Volume 21 - 18 Dicembre 2020

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Il supporto psicologico nell’emergenza COVID-19: una testimonianza nell’Azienda Toscana Sud Est

Autori

(Ricevuto il 10 luglio 2020; accettato il 27 agosto 2020)



Riassunto

L'emergenza della pandemia Covid-19 ha sollecitato in tutti i servizi sanitari una modifica della normale organizzazione ed un carico di lavoro per gli operatori con un importante impatto sulla loro salute psicologica. L'articolo descrive l'attivazione di un servizio di supporto psicologico, attraverso una email dedicata ed un numero telefonico, per gli operatori sanitari nella ASL Toscana Sud Est e la sua estensione alla cittadinanza. Gli autori provano a riflettere sulla esperienza effettuata, sulle concettualizzazioni dello stress e su alcuni metodi di intervento, ma anche sull'importanza di prevedere per il futuro la programmazione di interventi fase-specifici. Tali interventi devono tenere in considerazione le diverse aspettative e dinamiche emotive e relazionali degli operatori sanitari e dei cittadini, che si attivano in modo peculiare a secondo della specifica fase della emergenza.


Abstract

The emergency of the Covid-19 pandemic has prompted a change in the normal organization in all health services and a workload for operators with an important impact on their psychological health. The article describes the activation of a psychological support service, through a dedicated email and a telephone number, for health workers in the South East Tuscany ASL and its extension to citizenship. The authors try to reflect on the experience carried out, on the conceptualizations of stress and on some methods of intervention, but also on the importance of foreseeing the planning of phase-specific interventions for the future. These interventions must take into account the different expectations and emotional and relational dynamics of health professionals and citizens, who are activated in a particular way according to the specific phase of the emergency.


1. Descrizione del contesto sociale ed istituzionale

Nella Regione Toscana dal 21 febbraio 2020, a seguito dell’outbreak pandemico di COVID-19 su tutto il territorio nazionale, i servizi sanitari territoriali hanno cominciato ad organizzarsi in modo da prevenire, rispondere ed intervenire adeguatamente per l’emergenza legata alla diffusione della malattia infettiva.

Nella Azienda USL Toscana Sud Est gli psicologi, che sono organizzati in tre diverse Unità Operative, hanno cominciato ad interrogarsi sulle iniziative professionali più adeguate alla situazione nel suo divenire, nei singoli servizi dove operano così come invece nella possibilità di fornire una riposta complessiva di psicologia davanti all’emergenza pandemica.

Dalla Direzione Aziendale della USL Sud Est è pervenuta una esplicita richiesta di pensare alla attivazione di un supporto psicologico per gli operatori sanitari impegnati in prima linea nell'affrontare la emergenza pandemica. L’Area omogenea di Psicologia ha quindi rapidamente messo in campo un progetto di ascolto e supporto psicologico.

La richiesta era quella di tutelare la salute psicologica degli operatori e di prevenire eventuali distress emotivi connessi con l’impatto del lavoro con COVID-19. Infatti, davanti ad un evento complesso e tutto sommato sconosciuto nelle sue possibili implicazioni, come quello pandemico, era lecito ipotizzare reazioni caratterizzate in misura variabile da significativi aspetti psicologici ed emotivi (insieme con senso di smarrimento e confusione, rabbia e impotenza), declinati nei diversi contesti di vita socio relazionale ed anche professionale. Gli operatori sanitari ovviamente non possono sfuggire alle reazioni e ai vissuti psicologici/emozionali come questi, che in loro possono essere accentuati dall’esercizio di un ruolo curante, che di per sé comporta rischi ed espone direttamente e in modo protratto alle emozioni dei pazienti e dei loro familiari (paura, dolore, rabbia, disperazione e solitudine, angoscia). Nello specifico poi dell’evento pandemico sono esposti anche al rischio per la propria salute e sicurezza.

Le motivazioni di una scelta, come quella di realizzare un team di intervento – supporto psicologico per gli operatori sanitari, risiedono quindi nella constatazione che una delle forme di maggior protezione dal rischio “burnout” del personale sanitario si individua proprio nel fornire misure adeguate e proattive per assicurare il benessere ed il supporto alla salute mentale del personale impiegato nella gestione della pandemia (nota 1) e che tali misure costituiscono parte integrante della complessiva risposta del sistema sanitario nazionale al COVID-19 (nota 2).

Se il primo passaggio è stato, quindi, un progetto per gli operatori sanitari della Azienda USL Sud Est impegnati con COVID-19, successivamente si è ritenuto di indicare alla Direzione Aziendale l’opportunità di allargare il target del progetto, offrendo la possibilità del medesimo supporto anche alla cittadinanza, ritenendolo una preziosa forma di aiuto soprattutto rispetto a quella fascia di popolazione più fortemente toccata dall’emergenza COVID, ovvero i contagiati, i loro familiari e le persone in isolamento domiciliare. Così è stato fatto, fino ad allargare l’offerta di aiuto e supporto anche alla popolazione generale delle provincie di Arezzo, Grosseto e Siena.

I dati della emergenza nella Azienda TSE al 19 giugno 2020 (Bollettino della Protezione Civile ) sono riassunti nella seguente tabella (tabella 1).

tabella 1

È significativo osservare come la Toscana, pur essendo al 5° posto come numero totale di decessi sul piano nazionale, si collochi all’11° posto come percentuale di decessi (numero di deceduti/popolazione residente).

I dati relativi ai tassi di ricovero indicano che il tasso di ricovero più elevato si è avuto nella ASL Toscana Centro (120,2 per 100.000 abitanti) mentre il più basso nella ASL Toscana Sud Est (44,4 per 100.000 abitanti). Inoltre, significativo anche il minor numero di operatori sanitari contagiati nella Azienda Toscana SE (tot. 267) contro il maggior numero di contagiati nelle altre due ASL della Regione Toscana (733 ASL Toscana Centro , e 537 ASL Toscana Nord Ovest).

Il tasso di mortalità infine, nella popolazione della Azienda TSE al 19 giugno, si è attestato molto ad di sotto sia della media nazionale (57,2 x 100.000) che della media regionale (29,4 x 100.000).


2. Descrizione del progetto di sostegno psicologico e della help line aziendale

La risposta più rapida che potesse essere fornita è stata quella di attivare tre caselle di posta elettronica, ciascuna specifica per ognuna delle tre province (Arezzo, Siena, Grosseto), diffuse agli operatori attraverso il sistema intranet aziendale. Gli operatori potevano, quindi, scrivere ed ottenere in modo quasi immediato la risposta di un collega psicologo attraverso un feedback tramite email oppure direttamente con un colloquio telefonico. Parallelamente a questo sono stati organizzati dei moduli di turnazione tra i membri del gruppo di psicologi per il controllo della casella email e la risposta. E’ stata scelta una fascia oraria molto ampia, che coprisse buona parte della giornata (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 ed il sabato dalle 9 alle 13,30) in modo da facilitare l’aggancio immediato dell’operatore che si fosse rivolto al supporto psicologico. Nell’orario del turno, lo psicologo doveva monitorare costantemente la casella di posta e nel caso di un messaggio, contattare immediatamente la persona al recapito da questa fornito o se richiesto, rispondere via mail. Nel colloquio telefonico veniva effettuato un intervento di prima accoglienza e contemporaneamente si procedeva a fare una prima analisi della domanda. I referenti del progetto hanno gestito la turnazione degli psicologi che avevano dato la loro disponibilità; il servizio è stato reso in orario divisionale (mattina - pomeriggio), senza modalità aggiuntive e l’azienda ha fornito i supporti tecnologici perché questo progetto potesse essere svolto, sia dalle proprie sedi ambulatoriali, sia in smart working. Dopo un mese dall’inizio del progetto, l’Azienda ha attivato anche una help line telefonica gratuita, rivolta a tutta la cittadinanza delle tre province, che funzionasse negli stessi orari e alla quale rispondesse sempre lo psicologo di turno.

Ai fini dell’attivazione di questa ulteriore modalità, è stata svolta una formazione specifica che riguardasse il modello di gestione della telefonata secondo il modello SAFIRIA. Un modello processuale di gestione della relazione telefonica, strutturato in 7 fasi:

  1. Setting (creare lo spazio d’incontro);
  2. Accogliere;
  3. Focalizzare il bisogno;
  4. Individuare un obiettivo;
  5. Responsabilizzare;
  6. Costruire un’intesa;
  7. Accompagnare.

Passaggi ben definiti, attraverso i quali si attua un'interazione completa ed efficace mirata alla risoluzione della problematica presentata. È stato inoltre predisposto un database CRM (Customer Relationship Management) che permettesse di monitorare i contatti e le pratiche aperte per ogni singolo utente, in condivisione tra gli psicologi dell’help line; il cui scopo era la costruzione di relazioni personalizzate di lungo periodo capaci di aumentare la performance dell’help line ai fini di una presa in carico continuativa nel tempo. Partendo dall’analisi della domanda è stato possibile svolgere un’attività di ascolto e contenimento emotivo, di supporto psicologico a cittadini ed operatori che in una situazione di emergenza emotiva sentissero la necessità di parlare con uno psicologo. Inoltre, il modello ha permesso di creare continuità della presa in carico con i servizi di riferimento, prevedendo un invio diretto allo specialista di riferimento territoriale.

La risposta da parte del gruppo dei colleghi è stata molto ampia: sentirsi partecipi, utili all’emergenza sanitaria, in un momento che vedeva la parziale chiusura delle attività ambulatoriali ed ospedaliere, sperimentare modalità innovative, attraverso la migrazione delle prestazioni possibili mediante teleconsulenza e telepsicoterapia, ha promosso un grande senso di appartenenza. Il clima del gruppo è stato di grande collaborazione e propositività: molti psicologi che avevano già una loro esperienza nell'ambito della psicologia dell'emergenza o di protocolli di intervento (quali ad esempio EMDR) o di help line psicologica hanno condiviso materiale formativo e portato alla riflessione del gruppo le loro esperienze, in una sorta di modello circolare di condivisione di informazioni, esperienze e conoscenze. Sono stati così organizzati degli eventi formativi in modalità webinar sia tra colleghi sia coinvolgendo esperti a livello internazionale, quali ad esempio il dr. Roger Solomon, psicologo statunitense esperto di EMDR e di interventi su eventi traumatici e in contesti di emergenza.

Da questo clima di condivisione attiva, al fine di facilitare ed omogeneizzare i contatti telefonici, è nata una scheda di accoglienza che orientasse l'operatore e potesse rimanere come documentazione per l'attività svolta ed un protocollo minimo che orientasse il colloquio telefonico (figura 1).

figura 1


3. Diffusione e target del servizio

La diffusione dell’iniziativa di supporto tramite e-mail è partita in primo luogo dal sito aziendale, dalla pagina Facebook “Azienda USL Toscana Sud Est” e dalla pagina Facebook “C.siamo COV-19 Spazio di incontro e condivisione isolamento domiciliare”.

È stata inoltre realizzata una “campagna di informazione” tramite la realizzazione di video, flyer, tv locali e canali social istituzionali.

È importante sottolineare che, contemporaneamente al servizio che stiamo descrivendo, anche altre istituzioni e associazioni si sono attivate per offrire un canale di ascolto psicologico. Ad esempio l'Ordine degli Infermieri della Provincia di Grosseto ha predisposto un servizio di ascolto psicologico, così come l'Ordine degli Psicologi della Toscana ha attivato una linea telefonica coinvolgendo i professionisti che hanno aderito su base volontaria. Infine la Protezione Civile ed il Ministero della Salute hanno attivato una help line telefonica a livello nazionale.

In breve tempo l’intera comunità professionale nazionale degli psicologi è riuscita a dare una risposta tempestiva alle richieste della cittadinanza, non solo agli operatori sanitari, con l’obiettivo di intercettare e mitigare le probabili conseguenze che l’evento pandemico avrebbe potuto innescare o esacerbare nella popolazione generale e su suoi specifici gruppi.


4. Primi tre mesi di funzionamento 19 marzo-19 giugno, numero e tipologia delle richieste

Nei primi mesi di funzionamento del servizio sono arrivate in totale 43 richieste, che abbiamo diviso per modalità di accesso: 12 email e 31 telefonate (tabella 2).

tabella 2

Alle prime richieste sono seguiti alcuni colloqui di approfondimento (tabella 3).

tabella 3

L’osservazione dei dati relativi agli accessi al Servizio e alle loro caratteristiche (tabella 4) porta ad una prima riflessione. La domanda dei dipendenti ASL è stata minore rispetto all’offerta messa in campo dalla comunità professionale e dell’istituzione. Come mostrato nella tabella n.1, nelle province della nostra Azienda USL, l'epidemia di COVID-19 è stata contenuta, rispetto alla situazione grave rilevata in altre Regioni del nostro Paese. Dal raffronto informale, avvenuto in alcune riunioni di coordinamento del Centro Regionale Criticità Relazionali della Regione Toscana, con altre aziende ASL ed aziende ospedaliere, i dati appaiono similari e non emerge un numero elevato di richieste di aiuto attraverso l'uso della help line o delle e-mail.

Conseguentemente si può ipotizzare che, a fronte di un primo allarme e conseguente reazione difensiva, non abbia fatto seguito un pericolo concreto e ravvicinato di diffusione del contagio. Questo ha presumibilmente inciso in maniera preponderante sulla reazione emotiva degli operatori coinvolti che si sono trovati a gestire un numero di contagi e decessi in una misura che non ha soverchiato le risorse individuali e del gruppo di lavoro.

tabella 4

Si potrebbe, quindi, dedurre che forse non è stato avvertito, nel momento di massima emergenza sanitaria, da parte dagli operatori coinvolti quel senso di vulnerabilità e di perdita di controllo che può essere avvertito in presenza di eventi critici come può essere una pandemia. Almeno questo aspetto potrebbe avere molteplici letture e interpretazioni: da una iperprofusione di proposte di intervento psicologico nell’immediato ad operatori sanitari ancora troppo impegnati nell’evento pandemico (ancora pienamente dentro di esso) da riuscire ad avvertire bisogni o necessità di alcun tipo, ad una difficoltà oggettiva nel riuscire a realizzare alcuni interventi psicologici in contesti emergenziali nuovi, ma tutti contraddistinti da uno spazio di relazione ostacolato o impedito da dispositivi di protezione necessari alla salvaguardia degli operatori. Del resto quest’ultimo aspetto è emerso anche in modo evidente sulla stessa operatività ordinaria degli psicologi nei loro servizi di lavoro.

Eppure, laddove la figura dello psicologo era già in qualche modo inserita nella realtà organizzativa ospedaliera, ad esempio nella provincia di Arezzo, quindi facilmente individuabile e riconoscibile, sono arrivati messaggi e contatti informali che aprivano maggiormente ad una riflessione ed a una richiesta di intervento. Il contatto e confronto con gruppi di colleghi operativi anch’essi nel settore pubblico e dislocati in varie parti d’Italia ci ha permesso, anche, di avere una sorta di fotografia dinamica della domanda, delle proposte/offerte e delle difficoltà riportate (soprattutto per quanto concerne gli operatori sanitari). Anche in questo caso le informazioni sono molto variabili: da intense e pressanti richieste ad una loro assenza. Importante sottolineare come il luogo geografico delle stesse abbia giocato un ruolo di primo piano nel formare e costruire la domanda stessa (ad esempio il nord Italia rispetto al resto del paese; i reparti COVID-19 rispetto ad altri settori, l’ospedale rispetto al territorio).

Dalla osservazione dei dati raccolti nel nostra area geografica di riferimento, si può evidenziare che le richieste dei cittadini sono circa la metà del totale ed equivalgono come numerosità a quelle degli operatori. In tal senso, possiamo affermare che tali eventi epidemici sono di fatto emergenze sanitarie di grande impatto psicologico sulle popolazioni, ed in particolar modo, sulle categorie più esposte come gli operatori sanitari e le fasce sociali più vulnerabili della società. Gli anziani, ad esempio, possono essere effettivamente più fragili a causa di malattie croniche e invalidanti, deficit nutrizionali, mancanza di supporto familiare e sociale.

In tali circostanze, può capitare che l'impatto psicosociale dell'evento superi di fatto le capacità di gestione psico-emotiva del singolo o dei gruppi di persone coinvolte, causando negli stessi lo sviluppo di disturbi psichici. Tuttavia, come in altre emergenze umanitarie, non tutte le condizioni mentali avranno effetti duraturi nel tempo, ma risulteranno essere solo delle reazioni normali a situazioni anomale di allarme.

Possiamo inoltre osservare, che nella nostra zona dell'Usl Sud Est Toscana risultano già presenti elementi naturali di distanziamento sociale, come la grande estensione territoriale correlata al numero relativamente esiguo degli abitanti, associato ad un tessuto sociale con limitate differenze socio-economiche. Questi elementi, sono stati probabilmente, utili barriere protettive nell'ampia diffusione del virus, riducendo di conseguenza l'impatto delle richieste gravate sul nostro servizio locale di help line. Ma se da una parte questo ha facilitato la risposta sanitaria generale, dall'altra nelle medesime zone, l'elemento più preoccupante dell'epidemia è stato l'effetto dovuto all'isolamento sociale e familiare, che è risultato essere un ulteriore fattore di stress causato dalle misure di lock-down predisposte dal governo per limitare la diffusione dell'epidemia nell'intera popolazione e dalle stringenti misure sanitarie di quarantena per i contagiati.

Gli studi di Brooks et al. (2020) nell'ambito degli effetti psicologici sulle persone dovuti ad altre epidemie (Ebola e SarS), individuano cinque cause principali per lo stress legato al lock-down:

  1. durata del lockdown
  2. paura dell'infezione
  3. sentimenti di frustrazione e noia
  4. dispositivi inadeguati o mascherine introvabili
  5. informazione inadeguata o aumento eccessivo delle fonti di informazione.

A tali fattori si possono aggiungere, inoltre, le preoccupazioni legate alla situazione finanziaria che hanno generato in alcuni individui sentimenti negativi e una sintomatologia riconducibile ad uno stress psico emotivo.

Abbiamo infine provato a definire una tipologia di richieste (tabella 5) e dall'analisi delle schede di contatto sono emersi quattro principali gruppi di motivazioni: le preoccupazioni rispetto alla propria salute o alle condizioni psicologiche determinate dalla riduzione della socialità e dalla intensificazione dei contatti tra familiari (denominate Relazioni); le reazioni ai casi di contagio della malattia (Contagio); le preoccupazioni legate alle difficoltà di riorganizzare gli ambienti di lavoro in relazione alla emergenza (Lavoro). Un'ultima categoria che abbiamo dovuto inserire riguarda poi i contatti che sono avvenuti nel momento della ripresa delle attività sanitarie, al fine di richiedere un appuntamento con servizi di salute mentale, che ancora non erano disponibili attraverso i normali canali telefonici.

tabella 5


5. EMDR e gruppi di operatori sanitari, l'esperienza aretina.

Come sopra sottolineato, nella realtà aretina l’U.O.S.D. di Psicologia Ospedaliera opera all’interno dell’Ospedale San Donato di Arezzo a partire dal 2008. Nel tempo, attraverso corsi di formazione, la presenza attiva dello psicologo all’interno di alcuni reparti, nel supporto psicologico a pazienti, familiari e nella gestione di situazioni problematiche, ha favorito l’accesso all’aiuto diretto in questa emergenza sanitaria. Per l’occasione della pandemia si è pensato di strutturare, con un gruppo di colleghi afferenti sia al territorio sia alla realtà ospedaliera, un team di esperti nella tecnica EMDR che potesse rivolgere interventi di comprovata efficacia ed evidence-based a gruppi di operatori maggiormente coinvolti in questa esperienza (operatori emergenza/urgenza, rianimazione, malattie infettive, pneumologia). Nel portare avanti gli interventi è emerso che le caratteristiche di efficacia di un intervento di supporto psicologico in situazioni di epidemie come quella che stiamo vivendo sono: dinamicità, tempestività e sviluppo per “fasi” (durante e dopo). È stata attivata l’Associazione EMDR a scopo umanitario per poter supervisionare e guidare il gruppo di terapeuti EMDR negli interventi che verranno brevemente descritti (nota 3). Trattandosi di una situazione emergenziale si è provveduto inoltre ad utilizzare strumenti di intervento appartenenti alla Psicologia dell’Emergenza quali il programma di Gestione Globale dello Stress da Incidenti Critici (Critical Incident Stress Management, CISM, Mitchell e collaboratori, 1983). Gli interventi sono stati suddivisi in durante l’emergenza e dopo l’emergenza.


5.1 Durante l’emergenza: Gruppi di Defusing e EMDR

Il Defusing è uno strumento metodologico standardizzato ed utilizzato nelle tipologie di intervento rapido e di emergenza. L’obiettivo é quello di aiutare le persone ad alleviare e gestire gli effetti di un’esperienza dolorosa. Durante la procedura i partecipanti condividono liberamente le proprie impressioni e le proprie esperienze in merito all’evento critico. Vengono fornite nozioni relative alla Psico-traumatologia e alle reazioni da stress-acuto. Tale tecnica sarebbe stata accompagnata da metodiche derivanti dalla Terapia EMDR. Alla fine di ogni turno lavorativo era stata data la disponibilità a lavorare con piccoli gruppi formati da un max di 3/4 operatori più due psicologi esperti in EMDR. Tali gruppi dovevano essere gestiti quotidianamente attraverso videochiamate con l'utilizzo del sistema applicativo Zoom. La durata indicativamente era di 20/30 minuti. Tali gruppi si prefiguravano come finalità quella di effettuare uno scarico del peso emozionale delle giornate precedenti all'incontro e rafforzare le risorse personali di ciascuno dei partecipanti. Seppur tale modalità di lavoro fosse stata condivisa con i reparti non è stata attivata.


5.2 Dopo l’emergenza: Gruppi di Debriefing e EMDR di gruppo

Il Debriefing è uno dei principali strumenti per aiutare la popolazione colpita da un evento critico o potenzialmente traumatico. Si utilizza per dare un senso a quello che è stato vissuto e prevenire la possibilità di sviluppo futuro di problemi psicologici. Gli scopi dell’utilizzo di questo strumento sono: prevenzione del Disturbo da Stress Post - Traumatico; contenimento delle reazioni post - traumatiche; elaborazione più rapida di quello che è accaduto.

L’EMDR, protocollo del trattamento di gruppo integrativo (EMDR IGTP ) è stato sviluppato dai membri dell’Associazione Messicana per il Supporto alla Salute Mentale in situazioni di Crisi, come accadde con l’uragano Pauline nella costa occidentale in 1997 (nota 4). L'EMDR di gruppo è un intervento che “combina un protocollo di gruppo con una stimolazione bilaterale auto somministrata e usa le 8 fasi dell’EMDR” (Maxfield, 2008). L’attivazione di tale metodologia è stata richiesta dal reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale San Donato. In accordo con il coordinatore infermieristico e il primario del reparto ogni settimana è stato istituito un gruppo di operatori per dare la possibilità a tutti di poter fare tre incontri strutturati con la seguente modalità: un incontro di Debriefing della durata di 90 minuti, un incontro di EMDR di gruppo della durata di 60 minuti e un incontro di rivalutazione.

Osservazioni cliniche e studi sul campo evidenziano che l’EMDR può essere benefico per alleviare angosce eccessive e prevenire complicazioni nelle settimane e mesi successivi agli eventi traumatici (Silver et al., 2005). Lo svolgimento di questa attività sarà parte di un successivo lavoro di ricerca-intervento.


6. Riflessioni

Cercheremo ora di proporre due riflessioni provenienti da due differenti vertici osservativi di un fenomeno come quello fin qui riportato. Ci rifaremo dunque ad un modello teorico relativo alla genesi, mantenimento e riduzione dello stress da una parte, proponendo poi invece una riflessione relativa alla psicologia dei gruppi e delle organizzazioni in ambito lavorativo.


6.1 Il modello dello stress

Un’utile cornice teorica per leggere i dati ed i fenomeni innescati dalla pandemia in relazione alle richieste di aiuto potrebbe essere quella fornita dallo stress come modello concettuale. La moderna concezione di stress è il frutto dell’integrazione e dell’evoluzione di approcci tra loro distanti sia per cornici teoriche di riferimento che per implicazioni pratiche, unitamente alla consapevolezza che sia necessaria un’ottica sistemica per affrontare problemi complessi non spiegabili in maniera mono componenziale.

Il concetto di stress è entrato a far parte della ricerca e dell’intervento in psicologia a partire dagli anni ‘40 nel corso della seconda guerra mondiale come costrutto autonomo e distinto da altri precedentemente presenti; nel corso dei successivi decenni sono inoltre nate diverse concettualizzazioni dello stesso, che potremmo riassumere in:

  • modelli basati su un approccio fisico-meccanico che mutuavano termini e visioni causali prese da ambiti non umanistici quali l’ingegneria e la fisica; Symonds (1943) in particolare definisce “lo stress [come] qualcosa che accade all’uomo e non qualcosa che accade dentro di lui, un insieme di cause e non un insieme di sintomi”;
  • modelli basati su un approccio fisiologico di derivazione biologica (volto ad indagare i correlati oggettivamente rilevabili nell’essere umano come risposte interne allo stress, tra cui l’arousal, Selye, 1955);
  • modelli basati su di un approccio interazionale e poi transazionale (Karasek, 1979; Siegrist, 1978, Van Harrison e Caplan, 1979) che inquadrano variabili maggiormente psicologiche nel rapporto tra individuo e ambiente.

Questi primi modelli (stress come stimolo, risposta o transazione) puntavano e circoscrivevano la loro riflessione su un range ristretto di variabili, permettendo dunque ragionamenti analitici ma impedendo una visione d’insieme, specialmente nel caso in cui fosse lasciata fuori una o più variabili rilevanti non considerate.

In particolare il modello di Selye evidenzia come le fasi di risposta ad uno stimolo stressante possano essere sintetizzate in allarme, fase della resistenza o adattamento ed esaurimento; il protrarsi o il ripetersi continuo di situazioni stressanti può portare a cronicizzare risposte adattive rendendole disfunzionali. Più nello specifico, in questa visione lo stress viene identificato come una risposta adattiva fisiologica a qualunque richiesta di modificazione che turba l’equilibrio preesistente. Riadattando questo modello in chiave psicologica alle fasi di risposta degli operatori ad un’emergenza, potremmo dunque individuare: allarme/impatto, mobilitazione, fase eroica, luna di miele, disillusione.

Potremmo quindi pensare che i primi mesi della offerta della help line siano corrisposti alla fase di mobilitazione, cioè una fase in cui gli operatori sono stati impegnati ad organizzarsi in modo efficace sulla scena, in cui la fase di allarme era stata in parte metabolizzata e ci si è concentrati sulle cose da fare. L'impegno emotivo viene visto nell'aiuto da dare agli altri, in questo senso si parla di fase eroica, in cui è più importante l'altro del sacrificio di se stessi. In questa fase quindi chiedere aiuto per se stessi può essere addirittura sembrato un atto egoistico.

Il contributo offerto dai modelli interazionali (Karasek) invece consiste nell’aver individuato come alcune caratteristiche inerenti fattori quali domanda, controllo e supporto abbiano un ruolo nel modulare la percezione di stress. All’interno di questo modello dunque la recente pandemia può essere inquadrata come una situazione in cui per alcune figure sanitarie, e non solo, è presente un’alta domanda, alti carichi e ritmi di lavoro, a fronte di un basso controllo per fronteggiarli in termini di discrezionalità delle scelte e autonomia di decisione e con una discreta variabilità individuale e sistemica relativa ai supporti percepiti.

I modelli transazionali infine hanno permesso di avvicinare la riflessione sullo stress ai costrutti di coping (in sintonia con alcune visioni di matrice più prettamente cognitivista mutuate da Lazarus) e di campo (mutuato da Kurt Lewin). In particolare il modello ERI di Cox e Siegrist (1978) evidenzia come la motivazione individuale al compito influenzi la percezione della situazione, modulando dunque il livello di stress. Il focus qui non è tanto su modelli teorici legati a variabili oggettive, come la mole di lavoro della domanda o le reali capacità del soggetto, quanto piuttosto sulla percezione individuale o di gruppo relativa a tali ambiti. Lo stress indotto dalla pandemia e dalla conseguente riorganizzazione lavorativa varieranno se le abilità di coping per fronteggiarla potranno o meno far conto su risorse personali individuali, unitamente alla percezione delle proprie abilità e delle domande richieste/formulate al lavoratore. Per quanto non sia previsto dal modello di Cox, risulta ad ogni modo corretto, a nostro avviso, inserire dentro questa riflessione anche il ruolo ed il peso dei media che hanno accompagnato la descrizione dell’evento in corso, contribuendo a ridefinire la percezione dello stesso. Il contributo di Caplan e Van Harrison invece, è relativo alla constatazione che accanto allo stress coesiste l’adattamento come possibile risposta adattiva; questo esito è il frutto di un’interazione tra persona e ambiente (modello person/environment fit) a cui contribuiscono variabili oggettive e soggettive presenti sia nella persona che nell’ambiente.

Tutti questi modelli non prendono in considerazione il contributo che alcuni aspetti gruppali possono avere sulla percezione individuale di stress; la psicologia del lavoro e delle organizzazioni, hanno invece riflettuto su questo versante contribuendo ad ampliare il campo d’indagine e di intervento. L’ambito lavorativo si è prestato a questo tipo di analisi perché al suo interno è stato possibile individuare aspetti organizzativi, che fanno da sfondo a domande/compiti specifici, capacità, bisogni e risorse del lavoratore e dei gruppi di lavoro.

Se infatti, prendiamo in esame anche le dinamiche di gruppo, un fattore che potrebbe aver influito sulla scarsità di richieste, potrebbe essere stato quello delle dinamiche psicosociali di coesione che si creano quando un gruppo di lavoro, si coalizza contro un problema vissuto come un nemico da sconfiggere. Il senso di condivisione, di appoggio reciproco e reciproco riconoscimento, la collaborazione ed i risultati positivi assumono l'aspetto di una “luna di miele” all'interno del gruppo, anche con sentimenti di onnipotenza da parte di chi vi partecipa, partecipanti che quindi potrebbero sentire di non aver bisogno di un ulteriore aiuto: “siamo forti, ce la facciamo”. Laddove questo non è avvenuto è più facile che siano emersi sentimenti di rabbia, di frustrazione e delusione.

Ovviamente si tratta di considerazioni che hanno bisogno di un riscontro in termini di dati di ricerca e per le quali esporremo il progetto nelle conclusioni del prossimo paragrafo.


6.2 Il rapporto con l'organizzazione ASL

6.2.1 Il conflitto tra Appartenenza e Rabbia

Una riflessione che è emersa spesso durante le riunioni del gruppo degli psicologi dedicato alla help line è quella sulla cornice istituzionale in cui si è inserito il mandato di supporto agli operatori. Ci siamo spesso interrogati su come questo mandato fosse integrabile con la richiesta di supporto da parte di operatori la cui sofferenza era collegata ad un danno subito durante lo svolgimento dell'attività lavorativa, ad esempio l'essere stati contagiati nello svolgimento delle loro funzioni, non aver avuto a disposizione adeguati dispositivi di sicurezza oppure non aver usufruito del necessario riposo tra i turni lavorativi. In questi casi è emerso un forte conflitto tra i sentimenti di appartenenza al gruppo di lavoro, anche alla stessa Azienda, e la rabbia per un danno avvertito come ingiusto ed evitabile.

Quando si sviluppano progetti di intervento psicologico su sistemi complessi come sono le organizzazioni sanitarie, partendo dal loro interno, è necessario saper leggere e comprendere, o almeno provare a farlo, le dinamiche istituzionali insiste nella domanda; in questo caso ci riferiamo ad una domanda istituzionale che viene dall’alto (il management) sulla ipotesi di un bisogno dislocato in altri settori (molto spesso operatori singoli, qualche volta i gruppi di lavoro, con minore frequenza gli snodi organizzativi più delicati). E' necessaria una competenza psicologico clinica e organizzativa esperta, per poter riflettere su quello che una domanda di questo genere può intercettare, evitare, amplificare o escludere, così come una comprensione articolata e approfondita dei contesti nei quali si muovono i possibili beneficiari dell’intervento e i committenti che lo richiedono.


6.2.2. Il tema della fiducia

Come anticipato nei paragrafi precedenti ci sono state differenze tra le realtà dove era presente e consolidato un servizio psicologico di consulenza ai dipendenti, ospedalieri e non solo, e le realtà dove gli psicologi lavorano soprattutto nei servizi territoriali dedicati alla cittadinanza.

Nel primo caso, ad esempio nella realtà ospedaliera di Arezzo, i colleghi hanno rivolto le proprie richieste sia per se stessi, che per la propria equipe o per i pazienti ricoverati nei reparti Covid-19, direttamente alla collega della psicologia ospedaliera. Nella realtà di Siena, laddove invece la U.O di Psicologia della Az. USL non è integrata nella Azienda Ospedaliera Universitaria, tali richieste non sono avvenute. Il servizio di Grosseto, pur avendo una storia di intervento psicologico rivolto agli operatori attraverso uno sportello d'ascolto dedicato, sia in ospedale che sul territorio, si è trovato nella situazione del passaggio tra il pensionamento della collega psicologa, che negli anni aveva strutturato una serie di relazioni, e l'ingresso della nuova psicologa, e anche in questo caso quindi l'interruzione di un rapporto di fiducia sembra aver impedito la creazione del canale informale di richiesta.

Tale situazione appare confermata anche da esempi riferiti da strutture esterne: la Psicologia Ospedaliera di Terni, del collega David Lazzari, ha ricevuto molte richieste (nota 5), ma è una realtà ben conosciuta e che lavora da tempo fianco a fianco con i colleghi medici. In altre realtà della Toscana la risposta alla offerta della linea telefonica è stata altrettanto scarsa, ma emergono esperienze quale quella dei colleghi del CUG (nota 6) di Pisa, che in una comunicazione informale hanno raccontato di essersi presentati nelle aree di riposo degli operatori dei reparti Covid-19 per ascoltare ed offrire eventualmente un supporto.

Per esprimere una richiesta di aiuto, come d'altronde sappiamo, non è sufficiente l'offerta di un servizio di ascolto, soprattutto quando si tratta di operatori sanitari, che nella loro formazione ed esperienza hanno già elaborato alcune modalità di gestire lo stress legato alla cura oppure non sono abituati a pensare di poter richiedere un aiuto in tal senso. Per questo motivo la creazione di uno stabile rapporto di fiducia con un servizio psicologico dedicato agli operatori potrebbe essere un importante fattore protettivo rispetto ad ulteriori momenti di crisi.

Perché l’aiuto sia fruibile a costi umani sostenibili occorre che gli operatori sanitari vengano accompagnati a scoprire il peso e il valore della vita emozionale nello svolgimento del proprio lavoro e quanto siano rilevanti i suoi effetti sulle relazioni con i pazienti, sull’efficacia delle cure e sul proprio stesso benessere lavorativo, fisico, psicologico e sociale. L’aiuto destinato ai curanti esige infatti che chi lo deve ricevere sia consapevole di averne bisogno, impari a richiederlo e quando gli viene offerto accetti di pagarne il costo emotivo.

I costi del ricevere aiuto infatti non sono irrisori in termini di ansia, colpa, vergogna e mortificazione, il che forse permette di comprendere molte resistenze dei professionisti della salute ad accettare la propria vulnerabilità e la perdita dell’illusione di onnipotenza, ad entrare nel ruolo di chi si fa aiutare e a tollerare le fatiche della cura, che sono specifiche per i differenti curanti ma che gravano, anche se in misura variabile, sia su chi riceve le cure sia su chi le fornisce.


6.2.3 Possibili fasi del progetto

Un'ultima riflessione concerne le fasi temporali del progetto di supporto agli operatori coinvolti nella gestione dell'emergenza COVID.

Un progetto di intervento come quello che stiamo descrivendo attraversa necessariamente delle fasi connesse allo specifico del contesto pandemico, ma non solo ad esso legate. Forse è opportuno valutare uno spostamento nel tempo, sospendendo il presidio del presente legato al contesto di emergenza, e preparandosi ad affrontare il futuro, ossia le possibili ricadute post-traumatiche della pandemia sugli operatori sanitari, che si ipotizza al momento non essere disponibili a confrontarsi con le ansie e le emozioni correlate, anche perché tuttora impegnati in trincea nell'affrontare il virus e nello sforzo di reggerne il peso. Inoltre potrebbe essere pensato anche uno spostamento nello spazio, che ponga la necessità di doversi muovere in una ottica di outreach organizzativo: chi offre il supporto psicologico si muove per cercare nel territorio o nell’ospedale la domanda d’aiuto, esplicita o più probabilmente implicita, invece di restare fermo ad attenderla, e portando la risposta, cioè il supporto necessario, là dove il problema si manifesta.

Le professioni d’aiuto coinvolte nella pandemia COVID-19 sono prima di tutto i medici, gli infermieri, e gli operatori socio-sanitari, ma come già detto non solo loro; è probabile che il dopo-emergenza vedrà gli esiti dei traumi sperimentati oltre che da medici, infermieri e operatori socio-sanitari, anche da tecnici, operatori del soccorso e farmacisti, e persino da chi non svolge compiti di tipo strettamente sanitario. Dovunque si svolgano contatti ripetuti e inevitabili con molte persone in difficoltà, che soffrono o che fanno soffrire gli altri, magari contagiandoli, e che richiedono aiuti urgenti o massicci, lì il lavoro diventa facilmente stressante e acquista un potenziale traumato-genetico che può sfociare nell’esaurimento emotivo e psicologico.

L’estensione di un progetto di supporto come quello che stiamo illustrando, potrebbe avere come obiettivo quello di prepararsi ad andare incontro al personale sanitario che, attualmente impegnato ad affrontare l’emergenza COVID-19, alla fine di questa esperienza critica sarà presumibilmente provato e bisognoso di uno spazio di ascolto, nell'ottica di offrire in tempi brevi un sostegno psicologico individuale e soprattutto di gruppo per prevenire o ridurre il rischio di saturazione emotiva e di serie conseguenze psicologiche.


7. Conclusioni

Ad oggi, non siamo ancora in grado di comprendere e valutare appieno, quale possa essere stata l’entità in estensione e profondità delle conseguenze psico-sociali che l’evento pandemico e le misure di contenimento resesi necessarie hanno avuto. Questi, sono aspetti che stiamo comprendendo meglio con l’evolversi della pandemia sul territorio nazionale nelle settimane e nei mesi successivi allo outbreak di COVID-19 nel febbraio 2020. Così come ancora da comprendere, quali possano essere state le conseguenze, almeno dal punto di vista psicologico ed emotivo (ovviamente non possiamo qui entrare nell’argomento conseguenze economiche nel mondo del lavoro e di quelle educative e socio relazionali in quello della scuola), delle misure di contenimento e distanziamento sociale attuate per contenere la diffusione del virus o ridurne l’impatto.

Alcuni punti di riflessione per i servizi sanitari al fine di prepararsi ad una nuova emergenza o ad una ulteriore “ondata” della pandemia, emergono comunque:

  • la necessità di organizzare azioni di prevenzione sulla salute mentale, riconoscendo le differenze significative tra i diversi gruppi di popolazione, in particolare quelli legati al genere, all'età e al livello socio-economico, considerando che l'effetto psicologico di un'epidemia è di solito più grave nelle popolazioni maggiormente esposte al contagio;
  • l'importanza dello strutturare uno staff integrato e riconoscibile di psicologi e medici del benessere organizzativo, che operi all'interno della Azienda al servizio degli operatori;
  • l'importanza di rispettare il timing della mobilitazione di fronte alla emergenza, programmando interventi fase-specifici;
  • la manutenzione e valorizzazione del lavoro in equipe nei vari sistemi organizzativi, come punto cardine sia per la efficienza e la efficacia degli interventi che per la prevenzione delle difficoltà personali e relazionali degli operatori.

A questo riguardo le U.O. C Psicologia di Grosseto e di Siena e la U.O.S.D. Psicologia Ospedaliera di Arezzo, come già anticipato, insieme ad altre U.O ospedaliere ed al Servizio di Prevenzione e Protezione della ASL TSE, hanno elaborato un progetto di ricerca-intervento con l'obiettivo di indagare sia il livello di stress lavoro correlato percepito dagli operatori sanitari durante l'emergenza e la correlazione con il lavoro di equipe, sia di intervenire direttamente per la elaborazione dello stress post traumatico. Speriamo quindi di poter presto riferire anche in merito a questa ricerca.


Note

Nota 1: British Columbia’s Pandemic influenza Response Plan, Pandemic Influenza Psychisocial Support Plan for Health Care Workers and Providers, 2012

Nota 2: World Health Organization, (2020) “Mental Health and psychosocial considerations during the COVID-19 outbreak” 18 March 2020 (No. WHO/2019-nCoV/MentalHealth/2020.1); Chen Q, Liang M, Li Y, Guo J, Fei D, Wang L et al. 2020 “Mental health care for medical staff in China during the COVID-19 outbreack” The Lancet Psychiatry, 7(4), pp15-16; Greenberg, N., Docherthy, M, Gnanapragasam S, Wessely S (2020) “Managing mental health challenges faced by healthcare workers during COVID-19 pandemic” British Medical Journal, 368

Nota 3: L’EMDR -Eye Movement Desensitization and Reprocessing – traducibile con Desensibilizzazione e Riprocessamento tramite Movimenti Oculari – è un trattamento psicoterapeutico considerato una delle terapie più efficaci dalle Linee Guida Internazionali per la Pratica Clinica, dall’American Psychological Association, dalla ISTSS (International Society for Traumatic Stress Studies), dal Ministero della Difesa USA e dal Servizio Sanitario Inglese. Grazie alle numerose prove scientifiche e ai dati concreti della sua efficacia, nel 2013 anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto l’EMDR come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati. Si basa sull’elaborazione adattiva dell’informazione e ha come obiettivo, attraverso l’utilizzo della stimolazione alternata e ritmica degli emisferi cerebrali, di desensibilizzare i momenti più disturbanti connessi all’evento critico o potenzialmente traumatico. La terapia dell’EMDR, fornendo abilità per una rapida elaborazione dei ricordi disturbanti, è un approccio efficace per gli interventi recenti.

Nota 4: Questo protocollo è stato utilizzato nel suo formato originale o con adattamenti a seconda delle situazioni in numerosi contesti nel mondo (Gelbach and Davis, 2007; Maxfield, 2008 ). Studi di casi e sul campo hanno rilevato la sua efficacia con bambini e adulti a seguito di una catastrofe naturale o per opera dell’uomo o in traumi da guerra. (Adúriz et al., 2009; Jarero and Artigas, 2009; Jarero et al., 1999, 2006, 2008; Zaghrout‐Hodali et al., 2008 ). Il protocollo integra le otto fasi del trattamento EMDR standard (Shapiro, 1995, 2001) con un modello di terapia di gruppo (Artigas et al., 2000; Artigas and Jarero, 2009; Boel, 1999).

Nota 5: Comunicazione sulla rivista online umbriaon.it/covid-ospedale.terni-psicologia-stress-post-traumatico-il-lavoro-del-santa-maria/ del 26 aprile 2020.

Nota 6: Comunicazione informale nella riunione del Centro Regionale Criticità Relazionali, aprile 2020


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