Traiettorie evolutive nei disturbi del neurosviluppo: dalla prima infanzia all’adolescenza. Analisi dei fattori prognostici
Autori
* UOSD Psichiatria e Psicoterapia Età Evolutiva, DSM-DP Ausl Bologna
° UOC NPIA Attività Territoriale, DSM-DP Ausl Bologna
Ricevuto il 30 novembre 2021 – Accettato il 4 dicembre 2021
Riassunto
Rispetto ai disturbi del neurosviluppo vi è una grande variabilità negli esiti a lungo termine.
Scopo di questo lavoro è individuare possibili modificatori del decorso nelle traiettorie evolutive dei disturbi del neurosviluppo, identificando elementi concreti che possano contribuire a pianificare un appropriato trattamento e garantire il massimo sviluppo delle potenzialità di ogni individuo.
Con questa prospettiva è stata fatta un’analisi della letteratura internazionale e del nostro Paese ed è stata analizzata una casistica clinica di pazienti con ADHD, comprensiva di vignette cliniche esemplificative.
Riguardo alla casistica, sono stati analizzati i pazienti ADHD gravi con indicazione di presa in carico farmacologica afferiti al Centro prescrittore aziendale ADHD di Bologna, dal 2011 al 2016.
Sono stati studiati: i fattori di rischio anamnestici, la sintomatologia compresente oltre al quadro ADHD, gli elementi del trattamento, l’evoluzione clinica misurata con la variazione del punteggio della scala di funzionamento sociale CGAS all’ingresso ed al momento del follow-up.
I tre principali modificatori di decorso individuati sono: l’ambiente familiare, quello scolastico (con particolare riguardo alle relazioni fra pari) e l’intervento terapeutico.
Per ognuno di questi fattori sono emerse indicazioni per impostare un adeguato progetto di intervento.
Emerge dunque la possibilità di modificare il decorso anche di disturbi particolarmente gravi come quelli del neurosviluppo, agendo sull’ambiente esterno (famiglia, scuola, relazioni coi pari) attraverso un progetto di cura specifico e individualizzato.
Questa possibilità concreta responsabilizza tutti gli attori della rete a non trascurare nessuna delle azioni possibili in vista di un efficace progetto di cura.
Abstract
Respect to neurodevelopmental disorders, there is great variability in long-term outcomes.
The aim of this work is to identify possible course modifiers in the developmental trajectories of neurodevelopmental disorders, identifying concrete elements that can help plan an appropriate treatment and ensure the maximum development of each individual's potential.
With this perspective, an analysis of the international literature and of our Italian country was carried out and a clinical case series of patients with ADHD was analyzed, including exemplary clinical vignettes.
About casuistry, the severe ADHD patients with indication of pharmacological management related to the ADHD Center in Bologna, from 2011 to 2016, were analyzed.
The following items were analyzed: the anamnestic risk factors, the symptoms present in addition to the ADHD, the elements of the treatment, the clinical evolution measured with the change in the score of the CGAS social functioning scale at the entry and at the time of follow-up.
The three main course modifiers identified are: the family environment, the school environment (with particular regard to relationships between peers) and the therapeutic intervention.
For each of these factors, indications emerged to set up an adequate intervention project.
Therefore, the possibility of modifying the course of particularly serious disorders such as those of neurodevelopment emerges, by acting on the external environment (family, school, relationships with peers) with a specific and individualized treatment plan.
This concrete possibility makes all the actors of the network responsible not to neglect any of the possible actions for an effective treatment project.
Introduzione
In merito all’origine ed allo sviluppo dei disturbi mentali, Goldberg e Goodyer (1, 2009) affermano che la vulnerabilità è determinata da fattori distali (genetici, intrauterini, della prima infanzia, della seconda infanzia e dell'adolescenza) ma che questi fattori da soli non sono sufficienti perché si instaurino disturbi mentali: essi sono innescati da fattori prossimali.
Più specificamente rispetto ai disturbi del neurosviluppo, Rutter (2, 2008) afferma che vi è una grande variabilità negli esiti a lungo termine nei disturbi del neurosviluppo: alcuni individui continuano a mostrare difficoltà marcate in età adulta, mentre altri funzionano relativamente bene. Allo stato attuale delle conoscenze le basi per questa variabilità non sono state ancora comprese appieno. Nell'autismo, per esempio, il quoziente cognitivo ha una chiara importanza: gli esiti di sviluppo risultano negativi negli individui con un quoziente cognitivo sotto al 50, mentre gli adulti con un funzionamento più positivo sono largamente concentrati nei gruppi con un range normale di quoziente cognitivo. Negli individui con un quoziente cognitivo di 70 o più alto, però, gli specifici livelli di Q.I. risultano scarsamente o per nulla correlati alla prognosi. Secondo l’autore, rimane da chiarire se le variazioni del funzionamento all'interno di questo gruppo sono da attribuire in maniera predominante alla severità delle basi biologiche del disturbo o riflettono effetti della adeguatezza dei servizi ricevuti sia nell’infanzia, sia nella vita adulta.
Secondo il DSM-5 (3, 2013) i fattori prognostici meglio stabiliti per il disturbo dello spettro dell'autismo sono la presenza o l'assenza di disabilità intellettiva e compromissione del linguaggio associati e problemi di salute mentale aggiuntivi.
Il manuale diagnostico dell’APA invece, rispetto al Disturbo da deficit di attenzione iperattività (DDAI) introduce, invece, un concetto molto importante che è quello di “modificatori del decorso”: i pattern di interazione familiare nella prima infanzia non rappresentano un rischio di causare DDAI, ma possono influenzarne il decorso o contribuire allo sviluppo secondario di problemi della condotta.
Scopo del lavoro
Anche nel caso di disturbi psichici fortemente condizionati da aspetti genetici, come i disturbi del neurosviluppo, è importante studiare i fattori prognostici, in particolare nell’ottica di individuare possibili modificatori del decorso che possano contribuire a pianificare un appropriato trattamento e garantire il massimo sviluppo delle potenzialità di ogni individuo.
Con questa prospettiva è stata attuata una analisi della letteratura internazionale e del nostro Paese rispetto al disturbo dello spettro autistico e al disturbo da deficit dell’attenzione ed è stata analizzata una casistica clinica di pazienti con ADHD. Infine vengono presentate due vignette cliniche esemplificative.
Analisi di letteratura
a) Disturbo dello spettro dell'autismo
Il primo elemento che viene indicato come determinante è il trattamento che dev’essere precoce, individualizzato e deve coinvolgere la famiglia: diversi contributi sottolineano infatti, da un lato la severità della prognosi dei disturbi dello spettro autistico (DSA), ma dall’altro lato l’importanza del trattamento precoce nell’influenzare le traiettorie evolutive del DSA (4 , 2015 – 5, 2019).
Un secondo aspetto evidenziato in letteratura è il ruolo della famiglia ed in particolare della genitorialità.
Uno studio (6, 2013) ha analizzato specificamente il ruolo della povertà familiare e della genitorialità. Gli autori affermano che i bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD) hanno spesso alti tassi di psicopatologia concomitante e che poco si sa sui fattori di rischio che potrebbero contribuire a questa psicopatologia.
Per questo sono stati analizzati 209 b.ni con ASD utilizzando la scala SDQ a 3, 5 e 7 anni.
I risultati mostrano che la povertà familiare, le difficoltà di risposta relazionale e la confusione domestica sono fattori di rischio per i comportamenti esternalizzanti nei bambini con ASD. Gli autori concludono quindi che la capacità di positiva relazione può essere un obiettivo chiave per l'intervento, in particolare nelle famiglie più povere.
Roberta Igliozzi, Raffaella Tancredi (7, 2020) analizzando le diverse traiettorie evolutive del funzionamento adattivo di bambini con ASD, dalla nascita all'adolescenza, individuano tre traiettorie: un primo gruppo in cui si rileva un peggioramento, un secondo gruppo in cui si segnala una stabilità delle competenze adattive ed un terzo, con un buon funzionamento intellettivo, in cui si osserva un miglioramento.
Le autrici sottolineano come il peggioramento nelle abilità adattive si riscontra con il passaggio dall'infanzia all'adolescenza e dall'adolescenza all'età adulta.
L’aspetto di maggiore interesse appare però l’individuazione di elementi ambientali, uniti a quelli genetici, come fattore di rischio per i sintomi esternalizzanti: i disturbi del comportamento sono infatti, a dire delle autrici, manifestazioni di un soggetto perlopiù a “basso funzionamento” sovraccaricato dal punto di vista sensoriale, emotivo e sociale.
b) Disturbo da deficit dell’attenzione ed ipercinesia
Un concetto di particolare interesse per comprendere le traiettorie evolutive dei disturbi esternalizzanti e dell’attenzione è quello di accumulo di fattori di rischio: i giovani che sviluppano un disturbo della condotta spesso hanno difficoltà da lunga data legate ad ADHD, disturbo oppositivo, spesso vengono da famiglie con problemi antisociali o difficoltà educative, inoltre spesso sperimentano difficoltà scolastiche e con i coetanei.
Questo accumulo di fattori di rischio impedisce di compiere importanti passaggi evolutivi. (8, 2013)
Il ruolo dell’ambiente familiare risulta determinante in diversi studi.
L’influenza delle caratteristiche dell'ambiente familiare sulla eterogeneità delle traiettorie evolutive dell’ADHD viene valutata studiando 335 bambini dall’ingresso a scuola fino all’adolescenza, a intervalli di 3 anni (9, 2005). Gli autori mostrano come diversi aspetti dell'ambiente familiare si collegano allo sviluppo di due differenti tipi di problemi di comportamento.
Scarso supporto emotivo e stimolazione intellettuale da parte dei genitori nella prima infanzia predicono l'appartenenza al gruppo con un rilevante problema di disattenzione/ iperattività indipendentemente dallo sviluppo di problemi di aggressività; al contrario, conflitto e mancanza di coesione nell'ambiente familiare predicono uno sviluppo peggiore nella traiettoria del comportamento aggressivo indipendentemente dalle differenze nello sviluppo di problemi di disattenzione/ iperattività.
Per analizzare gli effetti genetici e i fattori rischio familiare nelle traiettorie evolutive dell’ADHD (10, 2011) sono state studiate 1.450 coppie di gemelli, valutati all'età di 8-9, 13-14 e 16-17 anni.
I fattori rischio familiare considerati sono stati: stato socioeconomico basso, la dimensione della famiglia numerosa e il divorzio.
Sono stati individuati quattro gruppi di adolescenti con modelli di sviluppo distinti rispetto alla intensità dei sintomi di iperattività-impulsività e disattenzione: un primo gruppo con sintomatologia bassa per entrambi gli aspetti, un secondo gruppo con prevalente iperattività, un terzo con prevalente disattenzione ed un quarto con traiettoria combinata con elevati sintomi sia di iperattività, sia di disattenzione. I gruppi 2 (traiettoria iperattiva) e 4 (traiettoria combinata più grave) risultano associati a tassi più elevati di ambienti a rischio familiare rispetto al gruppo 1 (sintomi bassi).
Un altro studio (11, 2016) ha analizzato le traiettorie dello sviluppo di deficit di attenzione/iperattività correlandole all'emozione familiare espressa.
Sono stati studiati 388 bambini con ADHD e 127 controlli; i risultati longitudinali dimostrano che il clima emotivo intrafamiliare, indicizzato dall'emozione espressa dei genitori nella modalità “critica”, risulta associato a traiettorie di sviluppo più gravi nei bambini con ADHD.
Un altro lavoro (12, 2019) sottolinea invece l’importanza dell’ambiente scolastico.
Lo studio intendeva identificare i meccanismi di rischio per le traiettorie longitudinali dei comportamenti esternalizzanti nell’ADHD considerando 7.674 pazienti all’età 18-32 anni.
I risultati sottolineano l’importanza di promuovere un ambiente scolastico favorevole per gli adolescenti con (e senza) ADHD: questo contesto, secondo gli autori, svolge un ruolo fondamentale nel plasmare lo sviluppo di comportamenti esternalizzanti in età adulta. Migliorare il clima scolastico offrendo più attività extrascolastiche ed introdurre politiche disciplinari più tolleranti, possono produrre effetti più positivi sui risultati degli studenti rispetto agli interventi che si concentrano esclusivamente sullo studente o sul singolo individuo.
Altri studi, infine, sottolineano l’importanza degli aspetti sociali.
In un precedente lavoro, comparso sempre su questa rivista (13, 2015)) ci proponevamo di analizzare, in una casistica clinica, le traiettorie evolutive del disturbo della condotta dall’età evolutiva all’età adulta, con particolare attenzione agli elementi sintomatologici ed ambientali rilevabili nei primi anni di vita e al successivo sviluppo nel follow-up dopo il compimento della maggiore età.
L’analisi statistica eseguita sulla casistica attestava l’importanza sia degli aspetti costituzionali-individuali (come la precocità di esordio della sintomatologia), sia degli aspetti ambientali (come le difficoltà familiari, in particolare in ambito educativo). Per quanto riguarda i fattori che influenzano le traiettorie evolutive, in accordo col DSM-5, la casistica analizzata confermava che un’alta percentuale (76%) di disturbi della condotta in adolescenti ha una sintomatologia rilevante già nella infanzia (il 53% prima dei dieci anni) e che l’esito precoce si correla ad una peggiore prognosi.
ANALISI DELLA CASISTICA
Materiale e metodo
È stata analizzata una casistica di pazienti ADHD gravi con indicazione di presa in carico farmacologica afferiti al Centro prescrittore aziendale ADHD di Bologna, negli anni dal 2011 al 2016.
Sono stati analizzati: i fattori di rischio anamnestici, la sintomatologia compresente oltre al quadro ADHD, gli elementi del trattamento, l’evoluzione clinica misurata con la variazione del punteggio della scala di funzionamento sociale CGAS all’ingresso ed al momento del follow-up.
Risultati
La casistica risulta composta da 22 pazienti, tutti maschi (100%).
L’età media di accesso ai Servizi di NPIA è di 6,5 anni, l’età media al momento dello studio è di 14,7 anni.
Il Follow-up minimo è di 5 anni, quello massimo 10 anni; il follow-up medio è di 6,5 anni.
Fattori di rischio presenti in anamesi:
- disturbo psichiatrico in uno dei genitori: 13 (59%)
- relazioni intrafamiliari difficili: 12 (54%)
- eventi di vita sfavorevoli: 12 (54%)
- presa in carico del Servizio Sociale: 10 (45%)
- diagnosi in comorbidità: 17 (77%) - DSA: 15 (68%)
Sintomi compresenti nel quadro clinico:
- disturbi della condotta e oppositivi: 11 (50%)
- sintomi internalizzanti (bassa autostima, difficoltà relazionali): 18 (82%)
Trattamento: tutti hanno assunto terapia farmacologica e hanno ricevuto intervento psicologico, educativo o entrambi.
Evoluzione:
- Punteggio scala CGAS medio all’ingresso: 52
- Punteggio scala CGAS medio all’osservazione: 68
- Miglioramento almeno 10 punti scala CGAS: 17 (77%)
Analisi statistica
Con il “test esatto di Fisher” è stata studiata la relazione fra alcuni fattori di rischio ed alcuni indicatori di esito (vedi tab. 1).
Il miglioramento della scala CGAS di 10 punti correla in modo negativo (p = 0,017544) con la presenza di sintomi della condotta/oppositivi, il che significa che i bambini che non migliorano hanno sintomi della condotta.
Il miglioramento della scala CGAS di 10 punti ha anche una correlazione tendenzialmente negativa (0,095) con la presa in carico del Servizio Sociale: chi non migliora ha questa presa in carico.
Il miglioramento più significativo della scala CGAS di 30 punti, correla in modo negativo (p = 0,0232) con la presenza di diagnosi in comorbidità: chi non migliora ha diagnosi in comorbidità.
Il funzionamento sociale “discreto” (CGAS 70) correla in modo negativo (p = 0,011) con la presenza di sintomi della condotta/oppositivi: chi non ha funzionamento discreto ha sintomi della condotta.
Infine il funzionamento sociale “buono ” (CGAS 80) correla in modo negativo (p = 0,05) con la presenza di diagnosi in comorbidità: chi non ha un funzionamento “buono” ha diagnosi in comorbidità.
Vignette cliniche
Marco
Giunge al Servizio di NPIA a 7 anni; è un bambino atletico, “vulcanico”, molto emotivo, risulta simpatico.
Dalla valutazione emerge fortemente la disparità intrafamiliare fra il suo funzionamento e quello di due sorelle “bravissime” dal lato accademico; il bambino è consapevole di questa discrepanza, ne è dispiaciuto e va in ansia per le difficoltà scolastiche.
Sintomi di presentazione: iperattività, crisi rabbia, disattenzione e bassa autostima.
La scuola non aveva segnalato difficoltà, ma sono i genitori a preoccuparsi.
Il bambino presenta buone capacità cognitive.
Il funzionamento sociale all’ingresso, misurato con scala CGAS è pari a 55, presenta cioè “problemi evidenti”.
Trattamento ed evoluzione:
Il primo intervento terapeutico erogato è di supporto psicologico in merito alla gestione delle emozioni ed ha consentito a Marco di mantenere positive relazioni con i pari in ambito scolastico ed extra. Emerge a questo punto più “isolato” il sintomo disattentivo che viene trattato con metilfenidato con un positivo effetto nella riduzione del sintomo.
Al follow-up a 18 anni, il funzionamento sociale è “buono” (CGAS 85), Marco frequenta un Liceo scientifico con PDP per BES, le relazioni intrafamiliari e con i pari sono buone, sono migliorati il controllo delle emozioni e l’autostima.
Rileggendo la storia, fra i fattori protettivi si rilevano le buone capacità del ragazzino, la consapevolezza egodistonica rispetto alle proprie difficoltà e la conseguente capacità di chiedere aiuto ed aderire alle proposte di cura, il positivo supporto familiare, la presa in carico precoce sia degli aspetti emotivi, sia di quelli attentivi.
Paolo
Arriva al Servizio di NPIA a 6 anni. È un bambino magro, costantemente in movimento, goffo, logorroico: ripete di continuo barzellette, ma senza la capacità di suscitare il riso e la simpatia, senza cogliere il feedback dell’altro e risultando quindi, purtroppo, non piacevole.
Situazione familiare: è il primo di 5 figli, la madre presenta un disturbo depressivo, vi è una situazione di confusione domestica (anche una sorella ha disturbo psicopatologico misto con disabilità cognitiva); il bambino è disregolato nell’uso del tablet-videogames e non accetta le limitazioni.
Sintomi di presentazione: triade ADHD, intolleranza regole e limiti con aspetti oppositivo-provocatori, stati di eccitamento, difficoltà relazionali, disturbo del ritmo del sonno, scarsa consapevolezza delle proprie difficoltà con attribuzione esterna dei problemi.
Il funzionamento sociale all’ingresso, misurato con scala CGAS pari a 55, presenta quindi “problemi evidenti”.
Trattamento ed evoluzione:
Dal lato terapeutico vengono attivati: certificazione legge 104/92 con insegnante di sostegno, colloqui con i genitori, gruppi educativi per il bambino di cui uno specifico per ADHD, colloqui individuali, terapia farmacologica con metilfenidato + valproato.
Al follow-up a 16 anni il funzionamento sociale rimane invariato (CGAS 55); Paolo fatica a mantenere una regolarità scolastica pur avendo stabilito obiettivi didattici minimi, non riesce a seguire le regole di comportamento a scuola, presenta difficoltà con i pari. La situazione intrafamiliare permane difficile con una forte conflittualità con i fratelli ed i genitori.
In questa storia clinica si evidenziano diversi fattori di rischio: una scarsa compliance familiare (difficoltà di gestione, situazione familiare pesante con necessità intervento del Servizio Sociale), ma anche una difficoltà individuale, del ragazzino, ad aderire ai trattamenti proposti che vengono spesso interrotti. Il comportamento oppositivo-provocatorio di Paolo porta a reazioni circolari di tipo punitivo-espulsivo in numerosi contesti. Anche la terapia farmacologica è stata sabotata dal bambino e scarsamente monitorata dai genitori. L’abitazione in cui Paolo vive, infine, è isolata e rende difficoltose le relazioni coi pari.
CONCLUSIONI
Scopo di questo lavoro era individuare possibili modificatori del decorso nelle traiettorie evolutive dei disturbi del neurosviluppo, identificando elementi concreti che possano contribuire a pianificare un appropriato trattamento e garantire il massimo sviluppo delle potenzialità di ogni individuo.
L’analisi della letteratura e i dati della casistica, rafforzati dalle esemplificazioni cliniche, hanno permesso di identificare diversi aspetti rilevanti.
Nel condizionare l’evoluzione dei disturbi del neurosviluppo vanno considerati innanzitutto fattori prognostici “distali” come il livello di funzionamento sociale, il quoziente cognitivo, lo sviluppo del linguaggio.
È possibile però anche identificare, fra i fattori prognostici “prossimali”, alcuni elementi che possono avere funzione di modificatori di decorso, ossia essere valutati e trattati all’interno di un efficace percorso di cura.
I tre principali modificatori di decorso individuati sono: l’ambiente familiare, quello scolastico (con particolare riguardo alle relazioni fra pari) e l’intervento terapeutico.
Per ognuno di questi fattori sono emerse indicazioni per impostare un adeguato progetto di intervento:
- agire sull’ambiente familiare significa coinvolgere i genitori, fornire indicazioni specifiche (ad esempio un percorso di parent training), e fornire un sostegno terapeutico di fronte ad eventuali fragilità;
- agire sull’ambiente scolastico significa che il bambino con disturbi del neurosviluppo deve essere trattato con elasticità, deve trovare un clima positivo di accoglienza; è necessaria quindi una formazione dei docenti (ad esempio mediante percorsi di teacher training) e devono essere fornite occasioni di supervisione o discussione per i casi più difficili.
A bambini e ragazzi debbono essere offerte anche occasioni di socializzazione extrascolastiche (ad esempio laboratori educativi). - il trattamento dev’essere tempestivo, mirato, specifico e individualizzato (punti di forza e criticità), attuato dopo una accurata valutazione ed all’interno di un’équipe multiprofessionale.
In conclusione, quindi, esiste la possibilità di modificare il decorso anche di disturbi particolarmente gravi come quelli del neurosviluppo, agendo sull’ambiente esterno (famiglia, scuola, relazioni coi pari) con un progetto di cura specifico e individualizzato.
Questa possibilità concreta responsabilizza tutti gli attori della rete a non trascurare nessuna delle azioni possibili per realizzare un efficace progetto di cura.
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