Recensione del Libro “La sintassi delle psicosi” di Stefano Marino
Autore
Psicologo-Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico e Gruppoanalitico
La proposta dello psichiatra Stefano Marino, espressa in questo saggio pubblicato nel 2020 edito Aracne, è chiara fin dalle prime battute: segni, sintomi, outcome dei disturbi psichiatrici maggiori, vengono descritti come dipendenti da forme aberranti innate e da adeguamenti disfunzionali dell'architettura degli istinti alle condizioni che l'ambiente detta all’ individuo.
A sostegno di questa tesi viene enfatizzato lo sviluppo della Scienza Cognitiva fondata sull'Approccio Computazionale, che segna a suo avviso l’inconsistenza dell'empirismo in psicologia. Infatti, dalla lettura del libro emerge la necessità di conoscere i programmi cognitivi specifici dell'essere umano: la mera dimostrazione dell’alterazione biologica in un gene o in un recettore non viene considerata come una spiegazione esaustiva dei disturbi psichici.
L'approccio cognitivo e computazionale alla psicologia dei fenomeni patologici consente di fare delle valutazioni sulla patogenesi delle condizioni cliniche: questo ha sicuramente il pregio di orientare lo sguardo del clinico al di là del descrittivismo fenomenologico e delle categorie diagnostiche nosografiche dal DSM.
La svolta metodologica descritta nel saggio parte dallo studio della teoria linguistica di Chomsky, per poi considerare, tra gli altri, il modello a modularità massiva di Pinker e quello a modulazione attenuata di Fodor.
Marino prende in considerazione alcuni processi di elaborazione delle informazioni dal cui malfunzionamento nasce la psicosi: l’ipotesi centrale dell’autore è che le principali sindromi psichiatriche derivino da alterazioni di processi non modulari di elaborazione dell'informazione, che quindi hanno una specifica biologia e specifica aberrazione computazionale.
Rispetto al delirio, questa condizione psicopatologica viene valutata come espressione della disfunzione di un meccanismo innato di selezione delle informazioni, che conduce la persona a prendere in considerazione un'eccessiva quantità di informazioni che l'apparato cognitivo non è in grado di gestire prima che siano immerse nei processi modulari di elaborazione. La sintomatologia psicotica è vista come espressione di una disfunzione dei processi preliminari di elaborazione della percezione della memoria.
I disturbi dello spettro della psicosi sono quindi il risultato di una doppia disfunzione a carico di una funzione modulare e di una non modulare (a differenza delle sindromi neuropsicologiche riconducibili a disfunzioni di una singola funzione cognitiva modulare). La funzione non modulare deriva dal ragionamento secondo cui le funzioni psichiche superiori sono da ricondurre alle inferenze logiche di tipo abduttivo.
Marino volge lo sguardo anche sui disturbi dell'umore ponendo in essere la relazione tra umore e affetti, cogliendo che un'adeguata valutazione delle situazioni sociali è un aspetto fondamentale dei disturbi dell'umore. Depressione e mania, d’altro canto, sono abitualmente descritte come drammatiche mutazioni in diverse aree del comportamento e della cognizione: l’autore considera queste modifiche come effetto dell'alterazione di un unico dispositivo che controlla la sintonizzazione dell'individuo all'ambiente sociale e la delimitazione delle sue possibilità di azione.
In conclusione, la svolta sintattica proposta da Marino spinge il lettore a trascendere la dimensione interpretativa, spostandosi dalla semantica alla sintassi per individuare una possibile “chiave di volta” per comprendere la causa del frammentarsi della coscienza di sé e del mondo dello psicotico.