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Come trovare equilibrio in un mondo instabile: la prospettiva della mindfulness

Autore

Ricevuto il 31 luglio 2021 – Accettato il 9 settembre 2021



Riassunto

Il presente contributo propone un'argomentata riflessione sulle criticità personali, relazionali e comunitarie che il contesto pandemico sta generando nel corso di questo ultimo anno. Il vertice osservativo utilizzato è quello della pratica della mindfulness. Tale prospettiva consente di tracciare alcune proposte operative e concrete di supporto alle crisi.


Abstract

This contribution proposes an argumented reflection on the personal, relational and community criticalities that the pandemic context is generating during this last year. The observational vertex used is that of the practice of mindfulness. This perspective allows us to outline some operational and concrete proposals for crisis support.



L'attuale situazione pandemica sembra denotare che siamo arrivati a un altro punto critico della vita su questo pianeta. Le cose potrebbero mettersi in svariati modi. Sembra che il mondo sia in fiamme, e che lo sia anche il nostro precario equilibrio: bruciante di incertezza, spesso pieno di stati d'animo intensi e appassionati quanto poco saggi. Non sappiamo dove ci stia portando questa deriva, sia come specie umana sia per quel che riguarda la nostra vita privata e individuale, neanche da un giorno all'altro. La destinazione di questo viaggio collettivo nel quale siamo coinvolti non è né fissata né predeterminata, il che vuol dire che non c'è nessuna destinazione, c'è solo il viaggio stesso. Il modo in cui consideriamo noi stessi e il mondo avrà una grande influenza sulla piega che prenderà il presente: ciò che finirà per essere, in futuro, per noi sia come individui sia come società, sarà determinato in buona misura dalla nostra innata, incomparabile capacità di consapevolezza nel presente.

Questo contributo vuole mettere in evidenza l'importanza di cambiare la nostra modalità di relazionarci alle circostanze e quindi di realizzare nuove forme di convivenza; in particolare il vertice osservativo da cui si propone questa riflessione è quello della pratica costante e convinta della mindfulness all'interno dei diversi scenari della vita quotidiana. D'altronde in diversi contesti sono stati sperimentati approcci mindfulness-based che ne hanno convalidato l'efficacia e la sua esportabilità anche in contesti di aiuto e di cura.

Le catastrofi ambientali come le pandemie, i terremoti, i tornado e le inondazioni hanno sempre fatto parte del ciclo della vita sul pianeta Terra. Nessuno di noi, aveva considerato che il 2020 ci avrebbe costretto a fare i conti con il COVID-19. Malgrado la storia ci insegni che ogni secolo ha subito almeno due gravi pandemie, la maggioranza era quasi certa che a noi non sarebbe capitato.

Di fronte a tali eventi spesso la nostra risposta è connotata da rabbia, odio, paura e ignoranza. Questo è prevedibile in quanto la paura è un'esperienza universale e comune. Anche l'insetto più piccolo ha paura. Quando passeggiamo tra le pozze d'acqua lasciate dall'alta marea, se proviamo ad avvicinare le dita ai corpi aperti degli anemoni di mare, questi si chiuderanno. È una reazione spontanea. Non è così inusuale avere paura quando ci troviamo ad affrontare l'ignoto. Fa parte dell'essere vivi, è un qualcosa che condividiamo tutti. Reagiamo all'eventualità di ritrovarci di fronte alla solitudine, alla morte, a non avere nulla a cui poterci aggrappare. La paura è una reazione naturale quando sperimentiamo il confronto con eventi catastrofici come la pandemia.

La nostra naturale tendenza è quella di voler sperimentare controllo, agio, sicurezza, prevedibilità e invece, per quanto ci sforziamo, quello che ci viene dato è un senso di incertezza. C'è così tanta incertezza in questo momento per tutti noi che sta diventando la dimensione più presente e il motivo principale di disagio e sofferenza. Spesso il sentimento di incertezza è una sensazione spiacevole che cerchiamo a tutti i costi di evitare o risolvere. A volte questo è possibile, ma in alcune situazioni come quella che stiamo vivendo siamo costretti a fare i conti con questo senso di instabilità e precarietà.

Praticare la consapevolezza significa ricordare e sperimentare nella nostra esperienza, che una delle caratteristiche della natura è la sua mutevolezza, che tutti i fenomeni hanno un inizio una loro evoluzione e una fine. Non è solo che la nostra vita è in continuo cambiamento, ma la nostra vita è fatta di cambiamento e si struttura sulla realtà dell'impermanenza.

Se osserviamo il mondo naturale riusciamo a vedere con chiarezza come le stagioni vanno e vengono e possiamo vedere come le relazioni modificano la nostra vita. Siamo consci di possedere cose e che queste cose possono rompersi o esser date via, oppure non ci interessano più, non ci facciamo più caso e non le apprezziamo più. Riusciamo a vedere che possiamo sentirci in un modo la mattina, in un altro il pomeriggio e magari in un altro modo ancora la sera e tutti sappiamo che alla fine della nostra vita moriremo.

Nonostante questo sia evidente a tutti noi, non rispondiamo a questa circostanza in maniera adeguata continuando a sperare che la realtà si conformi ai nostri desideri e alle nostre aspettative. Riusciamo ad accogliere solo le “belle” novità, quelle che ci risvegliano entusiasmo e soddisfazione. E in realtà quello che cerchiamo è la permanenza, ci aspettiamo la permanenza tendendo a ricercare sicurezze e sperimentare l'impermanenza come una frustrazione. È molto importante riflettere con quanta facilità proiettiamo solidità e certezza nella vita e quanto sia necessario imparare a familiarizzare con la natura cangiante dei fenomeni. Dove per natura cangiante si intende proprio che la certezza più solida sulla quale possiamo basarci è che tutto è incerto. Se non riusciamo a capire ora che tutto è incerto, inteso ovviamente non nel senso negativo e pessimista, ma nel senso che tutto è possibile, rischiamo di venire letteralmente travolti dal mondo immaginario che fabbrichiamo continuamente nella nostra mente e che spesso diventa un terreno su cui si possono sviluppare disturbi psichici come ansia o depressione. È evidente il fatto che i disturbi emotivi comuni (ansia e depressione lieve) stiano registrando un incremento epidemiologicamente tutto da investigare, ma che sta progressivamente sempre più assumendo dimensioni cliniche non trascurabili nei contesti di vita.

Tutti i giorni compiano un certo sforzo per adattare la realtà esterna ai nostri desideri e alle nostre concezioni affinché la realtà esterna e quella interna si conformino a un nostro ideale. Questo ci induce a credere che la nostra felicità può dipendere soltanto dalle presenza di situazioni, sensazioni, esperienze piacevoli, così come la nostra infelicità sia sorretta esclusivamente dalla presenza di situazioni, sensazioni, esperienze spiacevoli. Di conseguenza quando il mondo non si adatta ai nostri desideri lo respingiamo coltivando un sentimento di avversione, al contrario, quando l'esperienza soddisfa i nostri desideri vorremmo che quella sensazione piacevole non finisse mai coltivando un sentimento di attaccamento.

Siamo spaventati ogni volta che la vita si manifesta in maniera diversa da come l'avevamo “programmata”. Siamo comprensibilmente preoccupati perché temiamo di non essere in grado di far fronte agli “imprevisti”. Siamo delusi perché crediamo che la realizzazione delle nostre aspettative sia giusta e dovuta.

Troppo spesso ci rivolgiamo alle nostre esistenze con una specie di “muso” interiore che ci porta ad avere volti tesi che difficilmente sorridono, come se volessimo che tutto il mondo fosse al corrente del fatto che non siamo d'accordo! Non sappiamo bene su cosa non siamo d'accordo, ma siamo comunque risentiti. La rabbia è diventata ormai una dimensione onnipervasiva. Non la rabbia legittima e umana reazione di dissenso di fronte all'ingiustizia che può trasformarsi in impegno al cambiamento dell'esistente, ma la rabbia della quale siamo quotidianamente testimoni, e anche spesso vittime, che opponendosi al fatto che accadono cose che non ci piacciono si infiamma e mette tutte le sue energie nel distruggere, nel cercare colpevoli e nel rinnegare ciò che non ci piace, piuttosto che cercare di capire come stare meglio in una situazione difficile e come provare a vederla da una prospettiva più vasta.

Attualmente questa modalità di interazione umana sta diventando sempre più diffusa e nel contesto pandemico stiamo assistendo ad un incremento delle manifestazioni di rabbia sia individuali che gruppali (basti pensare alle risse tra giovanissimi che hanno caratterizzato molti contesti urbani in occasione della seconda e terza ondata pandemica).

In un momento come questo molti di noi sentono il terreno mancare sotto i piedi. In questo periodo tutti, in maniera conscia o inconscia, viviamo con uno sfondo costante di paura, tristezza, sospettosità, diffidenza, risentimento, preoccupazione e lutto. Lutto non solo dovuto alla perdita di persone care, ma anche a tutto ciò che in questi mesi abbiamo perso: i nostri lavori, le entrate economiche, la possibilità di fare cose che ci piacciono, andare in palestra, in discoteca, al cinema, a una festa in casa di amici, abbracciare, corteggiare, viaggiare, fare nuove amicizie, passeggiare per negozi spensieratamente, andare a una partita di calcio...

Ecco, in un momento come questo in cui ci sentiamo vulnerabili e spaventati potrebbe essere molto utile coltivare un sentimento di compassione e divenire sempre più consapevoli di quanta energia impieghiamo nello “sperare” che l'emergenza finisca e nel “rimpiangere” tutto quello che avevamo prima e di cui eravamo poco o per nulla grati.

Per crescere nell'arte della compassione dobbiamo riconoscere a noi stessi il diritto di soffrire. Sembra un paradosso, eppure è proprio la paura di soffrire che è all'origine di molta rabbia ed egoismo di cui siamo tutti testimoni e vittime.

È in questo momento in cui la vita ci sta dando lezioni magistrali sull'incertezza, che possiamo imparare che sperare di tornare alla normalità significa anche rischiare di ricadere nell'illusione che la vita debba e possa soddisfare i nostri desideri e rischiare anche di tornare a quello stato di ingratitudine perenne che colorava quelle stesse esperienze di cui adesso ci sentiamo derubati.

Prendiamoci periodicamente una pausa e cerchiamo di ricordarci se, prima della diffusione del COVID-19, eravamo poi così felici delle nostre vite, se ci fermavamo mai ad accogliere il presente come un dono da aprire con riverenza e gratitudine. E se ognuno di noi guardasse indietro forse riuscirebbe a vedere quanto spesso sia stato il “caso” e non la certezza a dare origine a molte cose. Può essere utile ricordare l'esempio di Cristoforo Colombo che scoprì le Americhe per caso, animato però dalla sua certezza di giungere, seguendo nuove rotte, in terra d'Asia.

Chi scrive vuole dare un contributo di individuazione di percorsi verso i quali orientare la risoluzione delle difficoltà sopra esposte, a partire dalla pratica della mindfulness.

L'invito della mindfulness è quello di operare una sorta di rivoluzione copernicana: così come la terra non è più immobile con l'intero universo che le gira intorno, il vero spostamento d'asse generato dalla pratica meditativa è quello di conoscere e comprendere, in netta contrapposizione alla meccanica abitudine di giudicare o di risolvere. Ovvero, non siamo più l'ente fisso e definito che giudica l'esperienza ma diventiamo parte di un processo di conoscenza-comprensione che fluisce col processo dell'esperienza. La rivoluzione avviene nel momento in cui la nostra vita non ruota più intorno al tentativo di esaudire i nostri desideri, piuttosto intorno all'intenzione di coltivare la consapevolezza della realtà del momento presente. Uscendo così dalla prigione del potere separativo dell'autoriferimento.

L'interesse a vedere il continuo cambiamento, a vedere il movimento della mente ad assistere ai moti dell'anima senza necessariamente percepirli come una minaccia o come una promessa, aiuta a capire che la felicità non dipende più da quante esperienze piacevoli riusciamo ad accumulare, ma dalla nostra capacità di aprirci ed incontrare il momento presente. Riuscire a stare secondo consapevolezza-comprensione con questa natura cangiante dei fenomeni è una parte notevole della rivoluzione della pratica meditativa perché significa imparare ad accogliere la realtà delle cose così come sono.

Questo senso di incertezza può capitare di sperimentarlo anche in normali condizioni di vita, quando magari ci troviamo difronte a certe scelte e non sappiamo assolutamente che strada intraprendere e questo non sapere ci può rendere molto sofferenti.

Secondo la prospettiva della mindfulness per recuperare equilibrio e stabilità bisogna accogliere questa sensazione di incertezza. Invece di crearci degli ideali di come dovrebbero essere le cose per poi arrabbiarci quando non sono come le volevamo noi, riposare nel non conoscere ci tiene aperti e ricettivi rispetto alle circostanze che sono in continuo mutamento.

Nessuno sa come la situazione attuale si potrà sviluppare nel prossimo futuro e cosa veramente accadrà, ma la nostra mente si adopera a fare congetture sui possibili scenari. Una sola certezza abbiamo di fronte e cioè la necessità di saper accogliere il perdurare della pandemia come evento attualmente non modificabile.

In questo momento nel quale stiamo vivendo un'incertezza radicale, radicale deve essere anche il nostro nuovo modo di vedere, il nuovo modo di agire, il nuovo modo di comprendere. La pratica di consapevolezza ci invita non solo ad abbracciare il cambiamento ma a trasformare il nostro modo di stare nel mondo. Questo non vuol dire aggiungere nuove abilità, ma consiste nella propria trasformazione cominciando a coltivare un approccio nei confronti della vita con meno certezze e più curiosità.

Per rispondere sapientemente ai problemi con cui ci confrontiamo, dobbiamo essere in grado di accogliere i paradossi. Essere in grado di accogliere i paradossi senza scegliere tra questo o quello, spesso determina l'emergere di nuove possibilità.

Il primo passo per poter seguire questo invito è quello di saper riconoscere la nostra tendenza a dare per scontato le condizioni per poi rimpiangerle quando finiscono. È un'esperienza che accomuna tutti. Pensiamo a tutte le cose che in questo periodo non abbiamo e che prima davamo per scontate e dovute. Finché vivremo nella prospettiva del tutto è dovuto, ogni volta che le esperienze non saranno conformi alle nostre intenzione, saranno sempre motivo di sofferenza.

Quando percepiamo l'incertezza, spesso sentiamo una grande tensione nel corpo, e a lungo andare questo stress condiziona la pressione arteriosa, il metabolismo glicidico, la tensione muscolare, il rilascio di ormoni dello stress, incluso il ritmo del respiro. Quando impariamo, grazie alla pratica di consapevolezza, a lasciarci andare all'incertezza, ad avere fiducia nel fatto che la nostra natura fondamentale e quella del mondo non sono sostanzialmente diverse, allora il fatto che le cose non siano solide e fisse diventa un'opportunità liberante, piuttosto che una minaccia.

Comprendere profondamente la natura del cambiamento è una realizzazione, qualcosa che richiede molto allenamento. E possiamo farlo solo cominciando da noi stessi, comprendendo la nostra stessa natura, la nostra dimensione personale e interpersonale.

La pratica della mindfulness ci rende particolarmente sensibili a come le nostre stesse percezioni continuino a mutare. C'è un pensiero, e subito dopo non c'è più. Sorge un suono e poi svanisce. I gusti, gli odori e le sensazioni tattili vanno e vengono. Vediamo qualcosa, poi quella visione si dissolve. Con la meditazione giungiamo a sapere, non solo in senso poetico o lirico, ma nella realtà delle cose, che moriamo e rinasciamo in ogni istante.

Anche se vedere il sorgere delle cose è meraviglioso, mentre osservare il loro svanire può essere assai sconcertante, entrambi questi aspetti della loro natura sono essenziali. Aprirci a entrambi gli aspetti del cambiamento ci permette di vedere la vera natura delle cose. Che ci piaccia o no il susseguirsi delle stagioni, impariamo ad avere fiducia in esse, a sentire la validità dei cicli della vita. Comprendendo la verità del cambiamento nella nostra vita, possiamo viverla con lo stesso senso di fiducia e di giustezza.

In questo tempo così incredibilmente singolare, con così tanta sofferenza, potremmo semplicemente riposare in esso, coltivare la nostra consapevolezza e le qualità di maggiore agio e stabilità, aprirci alla sofferenza, coltivare la generosità del cuore in qualsiasi modo ci sia possibile.


Per sottolineare quanto sopra esposto riteniamo utile riportare la riflessione del poeta Rilke che descrive in maniera diretta ed esemplare quanto sia fondamentale un pensiero su quali sono i modi con cui si sostanzia e si alimentano i nostri sentimenti di sicurezza e insicurezza.

Da una lettera di Rilke a Ilse Erdman:

Cara Ilse,
(…) Al di fuori di una poesia, di un quadro, di una metafora, di una architettura o di una musica, la sicurezza si può raggiungere forse solo a costo di una ben precisa limitazione di sé, chiudendosi nel recinto di una porzione di mondo che si conosce e si è scelta, in un ambiente che ci è noto e comprensibile, nel quale sia possibile disporre di sé in modo efficace e immediato. Ma possiamo davvero desiderare una condizione del genere? La nostra sicurezza deve invece in qualche modo trasformarsi in una relazione con il tutto, con il mondo nel suo complesso; essere sicuri per noi significa conoscere l'innocenza del torto e accettare la capacità del dolore di trasformarsi in forma; significa rifiutare i nomi per onorare, come fossero nostri ospiti, i singoli collegamenti e legami che il destino nasconde dietro ogni nome; significa nutrimento e rinuncia fino a sprofondare nello spirito, (…) significa non sospettare di nulla, non tenere nulla a distanza, non considerare nulla come un Altro irriducibile, significa spingersi oltre ogni concetto di proprietà e vivere di acquisizioni spirituali e mai di possessi reali (…). Questa sicurezza tutta da osare accomuna le ascese e le cadute della nostra vita e in questo modo dona loro un senso. Accogliere la vastità dell'insicurezza: in un'infinita insicurezza anche la sicurezza diviene infinita (…).


Riferimenti Bibliografici

Chodron, P. ,Se il mondo ti crolla addosso. Consigli dal cuore per tempi difficili, Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, quinta edizione Luglio 2020

Kabat Zinn Jon, Riprendere i sensi, TEA Editore, Milano, 2005

Pensa C., Papachristou N., Dare il cuore a ciò che conta,Ubaldini Editore, Roma, 2019

R.M.Rilke, La vita comincia ogni giorno, L'orma, Roma 2017, p.53

Sati, rivista dell'A.Me.Co associazione per la meditazione di consapevolezza, n.1 Gennaio-Aprile 2020

Sati, rivista dell'A.Me.Co associazione per la meditazione di consapevolezza, n.3 Settembre-Dicembre 2020

Truglia Elisabetta, Turrini Maria Teresa, Programma di Mindfulness e Tecniche Energetiche per la Riduzione dello Stress: descrizione del protocollo e risultati preliminari, NRSP, vol.14 06 aprile 2017