Volume 18 - 15 Maggio 2019

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Che Matti! Voci e suoni dai manicomi

Autori

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Riassunto

Sono passati più di 40 anni dalla Legge 180, che ha aperto i cancelli del manicomio, ed il collettivo musicale de I Disertori, e l’attore Gianni Calastri, rendono omaggio a tutte le persone che sono state recluse in questi luoghi attraverso uno spettacolo teatrale-musicale. Oggetto dello spettacolo saranno lettere mai spedite, testimonianze, lamentazioni, appunti, riflessioni e poesie di donne e uomini le cui voci ancora risuonano all’interno di queste mura. I documenti sono frutto di una ricerca nell’archivio storico del l’ex O.P S.Niccolò di Siena. Questa volta saranno i matti stessi a parlare delle loro vite interdette. La narrazione sarà declinata attraverso brani che partono dal repertorio popolare toscano fino a quello dei cantautori contemporanei.


Summary

More than 40 years ago the Law #180 opened the Asylum's gates. The Musical Collective I Disertori and the actor Gianni Calastri are going to pay a tribute through a theatrical-musical show to all the people who have been imprisoned in these places. Letters that have never been sent, testimonies, lamentations, notes, reflections and poems of women and men whose voices still resonate within these walls will be the core of the show. All the documents are the results of a research conducted in the Historical Archives of the O.P Sant Niccolò in Siena. This time madmen themselves will be talking about their denied lives. The narration will be done through pieces that go from the Tuscan folk repertoire to that of contemporary songwriters.


A distanza di 40 anni dalla Legge 180, che ha aperto i cancelli del manicomio, l’associazione culturale Le Radici con le Ali i cui componenti nella zona di Siena vivono e lavorano, e l’attore volterrano Gianni Calastri, rendono omaggio a tutte le persone che sono state recluse in questi luoghi attraverso uno spettacolo teatrale-musicale.

La salute mentale riguarda tutti. Un po’ perché, dicono gli psichiatri, un italiano su tre ogni anno ha un problema di salute mentale. A volte sono problemi leggeri, che ci lasciano nella nostra vita. A volte disturbi più severi, che stringono la vita e ce la cambiano radicalmente. Però sta tutto appeso alla stessa umanità. La questione della salute mentale è che possa capitare di star male, di essere “matti”, esserlo per un po’ ma non diventare mai “matti” professionisti.

Bisogna che alla sofferenza, anche quando la sofferenza è grande e non dà tregua, non si aggiunga l’esclusione. Se si è anche fuori da un circuito di comunicazione, di affetti, di senso, si diventa “matti” professionisti. Non si è più persone ma solo malattia. Il manicomio ha tolto umanità, diritti, futuro alle persone che non erano più cittadini ma internati. Crocifissi alla malattia. Malati per sempre. Invece la sofferenza va e viene, viene ma anche se ne va. Così bisogna restare sempre “matti dilettanti”.

Oggetto dello spettacolo saranno lettere mai spedite, testimonianze, lamentazioni, appunti, riflessioni e poesie di donne e uomini le cui voci ancora risuonano all’interno di queste mura ma che rischiano di scomparire con l’inesorabile decadere della memoria e delle strutture. I documenti fanno parte di una ricerca di archivio condotta negli ex OP di Siena e di Volterra e saranno curate da Gianni Calastri. La parte musicale curata da I Disertori, declinerà “Il senso del ricordo, il senso della memoria” attraverso brani che partono dal repertorio popolare toscano fino a quello dei cantautori contemporanei.


In occasione delle due giornate "Un OP di Nome San Niccolò" organizzate dall'Istituto Storico della Resistenza di Siena, abbiamo presentato una piccola anteprima di questo viaggio-racconto tra canti e letture. Di seguito potete trovare testi di canti, letture e poesie che abbiamo scelto per la serata.



E. S. cartella clinica 4321

Lunedì 19

Caro babbo

So già che ti arrabbierai nel vedere questa calligrafia da prima elementare ma capirai bene che quando una persona ha sofferto tanto quanto me non possono che tremargli le mani, giacché il cuore non scoppia mai. Te lo sai già, come altre volte ti ho già ripetuto, che queste cure, sembra, almeno per ora, che non facciano per me. Cerco comunque di stare più tranquilla che posso, perché qui è molto più facile entrare in cella che uscirne subito. Son circondata da persone che la sanno molto più lunga di te e di me riguardo al mio modo di vivere e delle cure che mi hanno fatto a Pisa, come ricorderai bene.

Ora soltanto, riesco a comprendere gli spregi che hanno potuto fare alla mia persona, in quella maledetta clinica. Ma purtroppo sai bene che una ragazza che deve fare l’insulina legata nel letto per ben due mesi e se un giorno viene chiamata dal Dottor §§§ perché lui stesso volle sapere da me gli spregi che potevo avere passato che mi facessero a occhi chiusi, non risposi perché soltanto ora vengo a conoscenza della cosa. Mi dispiace assai perché non sapendo mai chi ringraziare di tanta crudeltà avrò un pensiero di più nella testa che per dire la verità mi tormenta e mi ha sempre tormentato assai. Sono cose che si dicono meglio a voce perciò sarà graditissima una tua visita e naturalmente anche dei miei fratelli. Specialmente il pensiero di §§§ mi assilla molto, perché da quando sono in questa odiata città, non l’ho più veduto. E ha dire che vi pensi voi, tanto in buona salute si sbaglierebbe. È un anno pieno di novità che credi capisco meno di prima. Vieni presto perché sono ben 3 settimane che piango gridando i vostri nomi. Auguri

(in alto, capovolto) Spero che il dottore ti spieghi il modo di guarire la malattia mia anche quando sarò a casa perché tutt’ora ho sofferto dei dolori atroci alla pancia che mi danno pure un senso di soffocazione. Ciao §§§ Vi penso sempre sai?


Questa lettera è tratta da: AA.VV , Corrispondenza negata. Epistolario della nave dei folli (1883-1974), edizioni del Cerro, 2007.



Ti ricordi Nina

Ti ricordi Nina

il vecchio girotondo, nella campagna chiara, di mezza primavera per far crescere il grano, pregavi un dio lontano

un dio che non ripaga: e ti chiamaron maga.

Ti ricordi Nina

quando arrivò l’estate il tuo parlar col cielo con l’erba e con il melo Il tuo gridare ai lampi il tuo fuggir nei campi

quando la notte canta: e ti chiamaron santa.

Ti ricordi Nina

la luce dell’inverno, le case erano tane, per spartirsi la fame tu stavi in mezzo al gelo, e bestemmiavi il cielo

con gli occhi di chi prega: e ti chiamaron strega.

Ti ricordi Nina

il medico in paese, venuto da lontano, col suo camice bianco ed un sorriso stanco, inutile e tagliente

come la vecchia latta: e ti chiamaron matta.

E ti chiamaron matta

e ti chiamaron matta.

Gianni Nebbiosi



Chi scrive è un tipografo senese di trent’anni, E.M. arrestato a Lugano e ricondotto in Italia, inviato al manicomio senese per attestarne lo stato di alienazione mentale dove rimase ricoverato dal 1884 al 1913. Egli crede di essere un personaggio di grande importanza, e precisamente Pietro Leopoldo di Lorena … dice che il M. non è che una persona che lo ha raccolto in casa, ma che gli ha dimostrato di non essere suo padre. La scrittura sarà la sua principale occupazione durante tutto il ricovero. Attende sempre che avvenga uno sconvolgimento politico, nel quale i preti ed i suoi nemici saranno pugnalati e sarà riconosciuta la sua nobiltà. All’interno del fascicolo del malato, oltre alle lettere, si è conservato solo uno dei manoscritti originali, ma le sue poesie trovarono spazio sulla Cronaca del Manicomio di Siena a partire dal 1885, per un totale di 67 componimenti pubblicati, firmati talvolta con vari pseudonimi e appellativi, come “Poldino” o “preteso mattoide”.


Il medico alienista

La più simpatica arte che esista è
l’arte nobile dell’alienista.
Oltre ogni credere degna è d’encomio, se
tu la eserciti nel manicomio.
Pochi gl’ incomodi, molto il salario;
uno spettacolo mai sempre vario.
Passi la visita senza scocciarti:
se ha’ caro il ridere, puoi satollarti:
Chè tra le vittime della follia
c’è più d’un comico, in fede mia.

Chi fa da principe, chi da riccone,
chi dice d’essere Papa Leone
Uno è San Prospero, un altro è Dio, del
re de’ Mongoli c’è un pseudo-zio. Tutti
si stimano gran personaggi, prodi,
illustrissimi, nobili e saggi.
D’affari parlano con arroganza
più che urgentissimi, d’alta importanza.
Tutti i telegrafi mettono in moto,
un gergo parlano orrendo, ignoto.
Con fogli sudici e grossolani,
le tasche t’empiono, t’empion le mani.
<Ecco un chirografo pel Re d’Olanda:
<busca l’ergastolo chi non lo manda.
<Queste tre lettere pel gran Sultano:
<ch’avanti l’undici l’abbia tra mano!
<Questa la pubblichi: è un’epopea,
<degna di mettersi coll’Odissea.> E
via di seguito su questo metro,
mentre ti tirano e innanzi e indietro. E
tu, per toglierti da quelle pene, devi
rispondere: <Grazie! Sta bene!> C’è poi
l’antifona dei milionari,
che ti promettono e monti e mari.
<Io sono il Keiser austro-ungherese:
<se lei mi libera lo fo marchese.
<Io che son Rotschild gli do un miliardo,
<se mi fa sciogliere senza ritardo.
<Io poi son povero gli porto un tonno;>
sussurra un ligure mezzo tra ‘l sonno.
E un vecchio isterico: <caro dottore
<gli voglio esprimere tutto il mi’ amore!>
E ciò dicendoti con pazza audacia s’anco tu
brontoli, t’abbraccia e o bacia. Com’è da
credersi, tra tante rose mancar non possono le
spine ascose.
Un capo scarico ti pela un baffo:
qualche frenetico ti dà uno schiaffo; O
con sardonico maligno riso,
in barba all’etica ti sputa in viso...
Ma son bazzecole, sono eccezioni; i
pazzi in genere son capi buoni.
Giova ripeterlo, in chiari accenti,
per norma e regola degli studenti:
La più simpatica arte che esista è
l’arte nobile dell’alienista.
Quelli che dicono
son proprio stupidi o giù di lì.



Sognando

Me ne sto lì seduto e assente con un cappello sulla fronte e cose
strane che mi passan per la mente.
Avrei una voglia di gridare ma non capisco a quale scopo
poi d’improvviso piango un poco e rido quasi fosse un gioco. Se
sento voci non rispondo io vivo in uno strano mondo dove ci son
pochi problemi dove la gente non ha schemi.
Non ho futuro né presente e vivo adesso eternamente il mio
passato è ormai per me distante.
Ma ho tutto quello che mi serve, nemmeno il mare nel suo scrigno ha
quelle cose che io sogno e non capisco perché piango.
Non so che cosa sia l’amore e non conosco il batticuore
per me la donna rappresenta chi mi accudisce e mi sostenta.
Ma ogni tanto sento che gli artigli neri della notte mi
fanno fare azioni non esatte.
D’un tratto sento quella voce e qui comincia la mia croce vorrei
scordare e ricordare la mente mia sta per scoppiare.
E spacco tutto quel che trovo ed a finirla poi ci provo
tanto per me non c’è speranza di uscire mai da questa stanza.
Sopra un lettino cigolante in questo posto allucinante io
cerco spesso di volare nel cielo.
Non so che male posso fare se cerco solo di volare
io non capisco i miei guardiani perché mi legano le mani e a
tutti costi voglion che indossi un camice per me
le braccia in dietro forte spingo e a questo punto sempre piango.
Mio dio che grande confusione e che magnifica visione un’ombra
chiara mi attraversa la mente.
Le mani forte adesso mordo e per un attimo ricordo
che un tempo forse non lontano qualcuno mi diceva t’amo.
In un addio svanì la voce scese nell’anima una pace
ed è così che da quel dì io son seduto e fermo qui.

Don Backy


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