’altra sono situate in una comunità locale, che è al tempo stesso la reale utente – al di là dei singoli pazienti – e la destinataria delle policies istituzionali.


1.LA PROSPETTIVA ECOLOGICA

I sistemi complessi richiedono una lettura di tipo ecologico in cui le variabili di funzionamento individuali e collettive risentono e sono influenzate dal contesto entro cui gli individui agiscono ed operano.

Una lettura microanalitica dei saperi e degli interventi, privilegiando un’ottica specialistica, corre il rischio di un estremo riduttivismo in cui si perde la capacità di vedere il contesto. La conoscenza specialistica e iperspecialistica sembra, pertanto, non adatta o quantomeno non sufficiente per comprendere e guidare i sistemi complessi che, come sottolinea il fisico e teorico dei sistemi Fritjof Capra (1995, trad. it. 1997), necessitano di un nuovo paradigma, che non è solo un nuovo modo di pensare, ma anche un ripensamento di tipo valoriale.

Il cambiamento di paradigma, secondo Capra, può essere visto come uno spostamento dall’affermazione di sé, o autoasserzione, all’integrazione. Non si tratterebbe, tuttavia, di scegliere fra le due opzioni, ma di mantenere un flessibile e costante equilibrio tra le due parti. La complessità richiede di integrare visione analitica ed olistica; pensiero razionale e intuitivo; logica lineare e logiche non lineari come quella della credenza, del paradosso e della contraddizione (Nardone & Balbi, 2012).

Questo nuovo paradigma deve essere anche a guida della ricerca scientifica che necessita di un pensiero flessibile in cui analisi quantitativa e lettura qualitativa si integrino.

Gli approcci volti alla misurazione e all’analisi di dettaglio permettono di isolare e avere certezze sul funzionamento di cose piccole e precise. Tale certezza, tuttavia, ci dice poco sul funzionamento della cosa in sé. Anche il famoso Progetto Genoma ha evidenziato come il solo studio della sequenza dei geni del nostro DNA non possa rendere conto della complessa architettura biologica che caratterizza il nostro genoma. È come se avessimo mappato tutte le lettere che costituiscono l’alfabeto di una nuova lingua, ma non sapessimo come le parole e le frasi si compongono. La necessità di una lettura dinamica del nostro DNA è resa ancora più evidente dall’osservazione che alcune modificazioni dell’espressione genica sono una risposta a segnali che provengono dal contesto e dall’ambiente. Il termine epigenetica designa proprio tale meccanismo e caratterizza tutti quegli studi che, a partire dalla fine del Progetto Genoma, si sono occupati dello studio dei meccanismi alla base dell’espressione genica.

Da questo punto di vista l’interazione fra individuo e ambiente e la centralità della prospettiva ecologica non può più essere messa in discussione. Diviene prioritario considerare il contesto e l’ambiente quale parte fondamentale dell’equazione che permette l’espressione delle caratteristiche del singolo individuo, dei gruppi e dei sistemi organizzati. Così anche la salute e la malattia possono essere considerate espressione di tali meccanismi di interazione.


3. IL RUOLO DELLA RICERCA

Anche la ricerca deve adattarsi per rispondere alle caratteristiche e ai bisogni di sistemi complessi, scontrandosi in questo con la richiesta di risposte certe per far fronte ad un bisogno di sicurezza rispetto alla possibilità di prevedere e gestire gli eventi. In altre parole, ci si aspetta dalla scienza risposte esatte e dalle organizzazioni efficienza e massimo delle prestazioni. Occorre però ricordare che non è possibile parlare di efficienza senza prima essersi occupati di efficacia, e come abbiamo visto precedentemente l’efficacia di un sistema è dato dalla sua flessibilità. Se la ricerca vuole contribuire a rendere i sistemi efficaci occorre che sviluppi modalità capaci di leggere la relazione fra gli elementi.

Come evidenziato da Bateson (1979) in ogni sistema è possibile individuare:

  • relazioni interpersonali, ovvero connessioni di primo ordine in quanto avvengono fra individui;
  • relazioni fra individui e contesto, che potremmo definire di secondo ordine
  • connessioni di terzo ordine che fanno riferimento a categorie e livelli differenti. Si parla in questo senso di metacontesto, ovvero di una struttura che connette i vari livelli, una struttura di strutture.

Gli strumenti propri della ricerca di tipo qualitativo, orientata a studiare e approfondire i legami e le relazioni, sembrano quelli maggiormente adatti a cogliere, analizzare, ma anche sostenere e rafforzare i legami di un sistema.

La ricerca qualitativa, quindi, è particolarmente utile per lo studio dei sistemi complessi che richiede l'analisi di molte variabili interconnesse tra loro e la comprensione delle dinamiche che le governano. La ricerca qualitativa consente di approfondire tali dinamiche e di analizzarle in modo dettagliato, anche attraverso l'osservazione o le interviste che fanno emergere le esperienze e i punti di vista dei diversi attori coinvolti. Questi, in un sistema complesso, possono essere, ad esempio, gli utenti di un servizio di salute, i lavoratori di un’organizzazione, i rappresentanti delle organizzazioni, i politici e altri attori sociali.

Questo approccio consente di cogliere la complessità dei sistemi sociali e di analizzarli in modo contestuale. Occorre inoltre evidenziare come tale ricerca sia in grado di coniugare metodi quantitativi e qualitativi che, secondo un approccio mixed method, consentono una migliore comprensione dei fenomeni, utile all’intervento, ovvero alla promozione del cambiamento desiderato all’interno dei sistemi stessi.


4. INDIVIDUARE COME E CON CHI PRODURRE UN CAMBIAMENTO (Community Tool Box, 2022)

Il Community Tool Box è un dispositivo virtuale nato nel 1995 ad opera di un gruppo di psicologi dell'Università del Kansas (USA) e sviluppato successivamente insieme a molti altri studiosi di tutti i paesi, che volontariamente contribuiscono ad arricchire un sito web totalmente open source. Tale sito raccoglie indicazioni bibliografiche, modelli e strumenti per la costruzione di comunità competenti e partecipate, esempi di progetti e forum di discussione, in ambiti come la salute pubblica, il servizio sociale, la psicologia di comunità e la medicina preventiva e sociale.

Tra gli strumenti proposti, citiamo un esempio che illustra come la ricerca possa essere di aiuto nell’individuare le modalità più efficaci per produrre processi di cambiamento.

Viene proposta una check list di quattro item (Fig. 1): il primo esplora i confini di un “problema”, o, meglio, di un “fenomeno” rappresentato e vissuto come problema. Il secondo si occupa del “target di cambiamento”, e cioè gli individui o i gruppi coinvolti, direttamente o indirettamente, che lo subiscono o che possono determinarlo. Il terzo si domanda quali possono essere gli “agenti di cambiamento”, che possono mitigare il problema o comunque impattare su di esso. L’ultimo item, infine, pone una questione interessante da un punto di vista sistemico, e cioè se chi porta il problema non possa diventare esso stesso una leva per il cambiamento (Foster-Fishman, Nowell, & Yang, 2007).

Fig. 1 – Produrre un cambiamento (rielaborazione da Community Tool Box, Cap. 18, Sez. 3)


5. COMPLESSITÀ E RETI

Seguendo il ragionamento di Capra (1997), per cui la vita è costituita da reti all'interno di reti, dove ogni livello di organizzazione del sistema può essere visto come una rete in sé stessa, allora, dal punto di vista metodologico, l'analisi delle reti può essere utilizzata per comprendere le qualità emergenti dei sistemi complessi, come ad esempio la stabilità, la resilienza, la partecipazione.

Un importante studio di Leppin e colleghi (2018) evidenzia, da questo punto di vista, come la collaborazione intersettoriale e interdisciplinare dei servizi di salute di un territorio richieda un sistema come le HUB, che hanno come scopo proprio quello di facilitare i rapporti e le interazioni fra i servizi. I nodi della rete hanno, quindi, funzioni diverse, e alcuni sono proprio dedicati al mantenimento della rete stessa.

Tali strutture di raccordo sembrano beneficiare di approcci partecipativi come la Participatory Network Analysis (PNA) sia per monitorarne il funzionamento che per sostenerne lo sviluppo (Chiodini & Meringolo, 2022). La PNA è un metodo di analisi delle reti sociali che coinvolge i membri della comunità nella raccolta e nell'analisi dei dati. In particolare, la PNA si concentra sull'identificazione delle relazioni sociali tra i membri della comunità e sulla valutazione dell'impatto di queste relazioni sulla salute e il benessere della comunità.

La Participatory Network Analysis si basa sulla partecipazione attiva dei membri della comunità o dell'organizzazione nella raccolta e nell'analisi dei dati, incrementando così la partecipazione, l’engagement e il senso di responsabilità collettivo. La PNA attiva un processo di empowerment e permette di identificare le opportunità di collaborazione, sostenere le relazioni tra i membri di un team di lavoro e valutare l'impatto di un intervento o di un servizio.


6. QUANDO LE PROSPETTIVE SONO DISCORDANTI

I soggetti sociali appartenenti ad una comunità locale sono diversi tra loro, per genere e per generazioni, per livelli socioeconomici ed educativi, per cultura di appartenenza e per gradi di benessere, reali o percepiti. Nell’affrontare un problema non è detto che le priorità di alcuni siano coincidenti con quelle degli altri. Analogamente, parlando di salute, non è detto che quello che viene percepito come grave lo sia per tutti.

Possiamo ipotizzare parametri efficienti e scientificamente plausibili per stabilire le priorità, ma questo non basta a sanare le discrepanze di valutazione, così come non è sufficiente un criterio “sommativo” per definirle, perché può esistere un elemento di rischio (o di allarme) di particolare impatto che non viene bilanciato da elementi protettivi.

Ad un livello più generale, le prospettive provenienti dagli stakeholder possono essere discordanti anche in presenza di una visione valoriale condivisa. In altre parole, anche laddove non esistano conflitti culturali (posto che possa esistere una cultura omogenea) e i valori di riferimento siano gli stessi per tutti, basterebbe la stessa prospettiva di genere o di generazione per rendere l’attribuzione sociale di significato differenziata e potenzialmente conflittuale.

Di conseguenza, il processo da seguire non è lineare e può essere reso ancora più complicato da dubbi, paure, o perfino da sensi di colpa – per esempio da parte dei meno marginali, o da parte degli operatori – verso i bisogni espressi da soggetti sociali che esprimono una diversità (Campbell & Morris, 2017 p. 299). È in questo caso che una visione complessa e “meta-emergenziale”, che non cerchi risposte immediate, può essere risolutiva.


7. PROCEDURE, ALGORITMI E “MACCHINE NON BANALI”

Le organizzazioni sanitarie, come le altre organizzazioni complesse, definiscono le procedure adeguate ad intervenire sui problemi, formalizzandole in algoritmi che definiscono i vari passi per arrivare alla soluzione (Finn, 2017, trad.it. 2018). Hanno la funzione di evitare errori nella sequenza di comportamenti, ma anche di evitare “particolarismi” ingiustificati, in modo che il trattamento sia svolto nella maniera corretta rispettando le regole che la stessa organizzazione si è data.

Il senso di tutto ciò è difficilmente contestabile, tuttavia ci sono degli aspetti critici:

  • la loro rigidità, che può non adattarsi alle situazioni emergenziali, e
  • la loro “opacità”, nel senso che protocolli, algoritmi e priorità non sono sempre trasparenti e comprensibili dagli utenti (e talvolta neanche dagli stessi operatori).

Per analizzare il problema utilizziamo il concetto di macchine banali e macchine non banali (Von Foerster, 1984, trad. it. 1987).

Von Foerster è stato un fisico e filosofo, noto per i suoi studi sulla cibernetica e punto di riferimento basilare anche per l’epistemologia e il costruttivismo. Nel suo studio sui Sistemi che osservano analizza come l’osservatore ordina e costruisce un mondo a partire dalla propria esperienza. Colui che osserva fa parte, quindi, di un sistema di cui – tra i tanti possibili - stabilisce l’ordine più funzionale alle proprie attività. All’interno di esso è pertanto osservatore e osservato. Nello stesso saggio propone la distinzione tra macchine banali e macchine non banali. Una macchina banale è basata su una relazione, invariabile e determinata, tra uno stimolo (input) e una risposta (output). Se funziona perfettamente, darà comunque e sempre le risposte che ci si aspetta. La macchina non banale è diversa: l’output non dipende solo dagli input ma anche dagli output che si sono prodotti in precedenza. Pur rimanendo all’interno di un comportamento sostanzialmente deterministico, gli esiti non saranno mai gli stessi; sarà possibile l’errore ma anche la creatività (Chiodini et al., 2023, p. 148 e sgg.).

I percorsi di salute, quindi, se pensati per «macchine non banali», non possono seguire procedure e algoritmi rigidi perché questi, pur potendo (forse) evitare gli errori, rischiano di ostacolare le possibilità di cambiamento e la ricerca di soluzioni innovative.

La loro opacità, inoltre, può costituire un elemento disfunzionale nella compliance alle cure, dal momento che, come abbiamo già avuto modo di osservare, la salute tocca “corde sensibili” nella testa e nel cuore degli individui.


8. COSTRUIRE SISTEMI SOCIALI SOSTENIBILI. UN INTERVENTO PSICOLOGICO IN CONTESTI COMPLESSI

A fronte delle difficoltà nel sistematizzare procedure corrette, ma anche sufficientemente flessibili, si pone il problema di costruire un sistema complesso sostenibile.

In genere viene utilizzato il termine sostenibilità per riferirsi ad aspetti ecologici, sottolineando la responsabilità di preservare le risorse naturali e gli ecosistemi per supportare il benessere di tutti, nel presente e soprattutto nel futuro.

La sostenibilità organizzativa, pur non tralasciando gli aspetti ambientali, si pone il problema di introdurre processi di cambiamento che, anche ridefinendo criticamente gli assetti istituzionali, non ne compromettano l’integrità e il funzionamento.

Harré (Harré et al., 2022) porta un esempio di ricerca-azione che ne chiarisce il significato. L’autrice definisce il suo approccio alla sostenibilità organizzativa come people-focused, centrato cioè sulle persone e caratterizzato da alcuni principi teorici e metodologici:

  1. un sistema sociale sostenibile (sustainable social system) creato sulla base di progetti di ricerca-azione;
  2. un approccio che utilizza la ricerca qualitativa per tracciare una mappa per individuare persone, obiettivi, attività e sottosistemi congruenti alla creazione di un sistema sociale sostenibile, e per fare emergere una cultura di sostenibilità, intesa come atteggiamenti, comportamenti e significati condivisi, tali da promuovere “nuove identità sociali” in grado di supportarla nel tempo.

Viene sottolineato inoltre che un sistema people focused non viene deliberato dall’alto, in modalità top-down, e neanche semplicemente originato dal basso ovvero bottom-up, ma si basa su una rete sostenibile, democratica e inclusiva. Il cambiamento si deve integrare – in un’ottica di complessità – con le attività essenziali ordinariamente presenti e nel caso di sistemi sanitari, nelle routine quotidiane dell’erogazione di servizi (Chiodini et al., 2023, p. 153 e sgg.).

Per costruire sistemi sociali sostenibili occorrono quindi alcuni elementi, interconnessi fra loro:

  1. Promuovere la desiderabilità della sostenibilità per la propria organizzazione
    Cambiamento e stabilità sono due facce della stessa medaglia: il primo è un processo vitale, la seconda è qualcosa di più della tendenza a ripetere i modelli del passato, ma si inscrive piuttosto nella resilienza, per poter rimanere solida nonostante le debolezze interne o le minacce esterne, creando nuovi equilibri. Questo significa motivare gli elementi del sistema alla sostenibilità, realizzando un reale processo partecipativo, sia nei momenti di crescita che nelle criticità.
  2. Creare una rete sostenibile
    Il lavoro di rete non è semplicemente un comitato di referenti, o un gruppo di lavoro rigido e istituzionalizzato, ma un sistema di rapporti flessibile e aperto a nuovi contributi, in cui il nucleo promotore abbia una funzione linking con i nuovi partecipanti.
  3. Creare una rete sostenibile
    Il lavoro di rete non è semplicemente un comitato di referenti, o un gruppo di lavoro rigido e istituzionalizzato, ma un sistema di rapporti flessibile e aperto a nuovi contributi, in cui il nucleo promotore abbia una funzione linking con i nuovi partecipanti.
  4. Stabilire e mantenere una cultura “people-focused” nella rete
    Questo diventa possibile se l’atteggiamento “people-focused” è alla base della formazione delle partnership, perché le strategie di cambiamento siano un patrimonio comune nell’intera organizzazione e nelle altre istituzioni in rete con essa.
    L’attenzione all’empowerment individuale consente, inoltre, di creare o rafforzare identità sociali orientate alla sensibilità, permette una comunicazione fluida e continui feedback sui cambiamenti prodotti, fino a fare emergere una cultura della sostenibilità come patrimonio collettivo (Harré et al., 2022, p. 117).
  5. Aumentare la visibilità dei progetti e della rete
    Il termine visibilità è inteso come capacità di comunicare all’interno dell’organizzazione e come impegno a disseminare all’esterno – a partire dalla comunità locale – quanto di nuovo viene prodotto.
  6. Cercare, quando possibile, di integrare i processi sostenibili nelle attività essenziali
    Si tratta di un aspetto cruciale in una organizzazione complessa, in particolare se appartiene all’ambito della salute e del benessere. I “livelli essenziali di assistenza” non possono essere elusi e il sistema difficilmente sopporta – nel processo di cambiamento – battute di arresto nell’erogazione delle prestazioni. Una nuova cultura organizzativa, per essere realmente sostenibile, deve perciò integrarsi con gli aspetti formali e sostanziali dell’assetto esistente, soprattutto quando si pone l’obiettivo di cambiarlo o “rigenerarlo” (Chiodini et al., 2023, p. 157).

Conclusioni
In base a quanto descritto, sottolineiamo gli elementi prioritari dell’approccio di comunità che abbiamo proposto:

  • in primo luogo, l’utilizzo del modello della ricerca-azione per introdurre un cambiamento che permetta di conoscere il funzionamento del sistema, e la valorizzazione dei metodi qualitativi;
  • in conseguenza alla ricerca svolta, la rilevazione dei pattern di funzionamento del sistema che agiscono come “riduttori di complessità”;
  • l’attenzione ai feedback provenienti dal sistema;
  • la necessità di coniugare la prospettiva bottom-up con quella top-down.

Infine, quello che riteniamo basilare per un intervento efficace, ovvero la centralità dello studio partecipativo delle reti per conoscere e sostenere le interazioni e la comunicazione fra le parti di un sistema complesso.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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