EDITORIALE - Trasformazioni prodotte dal Covid-19 in Salute Mentale e nei Servizi pubblici: osservazioni successive alla fase “acuta” nella seconda ondata pandemica
L’evento pandemico costituito solo nuclearmente dall’emergenza sanitaria, coinvolge in realtà ogni dimensione e costruzione umana con i suoi molteplici ed interrelati risvolti antropologici, psicologici, sociologici, socio-economici. Un cambiamento sistemico e globale senza ritorno alla condizione precedente, un “fatto sociale totale” (Marcel Mauss, 1923-24), un trauma collettivo. Attraverso la sospensione di riti e rituali, con il lockdown, e l’attacco alla sovrastruttura simbolica e mitopoietica, assistiamo ad una sorta di sospensione dell’umanità ed al rischio di una caduta di senso, significato ed appartenenza; inevitabili le conseguenti trasformazioni antropologiche, sociali e culturali.
La dimensione di insicurezza ed incertezza, associata al cambiamento prossemico (distanziamento) e all’emergenza di forze regressive ed antisociali (paura, rabbia ed aggressività) possono influire sulla percezione dell’Altro come nemico, influendo pesantemente sulla costruzione dell’umano e sulla dialettica evolutiva identità/alterità con manifestazioni quali controllo, diffidenza, evitamento.
Tutto questo rischia di minare la fiducia nel futuro.
Anche l’ambito della cura viene profondamente trasformato: da un lato l’opportunità delle tecnologie, dall’altro l’assenza del corpo, l’impossibilità all’essere con l’altro (crisi della presenza, soppressione del linguaggio corporeo).
Tutte le nostre prassi, soprattutto riabilitative sono pesantemente limitate e modificate.
Si pongono i problemi della disuguaglianza digitale, dell’infodemia, della carente dotazione informatica dei Servizi.
Abbiamo bisogno di ripensare e ricostruire i nostri sistemi intanto che rispondiamo alla montata crescente dei bisogni e alle pressioni delle emergenze sui Servizi.
Emerge inoltre la necessità di soluzioni globali, sistemiche, connesse inter e transdisciplinari, accanto a soluzioni locali, partecipate ed inclusive. In questo contesto, considerando l’esperienza inevitabile che ci circonda e nella quale siamo immersi, densa di indubbi limiti e rischi, ma anche forse di possibilità generative e trasformative, potremmo cercare di sfruttare la situazione derivante da questa “crisi” per anticipare anche cambiamenti positivi e sviluppare alcuni apprendimenti minimi.
In tal senso crediamo di poter recuperare alcune suggestioni da cui trarre indicazioni metodologiche quali:
- favorire resilienza più che resistenza;
- cercare di “rinforzare la struttura fragile dell’organizzazione con una rete elastica di relazioni non gerarchiche tra persone motivate ad affrontare il cambiamento. Reagire con intelligente semplicità e con una redistribuzione del potere” (John Kotter 2014);
- “abbandonare la spinta a pianificare, irrobustire, centralizzare e gerarchizzare, bensì reagire agli eventi in maniera più agile” (Nassim Taleb 2013), e quindi essere flessibili per adattarsi in fretta ai cambiamenti e affrontare l’imprevedibile.
a) Atteggiamenti verso la situazione emergenziale
Si può osservare come a livello dei singoli individui si oscilli fra atteggiamenti opposti: da un lato c’è chi minimizza il problema e il pericolo e dall’altro chi enfatizza l’uno e l’altro in modo parossistico. Questi atteggiamenti tuttavia non rimangono fenomeni strettamente individuali ma al contrario si aggregano e si trasformano in posizioni sociali generali di gruppi e masse di popolazione. Addirittura diventano fenomeni e posizionamenti politici e culturali generali.
Ancora di più: si crea un circolo vizioso fra il livello individuale e quello sociale, politico e culturale, e ciascun livello alimenta l’altro, tanto che alla fine può diventare difficile comprendere dove finisce l’uno e inizia l’altro.
Pensiamo che chi ha responsabilità di cura e istituzionali debba avere un atteggiamento serio e – come sosteneva Camus nel suo romando “La peste” – onesto, dove Camus con il termine “onestà” intendeva: continuare a fare il proprio lavoro (in quel caso di medico) con dedizione e impegno.
Serietà e onestà significano innanzitutto considerare obiettivamente i pericoli per la salute che il Covid-19 comporta per tutte le persone e in particolare per le categorie più fragili della popolazione, come gli anziani o le persone affette da altre patologie, ed anche considerare il sovraccarico degli ospedali con le conseguenti criticità di risposta.
Parallelamente è necessario, a livello politico, adottare misure di contrasto agli effetti sociali, economici e occupazionali conseguenti alle disposizioni finalizzate a limitare la diffusione del virus.
b) Conseguenze sulla salute mentale
Gli effetti sono stati vari e complessi. Innanzitutto, si è registrata una risposta ansiosa e depressiva al contesto pandemico: e cioè alla minaccia del coronavirus, agli effetti dei provvedimenti igienico-sanitari e agli effetti socioeconomici di questi provvedimenti. Si è parlato di una “Sindrome da Stress COVID” per indicare questa specifica risposta di sofferenza al contesto pandemico.
La componente centrale di questa sindrome è costituita dalle paure di contaminazione e di malattia causate dal coronavirus e quindi dai comportamenti fobici nei confronti di oggetti, contesti o persone effettivamente o potenzialmente contaminate e contagiose. A questo nucleo di sofferenza, si associano altre componenti. In particolare, le preoccupazioni relative ai costi socioeconomici dell’emergenza (perdita del lavoro o comunque dell’autonomia economica), le paure che gli estranei e soprattutto gli stranieri possano diffondere il virus, e i sintomi da stress post-traumatico associati dall’esposizione diretta o indiretta al COVID-19 (incubi, pensieri e immagini intrusive relative a questa malattia virale). Fanno parte del quadro, infine, anche se in modo meno stringente, i comportamenti compulsivi di controllo o di ricerca di rassicurazione (ricerca eccessiva di informazioni in TV o su internet, controllo ripetuto della temperatura, ecc.).
Nonostante il disagio però le persone molto raramente hanno cercato un aiuto professionale anche quando fornito gratuitamente dai Servizi, dalle organizzazioni ordinistiche o dalle scuole di psicoterapia, piuttosto hanno cercato di superare lo stress con altri mezzi individuali o sociali. Si è però anche osservato un incremento di condotte a rischio (ricorso eccessivo al cibo, ai farmaci, utilizzo di alcol, droghe e altre forme di addiction) e un accentuarsi di episodi di violenza intrafamiliare. Di quest’ultimo fenomeno si è discusso molto durante il lockdown e subito dopo, mentre l’attenzione al riguardo è calata, nonostante la recente ricorrenza del 25 novembre. Bisogna considerare tuttavia che gli effetti socioeconomici del contesto pandemico possono mantenere o addirittura incrementare questo genere di fenomeni e, soprattutto, che gli effetti psicologici nelle vittime di simili violenze non si esauriscono con la stessa rapidità con cui cala l’attenzione mediatica.
Infine occorre considerare gli effetti diretti e indiretti del contesto pandemico su coloro che già presentavano o che possono sviluppare un problema di salute mentale importante, indipendentemente dall’emergenza sanitaria. Durante il lockdown molti presidi terapeutico-riabilitativi sono stati interdetti e anche attualmente molti interventi fortemente incentrati sulla relazione e sul lavoro di gruppo, sono limitati. Infine, è messa in crisi anche la possibilità di immaginare percorsi di empowerment e autonomia delle persone con problemi di salute mentale attraverso inserimenti lavorativi e percorsi di integrazione nella comunità.
c) Promuovere la salute mentale comunitaria nella situazione di emergenza sanitaria
Prioritario è innanzitutto mantenere attivo e sicuro il Servizio di Salute Mentale. Questo comporta innanzitutto porre attenzione alla salute degli operatori e a quella delle persone che lo frequentano (utenti).
Per noi operatori dei servizi diventa sempre più importante cercare di capire come adeguare le nostre diverse modalità di lavoro e di intervento in funzione del contesto pandemico. All’inizio, durante la prima ondata, i Servizi hanno reagito con “tagli lineari” (cioè con la sospensione di tutta una serie di attività e il passaggio all’interazione telefonica o in videochiamata), in attesa che la “tempesta” passasse. Oggi questa scelta non è più praticabile. Occorre cercare di capire nel dettaglio come modificare le modalità di svolgimento di ogni specifico presidio terapeutico-riabilitativo in modo comunque da poterne massimizzare gli effetti positivi sulla salute mentale degli utenti.
Ad un livello più alto, è necessario rafforzare sempre più le politiche sociali, di sviluppo e occupazionali, poiché in prospettiva gli aspetti socioeconomici influenzeranno sempre più – indipendentemente dalla pandemia – lo stato di salute mentale della popolazione.
d) Popolazioni più vulnerabili agli effetti psicologici negativi dell’emergenza sanitaria
È difficile individuare i fattori specifici che determinano una maggiore vulnerabilità, poiché la Sindrome da Stress COVID comprende una serie di dimensioni composite e che costituiscono una risposta individuale a diversi aspetti del contesto pandemico: la presenza della minaccia virale, le limitazioni alle nostre abitudini e stili relazionali ed esistenziali, gli effetti socioeconomici, ecc. Inoltre la situazione oggettiva (livello di diffusione del virus) e la relativa percezione del contesto pandemico varia nel tempo e non in modo lineare.
Le ricerche e l’esperienza empirica comunque indicano che sono maggiormente a ri-schio di problemi di salute mentale coloro che sono stati colpiti personalmente o nei loro affetti dal coronavirus (soprattutto coloro che hanno subito perdite di persone importanti), coloro che già prima della pandemia presentavano alcuni tipi di problemi di salute mentale (ad esempio coloro che presentavano sintomi ansiosi) e coloro che sono maggiormente colpiti dagli effetti socioeconomici della pandemia.
È da considerare inoltre che quando si pensa agli effetti psicologici della pandemia, il pensiero corre in prima istanza ai “sintomi positivi” di cui si è detto prima citando la Sindrome da Stress COVID: l’ansia, le paure del virus e così via. Minore attenzione invece è posta ai costi psicologici individuali degli intensi meccanismi di negazione e diniego della realtà pandemica che si possono osservare e che si traducono spesso in fenomeni sociali specifici la cui visibilità spesso copre e nasconde – a livello sociale – e permette di rimuovere o evitare – a livello individuale – la sofferenza soggettiva.
e) Differenze fra prima e seconda ondata pandemica
Una differenza riguarda il clima generale, come da più parti sottolineato. Questa volta si respira un clima sociale molto meno unito e solidale, e molto più conflittuale. Se nella prima ondata la paura ha spinto le persone “a fare gruppo”, questa volta la paura sembra mettere le persone le une contro le altre. Forse perché la crisi sociale ed economica sta pesando di più e la dimensione collettiva non è vissuta come una risorsa per trovare insieme delle soluzioni praticabili, eque e solidali. Al contrario, forse si pensa che ognuno non può fare altro che pensare a se stesso.
Occorre invece riscoprire i valori della solidarietà e della cooperazione. È importante che le istituzioni e la politica diano per prime il segnale. Ed è possibile farlo se ciascuno adotterà quell’atteggiamento serio e onesto a cui accennavamo in apertura. Occorre mostrare e far capire che la salute è importante, ma che più in generale ogni persona è importante e che le istituzioni pongono attenzione alle persone, le ascoltano e si impegnano per il bene di tutti.
Accogliamo la richiesta di Paolo Martini di effettuare una nota di correzio-ne/integrazione relativa all’articolo di Costante Vasconetto pubblicato sul Vol.n.18 del 15 maggio 2019 della Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici.
Relativamente agli articoli pubblicati sul presente numero della rivista, Dario Iozzelli, Edvige Facchi e Giuseppe Cardamone, popongono l’analisi di alcuni studi condotti nei mesi successivi al determinarsi della pandemia, cercando di individuare quali prospettive possano guidare i necessari cambiamenti che dovranno affrontare i Servizi per mantenere la propria mission di promuovere salute mentale. Gli autori sottolineano come di fronte all’evento pandemico che di per sé costituisce fattore medico-sanitario, ma anche fattore psicologico, sociale ed economico, sia fondamentale il mantenimento di un funzionamento resiliente dei sistemi di cura e dei Dipartimenti di salute mentale, che nonostante le criticità, devono sviluppare la capacità di “generare spazi riflessivi e di analisi organizzativa ed istituzionale”.
Gli psicologi dell’Help Line ASL Toscana sudest (Francesco Baccetti, Giuseppe Cerbucci, Marta Debolini, Monica Fantechi, Erika Frasconi, Dario Iozzelli, Cecilia Lombardo, Diomira Neri, Margherita Papa, Luca Pianigiani, Silvia Patrussi, Silvia Peruzzi, Stefania Raguso, Giovanni Salerno, Francesco Toninelli, Massimo Valentini) propongono una riflessione sull’attivazione di un servizio di supporto psicologico inizialmente pensato per prevenire eventuali distress emotivi e/o burnout negli operatori coinvolti nella gestione della pandemia, poi esteso anche alla cittadinanza, pensando in particolare alle persone più direttamente toccate dalla pandemia (contagiati, familiari e persone in isolamento domiciliare). I dati analizzati sono relativi alla prima ondata pandemica (marzo-giugno) e evidenziano come la domanda degli operatori sia stata minore rispetto alle attese. Tale condizione, suggeriscono gli autori, potrebbe derivare da molteplici fattori:
- il fatto che, nella prima ondata pandemica, l'epidemia è stata più contenuta nella nostra Azienda USL rispetto ad altre aree e Regioni;
- la disponibilità di molteplici interventi di supporto psicologico offerti anche da altre istituzioni e associazioni, in una fase in cui gli operatori erano ancora troppo immersi nella gestione attiva della pandemia;
- la coalizione del gruppo di lavoro contro la pandemia vissuta come un nemico da sconfiggere;
- la cornice istituzionale in cui si è declinato il mandato di supporto agli operatori. Interessante sarebbe poi analizzare i dati relativi alla seconda ondata pandemica per valutare eventuali differenze in termini di tenuta psicologica ad uno stress che perdura nel tempo.
Paolo Mandolillo e Augusto Iossa Fasano propongono alcune considerazioni relative al necessario spostamento dei Servizi verso interventi “digitali” in epoca di pandemia, dove contatti on line o videochiamate ci permettono in molti casi di mantenere di fatto relazione con utenti, famiglie e altri operatori. Si definiscono in tal modo le nuove coordinate di un “setting online”, un ambiente virtuale, dove limiti, confini e barriere sono difficilmente individuabili, con il rischio di perdere lo spazio in cui nasce il pensiero, poiché, come sostengono gli autori, “il pensiero nasce da uno spazio con barriera”, barriera che ha ruolo di misura e limite regolatore. In questo contesto gli autori sottolineano la necessità di individuare e mantenere, nei nuovi metodi digitali utilizzati come modalità di intervento e comunicazione, il valore simbolico che costituisce il principio della cura, anche attraverso un’attenta opera di processazione delle sue eterogeneità e attraverso la supervisione.
Roberta Paleani conduce una riflessione sulla salute mentale nel contesto carcerario, -dove centrale è la marginalità derivante dalla privazione della libertà e dall’esclusione di relazioni con l’esterno, - partendo dalla proprie considerazioni di psicologa che ha concluso in questo ambito una difficile esperienza professionale. L’autrice sottolineandone limiti e difficoltà, orienta lo sguardo sulle criticità, per individuare possibili strategie di azione più positive. Dal confronto tra l’attività psicoterapica presso il proprio studio professionale e quella “estrema” del carcere emerge con indubbia chiarezza la pesante influenza del contesto sia per l’utenza che per lo psicologo, ma anche per gli agenti di polizia penitenziaria. Centra poi la sua attenzione, in due successive esperienze, su due momenti ugualmente critici, l’entrata in carcere e il fine pena. A conclusione l’autrice individua alcuni parallelismi tra carcere e lockdown, considerando come in entrambi i casi sia necessario mantenere una dimensione dialogica e costruttiva di interdipendenza, che permetta di fugare “la paura che inizialmente tiene vicini, ma lascia poi il posto alla rabbia distruttiva che allontana, e alla rassegnazione che cancella la speranza”.
Luca Pianigiani descrive l’esperienza del progetto “Spazio RIM” (Relazioni Internet Mediate), - un progetto sperimentale della AUSL Toscana SudEst, inserito all’interno del Consultorio Familiare e del Consultorio Giovani di Siena, - relativo a giovani tra i 14 e i 26 anni che presentano il fenomeno dell’Hikikomori, una volontaria reclusione ed esclusione dei contatti sociali (quindi un “lockdown” volontario) in passato considerato raro nella cultura occidentale che tende invece attualmente a presentarsi con maggior frequenza. Il progetto prevede una presa in carico multimodale che vede il coinvolgimento di più servizi (Consultorio, SMIA, Servizi Sociali, Scuola) e presuppone interventi terapeutici ed educativi centrati sul ragazzo ed interventi che coinvolgono i genitori. Viene quindi riportata un’esperienza iniziale con ragazzi preadolescenti/adolescenti, dove, per attivare un intervento precoce, è risultata centrale la comprensione delle dinamiche interne al nucleo familiare, delle dinamiche di coppia e genitoriali, e di quelle relative alla storia dei ragazzi.
Luca Amoroso, Beatrice Caiulo, Matilde Ardito, Laura Belloni propongono una riflessione relativa all’attività clinico consulenziale, organizzativa e formativa del Centro regionale di riferimento sulle criticità relazionali (CRRCR) - Progetto Residenza per le Misure di Sicurezza (REMS) e rete dei Servizi, che nasce dall’esigenza di accompagnare e supportare i professionisti ed i gruppi di lavoro nell’attivare adeguati percorsi per i pazienti psichiatrici autori di reato, dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, anche rafforzando le risorse di rete proprie del Sistema Socio Sanitario ed attivando sinergie inter-istituzionali.
Andrea Giovannoni propone una riflessione sul tema dello stalking, - tema per altro importante in relazione alla sua possibile associazione con episodi di violenza di genere, - e dei suoi effetti sul piano psicopatologico, attraverso la descrizione del caso clinico di uno stalker con delirio erotomanico, seguito in psicoterapia come misura alternativa all’OPG.
Elena Caramazza, attraverso la descrizione di un caso clinico, esplora il tema della psicoterapia durante il lockdown, osservando come in alcuni casi, durante il lockdown, si possa osservare una condizione di “sollievo”, quando l’isolamento imposto dalla situazione contestuale (pandemia), attenua il senso di colpa e di inadeguatezza derivante da un isolamento invece correlato al disturbo psicopatologico ovvero al timore di relazionarsi e confrontarsi con gli altri.
Chiara Schiffrer, Alessia Renzi e Gianluigi Casadio propongono il progetto “Uomo A-mare”, un’esperienza relativa allo sport velico rivolta a familiari, utenti, operatori della Salute Mentale e volontari, realizzata a Ravenna da “A.M.A. la Vita”, un’associazione di volontariato che si occupa di Salute Mentale e opera nello spirito dell’Auto Mutuo Aiuto, in collaborazione con l’associazione CollegaMenti 3.0 APS, il Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl Romagna e la rete marittima del territorio ravennate.
Abbiamo quindi richiesto a Carlo Santoro un contributo speciale: “Percorsi Metaestetici - dalla composizione alla narrazione, 10 Anni di sperimentazioni 2009-2019”, su un tema che riteniamo possa costituire occasione di interessanti speculazioni, relativo alla ricerca “Spazio, Luce, Materia” all'interno del laboratorio di sperimentazione artistica, Metaestetica Lab., fondato in Cina a Pechino nel 2012, nella celebre Art Zone 798 e poi trasferito a Phnom Penh nel 2019, presso il “Factory Art Space”, il piu’ grande centro d'arte contemporanea della Cambogia. L’autore propone un modello di “arte partecipativa” dove le opere, considerate alla stregua di stimoli percettivi, sono proposte a campioni di individui, non preventivamente selezionati, invitati a partecipare a una serie d’incontri all'interno di un laboratorio artistico, con la finalità di costruire un nuovo giudizio interpretativo, attraverso un processo personale di ristrutturazione del Sé e rielaborazione collettiva.
Seguono due brevi comunicazioni in tema di salute mentale e contesto pandemico:
- Maurizio Fioravanti, giurista, propone una riflessione sulla deriva individualista della società moderna che ha prodotto l’impossibile “illusione di una società senza solidarietà”, dove la pandemia ha amplificato e fatto esplodere la sensazione di essere soli e dove il carattere universale dell’evento pandemico, impone soluzioni che travalicano gli Stati nazionali.
- Luca Negrogno propone un suo contributo presentato alla Conferenza Nazionale per la Salute Mentale del 30 maggio 2020, dove sottolinea i limiti dei “luoghi separati dalla comunità” dove si effettuano percorsi per gli utenti con disagio psichico, limiti amplificati dalle segregazioni imposte dalla pandemia. In questo contesto emerge la necessità di interventi personalizzati ed emancipativi, di soluzioni residenziali individuate nella comunità, di una co-costruzione dei saperi con le comunità, di un sistema di welfare universalistico e di un maggior equilibrio ambientale.
Infine il ricordo di due Colleghi e Maestri, recentemente scomparsi: Antonio Pettolino e Marta Marri. Due figure di spicco nel panorama dei servizi pubblici di salute mentale dalla loro nascita alla loro più recente organizzazione che in contesti diversi (Puglia e Toscana) hanno lasciato un’importante eredità sulla quale la nostra memoria deve essere molto attenta e grata.
Mauss Marcel. Essai sur le don. Estratto dall’«Année sociologique», serie II, Presses Universitaires de France, Paris, 1923-24
Kotter John, Accelerate: Building Strategic Agility for a Faster-Moving World, Harvard Business Review Press, 2014
Nassim Nicholas Taleb, Antifragile. Prosperare nel disordine, Il Saggiatore, Milano, 2013