Volume 24 - 9 Settembre 2022

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Disforia di genere in un progetto pilota attraverso l’uso della Schema Therapy

Autori

Ricevuto il 07/02/2022– Accettato il 27/02/22



Riassunto

La disforia di genere descrive, l’esperienza soggettiva e pervasiva di una persona per la quale il genere assegnatole alla nascita è sentito come scorretto, sbagliato o non atto a riflettere la convinzione o verità interiore della persona di appartenere ad un altro genere. La persona sente che in qualche modo la natura ha commesso un errore grossolano tale per cui lui o lei, “è nato nel corpo sbagliato” (Greaves C.C., Reicherter, 2017). I dati emersi negli ultimi anni, mostrano come la popolazione LGBTQI+ sia costantemente esposta ad un malessere psicofisico che può sfociare non di rado in patologie quali ansia e depressione, compromettendo la qualità della vita (Lorraine et al., 2020) e arrivando non di rado ad atti autolesionistici fino al suicidio (De Vries et al., 2020).
Questo processo insieme allo stigma sociale e/o familiare percepito e alle esperienze vissute di discriminazione e violenza, produce un insieme di disagi psicologici dovuti all’appartenere ad una minoranza che viene definito Minority stress (Meyer, 1995) e che risulta essere aggravato dalla presenza di bias omotransfobici all’interno di contesti sanitari (Brown, 1996; Peterson,1996).
Per tale ragione si rende sempre più necessario promuovere la formazione e l’aggiornamento sui temi legati all’orientamento sessuale per scongiurare il rischio di fornire un intervento di qualità inferiore, svalutare i vissuti o le esperienze dell’utente, rinforzare l’eventuale omofobia interiorizzata, perseguire più o meno consapevolmente l’obiettivo di modificare l’orientamento sessuale.
Lo psicologo dovrebbe aiutare l’individuo TGNC (Trans Gender Non-Conforming) a riconoscere l’influenza pervasiva del minority stress e della discriminazione, anche in termini di atteggiamenti negativi interiorizzati (Hendricks, Testa, 2012).
Ciò̀ detto è di fondamentale importanza, estendere a quanti più̀ ambiti sanitari possibili una divulgazione che permetta di poter de-patologizzare, normalizzare, un modo di essere e di percepirsi naturalmente in linea con il proprio sentire.
Allo scopo di poter essere d’aiuto in modo concreto, favorendo percorsi che favoriscano un’esperienza di sé autentica e integrata, comprendendo i conflitti e favorendone la loro integrazione, è stato avviato un progetto pilota all’interno dell’ASL Sud est Toscana.
In linea con un approccio affermativo e assertivo rispetto alle tematiche sulla disforia di genere, verrà proposto in questo articolo, un modello sperimentale di intervento che ha come obiettivo quello di accogliere ed esplorare le tematiche relative alla disforia di genere e il conseguente miglioramento delle qualità̀ di vita delle persone LGBTQ +, tenendo in considerazione le difficoltà relazionali, sia in ambito affettivo che sociale, come un ostacolo verso la divulgazione della propria identità, e lo strutturarsi di una credenza verso sè come inadeguata, sbagliata o diversa, che tende ad interrompere l’idea di una vita futura caratterizzata da scenari positivi e sperati, mantenendo così un processo di omo-transfobia interiorizzata teso alla cronicizzazione di uno stato di malessere generale, favorito da esperienze precoci di invalidazione in ambiente sociale e familiare.


Abstract

Gender dysphoria describes the subjective and pervasive experience of a person for which the gender assigned at birth is felt as incorrect, wrong or not capable of reflecting the person's belief or inner truth of belonging to another gender. The person feels that somehow nature has made an error such that he or she was "born in the wrong body" (Greaves C.C., Reicherter, 2017).
The data that emerged in recent years show how the LGBT population is constantly exposed to a psychophysical malaise that can often lead to pathologies such as anxiety and depression, compromising the quality of life (Lorraine et al., 2020) and not infrequently arriving to self-harm up to suicide (De Vries et al., 2020).
This process together with the perceived social and / or family stigma and the lived experiences of discrimination and violence, produces a set of psychological discomforts due to belonging to a minority which is defined as Minority stress (Meyer, 1995) and which appears to be aggravated by the presence of anti-homosexual biases within healthcare settings (Brown, 1996; Peterson, 1996).
For this reason it is increasingly necessary to promote training and updating on issues related to sexual orientation to avoid the risk of providing a lower quality intervention, devaluing the user's experiences, reinforcing any internalized homophobia, more or less consciously pursue the goal of changing sexual orientation.
The psychologist should help the TGNC (Trans Gender Non-Conforming) individual to recognize the pervasive influence of minority stress and discrimination, also in terms of internalized negative attitudes (Hendricks, Testa, 2012).
For this reasons, it is of fundamental importance to extend to as many health care areas as possible a disclosure that allows you to be able to de-pathologize, normalize, a way of being and of perceiving oneself naturally in line with one's feelings.
In order to be able to be of help in a concrete way, promoting paths that promote an authentic and integrated experience of oneself, understanding conflicts and promoting their integration, a pilot project has been launched within the Azienda Sanitaria Sud est Toscana.
In line with an affirmative and assertive approach about gender dysphoria, an experimental model of intervention will be proposed in this article which aims to welcome and explore issues relating to gender dysphoria and the consequent improvement of the quality of life of LGBTQ + people taking into consideration the relational difficulties both in the emotional and social sphere which represents the greatest obstacle towards the disclosure of one's identitỳ, which in the structuring of a belief towards oneself as inadequate, wrong or different, tends to interrupt even the possible idea of ​​a future life characterized by positive and hoped-for scenarios, thus maintaining a process of internalized homo-transphobia that tends to chronicize a state of general malaise, also due to early experiences of invalidation in the social and family environment.


Introduzione

Questo lavoro configura un avvio di attività sperimentale clinica, volto alla realizzazione di interventi di gruppo inerenti l’incongruenza di genere, oltre che alla creazione di una rete professionale con il centro regionale di riferimento (CRIG -Centro di coordinamento Regionale per le problematiche relative all'Identità di Genere). Nello specifico s’intende costruire uno spazio dedicato e nel contempo lavorare in un’ottica di prevenzione della salute mentale.

Il progetto intende intervenire in un contesto di piccolo gruppo che possa essere in grado di favorire la condivisione dei propri vissuti emotivi e cognitivi disfunzionali e causa di malessere soggettivamente esperito; all’interno del quale sia possibile sviluppare resilienza nella connessione con i pari che, condividendo la loro fase di vita, potrebbero guidarli nel far fronte al pregiudizio transfobico e nel migliorare l’accesso alle cure e alle risorse necessarie (Singh et al., 2011). È stato anche osservato come il sostegno tra pari TGNC sia un fattore in grado di moderare la relazione tra lo stigma e la salute mentale: livelli maggiori di supporto sono associati a migliori condizioni di salute mentale (Bockting et al., 2013).

La cornice teorica su cui si fonda il progetto è quella Schema Therapy che anche in letteratura (Gonzalez, 2018) si è rivelata utile nelle terapie assertive in persone con incongruenza di genere.

L’obiettivo, citando Gonzales (2018), è quello di “aiutare i pazienti ad indentificare, indebolire e rompere i comportamenti e i pensieri disadattivi attivati dagli schemi, al fine di costruire un adulto sano che sperimenti autonomia, appartenenza e senso di competenza nella vita quotidiana” e nello specifico “lavorare per aiutare a contrastare i messaggi negativi su di se, per aiutarli ad esplorare l’identità e l’espressione di genere[...]quindi aiutarli nei complessi sistemi medici che spesso perpetuano l’attivazione di schemi disadattivi”. In particolare, mirando all’individuazione di schemi dati dalla frustrazione di bisogni precoci, la ST attraverso il riconoscimento dello stile di coping, permetterebbe di inquadrare all’interno di un contesto strutturato quanto poi diviene osservabile nel paziente con disforia di genere. Gonzalez (2018), ad esempio, indica che gli schemi di autosacrificio, fallimento e isolamento sociale, e deprivazione emotiva, correlano positivamente con un rischio maggiore di tendenza al suicidio; mentre lo schema dipendenza viene considerato come un fattore protettivo per il rischio suicidario.

Ci si attende di osservare quindi, una rinnovata mobilità e flessibilità̀ psicologica che possa sostituire, in modo funzionale, le credenze omotransfobiche interiorizzate, attraverso la condivisione reciproca e il confronto in gruppo; orientandosi verso una riduzione dell’intensità̀ dell’emotività̀ negativa comunemente associata ad esperienze quotidiane problematiche (per es., visite mediche, situazioni sociali, coming out) attraverso l’uso di tecniche immaginative e role-playing.


Obiettivi
  • Modificare l’impatto della disforia di genere e dello stigma della salute mentale
  • Ridurre l’omo-transfobia interiorizzata e aumentare le risorse di resilienza contro lo stigma sociale
  • Raggiungere piena consapevolezza dei propri schemi maladattivi precoci, delle proprie modalità di coping al fine di avere una cornice chiara del proprio funzionamento che possa essere modificato nelle parti disfunzionali o comunque non vantaggiose
  • Identificare la parte funzionale di sè in contrapposizione alle proprie parti critiche
  • Potenziare abilità assertive

La consapevolezza del proprio funzionamento combinata ad una ristrutturazione delle credenze disfunzionali potrebbe consentire un migliore slancio verso un futuro positivamente connotato.


Metodo

Per la realizzazione è stato messo a disposizione uno spazio dedicato all’interno dell’UFSMA (Unità Funzionale Salute Mentale Adulti) di Grosseto. Sono stati coinvolti quattro adulti di età compresa tra i 22 e i 29 anni, ritenuti idonei rispetto al percorso di transizione, e in carico presso l’Ufsma di Grosseto. Al momento dell’avvio del percorso di gruppo, i partecipanti hanno riportato un quadro clinico di buon compenso in termini psicopatologici. La durata del progetto in corso dovrebbe ricoprire un periodo di circa 12 mesi, a partire da Marzo 2021. Gli incontri a cadenza bisettimanale della durata di 90 minuti sono svolti con la presenza di due conduttori (psicoterapeuta e specializzanda in psicoterapia).

Il progetto basato su interventi Schema Therapy ha un duplice obiettivo: la modificazione degli schemi disfunzionali ed aiutare i partecipanti a soddisfare in modo adattivo i propri bisogni emotivi fondamentali. La terapia è scomponibile in una fase di assessment-psicoeducazione e in una di cambiamento (Serrani, 2013). All’interno del trattamento vengono utilizzate sia tecniche cognitive che tecniche esperienziali; tra queste ultime le più utilizzate sono: Imagery work for Reparenting, Imagery Dialogues e Imagery for Pattern Breaking (Young , 2010).

Altre tecniche utilizzate:

  • psicoeducazione rispetto ai costrutti principali di ST con attenzione alle parti disfunzionali presenti
  • chairwork (volta a comprendere meglio e a distinguere tra loro le diverse parti, imparando ad arginare le modalità genitoriali critiche interiorizzate e favorire un dialogo tra la parte sana e funzionale e quella vulnerabile)
  • role-playing (al fine si esaminare e simulare delle interazioni tra sé e tra sé e l’altro. Questo permetterebbe di sperimentarsi in nuove modalità comportamentali, favorire un cambio di prospettiva e dare un senso alle esperienze sociali problematiche (Pugh, 2021)
  • tecniche di mindfulness (per coadiuvare la consapevolezza degli schemi automatici, imparare a riconoscere gli elementi ricorrenti a livello di credenze disfunzionali, ”entrare in modalità essere e rimanerci”, cosicché i “processi di reazione vecchi e radicati perdono di potere e permettono di raggiungere la libertà di reagire in modo differente“ (Van Vreesvijk, 2016).
  • Training assertività (al fine di “favorire un ulteriore lavoro su di sé, sull’autostima, sul concetto di diritto e valore personale, per poi costruire su questi fondamenta dei solidi pilastri che sostengano la sfera interpersonale, quindi i rapporti con gli altri” (Albanese et al., 2013).

Sulla base di questi interventi sono state previste tre fasi:

  1. FASE DI VALUTAZIONE: attraverso la somministrazione dello YSQ - Young Schema Questionnaire (YSQ-L, Young 2010) sono stati rilevati gli SMP (Schemi Maladattivi Precoci). Si tratta di uno strumento self-report per la valutazione dei 18 schemi, composto da 232 item a cui rispondere utilizzando una scala Likert a sei punti. Gli item sono suddivisi in gruppi in base allo schema di riferimento. Non esiste un cut-off, ma nella pratica clinica vengono considerati rilevanti gli item in cui il soggetto riporta un punteggio elevato (5 o 6) in almeno 3 domande che rientrano nel gruppo di un determinato schema.
  2. FASE DI TRASFORMAZIONE: Riorganizzazione cognitiva, creazione di una voce sana interiorizzata ed esercizi comportamentali ed esperienziali ideati per interrompere modalità di coping disfunzionali, volti ad una maggiore consapevolezza degli stati emotivi e ad un passaggio all’accettazione di questi.
  3. FASE DELLA SPERIMENTAZIONE: esplorare e sperimentare nel contesto quotidiano di appartenenza i pensieri funzionali e le modalità di coping esplorati e discussi nel contesto di gruppo.


Discussione

Dalla somministrazione dello YSQ-L-Young Schema Questionnaire in fase di valutazione, il grafico seguente riporta la media degli schemi maggiormente attivi tra i partecipanti:

Grafico 1

In particolare, dall’analisi qualitativa delle medie delle risposte dei partecipanti allo YSQ-L risulta esservi una maggiore pervasività di alcuni schemi, tra cui, nell’ordine:

Standard Elevati / Ipercriticismo: questo schema si fonda sulla convinzione di dover soddisfare a tutti i costi gli standard severi di carattere etico o prestazionale che sono stati interiorizzati, allo scopo di evitare critiche da parte degli altri. Sulla spinta di una definizione di regole rigide e doveri in molti ambiti esistenziali le credenze più diffuse tra i partecipanti del gruppo sono state: “voglio essere sempre di più”, “mi guardo allo specchio e voglio cambiare per la società e per me”, “in quanto transgender non sono abbastanza bello, non sono abbastanza attivista”. Alla base di questo schema sembra esservi la frustrazione del bisogno di spontaneità e gioco. Dalle osservazioni riferite dai partecipanti in seguito ad alcuni esercizi di immaginazione volti a potenziare e sviluppare il mode del bambino felice, ad esempio, il bambino che viene descritto nel “giocare sotto la pioggia”, è stato duramente criticato da alcuni soggetti e definito in senso dispregiativo come “una capretta”. Un intervento di laddering su questo contenuto ha permesso di far emergere l’immagine associata ad un “bravo” bambino descritta come, “un bimbo che non fa casino e non si muove proprio”. Questa descrizione viene riportata a titolo esemplificativo per mostrare come la presenza di questo schema nei partecipanti era associato all’immagine di una persona che privilegia la performance e la prestazione, a discapito di una maggiore autenticità e ludicità nell’espressione dei bisogni di gioco e rilassamento.

Autosacrificio: Questo schema deriva o è secondario all’inibizione di bisogni o vissuti emotivi spontanei propri e può quindi derivare dalla frustrazione del bisogno di Libertà Nell’espressione Dei Bisogni E Delle Emozioni. Nel gruppo di partecipanti questo bisogno è stato manifestato con espressioni come: “essere accovacciato dal dolore”, “trattenere a forza le lacrime”, “avere un’espressione imbambolata”. Sono stati ricordati episodi caratterizzati dall’impossibilità di poter esprimere le proprie emozioni che, ad oggi, costituiscono un’attivazione di pensieri critici rispetto ai propri stati emotivi o una modalità protettore distaccato che blocca l’attivazione dei contenuti emotivi (“ho imparato che se piango l’ambiente diventa pericoloso”). Coerentemente i partecipanti hanno condiviso delle convinzioni quali: “devo accontentare l’altro perché io sono trans”, “do per scontato che a lavoro devo sottostare e stare in silenzio” o “a volte penso: passami sopra basta che non rimango solo, è già tanto che non mi butti”. È esperienza comune che la repressione sistematica delle proprie emozioni e dei propri bisogni possa portare a sviluppare risentimento e irritazione, portando a livelli elevati di esasperazione e di rabbia.

Abuso/Sfiducia: la presenza di questo schema avvalora la convinzione di fondo che gli altri siano potenzialmente figure abusanti, che approfitteranno, feriranno o umilieranno l’individuo. Questo schema riflette le emozioni di paura e ansia che si innescano nelle occasioni quotidiane nelle quali temono di apparire in modo negativo. Questo tipo di schema è stato caratterizzato da credenze come: “mi vedono come il peggior vandalo della storia” oppure credono che “se dicessi la verità il capo potrebbe licenziarmi”, oppure “se sono trans troveranno il modo di fottermi” con un comune denominatore fondato sul timore di “essere aggredito/sgamato”.

Inadeguatezza/Vergogna: chi presenta questo schema ha la sensazione di essere una persona inadeguata, sbagliata, poco desiderata, inferiore, non amabile. Nello specifico emerge nei partecipanti un’inadeguatezza rispetto al proprio vissuto corporeo e caratteriale: “non sono abbastanza trans” oppure “vorrei essere abbastanza coraggioso, mi freno, non riesco”, “non devo far capire che sono trans”, ”se rivelo tutto mi schiferanno, froci e trans che schifo”, “che razza di bestia sei?!”.

Sulla base di questa prima fase valutativa, si delinea come seguendo il mode bambino più evidente sia quello del Bambino vulnerabile (solo, abbandonato, umiliato, deprivato e inadeguato).

Nella fase di trasformazione, attraverso tecniche specifiche come, ad esempio, il chairwork e tecniche di imagery, è stato possibile mettere in luce rispetto alla tematica proposta, i bisogni frustrati del proprio bambino interiore, attraverso il proprio adulto sano funzionale, rispondere e soddisfarli. Oltre all’identificazione degli stati emotivi attivati da eventi specifici, è stato utile per i partecipanti tentare di allontanare la voce della parte critica, che fino ad oggi ha contribuito al malessere esperito. La possibilità di validare, confortare e accogliere i sentimenti della parte bambina, e zittire la parte critica, attraverso la voce di una parte adulta funzionale, ha portato i partecipanti a sperimentare un maggior senso di autoefficacia percepita.

La tendenza principale della parte critica si è sviluppata per tutti in termini d’invalidazione (“devi stare zitta e tenertela/ è così e basta/ è un capriccio”). Sono emersi bisogni di conforto, di espressione, protezione e assertività, davanti a sensazioni che vanno dal terrore, alla rabbia, all’ansia, al sentirsi paralizzati.

Pur non essendo ancora giunto al termine del trattamento, si è ritenuto utile verificare eventuali cambiamenti, somministrando lo YSQ-L a nove mesi dall’inizio. Sono previsti ulteriori somministrazioni alla fine del percorso e a tre mesi di follow-up.

Il confronto dei punteggi ottenuti nello YSQ-L prima e 9 mesi dopo l’inizio del trattamento ha evidenziato, sul piano di un’analisi puramente qualitativa, una riduzione di diversi schemi. Come è possibile notare dal grafico (vedi Grafico 2), si osserva una riduzione della pervasività̀ soprattutto negli schemi di Inadeguatezza/Vergogna, Fallimento, Abuso/Sfiducia, Autosacrificio, Standard Elevati.

Grafico 2

Nell’ottica di abbassare i livelli frustrazione e angoscia relativi alla percezione di sentirsi sbagliati, questo dato fa ben sperare in una ristrutturazione di un’immagine positiva di sé, che permetta ai partecipanti di essere meno sensibili alle critiche e ai rifiuti e di conseguenza di sviluppare una maggiore sicurezza nelle relazioni sociali. Anche gli schemi “Autosacrificio” e “Abuso/Sfiducia” registrano un evidente calo; questo evidenzia come le aspettative rispetto agli altri siano orientate in termini di minore diffidenza e nella percezione di sentirsi meno feriti dal giudizio altrui.


Conclusione

Il lavoro svolto con i partecipanti, anche se ancora in corso, sembra essersi rivelato molto utile in vista del raggiungimento degli obiettivi iniziali. Nella direzione di modificare l’impatto negativo della disforia di genere, identificando la parte funzionale di sé (in contrapposizione alle proprie parti critiche) con lo scopo di ristrutturare le credenze disfunzionali. Risulta possibile osservare una riduzione dei sintomi legati all’angoscia e una maggior autoefficacia. Da un’analisi puramente osservativa, si è assistito ad una diminuzione della rigidità̀ psicologica, data dalle credenze disfunzionali, che ha portato ad una riduzione generale del disagio e della sofferenza sperimentata.

Grazie ad interventi in ottica Schema Therapy i partecipanti hanno imparato ad utilizzare strategie più̀ funzionali, riuscendo a costruire un adulto sano in grado di sperimentare senso di autonomia, appartenenza e competenza nella vita quotidiana. Migliorando la flessibilità̀ psicologica, i partecipanti si sono mossi verso la corretta gestione e l’accettazione di situazioni sociali che prima apparivano assolutamente drammatiche (ad esempio accesso alle cure mediche).

Il progetto potrebbe rappresentare alcuni limiti ascrivibili al numero ridotto di soggetti e alla mancata somministrazione di strumenti volti a misurare specifici contenuti. Sarebbe stato utile avere un campione di partecipanti più numeroso per poter estendere i risultati in maniera più̀ ampia. Quanto fino ad oggi osservato, fa ben sperare nella possibilità̀ di intervenire in un numero più̀ elevato di soggetti. In futuro si rende necessario utilizzare degli strumenti volti alla misura dei livelli di depressione, ansia, delle strategie di coping, della pervasività̀ dei mode (oltre che degli schemi). Inoltre, ha rappresentato l’avvio verso un interesse crescente, che potrà aprire nuovi scenari d’intervento. Nonostante per molto tempo l’attenzione sugli interventi di sostegno alla disforia di genere sia stata in penombra, oggi questo lavoro vuole rappresentare sia un intervento di prevenzione che di promozione della salute psicologica, volto all’empowerment della persona.


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