Volume 28 - 15 Maggio 2024

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I Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliari come fattore protettivo del burnout negli operatori di salute mentale

Autori

Ricevuto il 20/12/2023 – Accettato il 5/01/2024



Riassunto

Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad una grande diffusione dei Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare nei servizi di salute mentale italiani. Oltre alle indicazioni indirette sulla validità di questo dispositivo, derivate dalla assidua frequentazione da parte di utenti e famiglie con patologie gravi e difficili da trattare, servono indicazioni di efficacia dirette. Tra i cardini di questo intervento c’è un asse importante dato dell’osservazione che la partecipazione ai gruppi ha un’efficacia in termini di benefici anche per gli operatori i quali vengono aiutati nella elaborazione dei vissuti personali e di quelli reattivi alla relazione terapeutica. Questo supporto sembra contribuire a creare un clima di lavoro più favorevole. Questo studio mostra che in effetti gli operatori che frequentano il GPMF appaiono meno esposti al burnout e quindi alle patologie secondarie ad esso associato.


Abstract

In the last ten years we have witnessed a great diffusion of Multifamily Psychoanalytic groups in Italian mental health services. As well as indirect indications of the validity of this device, derived from the assiduous frequentation by patients and families with serious pathologies and difficult to treat, direct indications of efficacy are needed. One of the main impact of this intervention is that participation in groups has an effectiveness in terms of benefits also for the mental health operators. They are helped in the processing of personal experiences and this help them to be more responsive to the therapeutic relationship. This support seems to contribute to creating a more favorable climate of work. This study shows that operators attending this group they appear less exposed to burnout and therefore to the secondary pathologies associated with it.


Introduzione

Negli ultimi 10 anni si è molto diffuso in Italia un dispositivo ideato da JGB intorno al 1960 a Buenos Aires (1-3) e da lui successivamente sviluppato in diversi servizi ospedalieri, comunitari e territoriali. La nascita del Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare (GPMF) avvenne per la necessità di comprendere le dinamiche insite nei movimenti soggettivi e relazionali al momento delle dimissioni dei pazienti ricoverati nell’ospedale psichiatrico. In questo processo di “sistemazione” di pensieri e spazi, con la riorganizzazione anche degli ambienti del servizio, Garcia Badaracco ha iniziato a creare un ambiente terapeutico in cui poter dare voce agli stati emotivi di tutti. Pazienti, familiari e operatori erano invitati a partecipare (4). Successivamente diversi Autori si sono interrogati sul potenziale del GPMF nel sostenere la salute degli operatori coinvolti in un lavoro su pazienti e familiari esposti a patologie psichiche gravi, dove la difficoltà di ottenere risultati terapeutici soddisfacenti espone al rischio di frustrazione e demotivazione (5).

Nell’attuale DSM della ASL Roma 1 sono stati attivati Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare in quasi tutti i servizi territoriali e tutti gli operatori coinvolti hanno avuto l’opportunità di formarsi in un processo di supervisione costante, a partire dal 2008, inizialmente con la partecipazione attiva di Garcia Badaracco e dei suoi più stretti collaboratori e successivamente con sistematiche intervisioni tra i GPMF attivi su scala nazionale. In questo modo si è generato un processo di virtuoso di confronto e formazione tra operatori della salute mentale che ha contribuito alla nascita, nel 2012, del Laboratorio Italiano di Psicoanalisi Multifamiliare (LIPsiM). Una rete nazionale di operatori, familiari e pazienti che si colloca all’interno di una realtà internazionale di PMF. Il processo clinico e formativo portato avanti in questo nuovo contesto è in dialogo con le attività svolte all’interno dei servizi di salute mentale.

Il lavoro di intervisione costante ha generato una rete nazionale di conduttori esperti, una buona omogeneità nella tecnica di conduzione, un ampio arruolamento delle famiglie. Il funzionamento dei GPMF è stato testato attraverso uno studio multicentrico che ha evidenziato la riduzione del carico soggettivo nei caregivers, la riduzione di alcune dimensioni psicopatologiche e l’aumento dell’efficacia clinica con l’aumento della frequenza al GPMF stesso (6). Le caratteristiche di questi gruppi, dove si lavora sulle “interdipendenze patologiche e patogene reciproche” tra pazienti e familiari, e sul coinvolgimento degli operatori in questo meccanismo relazionale patologico, li rendono utilizzati prevalentemente da pazienti e familiari affetti da patologia mentale grave. Di conseguenza gli operatori coinvolti nella conduzione dei GPMF risultano esposti ad un carico di conflittualità e sofferenza psichica molto elevato. Tuttavia, in linea con quanto emerso nella metaanalisi del 2018 (7), gli operatori dei GPMF sembrano più portati a condividere regolarmente impressioni ed interventi clinici, partecipano ad eventi formativi di intervisione e supervisione, tendono a parlare con chiarezza del proprio lavoro e ad esporsi personalmente. Questa attitudine sembra rappresentare, in altri contesti professionali, un fattore protettivo al burnout.

Il clima che si vive dentro l’istituzione insieme alle altre variabili cliniche e organizzative, formano un campo nel quale gli operatori vivono, lavorano e si relazionano tra di loro e con i pazienti. In questo campo, che Garcia Badaracco chiama “campo psicologico multifamiliare” (4) si riattualizzano aspetti del proprio vissuto che si riversano nell’ambito lavorativo.

All’osservazione spontanea sembra che gli operatori che frequentano con regolarità il GPMF siano anche quelli più capaci di mantenere un buon clima emotivo nel gruppo di lavoro, soddisfazione lavorativa e capacità di adattamento. Questo nonostante l’aumento costante dei carichi di lavoro dovuti alle progressive riduzioni degli organici.

Questa osservazione, ampiamente condivisa tra conduttori dei GPMF, ha permesso di formulare due ipotesi: che la partecipazione degli operatori al GPMF possa svolgere un ruolo protettivo all’insorgenza di burnout e che maggiore sia la frequenza di partecipazione e maggiore sia l’effetto protettivo.


Campione

Hanno preso parte allo studio 66 operatori, 49 (73%) donne e 18 (27%) uomini, di età compresa tra 25 e 64 anni, con una media di 47.91 (deviazione standard = 10.96). L’anzianità lavorativa è compresa tra meno di uno e 42 anni di servizio, con una media di 18.30 (deviazione standard: 12.16). Le professionalità coinvolte riguardano principalmente Psicologi (26, pari al 39% del totale) e Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica (21, pari al 31% del totale), seguiti da Infermieri (11, pari al 16% del totale) e Psichiatri (9 , pari al 13% del totale). I partecipanti dichiarano di essere dipendenti di cooperative (33, pari al 49% del totale), delle ASL (24, pari al 37% del totale), ed in misura minore di Aziende ospedaliere (6, pari al 9% del totale) o altro (3, pari al 3% del totale).

Rispetto alla frequenza del gruppo, 14 persone (pari al 24% del totale) dichiarano di non prendervi parte, 14 (pari al 21% del totale) vi prendono parte mensilmente, 26 (pari al 3% del totale) partecipano ogni quindici giorni e 10 (pari al 15% del totale) ogni settimana. In media, i partecipanti dicono di frequentare il gruppo da un minimo di un mese (o poco meno) ad un massimo di 12 anni e mezzo (in media: da 2 anni e 3 mesi).


Procedura

La compilazione del questionario è avvenuta in formato elettronico. Ogni partecipante è stato invitato a prendere parte allo studio e, coloro che hanno acconsentito, hanno fornito il proprio consenso informato assieme ad un indirizzo di posta elettronica al quale è stato poi inviato il link al questionario. Ricevuto il link, i partecipanti hanno avuto una settimana di tempo per la compilazione del questionario, al termine del quale lo stesso non era più accessibile. La partecipazione allo studio era volontaria e non prevedeva alcun compenso.


Strumenti
Job Burnout

Il Job Burnout è stato misurato attraverso un adattamento italiano del Maslach Burnout Inventory – General Survey (MBI-GS, Schaufeli, Leiter, Maslach & Jackson, 1996; Italian Adaptation Borgogni, Galati, Petitta & Centro Schweitzer, 2005) (8), composto da 16 items. Gli items fanno riferimento a percezioni o sentimenti connessi al proprio lavoro, per esempio “Mi sento emotivamente logorato dal mio lavoro” è un esempio di item della dimensione Esaurimento (α = 90), “Voglio solo fare il mio lavoro senza essere seccato”, è un esempio di item della dimensione Cinismo (α = 78), “Nel mio lavoro, sono certo di riuscire a fare funzionare le cose” è un esempio di item della dimensione Efficacia Professionale (α = 79).

Soddisfazione lavorativa

La soddisfazione lavorativa è stata misurata attraverso un singolo item “Sono soddisfatto del mio lavoro”, valutato su una scala a sette passi (1= “Estremamente insoddisfatto”; 7 = “Estremamente soddisfatto”). L’attendibilità di questo singolo item è stata dimostrata da diversi studi empirici (Nagy, 2002; Wanous, Reichers, & Hudy, 1997) (9-10). Per esempio nella metanalisi di Nagy (2002) le correlazoni tra il singolo item e le altre misure estese del costrutto variavano tra .60 e .72 a seconda della specifica sfaccettatura della soddisfazione lavorativa considerata.


Analisi Statistiche

La relazione tra frequenza al gruppo e adattamento lavorativo è stata analizzata attraverso l’approccio analitico della regressione standard. Questo approccio permette di valutare il contributo specifico di ciascuna delle variabili esaminate “al netto” delle altre. Quindi nell’equazione sono state considerate simultaneamente tre variabili dicotomiche (“dummy”), codificate 0-1. Ognuna di queste variabili contrastava una tipologia di frequenza al gruppo (i.e., “mensile”, “quindicinale”, e “settimanale”) con la non partecipazione al gruppo.

Come variabili dipendenti sono state considerate sesso, età, anni di permanenza nel gruppo stesso e tipologia di operatore. Quest’ultima variabile è stata a sua volta inserita attraverso la creazione di tre variabili dicotomiche che contrastavano la figura dello psicologo con quella del tecnico della riabilitazione psichiatrica, lo psichiatra e l’infermiere. Quale misura dell’associazione tra variabili dipendenti e indipendenti, in tali analisi è stato utilizzato il coefficiente di correlazione multipla (R o RM). Il quadrato di tale coefficiente (definito coefficiente di determinazione) indica la proporzione di varianza della variabile dipendente spiegata dalle variabili indipendenti prese nel loro complesso e viene definito coefficiente di determinazione multipla (R2). Il coefficiente di correlazione multipla R è sempre maggiore o uguale a zero ed è maggiore dei singoli coefficienti di correlazione tra ogni variabile indipendente e la variabile dipendente (C. Barbaranelli, E. Natali, 2005) (11).


Risultati

La Tabella 1 presenta i risultati della regressione multipla relativa alla predizione del livello totale di sintomi relativi al job burnout, le tre tipologie di frequenza al gruppo e le variabili di controllo selezionate. Come è possibile osservare, gli operatori che frequentano il gruppo almeno una volta a settimana, ottengono un livello di sintomi di job burnout minori. Nessun altro dei predittori risulta invece significativo. Il modello spiega una quota significativa e moderata di varianza nel job burnout (i.e., 15%).

In Tabella 2 sono invece presentati i risultati relativi alla predizione della soddisfazione lavorativa. In questo caso, nessuna variabile è risultata significativamente associata al job burnout.

Tabella 1

Tabella 2


Discussione

Solo gli operatori che frequentano il GPMF almeno una volta alla settimana sembrano più protetti dai sintomi del burnout rispetto ai controlli. Tutte le altre modalità di frequenza non generano fattori di protezione. Non emerge nessuna differenza rispetto a nessuna delle variabili studiate. Questo significa che non sono fattori come la qualifica professionale o l’anzianità di servizio o la consistenza storica del gruppo a fare la differenza. Il risultato ottenuto si allinea con la significatività osservata rispetto all’efficacia clinica del gruppo che correlava con il fattore frequenza (10).


Conclusioni

L’ipotesi dello studio appare in parte confermata dai risultati. Fornisce inoltre un ulteriore indicazione preliminare rispetto alla necessità di utilizzare il GPMF con frequenza regolare e almeno monosettimanale. Studi analoghi e su campioni più ampi sono auspicabili. La gravità dei disturbi che approdano al trattamento nei servizi di salute mentale italiani è in aumento. Attivare servizi dedicati all’esordio, scorporando le prime fasce di età dall’assistenza CSM, delocalizzare i D.E.C. trattandoli nei presidi di cure primarie (Casa della Salute, Poliambulatorio, etc...), differenziare la presa in carico dall’assunzione in cura comporta da una parte un’organizzazione più razionale e potenzialmente più efficiente, ma dall’altra rappresenta, per chi assiste utenti con patologie croniche e residuali, una elevata esposizione al burnout. L’atteggiamento degli operatori e la riorganizzazione dei servizi in chiave “recovery oriented” è un fattore essenziale nel raggiungimento di risultati nel trattamento di disturbi gravi (Delphi study). Tali atteggiamenti possono essere condizionati dal progressivo impoverimento degli organici impiegati nei servizi di salute mentale italiani (12).

Il GPMF è ormai una realtà in molti servizi di salute mentale (13). Porta nel lavoro sulla psicosi la tradizione delle esperienze condivise e assembleari, tanto care a Basaglia (14), accanto agli strumenti della psicoanalisi e della terapia sistemica. Studi sulla sua efficacia in chiave EB, sulla utilizzazione sistematica in alcuni servizi e l’impatto della formazione in alcuni DSM italiani sono in corso. Questo lavoro, che punta il dito sulla salute degli operatori, contribuisce a comprendere che tipo di risorsa rappresenta e su quali aree della salute mentale può contribuire a produrre benefici.


Bibliografia

1. Badaracco Garcia JE. Psicoanalisi multifamiliare. Gli altri in noi e la scoperta di noi stessi. Milano: Bollati Boringhieri, 2003.

2. Gargano MT, Serantoni G, Russo F, Narracci A, Bruschetta S, Barone R. La valutazione empirica sui gruppi multifamiliari: una rassegna internazionale e la presentazione di un protocollo di ricerca italiano. In: Bruschetta S, Barone R, Frasca A (eds). La ricerca sui gruppi comunitari in salute mentale. Milano: Franco Angeli, 2014.

3. Narracci A. Psicoanalisi Multifamiliare come Esperanto. Torino: Antigone, 2015.

4. Garcia Badaracco, J., Comunidad terapeutica psicoanalitica de estructura Multifamiliar, Madrid: Tecnipublicacione S.A., 1989.

5. Tardugno C, Walter K, Mitre M.E, La Psicoanalisi Multifamiliare per la salute mentale degli operatori e delle istituzioni. Rivista Interazioni, 2017; 2: 96-108

6. Gargano MT, Serantoni G, Ceppi F, et al. Carico di cura in familiari di pazienti psichiatrici che partecipano a gruppi multifamiliari a orientamento psicodinamico: risultati preliminari di uno studio empirico. Burden in caregivers of psychiatric patients attending psychodynamic multifamily groups: preliminary results of an empirical study. Riv Psichiatr 2016;51(4):135-142

7. O’Connor K, Neff DM, Pitman S. Burnout in mental health professionals: a systematic review and meta-analysis of prevalence and determinants. European Psychiatry. 2018;53:74–99

8. Borgogni L, Galati D, Petitta L. Centro Formazione A. Schweitzer, Questionario di Check-up Organizzativo: Manuale adattamento italiano, Firenze: Organizzazioni Speciali, 2005.

9. Nagy M.S. Using a single-item approach to measure facet job satifaction. Journal of Occupational and Organizational Psychology, 75, 2002; 77-86

10. Wanous J.P, Reichers A.E, Hudy M.J. Overall Job Satisfaction How Good Are Single-Item Measures Journal of Applied Psychology, 1997; 82: 247-252.

11. Barbarelli C, Natali E. I test psicologici: teorie e modelli psicometrici. Roma: Carocci, 2005.

12. Starace F, Baccari F, Mungai F, (eds). La salute mentale in Italia. Analisi delle strutture e delle attività di Dipartimenti di Salute Mentale. Quaderni di Epidemiologia Psichiatrica 2017; 1.

13.Maone, A., D'Avanzo, B., Russo, F., Esposito, R. M., Goldos, B. L., Antonucci, A., ... & Narracci, A. (2021). Implementation of Psychodynamic Multifamily Groups for Severe Mental Illness: A Recovery-Oriented Approach. Frontiers in Psychiatry, 12, 646925.

14. D’Elia A, Russo F, BABA, Vaso di Pandora. 2019