Volume 27 - 27 Dicembre 2023

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EDITORIALE - Costruire, abitare e pensare. Luoghi (antropologici) e Cura

Autori



È nella cultura e nella prassi dei Servizi Pubblici di Salute mentale comunitari ed orientati alla recovery lavorare contestualmente oltre che sulla dimensione clinica psicopatologica sugli assi dell’abitare, del funzionamento scolastico-lavorativo e della dimensione socio-relazionale.

È a partire dall’abitare che si articolano i processi riabilitativi.

Nel 1951, Martin Heidegger tiene a Darmstadt una conferenza dal titolo Costruire abitare pensare. Il tema dell’abitare assume per Heidegger una dimensione ontologica. L’umanità necessita di trasformare spazi anomici in luoghi dove dimorare e dove abitare. Attraverso la costruzione e la cura (umanizzazione) uno spazio può trasformarsi in un luogo abitabile, in una “casa”. Nel tedesco antico, specifica Heidegger, la parola bauen significa sia costruire che abitare, e contiene bin “[io] sono”. Il nostro essere-nel-mondo si traduce innanzitutto nella forma dell’abitare.

Diviene necessario da un lato riflettere sulla situazione delle persone (spesso migranti) che faticano a trovare un luogo dove dimorare, e a partire da questo dato la conseguente difficoltà se non impossibilità a costruire un progetto terapeutico; dall’altro lato è necessario riflettere sui luoghi istituzionali, tra cui le strutture residenziali psichiatriche, pensate specificamente come dispositivi di cura che, anche attraverso una certa qualità dell’abitare, dovrebbero determinare la loro funzione terapeutica e in maniera ancor più complessa la questione delle REMS.

Nel mese di Novembre 2023 la Rivista NRSP ha collaborato all’organizzazione e messa in campo dell’evento webinar “Nel bene e nel male. Salute e sicurezza sociale nell'intersezione tra sistemi di salute mentale, giudiziario e penitenziario”.

L'evento rientrava nel ciclo di webinar su piattaforma Zoom sul tema “Salute Mentale ai Tempi della Crisi” organizzato da Il Collegio Nazionale dei Direttori di Dipartimento di Salute Mentale, l’Istituzione “Gian Franco Minguzzi” - Città Metropolitana di Bologna, la Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica e in collaborazione con la Rivista Sperimentale di Freniatria, Psicoterapia e Scienze Umane, Giornale Italiano di Psicologia e Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici.

Mauro Palma, garante nazionale delle persone private della libertà, nel suo intervento “Il ben-essere possibile nei luoghi del mal-essere”, invita alla costruzione continua di un benessere possibile pur partendo da condizioni e da luoghi che strutturalmente e funzionalmente determinano malessere (il riferimento è ai luoghi di detenzione e alle carceri).

Il benessere possibile, per le persone, le famiglie, i gruppi, le comunità costituisce l’obiettivo prioritario e ultimo del lavoro dei nostri Servizi, dei nostri interventi, dei processi di Cura, in qualsiasi luogo esso venga declinato.

Si interseca con questa riflessione il tema della residenzialità, proposto a Bologna nel XV Congresso SIEP “Oltre il posto letto: Riabilitare la residenzialità”.

Dati forniti dal Ministero della Salute segnalano che le strutture residenziali, pur essendo utilizzate da una percentuale molto bassa (3,4%) di utenti in cura presso i Dipartimenti di Salute Mentale, utilizzano il 40% della spesa totale dei DSM.

Nella residenzialità psichiatrica quale correlazione abbiamo tra la possibilità di costruire benessere (e funzione dichiarata) e le caratteristiche dei contesti e dei luoghi? Qual è la cifra che ne garantisce l’abitabilità e la terapeuticità? Studi recenti (ad esempio il Progetto DIAPAson) e report (Rapporto IRTISAN 2023) evidenziano criticità quali una scarsità di prassi orientate alla recovery e una durata maggiore rispetto alla durata massima indicata dal Ministero della Salute per ciascuna tipologia di struttura.

Porre l’accento sulle strutture residenziali non significa che tali strutture siano un “problema” da risolvere; anzi, parliamo di una delle aree potenzialmente più ricche dei nostri Progetti Terapeutici Individualizzati.

Si pone una questione di sanità pubblica, ovvero quali alleanze individuare per la costruzione di politiche per la salute mentale che vedano al centro il Servizio Pubblico di salute mentale, ma che contemplino un’attenzione reale, produttiva, etica alle cosiddette componenti extra-Servizio che concorrono in maniera a volte determinante al successo dei programmi di cura.

Si tratta di lavorare per l’attivazione di reti comunitarie, di reti sul territorio con l’individuazione e la reale valorizzazione di tutti gli interlocutori che possano costruire politiche di salute mentale. Naturalmente, all’interno delle politiche per la salute mentale le strutture residenziali hanno un’importante posizione.

Pertanto, in un’ottica di Sanità Pubblica ci interessa focalizzare il problema delle alleanze, in particolare con il Terzo Settore, per applicare i pensieri e le innovazioni possibili come le pratiche dialogiche, la psicoanalisi multifamiliare, la Comunità Terapeutica democratica e la formazione di esperti nel supporto tra pari.

Ci interessa costruire delle strutture residenziali dove si possa lavorare non rinunciando a queste pratiche, perché la residenzialità non si identifica solo con la struttura, in quanto si lavora sull’abitare in qualunque luogo si incontra la persona con problemi di salute mentale. Oggi costruire e rinnovare la residenzialità significa farsi carico di problemi, di organizzazione, di allocazione e attivazione di risorse con la prospettiva di alleanze durature. Non è quindi più possibile concepire strutture residenziali che non abbiano:

  • una stretta interconnessione con gli altri Servizi del DSM;
  • una libertà (seppur coordinata dal Servizio pubblico) di muoversi sul territorio su cui insistono cercando ogni risorsa sociale, economica, culturale utile al Progetto complessivo;
  • autorevolezza riconosciuta sulla co-costruzione del PTRI dal momento della loro presa in carico;
  • l’attitudine al confronto con altre esperienze di altri territori e con pratiche di supervisione (vedi l’esperienza di Angelo Malinconico) o extra-visione (nel senso di Benedetto Saraceno) o di consulenza sistematica (come ad esempio il lavoro di Nino Lo Cascio e Luciana De Franco).

In questo numero Simone Bruschetta propone una riflessione sull’outcome dei primi dieci anni (2012 - 2022) del Programma di Accreditamento di Qualità Visiting DTC Project e Standard di Servizio per le Comunità Terapeutiche Democratiche italiane. Il Visiting DTC Project ha coinvolto, in Italia, 51 Comunità Terapeutiche Residenziali in una ricerca-azione sulle buone pratiche attraverso la metodologia bottom-up dell’“accreditamento democratico tra-pari” e si ispira per standard di servizio e principi terapeutici, alla “Democratic Therapeutic Community” britannica. L’autore propone inoltre un “clinical care pathway” in cinque fasi di trattamento psicoterapeutico comunitario, che può orientare lo sviluppo di un PDTA dedicato agli utenti delle Comunità Terapeutiche Democratiche. Nel ciclo annuale del Visiting DTC Project, sia nel 2018 che nel 2022, è stata individuata quale Good Practice significativamente efficace, il “Community Meeting Multifamiliare”. Inoltre, unitamente alla cura delle relazioni familiari, tra le principali caratteristiche dell’esperienza italiana delle Comunità Terapeutiche Democratiche, sono emerse: a) la cooperazione con i servizi, le agenzie e le reti della comunità locale; b) un ambiente terapeutico interno basato sulla convivenza informale e sulla cooperazione.

Ilenia Giunti, Giulio D’Anna, Alessandro Antonio Natale Zappalà, Lisa Lazzeretti, Elisa Cianelli, Paolo Lorenzo, Stefano Lucarelli e Marco Armellini propongono un Case report relativo al trattamento ospedaliero specialistico di un quadro di anoressia nervosa restrittiva. Viene descritto un caso di anoressia giunto all’osservazione per le importanti conseguenze mediche determinate dalle condotte restrittive. Dopo un ricovero in terapia intensiva ed in medicina interna, è stato effettuato il trasferimento in SPDC, con progressivo miglioramento del quadro clinico. Considerando la traiettoria clinica del Case report, gli autori sottolineano come le caratteristiche dell’ambiente di degenza debbano essere valutate sulla base delle priorità organiche e/o psicopatologiche; inoltre sottolineano la necessità di posti letto dedicati per analoghi disturbi, che di fatto risultano essere sempre più rappresentati nella pratica clinica.

Paolo Peruzzi, Grazia Faltoni, Sauro Testi ed Elena Gatteschi, partendo dalla prospettiva di un’impresa cooperativa sociale del Valdarno aretino e dall’esigenza di considerare la salute mentale come bene comune e come costrutto sociale che impegna le persone, le famiglie, le organizzazioni sociali, la comunità, propongono una riflessione sulla messa in atto di azioni innovative finalizzate a: 1) incrementare e differenziare le opportunità abilitative, riabilitative, di sostegno alla socializzazione e all’inserimento sociale; 2) coinvolgere famiglie, soggetti sociali, organizzazioni di terzo settore e imprese nella costruzione della “rete delle opportunità". Queste azioni si sono realizzate attraverso la definizione di Patti Territoriali per la salute mentale e la creazione di contesti abilitanti e capacitativi attraverso le molteplici progettualità correlate ad una fattoria sociale.

Roberta Paleani propone una riflessione sulle criticità derivanti dalla compilazione del modulo relativo al Piano Terapeutico Riabilitativo Individuale. L’autrice sottolinea l’importanza del PTRI quale strumento attraverso il quale: a) utente e famiglia sono considerate parti attive del percorso di cura; b) si definisce la progettualità e la gradualità degli obiettivi da raggiungere; c) si considera la verifica dei processi di cura; d) è declinata la collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte nel progetto.

Contemporaneamente a questo, vengono però rilevate dall’autrice alcune criticità, ovvero il rischio di “costringere e ridurre” la compilazione del PTRI entro una dimensione rigida e formale, a svantaggio di una necessaria attenzione ad aspetti qualitativi più sostanziali, dove centrale è tendere alla comprensione e gestione della complessità. In questo contesto vengono definite le difficoltà espresse dalle diverse parti (livelli dirigenziali, utenti e famiglie, operatori), dove emerge la necessità di un lavoro preliminare di confronto sulle metodologie, sul senso del lavoro di gruppo e sui contenuti, ma anche la necessità di uno spazio e un tempo concreto dove ciascuno possa esprimere la propria voce.

Come sottolinea l’autrice si tratta di costruire un linguaggio che sia espressione rispettosa di operatori, utenti, familiari; un documento che lascia traccia, con conseguenti problemi di responsabilità legali, deontologiche, culturali. Occorre anche riconoscere infine le criticità dei Servizi e la scarsità delle risorse, ma anche le possibilità generate da un investimento sulla cura dell’organizzazione.

Alessandro Ridolfi propone una riflessione sulla psicoterapia nel Servizio pubblico, considerando che attualmente non possiamo prescindere da una valutazione dell’appropriatezza degli interventi e della loro sostenibilità. In questo contesto l’autore sostiene che per una valutazione dei parametri di appropriatezza ed efficacia della psicoterapia, sia necessario applicare un modello di comprensione basato sul paradigma della complessità, considerando le caratteristiche epistemologiche della psicoterapia che implicano vari paradigmi e relativi modelli clinici, con conseguenti diverse prospettive epistemiche; ulteriore fattore che orienta verso un approccio basato sulla complessità, è dato dai processi di cambiamento, ancora di fatto poco esplorati e legati a molteplici variabili. Sostiene l’autore che il paradigma della complessità costituisce una vera e propria sfida conoscitiva e che pur nella difficoltà di realizzare una sintesi teorica che permetta una valutazione della complessità, non è di fatto accettabile considerare solo ciò che può essere misurato, rendendo invisibile quello che non si riesce a quantificare.

Giuseppe Cardamone e Graziano Graziani propongono un protocollo di intervento che unisce la psicoterapia all’uso di Esketamina, ipotizzando, in linea con alcune evidenze di letteratura, che associare una psicoterapia all’Esketamina, farmaco approvato dall’AIFA per il trattamento della Depressione Resistente, possa incrementare e consolidare nel tempo l’efficacia del trattamento. In questo senso gli autori considerano un’azione sinergica tra la neuroplasticità promossa dal farmaco e la ristrutturazione affettivo-cognitiva della psicoterapia. In termini di azione recettoriale, l’Esketamina produce un’aumentata attivazione dei recettori AMPA, un incremento dell’attività glutammatergica, un’implementazione dopaminergica e serotoninergica che ha come ultimo effetto una disinibizione limbico-corticale. In particolare si produrrebbe un aumento delle connessioni tra le aree della corteccia prefrontale e il sistema limbico, tra componenti corticali (cingolo, paraippocampo, ippocampo) e sottocorticali (amigdala, talamo, ipotalamo). A tale rimodulazione limbico-prefrontale sarebbe correlata l’efficacia antidepressiva degli psichedelici. L’emergere di memorie ed emozioni per attivazione delle strutture profonde (amigdala) e le conseguenti modificazioni neuroplastiche adattative a livello prefrontale, lasciano ipotizzare che l’Esketamina possa di fatto potenziare l’efficacia di una psicoterapia. Inoltre, una psicoterapia, in un contesto di ricordi ed emozioni intense che possono affiorare conseguentemente all’uso dello psichedelico, può favorire l’integrazione dell’esperienza vissuta.

Claudio Coscarella propone uno studio epidemiologico sull’incidenza delle Diagnosi di Spettro Autistico nell'isola d'Elba, osservando un aumento di tali disturbi nel decennio 2009/2018. L’incremento dei disturbi autistici è osservabile in vari contesti, e può verosimilmente correlarsi ad un radicale cambiamento della definizione nosografica degli Autismi. L’autore sottolinea che una diagnosi precoce di spettro autistico dovrebbe essere seguita da programmi riabilitativi appropriati e tempestivi, con un impegno di risorse socio-sanitarie che si proietta nel tempo per almeno cinque anni. Per contro emerge di fatto quale criticità, una progressiva riduzione delle risorse dedicate ai Servizi territoriali di salute mentale dei minori.

Michele Starnini, Elisa Melonari e Marco Grignani propongono un’esperienza di orticoltura terapeutica in Umbria, un progetto che nasce nel 2009 collegando salute mentale, buone pratiche e agricoltura, inizialmente come possibile soluzione alla noia, ad un tempo passato in attesa, che talvolta è presente nella vita di comunità. Sostengono infatti gli autori che la noia può costituire una dimensione patologica, un sentimento concreto in un contesto definito, ma anche uno stato che porta in sé possibilità creative e rivoluzionarie. L’esperienza è partita da due gruppi di ospiti della comunità terapeutica: un gruppo di ospiti con un'età medio-alta, che provenivano dall’ospedale psichiatrico, tra cui alcuni avevano imparato a coltivare la terra, ed un gruppo costituito da persone inserite successivamente. La realizzazione del progetto ha implicato lo sviluppo di molteplici attività produttive ed ha permesso di costruire reti con le famiglie vicine, i dipendenti, le associazioni, attivando percorsi di integrazione, contaminazione e trasformazione. Emerge infine come questa esperienza si correli a riferimenti teorici, dove, come sostengono gli autori, è essenziale connettere pratiche e teorie, queste ultime intese come metafore esplicative, sistemi aperti di idee capaci di costruire un linguaggio comune e di definire l’evolversi delle storie delle persone che interagiscono con l’ambiente.

Francesco Bardicchia propone una riflessione sui Club Alcologici Territoriali in epoca post-pandemica. L’autore sottolinea che il metodo proposto dai club considera centrali: il lavoro territoriale; i programmi di comunità locale; il protagonismo dei cittadini nel promuovere la salute, in collaborazione con gli operatori dei Servizi ed i MMG. In tal senso, tale approccio costituisce un modello di azione partecipata e comunitaria finalizzato alla promozione della salute e di stili di vita sostenibili; un approccio che è di fatto necessario per affrontare problematiche complesse, ad alta incidenza e prevalenza. Il punto di forza è promuovere una comunità inclusiva, capace di accogliere le differenze come risorsa e di mettere in relazione le persone per produrre benessere e salute. I club sono costituiti da comunità multifamiliari autonome dove i problemi alcol correlati vengono inquadrati come problematica sistemica e dove viene proposto, come libera scelta, un cambiamento del comportamento e dello stile di vita della famiglia e della cultura della comunità. Dopo la pandemia sono emerse criticità nelle associazioni appartenenti al terzo settore ed anche i club si sono ridotti di numero ed è aumentata l’età media dei partecipanti, criticità sulle quali si sono interrogati i partecipanti all’ultimo congresso nazionale dell’Associazione Italiana Club Alcologici Territoriali.

Giacomo Doni propone una lettura dei simboli presenti in una rappresentazione artistica situata nella chiesa che si trova all’interno dell’ex ospedale psichiatrico, nel Parco del Pionta ad Arezzo, riflettendo su come l'architettura e le istituzioni psichiatriche possano influenzare il territorio. Vengono descritti i simbolismi legati al martirio e alla salute mentale presenti nell’immagine di Santa Dinfna, martire e patrona dei malati psichici; l’immagine fu realizzata nel 1957 da Ascanio Pasquini, artista e maestro vetraio toscano. Santa Dinfna visse nel VII secolo, la sua storia è stata tramandata oralmente fino al 1247, quando fu trascritta. L’autore dice che nelle epoche successive si diffuse la credenza che passando sotto le spoglie della defunta Santa a Geel, si potesse guarire dalla follia, per cui si produsse un pellegrinaggio di "folli", e successivamente la creazione della prima comunità terapeutica aperta d'Europa in epoca pre-manicomiale. Inoltre, sottolinea l’autore, ancora oggi l'inserimento etero-familiare è un fenomeno strettamente legato a Geel e alla storia della Santa.

Giuseppe Corlito propone in una lettera all’Editore, una riflessione su una personale esperienza di prescrizione psicofarmacologica. L’autore osserva un campione di persone che ha avuto in cura nei primi 6 mesi del 2023, rilevando che: a) le donne sono meno propense a riportare effetti collaterali rispetto agli uomini; b)i pazienti che effettuano psicoterapia sono meno propensi a riportare effetti collaterali rispetto ai pazienti che non la effettuano; c)i pazienti che assumono più di un farmaco sono più propensi a riportare effetti collaterali. L’autore sottolinea infine che tali osservazioni hanno un valore di tendenza e non acquisiscono una significatività statistica, per l’esiguità del campione considerato.

Infine, Riccardo Dalle Luche e Giampaolo Di Piazza propongono un ricordo di Luciano Del Pistoia. Come sostengono gli autori, attraverso la fenomenologia e l’esistenzialismo si è superato il riduzionismo biologico, restituendo al soggetto la piena dignità di persona, di co-esistente, di prossimo; ricordano inoltre che Luciano Del Pistoia fu tra i promotori della Società per la Psicopatologia Fenomenologica che iniziò le sue attività con corsi di formazione e congressi internazionali, per poi proseguire a Figline Valdarno, dove tutt’ora, da oltre venti anni, si tengono i Corsi Residenziali di Psicopatologia Fenomenologica.


Bibliografia

Associazione Italiana Residenze e Risorse della Salute Mentale (AIRSAM). La Carta delle Residenze per la Salute Mentale, Matera, 1996

Augé M. Nonluoghi, Eleuthera, Milano, 2018

Heidegger M., Costruire abitare pensare in Saggi e Discorsi, Mursia, Milano, 1976 (p. 96-108)

Martinelli, A., Killaspy, H., Zarbo, C. et al. Quality of residential facilities in Italy: satisfaction and quality of life of residents with schizophrenia spectrum disorders. BMC Psychiatry 22, 717 (2022)

Scattoni M.L. per il Gruppo di Lavoro “Residenzialità Psichiatrica” (Ed) Residenzialità psichiatrica: analisi e prospettive. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2023 (Rapporti ISTISAN 23/9)

World Health Organization. Guidance on community mental health services: promoting person-centred and rights-based approaches. Ginevra, 2021