Centro Regionale di Riferimento sulle Criticità Relazionali (CRRCR)
Progetto Residenza per le Misure di Sicurezza (REMS) e rete dei Servizi per i percorsi dei pazienti psichiatrici autori di reato dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari
* Medico Psichiatra CRRCR
** Psicologo CRRCR
*** Medico Psichiatra, Responsabile del CRRCR
(Ricevuto il 2 luglio 2020; accettato il 24 novembre 2020)
La Legge 81/2014 ha determinato, oltre alla chiusura degli OPG, anche il superamento della separazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi dei pazienti psichiatrici autori di reato e non. Ciò ha comportato la necessità di un impegno da parte dei Servizidel territorio, a cominciare dalle nuove REMS, nell’individuare nuove strategie di rete. Il CRRCR presenta un percorso formativo interdisciplinare a supporto di professionisti, gruppi di lavoro e tutti i livelli del sistema organizzativo per un approccio integrato al cambiamento culturale.
Law 81/2014 determined, in addition to the end of the OPGs, also the overcoming of the separation between the therapeutic-rehabilitative pathways for psychiatric patients offenders and those for non-offenders. This entailed the need for a commitment by the territorial mental health services, starting with the new REMS, in identifying new network strategies. CRRCR presents an interdisciplinary long-term training course to support professionals, working teams and all levels of the organizational system toward an integrated approach to cultural change.
Prima di addentrarci nell’esposizione di tale attività clinico consulenziale organizzativa formativa, è necessario puntualizzare o cercare di descrivere come questa si inserisca nelle progettualità del Centro e in particolare nel percorso catalizzatore del ciclo di vita individuo-gruppo organizzazione.
Abbiamo già descritto come nelle varie fasi del ciclo di vita intervengano con importanza diversificata e descrivendo specifiche curve gaussiane le tre istituzioni madre, famiglia, scuola, lavoro, capaci di accogliere con modalità sincronica o non accogliere, quegli elementi temporali della vita umana sintetizzati in termini di nascita crescita vecchiaia decadenza morte biologica nascita. In tale ricorsività specie specifica per il genere umano, il contenitore culturale è rappresentato dal concetto di salute e come questo si inserisca nel paradigma di benessere biopsicosocioambientale dove l’Uomo è ambiente e da questo non separato attraverso la congiunzione e.
Lì dove il tema della Salute sia stato scorporato e scisso in azioni sanitarie separate da quelle sociali, culturali, educative, economiche, di welfare, infrastrutturali, abitative, comunicative, e tutte queste fra loro, si creano e stabilizzano le terre di nessuno. Ovvero quei terreni di non osmosi fra organizzazioni istituzioni dove albergano bisogni e necessità non accolte, non individuate, non interpretate e che daranno luogo a quei fraintendimenti culturali dove descolarizzazione, malattia mentale, povertà, delinquenzialità, insufficienza mentale, verranno radunati nel borgo cittadinario posto ai confini del mondo e giustificato spesso da ineluttabilità. La storia insegna che la piramide economico produttiva organizzativa umana da sempre crea i confinati da confinare. Ciò non ci esime dal non considerare le marginalità come un prodotto di un sottoprodotto culturale il cui strumento principe è oggi lo scollegamento fra discipline e fra esse e le istituzioni delegate, a loro volta divise dai participi del dominio, della reputazione, dell’identità.
Vi è comunque da assumere un aspetto di relazionale reciprocità sociale. Poiché coloro che confinano sono a loro volta confinati dagli oggetti primariamente esclusi. Nessuna esclusione sociale recide i legami di un individuo o famiglia o gruppo sociale permanendo sempre un rapporto di interdipendenza, o meglio questi entrano comunque in un rapporto di controllo esercitato dalle istituzioni e dallo stato decidendone comunque sia, a propria volta, l’esistenza e la desinenza.
Nostro compito non è uscire da un loop retorico o accademico, poiché non ne saremmo in grado, in tale fase mancando, per ora, la dialettica con le forme delle scienze sociali e filosofiche, ma portare con i fatti l’esperienza di progettualità che in virtù del principio della colleganza consentono di far parlare e comunicare le istituzioni e le discipline in forme diverse dedicate agli aspetti estremi della marginalità deviante.
Con la legge 81/2014, che sancisce la definitiva chiusura degli OPG, si completa un percorso di grande importanza normativa, sociale, culturale, clinico-terapeutica, iniziato 40 anni fa con la legge 180.
Di fatto, con il superamento delle linee separate tra pazienti Psichiatrici rei e non, si affida alla rete dei servizi della Salute Mentale ed alle loro modalità terapeutico riabilitative anche l’ultima tipologia di pazienti per i quali, a tanti anni dalla chiusura del manicomio, l’aspetto terapeutico e riabilitativo continuava a non prescindere dal contenimento ambientale esercitato dall’ istituzione totale rappresentata dall’ OPG, cioè i pazienti psichiatrici autori di reato cui è stata riconosciuta una pericolosità sociale.
Il fatto stesso che la REMS, pur nella sua specificità, sia a pieno titolo una struttura totalmente inserita nella rete della Salute Mentale, ed il fatto che la legge 81 consideri l’invio in REMS come l’extrema ratio rispetto ad un più immediato re-inserimento del paziente autore di reato nel contesto sociale, chiariscono bene l’obiettivo, ma anche lo spirito ed i presupposti concettuali dell’attuale normativa, che in questo senso si pone in diretta continuità concettuale e filosofica con la cosiddetta Riforma Basaglia, il cui principio ispiratore rispetto alla rete delle strutture e dei percorsi terapeutico-riabilitativi da realizzare era profondamente legato alla considerazione della funzione psico-patogena e pato-plastica esercitata sull’individuo dalla violenza intrinseca all’istituzione manicomiale.
In base a questo, il Sistema di Cura declinò teoricamente e tuttora si pone obiettivi terapeutici inscindibili da una costante ricerca di riabilitazione e recupero sociali, ottenibili solo in un contesto aperto, fortemente de- istituzionalizzato/nte. In quest’ottica emendatoria rispetto al passato, il sistema vedeva nel processo terapeutico e riabilitativo territoriale lo strumento privilegiato di una de-istituzionalizzazione.
Il vulnus della Legge 180 era rappresentato appunto dal fatto che il paziente psichiatrico autore di reato riconosciuto socialmente pericoloso e pertanto sottoposto a Misura di Sicurezza, entrava attraverso le porte dell’OPG in un percorso psichiatrico distinto da quello di tutti gli altri pazienti.
La potenziale reiterazione di un atto violento ricreava quindi la condizione di separazione tra il percorso di cura, affidato a alla rete socio- sanitaria del territorio ed ai suoi strumenti,e la funzione contenitiva rispetto alla pericolosità, garantita dalla solidissima quanto rigida istituzione penitenziaria.
Il fatto che, con la nuova Legge,percorsi separati vengano completamente e definitivamente riuniti in un’ottica terapeutico-riabilitativa territoriale può tuttavia comportare un rischio.
In una società caratterizzata dalla difficoltà a condurre riflessioni ed analisi interdisciplinari profonde e viceversa portata alla ricerca di soluzioni rapide, talvolta attraverso meccanismi di semplificazione, potrebbe infatti verificarsi che aspetti complessi e riconducibili a fattori diversi, quali il comportamento potenzialmente violento, vengano sistematicamente attribuiti ad un quid psicopatologico integralmente trattabile con gli strumenti della cura, con conseguente attivazione automatica di meccanismi di delega globale e dunque inappropriata ai Servizi ed ai Professionisti del Territorio.
Come tutti i cambiamenti importanti anche questo passaggio, peraltro diffusamente atteso e per lo più auspicato, ha stimolato un dibattito nuovo e contemporaneamente riaperto vecchie discussioni in un contesto clinico operativo dove esistono ancora posizioni diverse e talvolta contrastanti.
In particolare laddove l’evoluzione dei modelli nosologici e nosografici si è progressivamente orientata versocriteri oggettivi e standardizzabili, hanno perduto centralità gli strumenti conoscitivi descrittivi, comprensivi ed intuitivi, fortemente legati alla soggettività clinica e propri della Psicopatologia classica. Di conseguenzasi è allontanato il focus dell’attenzione dallo studio dei vissuti complessi, erlebnisse, che sottendono i sintomi e si è accentuata la distanza tra i criteri classificativi e l’analisi di quei fenomeni trasversali e complessi, già di per sé difficili da definire e collocare in una rappresentazione schematica, tra i quali il comportamento violento occupa un posto di rilievo.
Anche se già in precedenza, nel corso degli anni, la realizzazione di articolati percorsi terapeutico riabilitativi di rete, frutto della collaborazione tra OPG e Servizi del Territorio, aveva portato alla de-istituzionalizzazione di numerosi pazienti ricoverati in OPG, ciò era comunque legato, oltreché alla discrezionalità clinica, a variabili dipendenti dalla natura, dalla disponibilità e dalle risorse messe in campo da parte dei singoli Servizi.
La legge 81/2014, invece, introduce un elemento di obbligatorietà e di sistematicità (e non ultimo di rapidità operativa) nella formulazione di progetti terapeutico-riabilitativi che devono risultare contemporaneamente solidi e affidabili. L’enfatizzazione sulla funzione di contenimento attribuita ai percorsi ed ai luoghi della cura e della riabilitazione, rispetto al potenziale rischio di comportamenti aggressivi da parte di pazienti tra loro molto diversi e non sempre preliminarmente valutati con precisione dal punto di vista clinico- psicopatologico, ha suscitato nei professionisti perplessità e preoccupazione.
Da ciò è nata l’esigenza di un percorso di accompagnamento e di supporto ai professionisti ed ai gruppi di lavoro, rivolto al miglioramento nell’approccio alle specifiche problematiche, ma anche finalizzato al rafforzamento ed alla riattivazione delle risorse di rete proprie del nostro Sistema Socio Sanitario e alla attivazione di sinergie inter-istituzionali. Ciò risulta di particolare importanza in una fase della vita delle nostre organizzazioni che vede i Servizi dedicati all’accoglienza ed alla cura del disagio psichico particolarmente esposti ad una prolungata pressione conseguente a tumultuosi cambiamenti sociali, a meccanismi di delega e ad una progressiva contrazione delle risorse, con ricaduta sulla qualità del lavoro e della vita stessa dei professionisti. Inoltre, era evidente che un’attenzione particolare fosse dovuta alla REMS, la struttura più innovativa dal punto di vista organizzativo, ma anche alle (già esistenti o in fase di istituzione) Strutture Intermedie a minore intensità dedicate al paziente autore di reato, sinora solo in parte collegate alla rete del Territorio.
Questo percorso, coordinato dal CRCR, su mandato dell’Assessorato Diritto alla Salute, ed a cui hanno collaborato figure esperte del settore, ha cercato di dare il necessario spazio all’analisi delle criticità, alla formulazione di proposte ed al feed-back da parte dei professionisti coinvolti operativamente nelle varie strutture della rete. Si tratta di una metodologia di lavoro propria del Centro di Riferimento che, anche in processi organizzativi di ampio respiro, mantiene sempre il contatto e l’attenzione rivolti alle persone ed alle realtà operative direttamente coinvolte nei processi di cura.
Già una prima analisi dell’impianto della nuova normativa lasciava spazio all’ipotesi che, nell’estrema complessità delle possibili situazioni reali, potessero insorgere delle criticità, non soltanto rispetto ai pazienti già ricoverati in OPG, ma anche e soprattutto rispetto a pazienti “nuovi”. Più in generale sono state evidenziate aree non del tutto chiare riguardo alle modalità, ai criteri ed ai luoghi deputati alla gestione delle fasi iniziali, cioè quelle in cui deve avvenire la definizione del problema e l’individuazione dell’intervento più efficace e nelle quali l’OPG svolgeva il compito di contenitore indefinito. Si tratta infatti di momenti in cui, a fronte di alti livelli di incertezza e di potenziale rischio rispetto ai comportamenti, non è stata ancora sufficientemente definita la dimensione psicopatologica e di conseguenza quali strutture e strumenti terapeutico-riabilitativi siano più appropriati. Queste perplessità sono state ampiamente confermate nei vari colloqui e nei gruppi di approfondimento.
Per tale ragione abbiamo ritenuto opportuno individuare degli spazi dove il confronto tra i linguaggi e le competenze dei diversi attori coinvolti nel processo di cambiamento, (Esponenti del sistema politico regionale, Magistrati, Psichiatri ed altri professionisti socio-sanitari dei Servizi, Periti, Dirigenti del ministero di Grazia e Giustizia), si svolgesse non solo intorno ai pure imprescindibili aspetti di tipo tecnico-organizzativo, ma ampliasse reciprocamente gli orizzonti. Questo nell’ottica di una possibile condivisione, nel rispetto delle diverse responsabilità e competenze, di tutti quegli aspetti della complessità, sia psicopatologica che giuridica, che per anni hanno costituito aree relativamente inesplorate, poste ai confini tra sistemi separati ed impermeabili, che ad oggi rappresentano il punto più critico del percorso integrato di superamento dell’OPG.
L’idea che questa riflessione integrata possa rappresentare, oltreché uno strumento utile ai fini di migliori chiarezza e definizione dei percorsi di cura, anche un fattore di benessere per tutti i professionisti e di supporto alle scelte organizzative ci pare confermata dall’interesse e dalla partecipazione di tutte le figure professionali coinvolte, ma anche dal fatto che è stato da tutti sottolineato il maggior carico professionale ed emotivo correlato al dover assumere decisioni di grande responsabilità in una realtà organizzativa più complessa e sfumata.
Appare evidente da quanto premesso che la portata del cambiamento connesso alla legge 81 del 2014 dal punto di vista sia operativo che concettuale va ben oltre il valore intrinseco, pur rilevante, della norma in sé.
Del resto, la stessa durata del lasso di tempo che ha separato la Legge 180 da quella che possiamo considerare concettualmente la logica chiusura di un cerchio, depone per la complessità del processo di transizione e della difficoltà incontrate nell’affrontare il problema.
Anche l’intenso interesse manifestatosi in ambito internazionale, come peraltro avvenne in occasione della Legge 180, sulla scelta italiana di realizzare un passaggio radicale da una logica di istituzionalizzazione totale ad una visione di percorso da effettuarsi completamente all’interno di una rete territoriale, testimonia l’importanza del cambiamento previsto da questa legge.
Alla luce di ciò il ruolo e la funzione del CRRCR si sono potute esprimere in questo contesto con un’applicazione completa della propria metodologia sistemica. L’attenzione e l’intervento rivolti contemporaneamente alle criticità emerse nei contesti operativi, alla condivisione dei percorsi con i vertici delle Strutture e dei Dipartimenti, l’opera di collegamento e di feed-back tra l’area clinica e quella organizzativa e politica, e l’azione di promozione del confronto inter-istituzionale caratterizzano fortemente questa progettualità.
L’evoluzione del percorso clinico- assistenziale e giudiziario iniziato con la Legge 81/2014 ha spesso avvicinato e connesso le problematiche ed i conseguenti interventi con le attività svolte nell’ambito di un altro delicatissimo percorso, nato dal DPCM del 2008, definito “Salute in Carcere”, che definisce i nuovi livelli di assistenza da parte del Sistema Socio- Sanitario Toscano nel complesso contesto penitenziario.
Le costanti interazioni tra i due percorsi, che verranno specificate ed evidenziate nella trattazione dei Progetti, sono la naturale conseguenza del progressivo riconoscimento di aspetti psicologici sottostanti ai comportamenti devianti, ed al processo di ridefinizione in senso psicopatologico e nosologico di Disturbi della Personalità presenti nella popolazione carceraria.
Le attività programmate e svolte dal CRRCR e quelle che hanno visto la sua partecipazione , rispetto ai percorsi dedicati ai pazienti psichiatrici autori di reato, si sono sviluppate nel corso di alcuni anni con la visione di obiettivi a medio e lungo termine, attraverso la realizzazione di un cronoprogramma pre-definito, ma al contempo ridefinendosi e ricalibrandosi a partire da un nucleo concettuale e metodologico, sulla base dei cambiamenti e delle nuove esigenze dei contesti coinvolti, letti come prodotti del percorso e come nuovi patterns da elaborare, mantenendo comunque il tema dell’integrazione e dell’interdisciplinarietà come stelle polari di qualunque fase e dimensione del percorso.
E’ stato privilegiato come contenitore formale, il modello del progetto formativo, strategicamente adatto a garantire la presenza autorizzata e scientificamente accreditata del maggior numero possibile di professionisti, ma anche concettualmente prossimo al significato culturale del cambiamento da condividere.
In questo senso il termine Formazione è da intendersi non solo come incremento delle competenze specifiche e relazionali, ma anche come costruzione di una cultura del gruppo di lavoro, come attività di supervisione clinica e di percorso, come spazio strutturato di approfondimento ed analisi condivisa delle criticità e delle proposte ed infine come promozione dell’ integrazione tra professionisti ed istituzioni diverse.
In conformità con la metodologia di lavoro del CRRCR, con le attivitàformalmente previste dal Progetto e rappresentate di seguito in uno schematico cronoprogramma, si sono integrati tutti gli interventi di supporto, supervisione e consulenza effettuati da parte dell’equipe del centro presso strutture e servizi del territorio, tra cui Presidi territoriali, SPDC, SERD, Strutture Intermedie, Strutture interne al Carcere ove siano state segnalate criticità legate alla presenza e complessa gestione di pazienti che presentavano problematiche di interesse psicopatologico. Le tematiche emerse in questi contesti operativi hanno assunto particolare rilevanza nella programmazione progettuale successiva.
Una possibile rappresentazione sintetica del percorso progettuale, per quanto semplificatoria rispetto alle caratteristiche intrinseche di ciascuna attività ed alla loro complessa e costante integrazione, può essere schematizzata con un cronoprogramma. Il progetto, nel suo complesso, è stato presentato in un Simposio al XXIII Congresso Nazionale SOPSI, tenutosi a Roma, nel Febbraio 2019.
Le attività specifiche, svolte in costante collegamento con quelle previste dal percorso della Salute in Carcere svolte nel periodo 2012- 2019sono state le seguenti(figura 1 e 2):
Tra le difficoltà esplicitate dai professionisti durante le interviste ed i focus group effettuati, meritano una sottolineatura particolare: scarsità di posti all’interno della Rems, confusione tra ruolo peritale e terapeutico, differenti visioni all’interno della psichiatria in particolare riguardo all’approccio al paziente psichiatrico autore di reato. Ancora, presenza di pazienti sempre più complessi e di difficile gestione, rapporti con le forze dell’ordine non sempre fluidi, difficoltà d’inserimento del paziente sul territorio e difficoltà a relazionarsi con altri servizi, carenza di strutture intermedie, confusione di ruoli (cura/controllo), mancanza di una formazione specifica del personale.
Conseguentemente, tra le proposte è emersa all’unisono la necessità di un maggior confronto e condivisione tra personale sanitario, formazione specifica per pazienti autori di reato, confronto continuo con forze dell’ordine e magistratura ed infine, strutturazione di programmi territoriali.
Pure nel rispetto della metodologiasistemica e nella visione contemporanea dei micro e del macro-contesto, era inevitabile che il CRRCR dedicasse sin dalla fase iniziale uno spazio ed un’attenzione particolare a quella che possiamo considerare la struttura più inedita ed innovativa e contemporaneamente lo snodo operativo essenziale dei percorsi terapeutici e giudiziari previsti dalla nuova Legge, cioè la REMS di Volterra.
Il Percorso Formativo, suddiviso in due edizioni, è stato strutturato in un ciclo di incontri di gruppo multi-professionali cui hanno partecipato Psichiatri, Psicologi, Infermieri, OSS, Assistenti Sociali, Tecnici della Riabilitazione ,nel corso dei quali sono stati affrontati approfonditamente dei temi rilevanti ed il gruppo ha potuto condividere ed applicare concetti appresi in momenti formativi propriamente didattici. Possiamo schematicamente suddividere il percorso svolto in quattro fasi, tra loro strettamente collegate.
In una prima fase è stata dedicata la massima attenzione al nuovo Gruppo di Lavoro, ai momenti essenziali della conoscenza e del riconoscimento reciproci. Inoltre è stato dedicato spazio all’individuazione e condivisione di quegli aspetti, non soltanto organizzativo-formali, ma anche rappresentativi e percettivi individuali, che caratterizzano la specificità e l’identità della nuova REMS. Quest’ultimo costituisce un aspetto fondamentale, per consentire ai professionisti di vedere, ma anche di co-costruire dei punti di riferimento che li orientino rispetto a obiettivi complessi e nuovi, cementando un comune senso di appartenenza. Poter utilizzare il contributo di individui diversi per età ed esperienza clinica, in una fase iniziale del ciclo di vita della nuova struttura, ha costituito un elemento di forza e di stimolo per tutto il Gruppo di Lavoro.
La seconda fase è stata preceduta da uno spazio didattico in cui temi di Psicopatologia e Psichiatria Forense sono stati trattati da Specialisti esperti nelle due Discipline. Nellasuccessiva attività il gruppo, oltre a proseguire nell’accompagnamento alla costruzione dell’identità del gruppo stesso e della struttura, ha affrontato il tema del lavoro in equipe ed il delicato equilibrio tra ruoli professionali e risorse personali, tra strumenti tecnici ed emozioni. Una parte consistente di questo lavoro si è svolta in sottogruppi, con l’approfondimento e la supervisione su casi clinici specifici. Un elemento centrale di questa fase del percorso ha riguardato la tenuta e la funzione del gruppo rispetto a situazioni di estrema complessitàdal punto di vista sia clinico che giuridico, da gestire nella massima sicurezza in una struttura ed in un contesto normativo talmente nuovi, da configurare talune iniziative e scelte come inedite, in una sorta di workin progress fortemente responsabilizzante per i professionisti e per l’intero Gruppo di Lavoro.
La terza fase, anch’essa caratterizzata da un momento didattico specialistico iniziale e da una significativa parte del lavoro svolta su casi scelti, ha rappresentato un passaggio cruciale nella riflessione e nell’iter della struttura stessa, oltre a fornire elementi significativi per il feed-back all’Organizzazione. Questa parte del percorso, infatti, faceva preciso riferimento a due principi essenziali della Legge 81: In primis al fatto che l’esecuzione della Misura di Sicurezza presso la REMS deve rappresentare l’extrema ratio rispetto a soluzioni alternative, in secondo luogo che la REMS, a differenza dell’OPG è una Struttura con una sua specificità, ma è comunque organizzativamente e funzionalmente inserita nella rete territoriale della Salute Mentale Regionale.
Di conseguenza i costrutti approfonditi e condivisi in questa fase sono stati l’Accoglienza e l’Osservazione, definiti dal Gruppo in maniera pittoresca, ma significativa “come arrivano”, e l’Interazione con i Servizi della Rete Territoriale, “come escono”. Appare evidente che su questi aspetti di integrazione inter-professionale, inter-strutturale ed inter-disciplinare si fonda il buon esito di tutto il percorso di cambiamento.
Un approfondimento di questo tipo, fortemente contestualizzato nell’operatività reale, ha evidenziato criticità da affrontare, rispetto ad esempio all’eterogeneità clinico-anamestica della storia dei nuovi pazienti, a parziali incongruenze tra valutazioni cliniche e forensi e ad un non sempre efficace filtro pre-invio in REMS, ma ha anche individuato potenzialità della Struttura nello svolgimento di un’Osservazione Clinica specialistica essenziale per ricollegare elementi scollegati, specie se effettuata in sinergia con il Sistema Territoriale.
La quarta fase, conclusiva di questo primo ciclo, è stata finalizzata a consolidare anche in termini concettuali il processo di Integrazione dei Servizi che costituisconola rete di supporto del percorso terapeutico-riabilitativo di pazienti sempre caratterizzati da notevole complessità, ma anche ad introdurre nella riflessione la necessità di migliorare gli scambi ed il confronto sia in termini operativi che culturali con le altre Istituzioni, in primo luogo con la Magistratura.
A questo proposito alcuni temi chiave emersi in questa sede, primo tra tutti la necessità di una riflessione approfondita sul concetto di Pericolosità, riferito in particolare al nuovo scenario, troveranno conferma, come vedremo, anche in molti altri punti di osservazione. L’intero percorso svolto presso la REMS ed i temi emersi è stato presentato in una relazione nell’ambito del Seminario: La costruzione di reti di relazioni integrate: Istituzioni e Responsabilità nei percorsi di cura (Villa La Quiete, Firenze, 21 Febbraio 2018).
La prosecuzione del progetto, che per un periodo si è svolta contemporaneamente alle attività effettuate nella REMS di Volterra e che da queste ultime ha tratto temi e spunti, ha mantenuto la finalità di supportare ed al contempo monitorare l’evoluzione ed il rafforzamento della rete territoriale.
In questo senso, oltre agli interventi su strutture specifiche, sono proseguiti gli incontri multi-professionali aperti al maggior numero possibile di Professionisti, appartenenti ai vari servizi della rete: Dipartimenti della Salute Mentale e Dipendenze, Strutture Intermedie, Servizi Sociali, Salute in Carcere e loro Articolazioni.
Di seguito l’elenco dei partecipanti ai gruppi di approfondimento (tabella 1).
Oltre alla funzione integrativa implicita negli incontri di gruppo, erano da considerarsi prioritari la facilitazione dell’ascolto e del massimo coinvolgimento rispetto alla realizzazione degli obiettivi precedentemente concordati con le Direzioni , ma anche la raccolta di suggerimenti e proposte.
Questa fase progettuale è stata anche caratterizzata da un’attività di centrale importanza, dalla quale sono emersi contenuti di grande interesse e profondità. Il CRRCR ha svolto un ciclo di interviste rivolte a Magistrati di Tribunali di Sorveglianza, Sezioni Penali, Corti d’Appello, Procure della Repubblica della Regione Toscana.
La finalità delle interviste era in primo luogo conoscitiva, attraverso la creazione di uno spazio dedicato all’ascolto ed alla conoscenza di un punto di vista della Giustizia, nel rispetto dell’autonomia del singolo Professionista. Era anche un nostro obiettivo individuare e condividere con figure autorevoli del mondo giudiziario temi e valori su cui promuovere un dibattito culturale interdisciplinare, in primis con il Sistema socio-sanitario, che fosse adeguato alla portata del cambiamento in atto ed in qualche modo potesse andare oltre la pura declinazione operativa dei processi da attivare, il pur necessario chi fa cosa, facendo riferimento ad uno dei presupposti identitari del CRRCR, per il quale problematiche e percorsi complessi rendono necessari approfondimenti adeguati. In questo senso, in un’ottica di costante integrazione e colleganza, l’intervista è stata proposta ed effettuata anche con il Provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria della Regione Toscana.
Le aree tematiche affrontate nell’Intervista riguardavano i cambiamenti previsti dalla Legge 81/2014, le difficoltà affrontate nel nuovo scenario normativo, ed alcune considerazioni rispetto alle Relazioni tra le Istituzioni ed i Servizi coinvolti.
Oltre le considerazioni e le proposte tecniche di notevole valore ed interesse rispetto alla prosecuzione del percorso, la partecipazione e la disponibilità di tutti gli intervistati ad affrontare aspetti culturali e anche ad entrare nella sfera dei vissuti e delle emozioni, ci ha consentito di individuare dei temi e delle problematiche, trasversalmente sperimentati sia dalla Magistratura che dai Professionisti socio-sanitari, che possono costituire uno spazio di confronto e di dialogo interdisciplinare che riteniamo di grande potenzialità.
Tra questi il concetto/i stesso/i di Pericolosità, la difficoltà di mantenere l’orientamento in uno scenario normativo nuovo ed in profondo cambiamento, la solitudine del Professionista di fronte a scelte di grande peso professionale ed emotivo, il pericolo di cristallizzazione di posizioni difensive e viceversa la necessità di costruire un clima di conoscenza e fiducia reciproche, l’obiettivo di coniugare la semplicità dei percorsi operativi con la profondità dell’analisi e del confronto.
Questo confronto tra Sistema Giudiziario e Sistema Socio-Sanitario ha successivamente trovato uno spazio strutturato nei Tavoli Inter-Istituzionali e nelle loro due articolazioni dedicate alla Sorveglianza ed alla Cognizione, ove criticità e percorsi integrati sono stati discussi e condivisi tra tutti gli attori coinvolti nell’attuazione della Riforma (Magistratura, Amministrazione Penitenziaria, Assessorato alla Salute con le sue strutture, Avvocatura i Dipartimenti della Salute Mentale, la REMS, l’UEPE).
Il CRRCR ha partecipato a tutti gli incontri dei Tavoli di Lavoro al fine di individuare temi prioritari su cui costruire, in condivisione con tutti gli interlocutori, progettualità di sistema finalizzate all’integrazione ed alla interdisciplinarietà, che facilitino il superamento delle criticità attraverso l’acquisizione, nel rispetto dei diversi ruoli, di una cultura comune condivisa, per il benessere dei professionisti e dei pazienti.
Al termine delle attività sopra descritte, sono stati organizzati due giornate seminariali, nel Dicembre 2016 e nel Febbraio 2018, quale momento di approfondimento e condivisione interprofessionale delle criticità e proposte emerse.
Di seguito le relative locandine (figura 3 e 4).
È stato chiaro sin dal primo momento che a fronte della portata della Legge 81/2014 e delle sue ricadute in termini di cambiamento organizzativonon era possibile una semplice ricerca e formulazione di linee di indirizzo di possibile realizzazione motu proprio. Per questo motivo la Regione Toscana sta proseguendo con il supporto ed il monitoraggiodello sviluppo di sinergie di rete anche attraverso il contributo del CRRCR, in qualità di tecnostruttura del Governo Clinico Regionale.
Tra le attività di prossima attuazione, la cui programmazione ha subito dei cambiamenti e dei ritardi a causa dell’emergenza pandemica degli ultimi mesi, si segnalano il percorso formativo interdisciplinare a partire dai temi emersi nei Tavoli di Lavoro Inter-Istituzionale, della Sorveglianza e della Cognizione, e la partecipazione del CRRCR al percorso formativo completo della nuova REMS di Empoli, che potrà usufruire anche delle esperienze maturate nella Struttura di Volterra, naturalmente applicate ad un contesto nuovo e ad uno scenario che si è nel frattempo ulteriormente evoluto.
La rete dei Servizi, il dialogocostante e costruttivo tra Sanità, Magistratura, Sistema Penitenziario, configurano una sorta di Modello Toscano, peraltro molto apprezzato a livello nazionale ed europeo. Il CRRCR, tuttavia, si pone anche l’obiettivo di partecipare alla costruzione di un percorso di integrazione che coinvolga anche altre Istituzioni e Realtà socialinella realizzazione di una rete di prossimità ed interscambio con la comunità. Ciò al fine dipromuovere un cambiamento culturale diffuso nel senso della partecipazione e della responsabilità condivise, per un precoce riconoscimento dei bisogni, la loro analisi, la realizzazione di interventi condivisi e tra loro collegati, e poter finalmente recuperare alla vita della comunità anche le ultime terre di confine e coloro che ne sono da tempo involontari e forzati abitanti.