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A NEW BEGINNING nr.3
(La Costituzione democratica)

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Ricevuto il 23 aprile 2021 – Accettato il 20 maggio 2021



Siamo così giunti alla terza puntata di “un nuovo inizio”. Vorrei intanto chiarire da dove proviene la proposta di “un nuovo inizio”. Essa nasce dal tentativo di andare incontro a quelle persone che stanno vivendo l’evento epidemico in modo drammatico, e comunque con una intensità simile a quella che si ebbe con le due sanguinosissime guerre nella prima metà del Novecento. Ed in effetti nessun secolo è spezzato in due come il secolo scorso: prima la guerra e lo sterminio, dopo nella seconda metà la pace, e l’avviarsi di un’epoca in cui sembrava bandita la guerra con una svolta di carattere radicale, e con essa sembrava che si potesse inaugurare una vera e propria nuova fase nella storia d’Europa, lasciando alle spalle per sempre quello che il nazismo, ma anche il fascismo, avevano predicato, dalle leggi razziali fino all’Olocausto, simbolo e tragico realizzarsi di una politica che si esprimeva come Vernichtung, come annientamento dell’avversario.

Le Costituzioni dell’ultimo dopoguerra, come la nostra del 1947, emanata dopo la caduta del regime fascista, pretendono dunque di rappresentare “un nuovo inizio”, per l’appunto. La Costituzione italiana del 1947, il Grundgesetz tedesco del 1949, le Costituzioni francesi del 1946 e del 1958, fino poi alla spagnola del 1978, appartengono ad un unico “tipo” di Costituzione, che abbiamo chiamato la “Costituzione democratica”. Questo è davvero il momento discriminante. Anche allora, al tempo della Costituente, trascorso il ventennio fascista, vi furono molti che tentarono di minimizzare la svolta. Pensavano che il fascismo fosse stato solo una parentesi nella storia dello Stato italiano, e che ora, con la nuova Costituzione, ben presto si sarebbe tornati sulla via maestra. Sul piano culturale sono gli stessi che oggi parlano di ritorno alla normalità, come se la pandemia sia da valutare esclusivamente come una sorta di incidente di percorso, gigantesco per la numerosità delle persone decedute o comunque coinvolte, ma comunque che rimane “incidente”, che come tale un bel giorno scomparirà dall’orizzonte, lasciandoci liberi di ricostruire secondo linee e principi che già conoscevamo, per cui ciò che faremo dopo la pandemia sarà semplicemente confermare le regole di sempre.


Ebbene, la dottrina del “nuovo inizio” si oppone decisamente a questa idea, ed alla logica continuista sottostante, e cerca anzi di valorizzare il momento di discontinuità indubbiamente presente nelle Costituzioni democratiche del Novecento, compresa la nostra italiana del 1948.

Ma quando una Costituzione è “democratica”? Per essere tale, essa deve possedere due caratteri ben precisi. Li riassumo in modo molto schematico, per non allontanare troppo il lettore dal principale filo conduttore del nostro intervento che rimane quello della condizione materiale e morale in cui ci troveremo quando qualcuno deciderà che l’allarme generato dal virus è finito, e che si può porre il problema della ricostruzione, non solo dell’economia e del lavoro, ma anche delle persone stesse, e delle loro esistenze spezzate.


Ecco dunque i due caratteri essenziali della Costituzione democratica, una volta acquisita la base minima, che è quella della esistenza delle libertà politiche, e di un parlamento liberamente eletto.


1. Riconoscimento dei conflitti sociali e interpersonali. La nostra Costituzione nell’articolo terzo adopera una parola ben precisa, che è “ostacoli”, ovvero abbandona le descrizioni di maniera della società del tempo, come un tutto armonioso, ed afferma chiaro e tondo che al di là delle forme giuridiche c’è una società che soffre, e che impedisce a ciascuno di noi di realizzarsi come persona, insieme ed accanto agli altri cittadini, per carenza di beni primari. Ecco dunque gli “ostacoli”. Superarli insieme significa attuare la Costituzione. Parlo dei beni primari che ciascuno deve possedere. La storia ci dice che sono quattro: salute, istruzione, assistenza, lavoro, tutti beni costituzionalmente protetti, perché conquistati insieme, sul piano collettivo.

2. È questo il lato della Costituzione dedicato alla inviolabilità della persona. È il lato più risalente nel tempo, fino al medioevo. Per la Costituzione ogni persona è un unico irripetibile, che come tale deve essere difeso e tutelato. Tutto questo assume particolare rilevanza nel Novecento europeo, che conosce l’orribile dimensione dell’Olocausto, dove i corpi delle persone sono continuamente violati. L’inviolabilità si riferisce ai beni materiali essenziali per la vita di ciascuno di noi, alle opinioni, politiche e non, alle fedi, religiose e non, ma prima ancora è il corpo della persona a dover essere tutelato. Habeas Corpus è qui la parola-chiave. Poiché, se il corpo non è al sicuro, niente può esistere sul piano dei diritti: non c’è property, e non c’è liberty, se non c’è safety. Nessun diritto può essere acquisito in modo stabile, se la persona non è al sicuro, non si sente safe, in salvo.


La prospettiva della politica dell’annientamento dunque non può e non deve tornare. Ma la democrazia di cui parlo nei miei lavori si afferma se i cittadini sostengono la loro, e la nostra Costituzione. E dunque è chiaro che noi contiamo sulla Costituzione, ma sapendo che la Costituzione, a sua volta, conta su di noi.

I due punti fissati sopra rispondono ai due principi fondamentali contenuti nella Costituzione: solidarietà e inviolabilità. Noi non dobbiamo convivere con la pandemia. Dobbiamo sconfiggerla e basta, sapendo che è possibile, ma solo se non ricadiamo nei grandi miti che ci hanno soffocato, e prima di tutti in quello dello sviluppo senza condizioni, o in quello del consumo che dimentica il carattere finito delle risorse. La Costituzione è prima di tutto un patto tra generazioni. Nel nostro caso, siamo entrati nel campo della democrazia costituzionale a metà del secolo scorso. Ci sono stati allora consegnati beni preziosi, dalla generazione precedente, cui appartenevano i nostri padri costituenti. Penso proprio che dovremmo sentire di più la responsabilità di conservarli in modo adeguato, per le generazioni future. È quanto basta per stare dalla parte di chi crede nella necessità di un “nuovo inizio”.