Volume 19 - 21 Gennaio 2020

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L’archivio delle cartelle cliniche dell’Ospedale psichiatrico S. Niccolò di Siena: cenni sui percorsi di ricerca e sull’uso dei materiali per autodocumentazione scientifica

Autori


Riassunto

Il contributo illustra sinteticamente l’attuale collocazione della documentazione prodotta e conservata dall’Ospedale psichiatrico S. Niccolò di Siena e ricostruisce le modalità di gestione dell’archivio delle cartelle cliniche, fino a valutare la loro potenzialità informativa come autodocumentazione di carattere scientifico nello studio di alcuni casi clinici.


Summary

The authors focus their attention on the current location of the archival material produced and preserved by the Sienese Psychiatric Hospital of S. Niccolò, and reconstruct the methods of management the medical records, to assess their information potential as self-documentation of scientific nature in some case studies.


1. Dall’archivio della Società di esecutori di Pie disposizioni all’archivio storico dell’ospedale psichiatrico

A seguito dell’applicazione della legge di riforma sanitaria n. 833 del 23 dicembre 1978, la USL 30 di Siena ricevette il materiale archivistico prodotto e fino ad allora conservato dalla Società di esecutori di pie disposizioni relativo alla gestione sanitaria dell’ospedale psichiatrico S. Niccolò, fondato dalla stessa Società nel 1818 (1). Tale materiale andò a formare la sezione comunemente definita «Archivio delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria». Tale sezione è stata dotata di inventario analitico redatto nel 2010 dagli autori di questo contributo (2).

La documentazione amministrativa, successiva all’erezione dell’ospedale in ente morale (1949) – con propria personalità giuridica, ma comunque gestito dalla Società di esecutori– fino all’applicazione della riforma del 1978, è pervenuta all’Azienda sanitaria in un secondo tempo (3). Anch’essa è dotata di inventario analitico, redatto nel 2018 da Elisa Lucarelli e Francesca Roggi (4).

L’archivio fotografico, anch’esso pervenuto all’Azienda sanitaria dopo la ricordata riforma del 1978, raccoglie le foto dei ricoverati scattate al momento del loro ingresso nell’istituto, foto risalenti agli anni ’80 del XIX secolo. Tale fondo – del quale abbiamo notizia già da un inventario patrimoniale del 1928 quando esisteva un laboratorio fotografico all’interno dell’ospedale – è stato anch’esso dotato di inventario, redatto nel 2018 sempre da Elisa Lucarelli e Francesca Roggi (5).

Presso l’archivio della Società di esecutori è comunque rimasta una cospicua porzione di materiale documentario, di carattere deliberativo e contabile, riferibile all’amministrazione dell’ospedale psichiatrico, sia anteriore al 1949 che successivo a tale data. Questa documentazione costituisce l’attuale sezione E dell’archivio della Società di esecutori, del quale è disponibile l’inventario analitico a stampa redatto da Giuliano Catoni, edito nel 2010 (6).

figura 1

In questa sede illustreremo, in sintesi, alcuni aspetti che caratterizzano l’«Archivio delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria», il cui inventario da noi redatto costituisce il mezzo di corredo analitico fino all’individuazione delle singole unità archivistiche e al quale rimandiamo per eventuali approfondimenti rispetto a quanto qui esposto. In sintesi, è possibile riassume schematicamente l’articolazione dell’archivio, dicendo che esso può essere strutturato in quattro ampie ‘macrosezioni’: «Documentazione del paziente», «Strumenti di gestione della documentazione del paziente», «Registri con funzioni ‘speciali’ in riferimento ai pazienti», «Registri statistici».

figura 2


2. Rapporto fra cartelle e registri di gestione. Alcuni esempi

Spartiacque fondamentale nella struttura archivistica è l’anno 1951. Dopo questa data il reperimento di una cartella clinica – sapendo il nome del paziente – è piuttosto semplice.

figura 3

Per la ricerca onomastica, si può ricorrere ad appositi schedari alfabetici che contengono le schede di riferimento di quanti erano ricoverati in quell’anno e quanti sarebbero stati ricoverati da allora in poi (7). Fisicamente dal 1951 in poi le cartelle si susseguono alfabeticamente e sono organizzate in sequenze decennali: 1951-1960, 1961-1970 e così via.

Per la ricerca cronologica, sulla base di appositi registri d’ingresso è possibile rintracciare la cartella che interessa sapendo la sola data di ricovero di un paziente, pur non conoscendone il nome (8).

Teniamo a precisare che l’attuale normativa sulla privacy consente di consultare le cartelle successive al 1951 solo dietro specifica autorizzazione.

Più articolata è invece la ricerca di cartelle cliniche o altri documenti personali (ad esempio le module tenute separate fino al 1916 e i documenti d’ingresso separati fino al 1950) relative a pazienti ricoverati fino al 1950 e morti o dimessi entro tale data. Ci soffermeremo adesso su alcuni possibili percorsi di ricerca. Gli strumenti elaborati in seno all’ospedale psichiatrico permettevano due itinerari: uno di carattere onomastico, l’altro cronologico.

Per una ricerca onomastica si possono utilizzare appositi indici che consentono di rintracciare la cartella clinica, il registro d’ingresso (da cui si può arrivare anche alla modula informativa) e il fascicolo dei documenti di ammissione (9).

Per una ricerca cronologica ci si può servire direttamente dei registri d’ingresso e di qui risalire alla modula e alla cartella clinica (10). Ricordiamo che la modula informativa – compilata su stampati predisposti (11) – contiene in sintesi notizie della disposizione emessa dall’autorità che ordinava il ricovero, informazioni personali del malato e «notizie storiche» relative alla malattia (12). A conclusione del documento veniva apposta la data cronica, la firma del medico e dell’autorità che disponeva il ricovero.


Ipotizziamo di voler individuare il caso di un ammalato entrato in ospedale in un giorno X: ad esempio un soldato ricoverato durante il primo conflitto mondiale (13). Partendo dal registro matricola dei malati relativo agli ingressi compresi tra il 3 gennaio 1914 e il 2 marzo 1919 è possibile notare che il 31 maggio 1917 entrarono al S. Niccolò 20 soldati provenienti dall’ospedale militare di Reggio Emilia, ai quali vennero assegnati i numeri d’ordine dal 3412 al 3432 (14). Lo stesso registro (oltre al cognome e nome dei ricoverati, il luogo di nascita e di dimora, la provenienza, la diagnosi e l’esito) ci dà anche l’indicazione del numero della modula informativa, della cartella clinica o nosografia e, nel caso, dell’esistenza della necroscopia.

È così possibile proseguire la nostra ricerca prendendo in esame le cartelle cliniche corrispondenti ai suddetti numeri d’ingresso e considerare un caso che possiamo giudicare interessante, quello del soldato Giuseppe Girasella (15). Arrivato al S. Niccolò con stato psichico emotivo grave (evocava i gas e la morte di un tenente) e sottoposto alle cure del caso, Girasella sarebbe poi migliorato e rinviato a casa per una convalescenza di 3 mesi, come si evince dettagliatamente dalla consultazione della sua cartella clinica (16). È interessante notare che all’interno della cartella di Girasella – come in quelle degli altri soldati trasferiti da Reggio Emilia – era stata inserita la cartella clinica redatta nell’ospedale di provenienza. Proprio da queste cartelle dell’ospedale reggiano ricaviamo l’anamnesi di ciascuno dei 20 soldati in questione e i motivi del ricovero. Può risultare significativo che per tutti loro si dica che il ricovero «non dipende da cause di servizio», fatta eccezione proprio del caso di Girasella.


Cercando adesso di seguire un itinerario di ricerca di tipo onomastico sempre con riferimento a ricoverati anteriormente al 1951, ipotizziamo di voler individuare il paziente Domenico Comprincoli. Partendo dagli indici dei malati– registri i cui nomi sono organizzati in un rubricario e quindi facilmente rintracciabili secondo l’ordine alfabetico (17)– è possibile risalire immediatamente al n° d’ingresso (18) e di qui risalire al registro matricola dei malati (19), nonché il numero della cartella clinica (20).

Di Domenico Comprincoli (33 anni, sposato, originario di Rocca S. Casciano, domiciliato a Galeata presso Cesena, militare del 72° reggimento fanteria, entrato nell’ospedale il 19 giugno 1917 proveniendo dall’ospedale militare di Mantova e transitato dall’ospedale di riserva di Siena) possiamo trovare anche i documenti di ammissione. Al proposito si deve consultare l’indice di ammissione degli uomini (21) e da lì risalire al fascicolo (22). In realtà, tale fascicolo non contiene solo atti relativi all’ammissione, ma anche alla degenza e nel caso in questione al decesso del paziente, il quale morì suicida il 7 settembre 1917. In particolare:

  1. lettera della prefettura di Siena al direttore dell’ospedale che ordina il ricovero (19 giugno 1917).
  2. «Biglietto di uscita» dall’ospedale di riserva di Siena. Sulla destra in verticale si trova l’annotazione relativa alla malattia mentale: «Per psicosi maniaca depressiva [sottolineato nel testo] viene trasferito al manicomio di S. Niccolò di Siena. (Timbro rosso): La malattia non [aggiunto a mano] dipende da causa di servizio. [Firmato] dr. G. Bolognesi».
  3. «Dichiarazione medica» del capitano medico dell’ospedale di riserva di Siena alla Questura circa il ricovero di Comprincoli (19 giugno 1917), in cui tra l’altro si afferma che il ricoverato «è affetto da grave stato depressivo, con idee di colpa e tendenza al suicidio».
  4. Ricevuta relativa al deposito di 25 lire e 22 centesimi di proprietà del Comprincoli al momento del ricovero (19 giugno 1917).
  5. Referto circa lo stato di salute del ricoverato e proposta affinché venga riformato (29 agosto 1917).
  6. Comunicazione al direttore del manicomio della morte avvenuta per «appiccamento» alla chiusura di una finestra tramite un fil di ferro trovato casualmente (7 settembre 1917).
  7. Richiesta dell’Ufficio pensioni del 72° reggimento relativa a documentazione utile per l’assegnazione della pensione alla vedova (11 febbraio 1918).

3. Prima delle ‘cartelle’: il «Giornale del S. Niccolò»

Ci soffermiamo adesso, facendo un salto indietro rispetto ai casi qui evidenziati, per alcuni brevi cenni al così detto «Giornale del S. Niccolò» (cinque registri contenenti registrazioni che vanno dal 1840 al 1859) (23), il quale costituisce il ‘prius’ logico rispetto alle cartelle cliniche (24). Il «Giornale»– redatto dal dottor Lorenzo Ferraccini, medico presso l’ospedale psichiatrico dl 1840 al 1864 – non aveva però solo una funzione di registrazione di dati connessi ai ricoveri o al decorso delle malattie, ma fungeva più in generale anche da diario di eventi caratterizzanti la vita all’interno dell’ospedale, come ad esempio la festa di S. Niccolò con la partecipazione del vescovo (25), o la visita nel giorno di Natale del governatore o di altre personalità (26). Significativa del resto è la stessa intitolazione del primo di questi manoscritti: «Giornale A delle cose più rimarchevoli osservate nello stabilimento di S. Niccolò di Siena dal 1° settembre 1840 a tutto l’anno 1844» (27). A rimarcare la pluralità d’informazioni che sul «Giornale» venivano annotate, si noti come a partire dal 15 settembre 1840 esso svolse dapprima saltuariamente e poi in modo sistematico (dal 24 maggio 1842) anche il compito di conservare la memoria delle condizioni metereologiche di ogni giornata (28). Un’analisi sistematica delle tante tipologie d’informazione contenute nel «Giornale» è impossibile da affrontare in questa sede, così come sarebbe complesso analizzare le stessa modalità di stesura e di compilazione del «Giornale» stesso (29). Al riguardo basti dire che la stesura delle registrazioni era presumibilmente fatta in brutta copia e poi qui riportata. Lo si comprende perché talvolta – forse a seguito di un controllo o rilettura – veniva inserito nel margine sinistro un passo omesso (30). Del resto l’assenza di correzioni, aggiunte interlineari, cancellature ecc., conferma che si tratta di una redazione «in bella».

Circa i contenuti del «Giornale» si deve notare in primo luogo che un sistema di repertoriazione onomastica consentiva di ritrovare facilmente le diverse registrazioni relative ai malati/malate (31). Inoltre il «Giornale» permette di conoscere l’adozione di strumenti di costrizione (manicotto di forza, legature al letto, ecc.), il ricorso alla terapia musicale o l’uso di vari sistemi terapeutici (sanguisughe, clisteri, vari purganti come la «gomma gutta», olio di ricino, cioccolata purgativa, polpa di tamarindo, ma anche alchermes, china, tartaro stibiato per favorire il vomito, sale inglese, acqua Tettuccio, limonata tartarizzata, ecc.) (32). Un esempio interessante in questo senso può essere la sperimentazione – peraltro risultata fallimentare – del nitrato d’argento somministrato agli epilettici per pochi mesi nel corso del 1840 (33). Il compilatore, dott. Ferraccini, non mancava inoltre di riportare informazioni relative alla storia familiare dei ricoverati, alla loro professione, età e precedenti ricoveri, al comportamento, ai sintomi di altre malattie, all’alimentazione e alle eventuali autopsie.

Accenniamo adesso al caso del paziente Orazio Nerli, cui è intitolata la prima cartella clinica conservata (34). Questo caso si pone, per così dire, nel momento di passaggio dalla tenuta di un «Giornale» narrativo degli eventi alla più ‘moderna’ organizzazione nosografica, coincidente con l’impostazione data alla fine degli anni Cinquanta dal direttore sanitario dott. Carlo Livi – direttore dal 1858 al 1873 (35) –, il cui arrivo segnò per Ferraccini la fine della tenuta del suo «Giornale» (36). Osservando la cartella di Nerli si può notare come le cosiddette «osservazioni pratiche», ossia l’annotazione del comportamento all’interno dell’ospedale, siano fino al 1858 la trascrizione di passi estratti dal «Giornale». Colpisce che proprio in corrispondenza di questa data il redattore della cartella (lo stesso Livi) abbia scritto «Fin qui il giornale del Ferraccini», quasi a indicare il passaggio da una forma di memorizzazione dovuta all’iniziativa personale di quel medico, ad una tenuta sistematica di informazioni di cui il ‘responsabile istituzionale’ (per così dire) era l’ospedale.


4. L’Archivio dell’ospedale psichiatrico come strumento di autodocumentazione

La teoria archivistica sottolinea che un archivio non si forma per essere in un futuro più o meno lontano una fonte per la ricerca storica. Alla sua origine vi è infatti soprattutto la necessità di svolgere il compito di autodocumentare l’ente produttore in riferimento ai propri obiettivi istituzionali. Nel caso dell’ospedale psichiatrico questa funzione autodocumentativa è ben chiara in varie prospettive: 1) per ovvi scopi terapeutici in riferimento ai malati ricoverati o per quelli che potevano esserlo di nuovo anche a distanza di tempo (autodocumentazione per scopi clinici); 2) per scopi statistici, che qui non approfondiamo: basti ricordare il forte interesse che già in questo senso aveva la psichiatria otto e novecentesca, interesse che trovò riscontro a Siena nella pubblicazione regolare di statistiche da parte del dott. Virgilio Grassi a partire dai primi anni del Novecento (autodocumentazione per scopi amministrativi); 3) per scopi di ricerca scientifica, ovvero per studi da parte degli psichiatri del S. Niccolò che trovarono anche sbocchi editoriali in un’apposita sezione di «Note cliniche» ospitata nella «Rassegna di studi psichiatrici», la prestigiosa rivista edita dall’ospedale psichiatrico di Siena a partire dal 1911 sotto la direzione di una figura di rilievo come fu Antonio D’Ormea (autodocumentazione per scopi scientifici) (37).

A questo riguardo potrebbe essere interessante valutare fino a quale punto la documentazione clinica a disposizione dei medici e dei ricercatori fornì dati, spunti e motivi di riflessione. Il confronto fra le pubblicazioni effettuate e le cartelle cliniche di riferimento può inoltre costituire un elemento metodologicamente utile in una prospettiva di storia della storiografia medica (38).

Dei numerosi casi che possiamo trovare, ne richiamiamo in breve soltanto tre per sottolineare una diversa potenzialità informativa che la documentazione poteva, e può, fornire agli studiosi. Seguendo i percorsi di ricerca archivistica sopra presentati è infatti ancor oggi possibile rintracciare le cartelle in questione.


Primo caso: Confronto di due casi clinici esclusivamente su base documentaria, senza alcuna osservazione diretta.

Nel fascicolo del settembre-ottobre 1913 della «Rassegna di studi psichiatrici» Valentino Campioni pubblicò uno studio sul caso di due amici, assieme ricoverati, chiedendosi se il comportamento isterico di uno di essi avesse potuto influenzare e determinare il sorgere dei medesimi fenomeni isterici anche nel secondo ammalato (39). Il caso risulta nella nostra prospettiva interessante perché l’articolo si fonda unicamente sull’analisi delle rispettive cartelle cliniche risalenti al 1906 e quindi permette di valutare «fino a che punto tali cartelle potevano consentire ‘a posteriori’ una efficace analisi clinica», senza l’osservazione diretta dei pazienti (40).


Secondo caso: Studio di un caso clinico su base documentaria e osservazione diretta.

Nel novembre-dicembre 1913 Giulio Cesare Befani, presentò nella «Rassegna» il caso di «Una alienata acondroplasica» (41). È in primo luogo interessante il fatto che l’articolo affronti un tema scientifico di attualità, essendo stata individuata l’acondroplasia come forma patologica – ricondotta al campo d’interesse psichiatrico – solo pochi anni prima, ovvero nel 1910. Befani trattò il caso utilizzando i materiali raccolti durante il ricovero della paziente (avvenuto il 9 settembre 1913). Il confronto fra quanto oggi ritroviamo nella cartella clinica e le informazioni contenute nell’articolo edito fa emergere come l’autore abbia sì tenuto presente in buona misura i dati che oggi riscontriamo, ma che avesse a disposizione anche i risultati di altre indagini cliniche di cui la cartella stessa non reca memoria. Ciò fa sì che oggi nell’utilizzare criticamente i dati, si debba anche chiederci quale sia la potenzialità della fonte, ovvero: «fino a che punto una cartella clinica rispecchia documentariamente le indagini condotte»? In definitiva, potremmo concludere che la cartella esistente può non essere del tutto esaustiva circa l’attività condotta in fase diagnostica, oppure in fase terapeutica (42).


Terzo caso: Confronto di due casi clinici su base documentaria e osservazione diretta.

Nel marzo-aprile 1930 Vittorio Giannelli pubblicò nella «Rassegna» un ampio saggio dal titolo «Due idioti microcefali» (43). Si trattava del confronto tra due gravi casi clinici costituiti da un fratello e una sorella. Anche in questo caso la documentazione disponibile permette di valutare l’apporto scientifico della ricerca condotta, il cui esito trovava ampio riscontro nelle cartelle cliniche. La domanda che oggi possiamo porci partendo dallo studio di Giannelli è in breve: «fino a che punto è possibile su base documentaria porre a confronto casi clinici della medesima patologia», tenendo conto anche dell’osservazione diretta? (44)


Riferimenti archivistici e bibliografici

1) Il contributo è frutto della comune riflessione dei due autori, mentre la redazione del testo è stata così ripartita: Marta Fabbrini §§ 1-2; Stefano Moscadelli §§ 3-4. Con l’abbreviazione AOPS si indica l’archivio delle cartelle cliniche dell’Ospedale psichiatrico S. Niccolò di Siena. Nell’ampia bibliografia relativa alla storia dell’ospedale psichiatrico di Siena: Vannozzi F (a cura di). San Niccolò di Siena: storia di un villaggio manicomiale. Milano: Mazzotta; 2007. Per un panorama della documentazione archivistica relativa alle strutture manicomiali toscane: Angrisano E. Le carte della follia: gli archivi dei manicomi in Toscana. Lucca: Civita Editoriale; 2017: 263-282, per i fondi archivistici relativi all’ospedale di S. Niccolò di Siena e per altre fonti documentarie sul medesimo Istituto conservate presso l’archivio storico del Comune di Siena, gli archivi storico e di deposito dell’Amministrazione provinciale e l’archivio dell’ospedale di S. Lorenzo di Colle Val d’Elsa ora presso l’Archivio di Stato di Siena.

2) Fabbrini M, Moscadelli S (inventario a cura di). Archivio dell’Ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena: cartelle cliniche e documentazione d’interesse sanitario. Siena: CREA; 2010; http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/fileadmin/redazione/inventari/Siena_OP_SNicolo.pdf

3) Tale documentazione rimase in un primo momento in alcune stanze della Società di esecutori, finché intorno al 2000 fu trasferita in locali dell’Azienda sanitaria.

4) Lucarelli E, Roggi F (inventario a cura di). L’archivio dell’Ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena: documentazione amministrativa (1950-1980). Siena, Azienda USL Toscana sud-est, 2018; http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/fileadmin/redazione/inventari/Siena_San_Niccolo___Documentazione_amministrativa_1950-1980.pdf

5) Lucarelli E, Roggi F (a cura di). L’archivio dell’Ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena: inventario del fondo fotografico. Siena: Azienda USL Toscana Sud Est; 2018; disponibile presso l’archivio.

6) Catoni G. L’archivio della Società di esecutori di pie disposizioni di Siena: inventario. Siena: Amministrazione provinciale; 2010: 221-252.

7) AOPS Schedari 8-11.

8) AOPS 1479-1485 (uomini), 1501-1506 (donne).

9) Indici dei malati/malate: AOPS 1460-1462 (uomini), 1486-1489 (donne). Indici degli inserti di ammissione: AOPS 1354-56 (uomini), 1457 (donne).

10) AOPS 1466-1478 (uomini), 1492-1501 (donne).

11) La modula era compilata su stampati predisposti che riportavano di norma sulla prima pagina, oltre al nome e cognome, l’indicazione della prefettura/provincia di provenienza e del comune di origine del malato.

12) Starnini M. «La Rivoluzione morale, lo spirito del secolo»: storia di Carlo Livi, psichiatra dell’Ottocento. Tesi di dottorato di ricerca in «Studi storici», Università di Firenze e di Siena, ciclo XXVI; 2013-2016: 184.

13) Il tema del ricovero di militari nel corso della Grande Guerra dispone di una bibliografia amplissima, che qui non richiamiamo se non per due recenti approfondimenti relativi al caso senese: Mugnaini F. Echi di guerra al S. Niccolò. In L’esperienza della Grande Guerra a Siena, approfondimenti a margine della mostra «Fotografi in trincea. La Grande Guerra negli occhi dei soldati senesi». Firenze: Edizioni Polistampa; 2016: 77-101; Orlandini A. Matti di guerra del San Niccolò: il manicomio di Siena nel primo conflitto mondiale. Bullettino senese di storia patria. 2016; 213: 306-326.

14) AOPS 1472, Registri serie B. Registro matricola dei malati relativo al periodo 3 gennaio 1914-2 marzo 1919.

15) AOPS 1472, n° 3423 con rinvio alla cartella clinica n° 7115.

16) AOPS 55, cartella n° 7115.

17) Si veda la nota 9.

18) AOPS 1461, Indice dei malati, 1862-1930. A destra del cognome compare il n° del registro matricola d’ingresso, a sinistra il n° della cartella clinica: nel nostro caso a destra il n° 3468 e a sinistra il n° 7164.

19) AOPS 1472, n° 3468.

20) AOPS 55, cartella n° 7164.

21) AOPS 1454, Indice degli inserti di ammissione dei malati, 1818-1929, n° 10776.

22) AOPS 1191, n° 10776.

23) AOPS 1433-1437.

24) Per l’introduzione delle cartelle cliniche da parte del direttore Livi e la loro funzione v. Starnini, «La Rivoluzione morale, lo spirito del secolo»: 195 ss. e in particolare, sul «Giornale»: 196, nota 183.

25) AOPS 1433, alla data 6 dicembre 1840.

26) AOPS 1433, alla data 25 dicembre 1840.

27) AOPS 1433, c. [1r].

28) AOPS 1433, alle date 15 settembre 1840 e 24 maggio 1842.

29) Il «Giornale A» (AOPS 1433) è composto da fascicoli cartacei di diverso formato presumibilmente rilegati in cartone «a posteriori», mentre i successivi paiono essere veri e propri registri «ab origine».

30) Ad esempio, AOPS 1433, alla data 11 settembre 1840.

31) Ad esempio AOPS 1433, alla data 18 settembre 1840.

32) AOPS 1433, passim.

33) Ad esempio AOPS 1433, alle date 13 ottobre, 19 ottobre e 3 novembre 1840.

34) AOPS 1, cartella n° 1.

35) Su di lui ampiamente: Starnini, «La Rivoluzione morale, lo spirito del secolo».

36) Ivi: 12.

37) Petrangeli L, Franchi A. L’evoluzione di una ‘torre d’avorio’: la diagnosi dei folli dalle cartelle cliniche del S. Niccolò. In Vannozzi F (a cura di). San Niccolò di Siena. Storia di un villaggio manicomiale: 177-195. Si consideri pure l’intelligente e sensibile divulgazione di una ventina di ‘casi clinici’, ricostruiti sulla base delle cartelle conservate, in Friscelli A. Il villaggio delle anime perse. Storia e voci dal manicomio di Siena. Siena: Betti Editrice; 2018: in particolare 9, 15-16: «Quando si entra nell’archivio storico, in quella specie di grande obitorio cartaceo dove per lo meno i loro nomi [ovvero dei cinquanta mila pazienti che furono ricoverati nell’istituto] e qualche traccia delle loro vite sono rimaste, può succedere di rimanere sbigottiti e di essere assaliti da un senso di tristezza e di inspiegabile senso di colpa che spesso aumenta scorrendo quei vecchi fogli, quelle antiche calligrafie (...). Evitiamo l’oblio totale, la scomparsa definitiva e permanente di tutte quelle sofferenze e di tutte quelle storie, anche di quelli che si sono salvati o di quei pochi che ne sono usciti rafforzati. Entrare nell’archivio storico del San Niccolò, in quell’enorme stanzone dove oltre duecento metri lineari di tralicci e schedari conservano tutte quelle storie, dà la sensazione di essere a Aushwitz. La guerra è finita ma le loro vite (ormai solo cartacee) sono ancora lì a chiederci un perché».

38) In generale: Fiorino V. La cartella clinica: un’utile fonte storiografica? In Alberico F, Franchini G., Landini ME, Passalia E (a cura di). Identità e rappresentazioni di genere in Italia tra Otto e Novecento. Genova: Dismec; 2009: 51-69; Entani V. Quando gli psichiatri e gli storici si incontrano. Nuova rassegna di studi psichiatrici. 2017; 14; http://www.nuovarassegnastudipsichiatrici.it/index.php/volume-14/psichiatri-storici-ricerca-storia-psichiatria-grosseto

39) Campioni V. Accessi convulsivi isterici in due soggetti maschili insorti in uno per azione suggestiva dell’altro. Rassegna di studi psichiatrici. 1913; 3(5): 379-387. Si noti che l’autore, dopo aver introdotto il tema con riferimento alla denominazione d’isterismo e alla sua tradizione nella letteratura medica, espone il caso premettendo: «Nell’accingermi alla descrizione dei due casi in oggetto della presente nota premetto che non ho potuto raccogliere altro che quanto ho trovato nelle rispettive cartelle nosografiche, poiché furono essi accolti nel manicomio il dì 27 marzo 1906 e dimessi nel maggio del medesimo anno».

40) AOPS 19, cartelle n° 2830-2831.

41) Befani GC. Una alienata acondroplasica. Rassegna di studi psichiatrici.1913; 3(6): 451-468.

42) AOPS 608, cartella 4810.

43) Giannelli V. Due idioti microcefali. Rassegna di studi psichiatrici. 1930; 19(2): 217-247.

44) AOPS 58, cartella n° 7403 (fratello); la cartella della sorella è stata rintracciata ma non è ancora consultabile.