Volume 23 - 10 Maggio 2022

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EDITORIALE - Piano di Rilancio e nuove prospettive della Rivista

Autori



Viene pubblicata, con una nuova veste editoriale e redazionale e con la dr.ssa Marzia Sandroni, come Direttore Responsabile, la “Nuova Rassegna di Studi psichiatrici”.

Questo numero, già completato a ottobre 2021, viene pubblicato adesso perché sono stati necessari tempi tecnici per definire le modifiche relative alla nuova veste editoriale della Rivista stessa.

La Rivista Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici vede la sua prima pubblicazione on line il 4 ottobre 2010, dove in apertura, nell’Editoriale scritto da Giuseppe Corlito, Andrea Fagiolini e Paolo Martini vengono esposte motivazioni, finalità e politiche della rivista quale “strumento ritenuto più idoneo per sostanziare, sostenere e sviluppare un progetto comune interaziendale di comunicazione, formazione, assistenza e ricerca nel campo della Salute Mentale”. Il progetto della Rivista nasce infatti nell’ambito del DSM dell’area vasta sudest, contestualmente alla unificazione dipartimentale dei Servizi aziendali di salute mentale, della Clinica Psichiatrica Universitaria e della Azienda Ospedaliera Universitaria, “per incrementare la produzione scientifica nei Servizi, per sostenere e rafforzare il processo di interscambio e di confronto tra Servizi ed Università con cui è iniziata una collaborazione sistematica e con cui sono state programmate ricerche in comune; per incentivare una modalità di lavoro che possa essere sistematicamente documentata e dia la possibilità di autoriflessione e di confronto secondo le modalità della ricerca applicata, che cerchi di mantenere un costante rapporto tra la pratica e la teoria”.

È interessante notare, riguardando i 22 numeri della rivista, come inizialmente gli scritti siano prevalentemente articolati secondo il vertice d’osservazione psicologico/psichiatrico e fondamentalmente nella prospettiva dei servizi.

A partire dal 2017 si avverte l’esigenza di cambiare strategia e di proporre un nuovo piano editoriale (Giuseppe Cardamone e Nadia Magnani, Piano Editoriale Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici. Fondamenti per una strategia, vol 14, Aprile 2017). Viene posto al centro di ogni riflessione, quale fattore di coerenza e di posizionamento strategico, il forte legame con l'operatività nei Servizi, elemento già caratterizzante la storia della rivista stessa ma ulteriormente rafforzato ed esplicitato; viene avviato soprattutto il confronto tra pratiche critiche ed innovative, e vengono attivate riflessioni proprio su quelle prassi ed esperienze concrete nella pratica dei Servizi che introducono elementi di originalità.

Si ritiene fondamentale coinvolgere in modo più allargato tutti gli attori coinvolti nel lavoro di salute mentale di comunità, in una dimensione di confronto polifonico: non solo psichiatri e psicologi, ma tutte le figure professionali che operano nel servizio, e coinvolgere operatori della comunità esterni ai servizi quali i cooperatori sociali, i rappresentanti delle associazioni di volontariato e di categoria, i facilitatori sociali etc..sui temi riguardanti non solo cura e riabilitazione ma anche prevenzione e promozione della salute mentale.

Viene sostenuto il confronto tra realtà e servizi diversi intra e interregionali in modo da favorire percorsi e processi di “valutazione tra pari” e si inizia ad aprire sia a contributi internazionali, in modo da ampliare lo sguardo ad una visione della Salute Mentale transnazionale e transculturale, sia a contributi provenienti da altri ambiti disciplinari in modo da lavorare continuativamente su confini e complessità.

La Rivista si propone inoltre dare spazio alla ricerca, soprattutto alle ricerche “locali” e dentro i Servizi, in collaborazione con le Università e con giovani ricercatori, ed alle esperienze di “contaminazione benefica” con le concrete realtà operative e i contesti di salute mentale di comunità.

Nell’obiettivo di stimolare pensiero critico in un momento storico difficile e povero di idee, si concepisce pertanto la Rivista come concreto “laboratorio di pensiero”.

Di fatto si assiste, riguardando gli articoli pubblicati negli ultimi anni, ad un incremento delle diverse voci in campo e ad un movimento di allargamento centrifugo, di ampio respiro culturale e scientifico con apertura ai vari contributi nazionali ed internazionali, di Società Scientifiche (in particolare della SIEP), nonché di esponenti di altri ambiti disciplinari quali storici, filosofi, epistemologi, antropologi e giuristi.

Solo per esemplificare e in modo non esaustivo (rimandiamo per questo ad una eventuale rilettura dei precedenti numeri della Rivista) possiamo citare tra le pratiche innovative rappresentate l’Open Dialogue, il Visiting e accreditamento tra pari nell’ambito delle diverse forme di residenzialità, i Patti territoriali e le politiche rigenerative, il lavoro etnopsichiatrico e geopolitico, i gruppi multifamiliari, la comunità terapeutica democratica, il budget di salute, il lavoro con autori di reato.

Gli ultimi due numeri della Rivista sono stati inevitabilmente condizionati e centrati sul contesto pandemico sia in termini di effetti sulla salute mentale delle persone sia in termini di riverbero su organizzazioni ed operatività dei Servizi.

Nel riproporre le intenzioni e gli obiettivi originari sentiamo come il contesto sia drammaticamente mutato, e non solo a causa della pandemia che ha agito sia in modo specifico e diretto sia come acceleratore di processi trasformativi già in atto, su un piano politico, culturale, economico, antropologico, etico.

Diventa quindi necessario ripensare e ripensarsi. L’idea del rilancio della Rivista, pur nella continuità ideale e concreta con i precedenti numeri, assume una forte valenza simbolica anche nella direzione di movimenti ed azioni da intraprendere, per ritrovare la passione delle scelte professionali ed identitarie, la motivazione, la progettualità, la visione, in un momento storico in cui i Servizi rischiano di chiudere e la dimensione terapeutica rischia di venire travolta dall’istanza del controllo sociale.

Considerando il periodo che stiamo attraversando di particolare difficoltà e criticità, crediamo sia importante e vitale poter, attraverso la Rivista, riuscire a mantenere alti sguardo e pensiero, continuando a sostenere confronti tra le diverse teorie e prassi, dibattiti e “connessioni”, nella convinzione di fondo che la qualità dell’intelligenza e dell’affettività emergente sia un fenomeno di rete e direttamente proporzionale alla capacità di uscire dai confini, di aprirsi al diverso e all’altro da sé.

Forse la riflessione e il cambiamento possono partire proprio dai luoghi dei Servizi che più sono in sofferenza e in chiusura progressiva; in questa ottica potremmo ripartire dagli SPDC e trasformarli in luoghi d’attenzione privilegiati, o dai CSM, dalle Comunità o da altri luoghi ancora.

Il cambiamento è oltre le porte ed inevitabile.

In questo numero Giuseppe Cardamone e Sergio Zorzetto propongono una riflessione epistemologica sul rapporto tra ascolto degli utenti e saperi clinici nei Servizi di Salute Mentale, evidenziando come i diversi operatori in relazione alla propria professione e formazione realizzano di fatto diverse modalità di ascolto, diversi pensieri clinici e differenti interazioni tra ascolto e pensiero clinico. In particolare, si evidenzia la diversità tra un ascolto che mira a rilevare sintomi riconducibili alla griglia diagnostica di uno specifico pensiero clinico, e ascolto dove piuttosto sono coinvolti tutti i sensi e il mondo interno dell’operatore mentre il pensiero clinico si fa sfondo. Il luogo dove si produce l’incontro diventa la superficie di interazione tra osservatore-osservato, dove per entrambi, a seconda delle modalità di ascolto messe in gioco, si amplia o si riduce la possibilità di libera espressione. L’idea sostenuta in questo contributo è che la conoscenza dell’altro derivi necessariamente dall’incontro, dall’entrare in risonanza tra il proprio mondo e il mondo dell’altro, e dal rispetto delle reciproche differenze in un’etica dell’incontro. Questo è indubbiamente centrale in ambito etnopsichiatrico, ma di fatto lo è in tutti i contesti: ad esempio, il diritto di avere voce è fortemente rivendicato negli “utenti esperti per esperienza” e si pone alla base di tecniche innovative come l’open dialogue.

Barbara D’Avanzo, Davide M. Motto, Gabriele Rocca e il Direttivo della World Association for Psychosocial Reabilitation – Italia, propongono un contributo centrato su quanto rilevato da un questionario predisposto per raccogliere le opinioni di operatori dei servizi pubblici e del terzo settore, su cosa di fatto stesse accadendo all'interno dei servizi di salute mentale nel periodo pandemico. Il questionario, disponibile sul sito della WAPR Italia, è stato compilato da 1046 operatori nel periodo 28 aprile - 31 maggio 2020. Dall’analisi dei risultati è stato rilevato un giudizio positivo per l’uso più ampio delle tecnologie digitali, con possibilità di monitorare a distanza le persone con disturbi mentali gravi ed è anche emerso come la necessità di modificare gli assetti routinari, abbia favorito, in termini positivi, l’assunzione di nuove prospettive, evidenziando i bisogni reali delle persone. In questo contesto è stata evidenziata anche la necessità di un più attivo coinvolgimento degli utenti e l’esigenza di attribuire loro maggiori responsabilità. È inoltre emersa l’importanza della rete sociale e dell’inclusione comunitaria, in quanto le preoccupazioni maggiori erano per gli utenti che vivevano da soli. Gli autori sottolineano poi come sia utile ampliare questo lavoro, rilevando anche la voce di utenti e familiari e monitorando nel tempo processi ed esiti.

Laura Fantaccini utilizza la prospettiva della mindfulness per condurre una riflessione sulle criticità personali, relazionali e comunitarie generate dal contesto pandemico, al fine di definire concrete proposte operative di supporto alla crisi. L’autrice sottolinea come la nostra consapevolezza nel presente costituisca la base per orientare presente e futuro. Di fronte ad una pandemia spesso prevalgono sentimenti quali rabbia, odio, paura e ignoranza e ciò che più ci destabilizza è il senso di incertezza, instabilità e precarietà. Praticare la consapevolezza significa considerare che tutti i fenomeni hanno un inizio e una fine e che la nostra vita si struttura sul cambiamento e sulla “realtà dell’impermanenza”; in questo senso è fondamentale accettare che la realtà esterna possa non adattarsi necessariamente ai nostri desideri ed accettare quindi l’incertezza, dove l’evoluzione attesa però non è sistematicamente negativa, ma sono possibili più traiettorie evolutive.

Stefano Costa, Lorenzo Giamboni, Lia Gamberini e Simona Chiodo propongono una riflessione sui possibili modificatori di decorso nei disturbi del neurosviluppo, con particolare attenzione allo spettro autistico e al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). Gli autori effettuano un’analisi della letteratura e rilevano il follow-up di un campione di utenti del Centro prescrittore aziendale ADHD di Bologna. In questo contesto emerge che nel modificare la traiettoria evolutiva dei disturbi del neurosviluppo, se pure incidono significativamente fattori quali quoziente cognitivo, sviluppo del linguaggio, grado di compromissione del funzionamento sociale, hanno altresì un peso significativo le caratteristiche dell’ambiente familiare, il contesto scolastico (in particolare le relazioni fra pari) e le caratteristiche dell’intervento terapeutico che deve essere precoce, mirato, specifico, con approccio multiprofessionale.

Mauro Camuffo, Maria Maddalena Acchiappati, Valentina Carla Burzi, Antonella De Luca, Lucia Radice, Francesco Toninelli e Giulia Valvo propongono i risultati di un’indagine condotta dall’UFSMIA della Provincia di Grosseto nel contesto degli incontri scuola – famiglia - Azienda USL - enti locali previsti dalla L.104/92, utilizzando una griglia di quesiti finalizzata a valutare la qualità dell’inclusione dei ragazzi disabili in ambito scolastico. L’indagine è stata condotta tra ottobre e dicembre 2020 durante la pandemia da Covid 19 ed ha coinvolto 462 ragazzi. Dall’indagine sono emersi molti elementi positivi in termini organizzativi e qualche criticità; relativamente alle criticità, in particolare, alle superiori oltre il 40% degli studenti con disabilità erano in “didattica a distanza”, che per l’elevato livello di “attenzione sostenuta” e di controllo emotivo necessari, risultava particolarmente problematica per studenti disabili; inoltre emergeva il disagio vissuto da chi continuava a frequentare la scuola in presenza, dove l’isolamento derivante dall’assenza dei compagni era solo parzialmente attenuato dalla presenza dell'insegnante di sostegno.

Andrea Baroncelli e Giulio D’Anna propongono una riflessione su salute mentale e contesto pandemico, considerando come l’emergenza Covid abbia avuto impatto sugli utenti e sugli operatori dei servizi, ma anche sulla popolazione generale (con un’aumentata richiesta di supporto psicologico e/o psichiatrico), dove elementi di vulnerabilità risultano essere il sesso femminile, la giovane età, le minori capacità di coping e una rete sociale carente. Nel periodo pandemico sono aumentate anche le problematiche legate ad uso di alcol e sostanze. Gli autori sottolineano inoltre come il perdurare della pandemia abbia acuito le conflittualità sociali per le inevitabili ripercussioni sul mondo del lavoro, per la compromissione delle reti interpersonali e per le criticità derivanti dalla necessità di limitare la libertà individuale a tutela della collettività. Sono quindi emerse le fragilità organizzative dei servizi con una progressiva saturazione delle risorse sanitarie e sociali e in questo contesto si pone il tema cruciale della necessità di un’efficace programmazione in sanità e in salute mentale che permetta di gestire l’attuale crisi ed affrontare eventuali sfide future.

Roberto Zanfini, Manuela Ricci, Maria Cristina Crescenti, Lorenzo Gottarelli e Barbara Bandini propongono un’osservazione relativa all’impatto della pandemia da Covid 19 nel SPDC di Ravenna, considerando le difficoltà di gestione dei ricoverati positivi a Covid, legate a fattori strutturali, clinici e organizzativi. In particolare, nel contributo viene descritto come, con l'aumentare dei casi di positività, si sia dovuto creare all'interno del SPDC, un'ala separata dedicata a persone COVID positive, con conseguente impatto sull’organizzazione, sulle relazioni, sul clima di reparto e sui piani di trattamento. Da questa esperienza è emersa in particolare l’importanza di alcuni aspetti, quali: -la necessaria disponibilità di spazi adeguati e gradevoli nel contesto del SPDC; -la necessità e la capacità di trasformare i problemi in opportunità (trovando soluzioni possibili); -la necessità di metabolizzare difficoltà e cambiamenti.

Giulio D’Anna e Andrea Ballerini propongono un contributo sulle dimensioni psicopatologiche ed il vissuto soggettivo relativi all’uso di sostanze, condizione frequente tra gli utenti dei servizi di salute mentale e ancor più tra quelli che necessitano di ricovero. Gli autori sottolineano la necessità di superare il concetto di “doppia diagnosi”, considerando piuttosto l’utilità di un’indagine psicopatologica dimensionale che contribuisca ad esplorare i fattori biopsicosociali che sostengono l’uso della sostanza, i vissuti ed il significato ad esso attribuito dal paziente, le diverse forme di craving e le condotte a rischio. Tale approccio permette di rafforzare l’alleanza terapeutica e di strutturare una relazione di cura non stigmatizzante, dove superando la semplificazione del ciclo intossicazione-astinenza, si favorisce la responsabilizzazione del paziente e si restituisce valore al suo vissuto.

Roberto Zanfini, Maria Cristina Crescenti, Giuseppina Correddu, Lorenzo Gottarelli, Federica Linari, Manuela Ricci e Barbara Bandini propongono un contributo relativo al SPDC di Ravenna che dal 2016 è divenuto un reparto “no-restraint”. Nel percorso che ha portato alla trasformazione in reparto “no-restraint”, un elemento fondamentale è stato anche quello di iniziare un puntuale monitoraggio delle contenzioni ed una riflessione sulle strategie di fatto messe in atto prima della contenzione e sulle eventuali ulteriori strategie possibili. Gli autori sottolineano che elementi fondamentali per promuovere tale condizione sono: -fattori architettonici del reparto; -organizzazione interna e gestione delle interfacce con altri contesti (es. famiglia, polizia locale); -attività clinica e assistenziale; - competenze del personale e formazione. Vengono inoltre riportati alcuni dati che evidenziano come il passaggio a “no-restraint” si associ a riduzione della spesa sanitaria complessiva per ricovero, riduzione degli episodi di aggressività verso il personale e riduzione delle giornate perse per infortunio.

Claudia Masolini, Marco Chiovenda, Lorenzo Bonamassa e Luciano Fossi propongono un contributo su un’esperienza di arteterapia (progetto “I graficanti”) condotta all’interno del SPDC di Prato. Tale progetto, svoltosi nel periodo 2014-2016, era rivolto a utenti ricoverati, con la possibile partecipazione di familiari e personale di assistenza. Anche in un contesto difficile quale il SPDC, dove prevale la dimensione dell’acuzie, gli autori hanno osservato che l’arteterapia viene accolta positivamente da utenti, familiari e personale sanitario e che di fatto favorisce l’espressione delle dimensioni interne, rendendole condivisibili con gli altri, mediate dalla forma artistica.

Laura Angella, Maria Rita Troiani, Stefano Lucarelli, Saverio Caini e Maria Cristina Stefanini propongono i risultati di un’indagine condotta sugli utenti afferenti ai servizi per i Disturbi Alimentari della AUSL Toscana Centro, nella fascia età 14 - 20 anni, relativamente al rapporto tra Disturbi Alimentari e Bullismo. I risultati dell’indagine confermano dati della letteratura che evidenziano come il bullismo costituisca un fattore di rischio, ed in particolare nel campione osservato, l’esperienza di bullismo si associa ad una maggiore gravità relativamente a caratteristiche specifiche del disturbo alimentare, presenza di comorbilità, durata della malattia e numero di ricoveri.

Luciana Brandi propone una riflessione sull’approccio psicolinguistico, dove si intrecciano elementi psicologici e neurobiologici, con il necessario coinvolgimento di discipline e competenze differenti. L’autrice prende spunto da alcuni casi di disturbi del linguaggio in età evolutiva, sottolineando la necessità, nell’approcciare tali disturbi, di assumere un continuum tra assenza e presenza di disturbo, qualificando quest’ultimo come diversità e non come devianza; questo permette di trovare chiavi ed elementi utili a decodificare specifici elementi del linguaggio, riconoscendo in essi una potenzialità comunicativa e favorendo quindi la progressione verso una comunicazione efficace. L’autrice estende poi tale concetto anche ad altri ambiti, quali quello della decodifica del linguaggio nelle psicosi, ipotizzando che un testo formalmente delirante, possa acquisire significati che puntano ad andare oltre la norma, dilatando le possibilità espressive della lingua.

Maurizio Fioravanti propone in questo numero una ulteriore riflessione sul “nuovo inizio” (si vedano i contributi proposti dall’autore, nei precedenti due numeri della rivista) che si delinea in relazione all’evento epidemico. L’autore, per definire la necessità di un “nuovo inizio” dove si valorizza il momento di discontinuità, prende spunto dall’elemento di discontinuità presente nelle Costituzioni democratiche del Novecento, e sottolinea la necessità di considerare in epoca pandemica, il problema della ricostruzione dell’economia e del lavoro, ma anche della ricostruzione delle persone e delle loro esistenze spezzate. In questo contesto valgono i principi che caratterizzano le costituzioni democratiche, ovvero l’inviolabilità della persona ed il riconoscimento dei conflitti sociali e interpersonali, con conseguente attenzione ai beni primari (salute, istruzione, assistenza, lavoro).

Stefano Marino propone una riflessione a partire dal saggio “Le Tecniche della Liberazione” di Sergio Piro, sottolineando la necessità che i servizi sanitari si riapproprino del ruolo di “antagonismo della sofferenza”, considerando l’importanza dei determinanti sociali dei disturbi mentali e lavorando in sinergia con medicina di base, servizi sociali, terzo settore, utenti e familiari.

Infine Pietro Pellegrini propone alcune riflessioni a partire dall’articolo “Stress e resilienza ai tempi della pandemia nei Dipartimenti di Salute Mentale italiani” di Angelo Fioritti, Giuseppe Cardamone, Giuseppe Nicolò, Franco Veltro per il Consiglio Direttivo del Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale, pubblicato sull’ultimo numero della rivista.

Vengono quindi proposte la recensione di Paolo Mandolillo relativa al libro “La sintassi delle psicosi” di Stefano Marino e la recensione di Nadia Magnani del libro “Per Marta Marri. Storia e destino dell’esperienza di salute mentale grossetana”.