Volume 18 - 15 Maggio 2019

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La direzione manicomiale e la docenza universitaria di psichiatria: la fine di una coesistenza

Autore


Riassunto

La psichiatria italiana della prima metà del Novecento si caratterizza essenzialmente per il suo percorso verso la definizione di disciplina scientifica all’interno dell’acceso dibattito in campo nazionale dell’opportunità di separare la direzione manicomiale da quella di una Clinica dedita alla ricerca e alla didattica, collocata fuori dal manicomio. Ciò avrebbe portato alla scissione dei ruoli del direttore dell’ospedale psichiatrico e di quello del docente universitario, con la fine della figura del Soprintendente del manicomio.


Summary

The Italian psychiatry of the first half of the twentieth century is essentially characterized by its path towards the definition of scientific discipline within the beate debate in the nationalfield of the opportunity to separate the asylum management from that of a Clinic dedicated to research and teaching, located outside the asylum. This would have led to the division of the roles of the director of the psychiatric hospital and that of the university professor, with the end of the figure of the Soprintendente of the asylum.


Introduzione

Il presente saggio intende dimostrare come la Legge 180, nota come Legge Basaglia, non sia giunta nella storia dell’istituzione manicomiale improvvisa e inaspettata, ma si sia innestata in un percorso che, a partire dagli inizi del Novecento, avrebbe comunque portato al declino del ricovero in manicomio e forse anche alla sua chiusura. La trattazione delinea la storia del San Niccolò nella prima metà del XIX secolo, per poi lasciare al saggio successivo del Dottor Orsini l’analisi dei mutamenti legislativi, delle conseguenze del movimento del ’68 e della Legge Basaglia.


Materiali e metodi

L’ipotesi di studio è stata perseguita grazie alla ricostruzione della storia del manicomio di Siena, il San Niccolò, nel periodo della prima metà del Novecento, puntando essenzialmente sull’analisi delle figure istituzionali dell’epoca presa in considerazione. In particolare, partendo da Paolo Funaioli, da considerare quale ultimo Soprintendente del manicomio senese, per poi passare al Direttore Antonio D’Ormea che rimase a Siena fino al ’52 e al clinico Onofrio Fragnito che seguì la nascita della Clinica di malattie nervose e mentali, con sede all’Ospedale Santa Maria della Scala. Allo scopo, le fonti consultate sono state, oltre che le pubblicazioni dell’epoca sul tema, tra cui di primaria importanza le prime annate della Rassegna Studi Psichiatrici, le fonti archivistiche conservate presso la sede degli Esecutori Pie Disposizioni, nonché dell’Archivio Storico universitario.


Conclusioni

Le vicende prese in esame ben dimostrano come la storia del San Niccolò, i dibattiti sull’opportunità di una Clinica separata dal contesto manicomiale, l’operato dei primi Direttori e Clinici, si inseriscano appieno nella più ampia storia nazionale della psichiatria e dell’istituzione manicomiale. In particolare, i cambiamenti registrati nella prima metà del XX secolo, portano la Clinica a definirsi gradualmente quale luogo dei casi acuti e quindi fortemente connotata dall’attività di ricerca, relegando la cronicità all’ospedale psichiatrico che, pur avendo più finanziamenti, laboratori e materiale clinico, va sempre più allontanandosi,anche per l’alto numero dei ricoverati, dall’ambito della produzione scientifica. Tali fattori contribuirono fortemente alla preparazione del “terreno” su cui avrebbe ben germogliato la Legge 180.

Il Novecento si apre con una psichiatria ormai definita quale disciplina scientifica, medica nelle proprie peculiarità diagnostiche, cliniche, terapeutiche pur nella difficoltà iniziale di una nosografia ancora non definita, che troverà però il suo completamento a metà secolo grazie ai progressi raggiunti dalla ricerca in anatomia e fisiologia del cervello. Stesso percorso è riscontrabile nell’ambito della formazione e didattica psichiatrica: dai primi corsi liberi universitari in psichiatria tenuti da metà Ottocento dal direttore del manicomio, gradualmente si affaccia nel dibattito nazionale la necessità dell’istituzione di una Clinica psichiatrica universitaria, del tutto separata dal manicomio. Il decollo nelle funzioni della nuova Clinica in realtà fu a lungo sofferto perché comunque era il manicomio il luogo per eccellenza della didattica psichiatrica, sia per la grande quantità di “materiale clinico” in esso ospitato, sia per la profonda esperienza psichiatrica che i direttori del manicomio potevano maturare nei lunghi anni della loro direzione, che infine per le risorse finanziarie di cui i manicomi disponevano e che consentirono la costruzione di laboratori, ambulatori, aule di anatomia all’interno del manicomio stesso. In definitiva, e in apparente contraddizione con il dibattito nazionale, rimaneva l’ospedale psichiatrico il luogo per eccellenza dell’insegnamento e della ricerca psichiatrica. Impellente si rendeva pertanto la riforma della legge n.36 del 14 febbraio 1904, ancora incentrata su principi assistenziali con al centro del trattamento manicomiale la segregazione e la contenzione, a vantaggio invece dei nuovi orientamenti dell’igiene mentale, tra i cui compiti emergeva quello del servizio dispensariale e profilattico psichiatrico, nella prospettiva di un possibile recupero dello psichico, condizione che avrebbe soppiantato gli abituali provvedimenti di pubblica sicurezza o di ordine pubblico, affrancandosi da ogni inciampo giudiziario. Tale mutamento negli orientamenti degli psichiatri è ben leggibile dall’abbandono del termine “manicomio” per quello di “ospedale”, onde ribadire come lo psichiatrico dovesse intendersi al pari dell’ospedale civile, in netto contrasto con le cliniche universitarie che erano soprattutto, o prevalentemente, neurologiche. Così, a metà secolo, tutti i manicomi italiani adottarono la qualifica di ospedale psichiatrico, con la prevalente funzione curativa.

La separazione tra clinica universitaria e manicomio, nata in realtà da una profonda polemica di classe, fu sancita dalla legge del 1923 che decretava l’incompatibilità della cattedra universitaria con la direzione di altri istituti.


Paolo Funaioli, il doppio ruolo di direttore e docente

Personaggio che ben incarna questo momento di cambiamento, definibile come la fase ospedaliera dell’assistenza psichiatrica, fu il soprintendente del San Niccolò Paolo Funaioli, direttore e al contempo docente universitario, che fortemente sostenne la nascitanel 1910 di una Clinica delle malattie nervose e mentali, con possibilità di costituirsi assieme all’antropologia criminale in Istituto neuro-psichiatrico, indipendente dal manicomio. Le motivazioni che sostennero l’importante cambiamento sono probabilmente da attribuire solo a questioni di politica universitaria, in un Ateneo la cui storia è costellata dalla perenne preoccupazione del proprio mantenimento tra le università primarie, che beneficiavano di maggiori sovvenzioni ministeriali. La nuova Clinica avrebbe consentito a Siena il raggiungimento di quel minimo di cliniche richiesto (6) e di insegnamenti costitutivi della facoltà medica (20), che avrebbero garantito all’Università quel tanto agognato livello primario. Era la clinica che si poneva al centro della disciplina psichiatrica, dove le alienazioni mentali sarebbero state studiate dal medico che intendeva il malato un soggetto biologico su cui indagare le alterate funzioni cerebrali. Funaioli, in cui si compendiavano i due ruoli istituzionali, lasciando la docenza nell’a.a. 1908 – 1909 per motivi di salute, fu sostituito per un anno nella direzione del manicomio da Arnaldo Pieraccini e poi dal 1909 da Antonio D’Ormea; mentre la docenza universitaria passò dal 1911-‘12 a Onofrio Fragnito: la divisione tra i due ruoli si era così compiuta.

In riferimento al percorso universitario, esso da subito sarà costellato da un susseguirsi di docenti che, vinto il relativo concorso, giungevano da una sede universitaria minore, per rimanere alcuni anni a Siena e poi passare ad un Ateneo più importante. Dopo Fragnito, unico a rimanere nell’Ateneo senese fino al ’24 per il lungo periodo di 12 anni, si seguiranno fino al 1954 i clinici: D’Antona, Ayala, Baldi, Cardona, Tronconi, Gomirato. La loro presenza fu caratterizzata da ricerca scientifica, compatibilmente con le risorse assegnate, e da docenza universitaria. Lavori di anatomia patologica e chirurgia del sistema nervoso furono ad esempio iniziati da Giuseppe Ayala, che da Bari giunse per soli quattro anni a Siena per poi passare nel ’35 a Pisa. Suo l’intento di studiare in particolare i tumori cerebrali e le forme di pazzia conseguenti ad affezioni dei centri nervosi, in totale sintonia con l’indirizzo di una clinica non psichiatrica, ma neurologica, dove prevaleva l’indirizzo sperimentale. Una incertezza di fondo comunque permaneva ed era incertezza disciplinare: se da intendersi la neuropatologia come scienza autonoma o se di pertinenza della psichiatria o addirittura della clinica medica.


Onofrio Fragnito, prima figura di solo clinico

Trasferito per concorso da Sassari a Siena nel 1912, per poi passare a Napoli nel ‘24, egli completò quanto avviato da Funaioli, con il trasferimento della neo Clinicain un locale prospiciente al Duomo nell’Ospedale Santa Maria della Scala, subito improntata quale reparto di patologie mentali acute, con l’attribuzione dell’insegnamento nel programma degli studi di medicina al sesto anno come Corso libero di malattie dei nervi. Egli visse appieno le divergenze, anche di dottrina oltre che dipese dalla legge manicomiale vigente, tra medici manicomiali e clinici, tanto da sostenere la nascita della Società Italiana di Neurologia con il suo primo congresso a Napoli nel 1908, per ben ribadire l’impronta decisamente didattica e di ricerca in neuropatologia dei clinici rispetto ai direttori dei manicomi. In realtà, tale scelta penalizzò per molti anni gli stessi clinici che si ritrovarono, come a Siena, in sedi piccole all’interno dell’ospedale civile, penuria di finanziamenti e, soprattutto, pochi degenti rispetto agli altissimi numeri della popolazione manicomiale. Non a caso il clinico Fragnito non potè fare a meno di continuare a recarsi al manicomio dove gli furono riservate alcune stanze quali laboratori della Clinica e dove si recava di pomeriggio con i suoi assistenti per le indagini istologiche e sperimentali, nonché per poter consultare i testi medici della ricchissima libreria del San Niccolò. Ciò sta a testimoniare come fosse sempre il manicomio la vera “palestra didattica” per lo psichiatra che nelle oltre mille presenze di degenti trovava un insostituibile materiale clinico per la propria formazione, esperienza, studio e insegnamento. Allo scopo di provvedere ad un miglior funzionamento della Clinica, nel 1936 la Società Esecutori Pie Disposizioni stipulò una convenzione per sancire la cessione in uso della Clinica universitaria di alcuni locali del manicomio ad essa definitivamente destinati. La Clinica si presentava comunque essenzialmente neuropatologica, tanto che nel periodo della guerra ‘15/’18 vennemilitarizzata, come sostenne Fragnito, ossia gli furono affidati le cure dei feriti di nervi, in gran parte affetti da paralisi periferiche e quindi bisognosi di terapie elettroterapiche. I 600 letti predisposti furono allocati in due edifici di proprietà dell’Istituto per Sordomuti Tommaso Pendola.

La lungodegenza era ormai stata del tutto bandita dalla Clinica, relegandola esclusivamente al manicomio che si avviava sempre più ad essere luogo della cronicità.


Antonio D’Ormea, non più Soprintendente, ma primo Direttore del manicomio

Con la scissione del doppio ruolo di direttore e clinico avvenuta con Funaioli, la direzione del San Niccolò fu affidata per concorso nel 1909 al dott. D’Ormea, che la tenne fino al 1952. Il lunghissimo periodo della sua direzione ne fece un personaggio molto conosciuto e apprezzato nella città, anche per le moltissime innovazioni che portò nel manicomio senese, tutte frutto della sua volontà di mutare il San Niccolò in un vero e proprio stabilimento scientifico.La politica sanitaria da lui seguita ben si evince dagli atti del XX Congresso della Società Italiana di Psichiatria che con determinazione riuscì ad ospitare a Siena nel 1933. Oltre a relazioni scientifiche di alto livello, emersero gli obiettivi che D’Ormea aveva realizzato per il miglioramento del manicomio senese, così riassumibili:

  • una sezione medico-pedagogica per fanciulli frenastenici;
  • nuove attrezzature per i laboratori medici interni;
  • un Consultorio di igiene mentale inteso quale dispensario profilattico di immediato soccorso pre e post-manicomiale;
  • il passaggio dalla vecchia rivista “Cronaca del San Niccolò” alla scientifica “Rassegna di Studi Psichiatrici”;
  • una biblioteca interna con una dotazione di 12.000 volumi, 150 periodici italiani e 70 esteri;
  • un maggior numero di medici interni e di capo infermiere;
  • la presenza di medici di sezione per le autopsie a fine dell’indagine anatomopatologica.

Sempre nel corso del citato Congresso, significativo il cambiamento, votato dagli psichiatri presenti, dalla vecchia denominazione del 1872 di Società Italiana di Freniatria in quello di Società Italiana di Psichiatria.

L’intento primario del Direttore era quello di dare al San Niccolò, in qualità di vero e proprio manager, sempre più carattere ed azione di istituto scientifico ossia farne una vera e propria struttura ospedaliera, sia nella direzione medica che nella gestione amministrativa. Pressante era dunque l’esigenza di avere una nuova legislazione, aderente ai progressi fatti in ambito psichiatrico e manicomiale, che prevedesse: l’ospedalizzazione precoce del malato decisa solo in base al giudizio medico, l’eliminazione per quanto possibile di ogni aspetto coercitivo, una idonea profilassi mentale, reparti aperti con libera ammissione nell’ospedale psichiatrico di tutti i malati di mente, compreso i neuro-psichici, il tutto in un regime dove al minimo fossero ridotti i vincoli burocratici e legali a favore di un rapido ricovero ospedaliero. Su tale panorama, ancora in molti manicomi italiani più su carta che reale, si costruirà poi il movimento e l’azione dello psichiatra Basaglia.

Alla morte di D’Ormea nel 1952, gli succederà Guido Reale e dal 1974 l’ultimo direttore del manicomio senese, Lydia D’Argenio.


Gli inizi anni Sessanta

La ricerca universitaria degli inizi della seconda metà del XX secolo sempre più si connotava di un’impronta sperimentale. I parametri della diagnosi differenziale si stavano delineando eper i “diversi” si cominciavano a trovare altre destinazioni che non fossero il manicomio. Allo psichico si stava pian piano riconoscendo la sua individualità, la sua storia, spostandosi l’attenzione dal puro caso clinico alle vicende personali. Si avvicinava il periodo del movimento “antiautoriatario” del ’68e della psichiatria democratica, che avviò la denuncia delle condizioni di vita dei soggetti segregati, determinando l’uscitadel dibattito dai confini strettamente disciplinari al grande confronto politico – culturale che ben caratterizzò il periodo.

La data di chiusura ufficiale dell’ospedale psichiatrico senese è quella del 30 settembre 1999, determinata in parte dal lunghissimo percorso di dimissioni e dalla ricerca di nuove collocazioni degli ospiti, 879 nel 1978, passati a 283 nel 1995. Il territorio non era infatti ancora pienamente recettivo e attrezzato per programmare e attuare una adeguata assistenza psichiatrica.


Riferimenti essenziali

San Niccolò di Siena. Storia di un villaggio manicomiale (a cura di F Vannozzi),Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano, 2007.

Fiamberti AM.I progressi della clinica e della terapia psichiatrica di fronte alla vecchia legge dei manicomi. In: Rassegna di Studi Psichiatrici, 1940 (XXIX): 508-510.

Sogliani G.L’assistenza psichiatrica in Europa e la legge italiana. In: Rassegna di Studi Psichiatrici, 1942 (XXXI): 523-537

Grassi V.Resoconto statistico – clinico del Manicomio di Siena nel triennio 1908 – 1910. In: Rassegna di Studi Psichiatrici, 1911 (I): 144-146.

FragnitoO.Ricordi di un ottuagenario. Neurologo per caso, Idelson, Napoli, 1956.

Bracci M. In ricordo d’Antonio D’Ormea. In: Rassegna di Studi Psichiatrici, 1954(XLIII): III-IV.

Baroncini L.La relazione della Commissione tecnica nominata per la visita dell’Ospedale Psichiatrico S. Niccolò in Siena.In: Rassegna di Studi Psichiatrici. 1933(XXII): 1108-1112.

L’Ospedale Psichiatrico S. Niccolò di Siena,S. Bernardino, Siena, 1933.