Volume 17 - 3 Settembre 2018

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Il servizio di supporto all’abitare nel territorio materano tra prassi e nuove prospettive

Autori


RIASSUNTO

Con il presente contributo intendiamo socializzare le fasi che hanno favorito l’affermarsi nel territorio materano del servizio di supporto all’abitare rivolto a persone con disturbi mentali gravi.

Il servizio nasce come esperienza pilota nel 2003, anche grazie al confronto con le esperienze toscane, per diventare nel 2007 un servizio formalmente istituito all’interno del “bando per la gestione della residenzialità” dell’ASL 4 di Matera.

Le pratiche evidenziano l’efficacia del servizio in termini di miglioramento della qualità della vita degli utenti in carico e, rispetto alle tradizionali soluzioni residenziali, delineano una consistente riduzione dei costi da parte della Azienda Sanitaria.


ABSTRACT

With the present contribution we intend to socialize the phases that have favored the affirmation in the materan territory of the support service to house to people with serious mental disorders.

The service is born as a pilot experience in 2003, also thanks to the comparison with Tuscan experiences, to become in 2007 a service formally established inside of “ban for the management of the residency” of ASL 4 of Matera.

The practices highlight the effectiveness of the service in terms of improving the quality of life of the patients and, compared to traditional residential solutions, they outline a significant reduction in costs by the health care company.


1. Il travagliato percorso storico

Quest’anno ricorre il quarantennale dalla istituzione della legge 180/78 (legge Basaglia) e della 833/78 (Istituzione del servizio sanitario nazionale): due leggi importanti che hanno rivoluzionato il panorama della sanità pubblica e che hanno sottolineato e riconosciuto come essenziale la focalizzazione della “presa in carico” sul territorio, introducendo come fine sanitario la prevenzione, la cura e la riabilitazione del paziente psichiatrico, termini fino al 1978 mai citati.

L’ambito privilegiato di intervento è da allora costituito dal domicilio, dal contesto familiare e sociale del paziente e dallo spazio di relazioni che lo caratterizza.

Dall’istituzione della legge 180/78 si è osservato un ritorno dei pazienti dal manicomio alla famiglia o il passaggio in strutture residenziali con finalità terapeutico/riabilitative.

La prevenzione, l’assistenza, la cura e la riabilitazione, tramite le strutture che si istituiscono nel territorio materano come le comunità, il gruppo appartamento, il centro diurno sostituiscono la funzione meramente custodialistica dell’ospedale psichiatrico, restituendo all’internato manicomiale la possibilità dell’abitare sia come diritto in sé per la persona che come pieno e attivo reinserimento nella società civile, preclusi dalla legislazione psichiatrica precedentemente vigente.

La cooperazione sociale in Basilicata nasce e si istituisce in questo scenario storico di tramonto del custodialismo e avvio dell’era della cura. Si ricorda che all’epoca erano circa 1200 gli internati del manicomio di Potenza e la Cooperazione Sociale ha avuto un ruolo decisivo nel processo di deistituzionalizzazione dapprima nel materano e successivamente alla riforma Bindi anche nel territorio potentino.

La casa entra così a far parte dell’identità dell’uomo in quanto spazio che genera significato e valori e rappresenta uno spazio di individuazione ossia un luogo attraverso cui la persona si definisce e si da dei confini. Le case sono il luogo della nostra identità e ciò diviene il campo di azione terapeutico/riabilitativa che contribuisce a trasformare “la casa” da semplice possesso a elemento qualificante “lo stare nel mondo” delle persone con disagio psichico.


2. Definizione del servizio

“Il Supporto all’abitare ha la caratteristica abilitativo-riabilitativa. Il servizio si connota per la particolare flessibilità organizzativa e per la massima personalizzazione dell’intervento domiciliare. Il supporto educativo-assistenziale consiste in un massimo di 4 ore giornaliere e il rapporto operatore-utente è di 1 a 1.

L’accesso dei pazienti può avvenire solo sulla base di uno specifico programma concordato fra i servizi, i pazienti e i familiari, tenendo conto di rilevanti problemi di salute mentale, nell’assenza o nella considerazione di dannosità della rete familiare o sociale di supporto, delle disabilità che non consentono autonomia nell’abitare e nelle attività quotidiane.” Ai sensi dell’art. 44 del Capitolato Speciale d’appalto.

In questi anni abbiamo osservato che il servizio tendenzialmente presenta dei dati che prendono in considerazione la rilevante presa in carico di utenti di sesso femminile. Dati del 2017: 84 % utenza femminile contro il 16% di utenza maschile.

La principale causa è sicuramente legata alla maggiore esposizione della donna a fattori sociali e biologici. Sembra che le donne hanno una probabilità quasi tre volte maggiore rispetto agli uomini di soffrire di un disturbo mentale ed esistono disturbi mentali di fatto esclusivamente femminili o quasi. Se aggiungiamo, inoltre, il fatto che la donna accede più facilmente dell’uomo ai servizi di cura e quindi è più propensa “alla richiesta di aiuto”.

Dai dati raccolti, inoltre, si evince in modo evidente che l’età media è piuttosto alta e che, probabilmente, non vi è adeguata attenzione alle fasce di età più giovani.

I dati che fotografano l’ultima annualità sono i seguenti:


tabella


3. Percorsi riabilitativi

Lavorare con le persone in contesti multiproblematici in cui emergono disagi di natura psichica significa vivere situazioni dove l’incapacità relazionale spesso provoca esclusione sociale, stigma e pregiudizio.

Le persone con difficoltà e le loro famiglie strutturano degli equilibri che li rende inconsapevoli del disagio che vivono; i loro desideri e le loro potenzialità sono deformate nello specchio del disturbo ed è complesso coglierli nella loro autenticità.

Spesso la persona che esprime un disagio lo subisce ma non sa ancora parlarne.

Il nostro obiettivo più nobile in questo contesto è quello di sostenere e rinforzare le abilità delle persone seguite rimarcando la relazione con le persone stesse, il loro cambiamento e la loro autonomia.

Il lavoro che noi svolgiamo ci consente di entrare in modo più approfondito nel contesto di vita e nelle case delle persone e ci offre la possibilità di osservare le relazioni e la persona in ambienti dove tutto è scandito da un “fare” prezioso e ignoto spesso carico di angosce profonde.

Di fronte ai molteplici frammenti di vita e di disagio che irrompono nel sistema delle persone abbiamo percepito l’esigenza di imparare a raccogliere e ricomporre tali frantumi provando a mettere un po’ in ordine tra i cassetti; è un lavoro delicato che abbiamo imparato a fare con ago e filo avendo cura di trovare significato lì dove questo sembrava non esserci più.

Pian piano la persona inizia un viaggio sulla consapevolezza del suo disagio che deve essere compreso e ridisegnato insieme all’educatore e alla sua famiglia; questo importante lavoro sulla consapevolezza del disagio è caratterizzato da un percorso lento e a volte doloroso e il carico di tensione e sofferenza che lo accompagna è elevato.

Nell’ambito del nostro percorso lavorativo il fare prevede diverse fasi che ruotano intorno ad un perno centrale che è costituito dalla storia di vita della persona e questo ci permette di capire, attraverso la relazione il “sistema utente” nella sua globalità.

Da un punto di vista riabilitativo la comprensione di questo mondo variegato non riguarda tanto lo “spiegare come fare” ma quanto il “fare insieme” attraverso la pianificazione di attività che offrono l’opportunità agli utenti di acquisire un buon livello di autonomia nei processi di vita quotidiana partendo dai gesti più semplici.

È un po’ come cercare di scrivere una storia a più mani e in questo contesto sono le nostre mani insieme a quelle della persona che esprime un disagio ma non sa ancora parlarne.


4. I nostri percorsi riabilitativi sono volti ad aiutare le persone a migliorare la qualità della loro vita: in che modo?

Promuoviamo l’ordine e la regolarità negli spazi vitali degli utenti
In primis si pone attenzione alla vita domestica valutando la capacità dell’utente di curare la propria persona, di mantenere in ordine le proprie cose e la propria abitazione, di cucinare, di amministrare il proprio denaro e in generale la sua capacità di affrontare i compiti quotidiani.

Sosteniamo la famiglia
L’educatore svolge un delicato lavoro di mediazione dei rapporti tra i familiari e l’utente, rapporti che sono di frequente conflittuali e ambivalenti.

Lavoriamo sulle risorse e sulle potenzialità
Interveniamo nell’ecosistema degli utenti e, agendo con azioni positive sugli aspetti motivazionali e di autostima, agevoliamo un processo di cambiamento in grado di mantenere e/o migliorare la salute e la dignità di cittadini. Facciamo leva, in questo senso sulle parti sane delle persone che accompagniamo e interveniamo su tutti quegli aspetti che riguardano la sfera dei bisogni individuali degli utenti partendo proprio dai diretti interessati.

Costituiamo un importante punto di contatto con la realtà
Si cerca di responsabilizzare gli utenti offrendo loro la possibilità di assumere piccoli impegni quotidiani con l’obiettivo di imparare a gestire le ansie e i conflitti raggiungendo una compensazione e un equilibrio.

Guidiamo l’utente affinché adotti nuove modalità relazionali
Ci adoperiamo per promuovere una vita di relazioni sane, al fine di contrastare le tendenze all'isolamento causate dalla patologia.

Valorizziamo la loro rete sociale di riferimento favorendo i processi di inclusione sociale
Il nostro lavoro si orienta a creare le opportunità per far emergere e sviluppare la dimensione sociale dell’utente attraverso un lavoro di collegamento con il contesto sociale di riferimento dell’utente (vicini di casa, amici, parenti) e con le agenzie territoriali che rappresentano punti di aggregazione sociale (parrocchie, associazioni di volontariato e culturali, occasioni e momenti di ritrovo per la comunità locale), per contrastare l’isolamento e favorire percorsi di integrazione sociale.
Qui facciamo anche riferimento ai percorsi di inserimento lavorativo che alcuni utenti hanno intrapreso.

Garantiamo l’adesione al piano personalizzato
Nell’ambito delle attività erogate interveniamo mediando tra l’utente e il DSM a garanzia della continuità dell’adesione al progetto di presa in carico proposto dall’equipe psichiatrica di riferimento.


5. La dimensione organizzativa e riabilitativa del nostro lavoro fa leva sulle pratiche che pongono la persona con fragilità mentale al centro di tutta l’organizzazione che si mette in moto

Partendo dal progetto personalizzato inviato dal DSM gli educatori elaborano e definiscono insieme all’utente e alla sua famiglia un percorso rispondente alle necessità di ogni singola persona delineando tempi e percorsi operativi.

Il gruppo di lavoro si adopera per pensare a tutte le soluzioni possibili al fine di intrecciare una rete di opportunità per favorire relazioni, per pianificare attività e per creare spazi e contesti (inconsueti per l’utente) dove sperimentare tutti insieme un nuovo “fare”; quindi il comune denominatore che accompagna questo lavoro costruttivo è il “fare comune” cioè fare insieme alla persona che attiva tutta una serie di risorse rigenerative e curative.

L’azione riabilitativa, con opportune procedure e modalità, mira a considerare l’individuo nella sua globalità fisica, mentale, affettiva, comunicativa e relazionale fino a coinvolgere il contesto familiare, sociale ed ambientale in cui è inserito.

Ci siamo resi conto che le persone hanno iniziato a fare quello che non facevano da tempo come ad esempio: partecipare a feste e manifestazioni, andare per i boschi per respirare aria nuova, andare in vacanza tutti insieme o fare il bagno al mare; l’esperienza del mare, ad esempio, ha coinvolto tutti i partecipanti (educatori e utenti) in modo sbalorditivo!!!!

Il gruppo di lavoro attraverso questo tipo di fare ha avuto modo di osservare i comportamenti e le modalità di interazione che le persone fragili hanno con ambienti diversi.

Questi momenti ci restituiscono il senso di quello che facciamo e di quanto lavoriamo bene e li abbiamo considerati quali indicatori fondamentali che meglio rappresentano i processi di cambiamento delle persone che accompagniamo.

In linea con il processo di recovery abbiamo il compito di trasmettere fiducia e speranza ai pazienti, di motivarli a non arrendersi innanzi alle innumerevoli difficoltà tenendo sempre a mente di poter essere utili ma non indispensabili nonché che l’utente è una persona con una storia e con un futuro che vanno oltre l’identità del malato mentale.

L’incontro con l’altro, la reciproca curiosità e l’esplorazione dell’esperienza di un individuo sono da una parte elementi curativi e dell’altra creano i presupposti per creare quell’alleanza che rappresenta il fulcro e il veicolo del cambiamento.

La presenza dell’educatore determina, in tal senso, un’azione trasformativa in quanto l’operatore agisce da contenitore delle difficoltà e criticità dell’utente consentendo ad esse di acquisire un nuovo significato.

L’operatore non controlla la vita del paziente, ma lo accompagna nella gestione della propria esistenza aiutandolo ad identificare le risorse di cui dispone e a sentirsi parte integrante della comunità in cui vive.


6. Il gruppo di lavoro – aspetti organizzativi

Il gruppo di lavoro si presenta caratterizzato, al suo interno, da profili personologici e formativi eterogenei; si delinea come un contesto nel quale ogni membro porta una parte di se stesso, la propria storia, le proprie esperienze. Il gruppo rappresenta un contesto di apprendimento, di confronto, di incontro, di conoscenza reciproca nonchè di crescita personale e professionale.

Nello specifico lo staff è composto da 11 risorse umane: n.1 Psicologo-piscoterapeuta con funzione di supervisore del gruppo e 10 educatori con formazione in: 2 Assistenti Sociali, 2 Tecnici della riabilitazione psichiatrica, 2 Educatori professionali sanitari, 1 Educatore sociale, 1 Educatore di comunità, 1 laureata in Scienze e tecniche psicologiche, 1 Psicologa clinica.

Ogni operatore opera attraverso il proprio stile e metodo educativo e ciò contribuisce alla funzionalità del gruppo aggiungendo, giorno dopo giorno, valore aggiunto all’identità gruppale. L’eterogeneità dei singoli si traduce in omogeneità delle pratiche d’intervento.

Abbiamo paragonato il nostro gruppo di lavoro ad un essere vivente cioè ad un organismo composto da parti che, funzionando in sintonia, portano alla salute e alla crescita del gruppo stesso.

A tal proposito abbiamo individuato uno spazio mentale e fisico (le nostre riunioni d’equipe) in cui ci riconosciamo come parte di un tutto e l’interazione tra le diverse figure professionali ci conduce alla co-costruzione di approcci operativi condivisi e dinamici.

Questo nostro luogo di confronto diventa necessario per aiutare e guidare il pensiero di ogni educatore permettendoci di affrontare le criticità e le problematicità che si manifestano nel corso della presa in carico, promuovendo il confronto e stimolando la riflessione sulla qualità del nostro operato.

La formazione e la supervisione degli educatori garantiscono che i pazienti non siano circondati da curanti iperprotettivi che si sostituiscono a loro nelle scelte da compiere o nei percorsi di recupero da intraprendere; inoltre consentono a noi educatori di fronteggiare efficacemente lo sforzo tra l’essere dentro la relazione con l’altro (coinvolgimento, empatia, vicinanza) e l’essere fuori, creando la giusta distanza per preservare noi stessi da possibili invischiamenti con l’utente e/o con il suo nucleo familiare preservando la nostra identità di ruolo.

Il servizio di supporto all’abitare contempla che quando i tempi saranno maturi il paziente potrà svincolarsi dal sistema psichiatrico, per tanto l’operatore lavora affinché la sua rete informale di sostegno e di aiuto sia sempre più articolata e ampia.


7. I rapporti con il territorio

Il punto di partenza per l’integrazione e la riabilitazione sociale è creare sistemi integrati tra le varie agenzie sul territorio intrecciando “reti salutari” al fine di favorire e migliorare il benessere dei pazienti psichiatrici; per far questo è necessario formare dei cittadini attivi, insieme ai loro familiari, per creare un sistema di mutuo-aiuto e rendere l’utente non il ricevitore “passivo” degli interventi posti in essere ma il compartecipante insieme a tutta la comunità.

Importante per questo, è dare continuità al processo di scambio e di confronto con le istituzioni preposte alla salute mentale e non solo in vista di un’impresa comune di promozione del benessere psichico di tutta la comunità.

Le varie connessioni della rete permettono di:
Garantire la continuità terapeutica tra i vari servizi;
Creare il servizio personalizzato ad hoc sull’utente;
Creare flessibilità rimodulando programmi contro protocolli rigidi;
Facilitare l’integrazione utilizzando le risorse utili alla persona.

Nello specifico il lavoro messo in atto, varia a seconda delle esigenze dell’utenza ottimizzando tempi e risorse concentrando maggiormente sul territorio momenti di socializzazione, al fine di rafforzare la rete sociale che negli anni, a causa dello stigma, si era indebolita.

Nonostante il numero ridotto dei servizi sul nostro territorio, sono diversi gli interventi attivati con le agenzie territoriali, al fine di permettere una partecipazione attiva e favorire percorsi di inclusione. Le attività con il territorio sono orientate alla collaborazione con:
Comune
Caaf
Caritas
Scuole e Enti di Formazione
ASM, servizi Ospedalieri e Consultorio
Tribunale
Medici di Medicina Generale
Centro per l’impiego
Acquedotto Enel e Gas
Ser.D
Palestra
Attività ricreative, formative e ludiche
Attività di socializzazione
DSM


8. Testimonianze degli utenti

Queste testimonianze provengono da un confronto avuto con gli utenti del servizio attraverso la somministrazione di un questionario nel quale erano presenti due domande aperte a cui hanno risposto in maniera semplice, chiara e diretta senza timidezze e titubanze.

Alla domanda: “in che cosa è migliorata la tua vita?” abbiamo riscontrato le seguenti risposte:

  • Sono diventata più socievole e aperta alle novità e l’operatore mi supporta in questo;
  • Stare meglio in salute;
  • La mia vita è migliorata nell’ordine, nella consapevolezza di ciò che sono. Nella mia indipendenza;
  • La mia vita è migliorata perché sono più autonomo e capace;
  • Nella salute fisica e psichica sono più curata e adeguata e riesco a riordinare e soddisfare le faccende domestiche;
  • Nell’organizzazione della giornata;
  • Nella consapevolezza della mia problematica e nella presa di coscienza dell’importanza della costanza nell’assumere la terapia quotidiana;
  • Mi sento meglio, esco spesso e sto bene con l’operatore;
  • Ho conosciuto gente nuova;
  • Vivo in maniera più tranquilla, mi capita in maniera minore di avere crisi.

Alla domanda “in cosa è migliorata la qualità della vita della tua famiglia?” abbiamo raccolto:

  • Vengo aiutato a sbrigare pratiche e servizi vari;
  • C’è comprensione;
  • Parlo di più con mio figlio;
  • Mi sento più attiva, socializzo con più facilità;
  • I miei familiari mi comprendono di più;
  • Nell’operatore vedo un punto di riferimento.

9. Criticità

Partendo dall’analisi dei dati raccolti sicuramente tra le criticità emerge che le patologie psichiatriche non sono trattate tempestivamente e questo determina conseguenze assai significative in età adulta sia per quanto riguarda la salute mentale che le condizioni di invalidità e non autosufficienza. Si evidenza, inoltre, un vuoto assistenziale e di collaborazione tra la Neuropsichiatria Infantile e il DSM.

Si aggiunge, infine che, nonostante l’efficacia e l’efficienza degli esiti prodotti nel servizio di supporto all’abitare, manca un riconoscimento più ampio dello stesso servizio, essendo circoscritto a un’area ristretta della provincia di Matera.


CONCLUSIONI

L’esperienza materana ha rappresentato un punto di riferimento per altre realtà presenti sul territorio nazionale e internazionale, interessate all’avvio di risposte innovative di residenzialità.

Abbiamo anche avuto l’onore di presentare e socializzare la nostra esperienza di residenzialità ed in particolare dell’abitare e della domiciliarità nel corso di numerosi congressi organizzati su territorio nazionale e internazionale tra i quali: l’XI Congresso Mondiale di riabilitazione psicosociale tenutosi a Milano nel 2012 il cui evento ha registrato la presenza di oltre 1600 iscritti provenienti da tutte le Nazioni del Mondo e il Congresso nazionale di riabilitazione psicosociale tenutosi a Torino nel 2013. L’auspicio è quello di orientare il servizio anche e soprattutto ai casi al primo esordio, oltre alla implementazione su base regionale di queste risposte innovative.


Note bibliografiche

• Legge 13 maggio 1978, n.180;

• Legge 23 dicembre 1978, n.833;

• Legge 8 novembre 1991, n. 381 Disciplina delle cooperative sociali;

• Legge novembre 2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali";

• Progetto obiettivo salute mentale 1998/2000;

• Linee di indirizzo nazionali per la salute mentale;

• Barone R., Bruschetta S., Frasca A., Gruppoanalisi e sostegno all’abitare. Domiciliarità e residenzialità nella cura comunitaria della grave patologia mentale, Franco Angeli, 2014;

• Giordano G., La casa vissuta. Percorsi e dinamiche dell’abitare, Milano, Giuffrè Editore, 1997;

• Ba G., Strumenti e tecniche di riabilitazione psichiatrica e psicosociale, Milano, Franco Angeli