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I servizi pubblici di salute mentale in tempo di pandemia. Review sul tema

Autori

(Ricevuto il 2 dicembre 2020; accettato il 14 dicembre 2020)



Riassunto

Il perdurare della crisi pandemica covid-19 rappresenta un formidabile stress test per i Servizi di Salute Mentale impegnati nell’affrontare il disagio psichico. Lo scenario attuale richiede infatti un mutamento dei sistemi di salute mentale per riuscire a rispondere sia alla crisi emergenziale sia al perdurare della stessa. In questo lavoro analizziamo alcune ricerche realizzate nei mesi successivi allo outbreak pandemico cercando di individuare tra le molte proposte operative una possibile prospettiva che possa guidare il cambiamento organizzativo che i servizi di Salute Mentale dovranno affrontare.


Abstract

The persistence of the covid-19 pandemic crisis represents a formidable stress test for the Mental Health Services. In fact, the current scenario requires a change in Mental Health systems to be able to respond to both the emergency crisis and its persistence. In this review paper some research carried out in the months following the pandemic outbreak are highlighted, trying to better identify among the many operational proposals a possible road map that could guide the organizational change that Mental Health Services need to face the pandemic stress test.


Introduzione

In una nostra recente review (1), che comprende lavori italiani ed internazionali (in prevalenza cinesi), si è evidenziato l’impatto della pandemia sulla salute mentale della popolazione generale ed in particolari sottogruppi e sono riportate varie tecniche e strategie utilizzate durante l’emergenza per dare risposte terapeutiche tempestive alle diverse fasce di popolazione. Queste strategie d’intervento, sicuramente interessanti, sono caratterizzate dall’essere pensate per fronteggiare la fase iniziale e “drammatica” dello sviluppo pandemico e per rispondere agli effetti in acuto sulla salute psicologica e mentale. Le esperienze riportate facevano riferimento a un corpo di risposte emergenziali necessarie per affrontare nell’immediato l’impatto psicologico e socio-relazionale della pandemia. L’analisi veniva declinata nei diversi scenari: l’ospedale, i servizi territoriali, la comunità con gli attori coinvolti, i pazienti, i familiari, gli operatori sociosanitari, la popolazione generale e i gruppi maggiormente a rischio. Riflessione comune è stata che, per affrontare tutta questa complessità, è necessario un processo progettuale e d’intervento di tipo corale e multiprofessionale (di risposte, di organizzazione e soprattutto di progettazione), finalizzato a favorire la resilienza dei sistemi di salute e di cura sottoposti ad uno stressor, come quello pandemico, che nessuno prima aveva sperimentato.

Sono passati solo pochi mesi, tuttavia cruciali per lo sviluppo globale della pandemia stessa, non solo per le disastrose conseguenze sanitarie e socio-economiche, ma anche per l’esperienza diretta di come questo evento stia modificando i nostri sistemi antropologici e sociali, con scenari futuri imprevedibili. Sappiamo anche che una pandemia per definirsi tale deve caratterizzarsi per una presenza quasi sincronica (la variabile spazio) nei vari ecosistemi umani del patogeno che la caratterizza. Ma è il suo sviluppo (con il procedere per scenari progressivi: l’arrivo migratorio, la diffusione, la velocità di contagio ed i suoi picchi, le cure necessarie, i decessi, le ondate) quale processo diacronico e persistente (la varabile tempo) il cuore del rapporto complesso tra la pandemia stessa e la salute psichica degli individui e delle comunità coinvolte.

Quali sono le forme di disagio che stanno emergendo? I sistemi di cura riusciranno davvero ad essere organizzazioni resilienti, (2) capaci di apprendere da questa esperienza dirompente? E i sistemi di Salute Mentale in particolare quale nuovo modello organizzativo e clinico dovranno adottare? In questo nostro lavoro passeremo in rassegna alcune esperienze successive alla prima fase emergenziale della pandemia covid-19 e con preciso riferimento ai Sistemi di Salute Mentale coinvolti.

Come premessa è necessario sottolineare che, come rappresentato lucidamente in due lavori di molto antecedenti agli eventi pandemici attuali – Psychoanalytyc Perspectives on a turbulent world e Psychoanalytic reflections on a changing world (3) – l’impatto di una nuova infezione o di una malattia che si dispiega su una scala globale non è solo un evento medico-sanitario quanto anche un evento psicologico, sociale ed economico. Parliamo, infatti, di eventi capaci di dimostrare, in modo spesso violento, quanto possano essere vulnerabili e fragili i nostri stessi sistemi sociali di convivenza e quanto possano dimostrarsi inadeguate le nostre conoscenze scientifiche, tecniche e in senso più ampio di management sanitario e socio-comunitario. L’impatto di una pandemia, in quanto evento capace di scuotere profondamente i sistemi sociali di convivenza, genera un clima generalizzato di paura, panico, stigma, individuale e di massa. Sono eventi di amplissima e profonda portata psicosociale. Dalla paura del contagio si passa molto velocemente al contagio della paura, alla frammentazione e alla mancanza di solidarietà nelle comunità sociali.

Necessaria risposta all’evento pandemico è il mantenimento di un funzionamento resiliente dei sistemi di cura, ed in particolare dei dipartimenti di salute mentale, che devono restare capaci di apprendere dall’esperienza e di generare, nonostante le criticità, spazi riflessivi e di analisi organizzativa ed istituzionale.


Sugli aspetti emotivi e psicosociali di una pandemia

Le istituzioni coinvolte nella gestione di un evento pandemico, accanto alla gestione infettivologica e medica della pandemia, dovrebbero porsi il problema di come gestire gli aspetti emozionali inevitabilmente correlati. In questo spazio psicologico, come ci ricorda Mario Perini nel suo saggio “Panics and Pandemics” (4), dove le aree del non mentalizzato possono dilagare o addirittura prendersi completamente la scena anche tra coloro che sono chiamati a governare e gestire i diversi processi istituzionali, può accadere che la stessa logica della razionalità e del pensiero critico possa non avere una tenuta sufficientemente salda. In queste situazioni così complesse e nel loro perdurare appare di grande importanza la presenza di strategie comunicative e d’azione socio-comunitaria strutturate e sensibili al contesto, che tengano conto anche del corpus di conoscenze e pratiche delle discipline della salute mentale. Se queste strategie, infatti, non sono basate su una profonda comprensione degli aspetti psicologici inerenti i vissuti emotivi umani basilari e del loro disgregarsi, il rischio è che la gestione e la comunicazione si riducano ad una serie di procedure e routine informative, percepite dalla popolazione solo come burocratiche e prevalentemente autoriferite, con l’inevitabile conseguenza di aumentare diffidenza e senso d’insicurezza.

La pandemia in corso non è solo un problema di salute fisica, implica piuttosto processi psicologici, sociali, culturali, politici ed economici che richiedono approcci complessi e multidimensionali. Gli approcci dovrebbero essere focalizzati sia sull’interfaccia individuo-società sia sulla sovrapposizione tra queste due dinamiche relazionali: da un lato come le strutture e le organizzazioni comunitarie/sociali impattano sul comportamento individuale e sulle sue possibili risposte, dall’altro come il funzionamento mentale dei singoli e dei gruppi interagisca con e informi/modifichi in larga misura i sistemi sociali stessi di convivenza. Questi aspetti li possiamo osservare direttamente e in modo chiaro soprattutto adesso, nelle fasi successive alla cosiddetta prima ondata, nelle quali la tenuta dei sistemi sociali di convivenza sembra essere maggiormente sotto pressione. Quello che stiamo osservando in questi mesi è l’esperienza diretta di quanto aveva descritto Philip Strong riguardo alla psicosociologia degli eventi epidemici (5): partendo dall’analisi sociologica dei comportamenti umani durante l’evolvere di un’epidemia, bisogna prestare grande attenzione agli aspetti psicologici e a quelli emotivi individuali e collettivi che hanno un grande impatto sul processo complessivo di reazione all’epidemia. Potremmo parlare di un’epidemia psichica che si sviluppa parallela a quella virale con vissuti emotivi intensi e non sempre mentalizzati che investe individui e comunità.


Salute Mentale e Pandemia

Che impatto ha avuto la pandemia covid-19 sulla Salute Mentale? Quali forme di disagio sono state innescate dal contesto pandemico e dalle misure di salute pubblica resesi necessarie per contrastare la diffusione virale? Quali gli effetti sui Servizi di Salute Mentale e come rispondere a questa nuova sfida?

Tra le numerose pubblicazioni sul tema, emerge una review sistematica di recente pubblicazione, “Impact of COVID-19 pandemic on mental health in the general population: A systematic review” (6). Attraverso un’analisi della letteratura, reperibile su PubMed, Embase, Medline, Web of Science, Scopus e Google Scholar, sugli effetti psicologici della pandemia covid-19 sulla popolazione generale, emergono alcuni dati chiari e inequivocabili, anche se con una distribuzione eterogenea nei diversi paesi: livelli relativamente alti di sintomatologia ansiosa (dal 6.33% al 50.9%), depressiva (dal 14.6% al 48.3%), post traumatica (dal 7% al 53.8%), di distress psicologico (dal 34.43% al 38%) in Cina, Spagna, Italia, Iran, USA, Turchia, Nepal e Danimarca. Come fattori di rischio, associati al disagio psichico, emergono alcune dimensioni quali il sesso femminile, la giovane età, l’essere studenti, la presenza di problematiche psichiatriche preesistenti, la disoccupazione e l’esposizione ripetuta e frequente ai social media/news su temi inerenti la pandemia.

Su The Lancet un’approfondita meta analisi, “Psychiatric and neuropsychiatric presentations associated with severe coronavirus infections: a systematic review and meta-analysis with comparison to the COVID-19 pandemic” (7), realizzata tramite MEDLINE, Embase, PsycINFO, the Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature databases, medRxiv, bioRxiv, e lo PsyArXiv, ha raccolto le ricerche sulle conseguenze psichiatriche e neuropsichiatriche in persone con sospetta o confermata infezione da coronavirus (sia essa da SARS-CoV, MERS-CoV o SARS-Cov-2/covid-19). Gli autori argomentano che, se l’infezione da SARS-CoV-2 dovesse seguire lo stesso sviluppo avuto da SARS e MERS, il recupero dei pazienti infettati non dovrebbe comportare significativi impairment sulla loro salute mentale. Lo scenario pandemico attuale si discosta però molto da quello emerso con SARS e MERS: da questa prospettiva le ricadute sulla salute mentale non sono comparabili.

Si associa a queste pubblicazioni un lavoro di un gruppo italiano, review della letteratura specialistica sul rapporto tra pandemia e impatto psicologico nella popolazione generale, “The psychological impact of COVID-19 on the mental health in the general population” (8). Dalle principali e generalizzate reazioni psichiche alla pandemia (ansia, frustrazione, paura del contagio, senso di solitudine dovuto al distanziamento sociale) vengono poi considerati alcuni fattori di rischio, associati allo sviluppo di difficoltà psichiche anche fortemente disabilitanti, quali la disponibilità d’informazioni non adeguate e coerenti, il mancato o difficile accesso a generi di prima necessità e di base, l’alessitimia intesa come difficoltà nel labelling emotivo dei propri vissuti psicologici; infine vengono accennati alcuni fattori protettivi, quali il concetto di resilienza e l’importanza del supporto sociale e di strategie preventive che riescano ad intercettare i primi segni di disagio psicologico collegati al contesto pandemico.

Il lavoro pubblicato su Brain Behavior and Immunity, “Can COVID-19 related mental health issues be measured? ” (9) sottolinea una questione metodologica: occorrerebbe affinare la capacità diagnostica, con misure psicometriche e comparative per differenziare disturbi correlati alla dimensione pandemica da quelli che non sono invece ascrivibili a sequele psicosociali della pandemia covid-19 (stigma, paura e fobie, distress, altro).

In “Patients mental health disorders in the COVID-19 pandemic” (10) pubblicato su The Lancet da un team di autori cinese, viene dimostrata con i dati, l’epidemia psichica parallela alla pandemia Covid 19: nel paese asiatico più di centosettanta milioni di persone vivono con disturbi/disordini psichiatrici e psichici di vario livello d’intensità e di gravità; stigma e rifiuto di queste condizioni prevalgono ancora fortemente nella società cinese. È noto come nelle ondate epidemiche le persone con disturbi mentali siano generalmente più suscettibili alle infezioni per alcuni specifici motivi: la condizione clinica stessa, infatti, può comportare impairment cognitivi, scarsa consapevolezza del rischio e conseguente minore sforzo nel realizzare e mantenere comportamenti adattivi di auto-protezione; ci può essere ritardo o difficoltà di accesso ai servizi sanitari, anche in ragione di pregiudizi verso persone con disturbi mentali nei setting di cura medica non psichiatrica. La pandemia da covid-19 ha innescato una parallela epidemia psichica di paura, ansia e depressione. Le persone con problemi di salute mentale sembrano essere più vulnerabili e a rischio di ricadute o di peggioramento delle condizioni cliniche di base, a causa di una maggiore suscettibilità allo stress rispetto alla popolazione generale.

Anche nel lavoro canadese “Mental health of Communities during the covid-19 Pandemic” (11) le problematiche di salute mentale correlate all’outbreak pandemico vengono descritte come un’epidemia psichica parallela. Le problematiche psichiche possono addirittura precedere l’outbreak virale-pandemico in alcuni territori, in relazione all’infodemia e a modalità informative in rete che favoriscono il contagio psichico. Interventi mirati alla corretta informazione/comunicazione del rischio, dovrebbero rientrare tra le strategie di governance istituzionale, con l’obiettivo di mitigare questi aspetti psicologici; inoltre messaggi informativi distorti possono ridurre l’efficacia degli approcci razionali di contenimento dell’epidemia realizzati a livello delle comunità locali. Rispetto ai servizi di salute mentale sono da potenziare sia la telemedicina sia i modelli d’intervento basati sullo Home Based Care. È necessario integrare nella pratica del lavoro quotidiano un razionale d’interventi basati sul supporto psicosociale, peer to peer e tecnico-specialistico. Anche per le persone positive al virus in isolamento domiciliare, asintomatiche o paucisintomatiche, è necessario pensare ad un livello di supporto psicosociale adeguatamente strutturato.

Che l’evento pandemico porti con sé un effetto a cascata nella disregolazione della salute psichica lo evidenzia anche un lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine, “Mental Health and the Covid-19 Pandemic” (12). Le emergenze di salute pubblica possono avere un effetto dirompente sulla salute, sulla sicurezza e sul benessere psichico degli individui (insicurezza, stress, isolamento emotivo, stigma) e delle comunità (perdite economiche, chiusure di scuole e luoghi di lavoro). Questi effetti possono declinarsi in un ampio range di risposte/reazioni emotive disfunzionali, comportamenti a rischio e non compliance verso le misure di salute pubblica adottate per contrastare la diffusione epidemica, sia nelle persone contagiate sia nella popolazione generale. Se da una parte è possibile evidenziare come, durante e dopo eventi disastrosi, in alcune persone o in alcune comunità emergano strutture psicologiche e sociali sostanzialmente resilienti, alcuni gruppi possono essere maggiormente vulnerabili agli effetti psicologici della pandemia in corso: chi ha contratto l’infezione, chi è a maggiore rischio di poterla contrarre (anziani, chi vive in luoghi ad alta densità abitativa, chi presenta problematiche immunologiche), chi ha avuto patologie psichiatriche preesistenti, così come i professionisti della salute impegnati nel contrastare la pandemia, particolarmente a rischio nello sviluppare distress emotivo.

Le misure di assessment psicosociale dovrebbero includere fattori collegati a stressor diretti (la esposizione a fonti dirette d’infezione, gli esiti del distanziamento fisico, la presenza di familiari infetti, il decesso di persone care), indiretti o secondari (soprattutto la perdita della sicurezza economica), effetti psicologici relazionali (depressione, ansia, preoccupazioni psicosomatiche, abuso sostanze, violenza domestica) e indicatori specifici di vulnerabilità (condizioni fisiche e psichiche preesistenti). Oltre ad interventi di valutazione, diagnosi e cura è importante sostenere interventi finalizzati a promuovere il benessere e le strategie di coping. Nei setting di cura Covid-19 è raccomandata attenzione alla salute psicologica degli operatori sanitari sottoposti a pressanti livelli di stress, e la necessità di integrare le cure dei pazienti con competenze psicosociali e di salute mentale.

L’importanza della cura della salute mentale degli operatori sanitari trova un'eco nel lavoro “How might the NHS protect the mental health of the health care workers after the covid-19 crisis? ” (13), pubblicato su The Lancet. Un basso livello di supporto sociale post-trauma e gli eventuali stressor concomitanti (morte di colleghi, difficoltà relazionali o lavorative) potrebbero rappresentare fattori di rischio predittivi dello stato di salute mentale nel lungo termine degli operatori sanitari. Le evidenze suggeriscono che management maggiormente supportivi favoriscono livelli ottimali di salute mentale nei team di cura. La resilienza individuale può essere aumentata attraverso varie azioni: attraverso una comunicazione istituzionale che contenga un esplicito e chiaro riconoscimento del lavoro realizzato, informazioni sulle possibili conseguenze psicologiche di quanto affrontato e sulla possibilità di ottenere supporto psicologico; attraverso un monitoraggio attivo di tutte quelle persone che sono state esposte ad eventi potenzialmente traumatici; mediante la realizzazione di spazi psicologici strutturati ad hoc e di gruppi di discussione che possano aiutare a sviluppare una ”narrazione”.

Una proposta potrebbe essere quella di declinare anche forme rivisitate di Gruppi Balint , Schwartz Rounds, evidence based forum strutturati per staff clinici in cui poter discutere degli aspetti emotivi e sociali del lavoro svolto (14).

La riflessione corale di un gruppo internazionale di clinici, di esperti di salute mentale e utenti, pubblicata su The Lancet, “How mental health care should change as a consequence of the covid-19 pandemic” (15) insiste sul cambiamento necessario ai servizi di Salute Mentale per affrontare le conseguenze psichiche della pandemia, attraverso un ripensamento dei servizi stessi. L’interconnessione post globalizzazione, che ha facilitato la diffusione del virus, permette ai sistemi di salute mentale di apprendere attraverso il confronto ed individuare nuove pratiche, efficaci, sostenibili e di equa accessibilità. Viene riconosciuto come la pandemia risulti decisiva per l’insorgenza di problematiche psichiche insieme ad una serie di fattori quali l’incertezza, la mancanza di diretto controllo sugli eventi, le misure di lockdown, il distanziamento fisico e l’isolamento sociale, la solitudine, l’inattività, le difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari, le difficoltà economiche, l’incremento delle diseguaglianze sociali. Tutti questi fattori possono indurre direttamente problematiche psichiche oppure esacerbare quelle preesistenti o sotto traccia. Soggetti cui porre particolare attenzione sono i pazienti covid/ex covid, che possono presentare sequele psicologiche risultanti dalla malattia, le persone con problematiche psichiche, gli operatori sanitari, soprattutto quelli di front-line. L’evento pandemico dovrebbe costituire un’opportunità di miglioramento per i servizi di salute mentale e di ripensamento dell’organizzazione e dell’offerta dei servizi, includendo a partire dalla fase di riprogettazione e pianificazione dei servizi gli utenti, i familiari, i caregiver e i rappresentati dei gruppi e delle comunità. Un primo passaggio potrebbe essere una migliore e puntuale educazione alla salute mentale per la popolazione generale, intesa come alfabetizzazione di base sulle pratiche di coping e di strategie preventive, insieme con lo sviluppo e il mantenimento di reti interconnesse di attori di comunità che riescano a mobilitare un livello di supporto comunitario efficace.

La rimodulazione delle attività dei servizi di Salute Mentale comporta l’attivazione di misure anti-contagio, la necessità di continuare ad erogare senza riduzioni o interruzioni i percorsi terapeutici-riabilitativi, l’opportunità di ricorrere anche alla telemedicina e ai trattamenti Home Based (Mental Health Care Delivery), in un modello di integrazione territoriale a rete.

Lo stress test che stanno affrontando i Servizi di Salute Mentale viene affrontato da un gruppo europeo di specialisti provenienti da ventiquattro nazioni in “The impact of the early phase of the COVID-19 pandemic on mental-health services in Europe”, in pubblicazione su The World Journal of Biological Psychiatry (16). Il 90 % degli specialisti intervistati ritiene che ci sarà un aumento nella domanda verso i servizi di Salute Mentale nel post pandemico, mentre il 60 % descrive un impatto severo della pandemia sui loro servizi di Salute Mentale (moderato solo nel 13%). Già prima della pandemia in alcuni paesi i servizi erano andati incontro a significativi ridimensionamenti delle strutture o evidenti restrizioni organizzative, aspetto che è andato in qualche modo a minare la resilienza complessiva rispetto alla sfida pandemica; in alcuni paesi (ad es. in Spagna, Italia, UK, Paesi Bassi e Romania) si è assistito a un significativo aumento della richiesta a fronte di una forte riduzione dei servizi. Molti specialisti intervistati hanno riportato come ci sia stata discontinuità di presa in carico territoriale e speculare incremento dei trattamenti emergenziali e ospedalieri. In molti paesi inoltre l’accesso ai servizi di Salute Mentale è stato fortemente limitato a causa delle misure necessarie per ridurre i rischi di contagio, così come molti pazienti si sono mantenuti a distanza dai servizi sanitari in generale per la paura del contagio. La telemedicina che avrebbe potuto favorire la continuità degli interventi ha fatto emergere complicazioni pratiche, quali la difficoltà e/o il rifiuto di alcuni utenti per queste tecnologie e le difficoltà infrastrutturali e di rete.

Il lavoro di Vieta, Perez e Arango pubblicato sulla Revista de Psiquiatria y Salud Mental, “Psychiatry in the aftermath of covid-19” (17) sottolinea la necessità di dover recuperare al meglio il legame delle discipline psicologico-psichiatriche con il corpus delle discipline mediche e, insieme, di considerare l’importanza degli aspetti psicologici della pratica medica e della integrazione degli interventi psicologici nei contesti di cura di pazienti covid-19, per i pazienti stessi, per gli operatori coinvolti e per i familiari.

Nella quasi totalità delle pubblicazioni sul tema viene evidenziato il drammatico impatto sulla salute mentale della popolazione generale e di gruppi specifici: in età evolutiva e soprattutto in quei bambini con disturbi del neuro-sviluppo, nei soggetti adulti con disabilità intellettiva o impairment cognitivo (anziani con demenza o declino cognitivo), nelle persone con disturbi psichiatrici severi o cronici. Particolare attenzione viene data al problema del lutto e della sua elaborazione, relativo sia alla morte in solitudine del paziente covid-19, sia alla tenuta psichica degli operatori sanitari coinvolti ed esposti, sollecitata anche da altri stressor (l’esposizione a situazioni ad alto rischio infettivo, il carico di lavoro eccezionale, lo stress del prolungato lavoro in situazioni emergenziali a scarsità di risorse e i dilemmi etici di cura).


E in Italia?

Una fotografia degli effetti sulla salute mentale della popolazione italiana della pan-demia covid-19 viene da una lavoro pubblicato su Frontiers of Psychiatry, “COVID-19 Pandemic and Lockdown Measures Impact on Mental Health Among the General Population in Italy” (18). La ricerca ha coinvolto 18.000 soggetti. Emergono alti livelli generali di distress psicologico (comparabile al PTSD), di ansia e di deflessione dell’umore, con un interessamento particolare di alcune fasce di età e del genere femminile. Dati sovrapponibili provengono da uno studio del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche della Università di Torino, “Effects of Covid-19 Lockdown on Mental Health and Sleep Disturbances in Italy” (19). Utilizzando strumenti self report su un campione di più di 1500 persone sono emersi livelli di significato in ansia e disturbi del sonno. Come aspetti di rischio la super esposizione ad informazioni su internet, il sesso femminile e la giovane età.

Con la pandemia alcune attività dei vari DSM nazionali sono state profondamente modificate, altre fortemente ridotte senza per questo cessare. In “COVID-19 epidemic and public mental health care in Italy: ethical considerations” (20), ci si interroga su come passare da una strategie reattiva ad una proattiva che possa riuscire a prevenire o intercettare precocemente i problemi psicopatologici conseguenti alla crisi covid-19.

In “Psychological and Emotional Impact of Patients Living in Psychiatric Treat-ment Communities during Covid-19 Lockdown in Italy” (21), emerge come in alcune Comunità Terapeutiche la continuità del supporto, sia quello dei peer sia quello fornito dai professionisti, abbia permesso agli utenti di sperimentare un livello distress minore rispetto alla popolazione di utenti non inseriti in programmi residenziali.

In “Mental Health in the Coronavirus Disease 2019 Emergency — The Italian Response” (22) e “Mental health services in Italy during the COVID-19 outbreak” (23), lavori incentrati sulla risposta dei servizi di Salute Mentale all’outbreak pandemico in Lombardia viene affrontato il tema dell’importanza del supporto e della continuità delle cure. L’esperienza durante la prima ondata della pandemia covid-19 ha permesso di sviluppare modelli di intervento organizzativi sulla crisi in tempo reale sia nei servizi territoriali sia in quelli ospedalieri. Entrambi i lavori sottolineano come i diversi DSM, debbano equipaggiarsi di tecnologie e procedure adattive ed aggiornate atte a fronteggiare eventi sistemici complessi come una pandemia. I Dipartimenti di Salute Mentale dovrebbero poter assumere una posizione di leadership nel management psicosociale di situazioni emergenziali. Tutto questo richiede la necessaria acquisizione di nuove competenze nel management organizzativo, nella clinica, nella comunicazione del rischio, nel diffondere procedure efficaci di prevenzione, nel supporto agli operatori sanitari e ai familiari colpiti direttamente da esperienze traumatiche luttuose.

In “Interventi psicologici in ospedale ai tempi della COVID-19: una panoramica delle realtà proposte dalle Unità Operative di Psicologia (UOPSI) della Lombardia” (24), le Unità Operative di Psicologia delle Aziende Socio-Sanitarie Territoriali lombarde hanno risposto all’emergenza pandemica proponendo una serie di attività psicologiche diversificate. Particolare attenzione è stata rivolta allo staff medico infermieristico, operante in prima linea: gli psicologi clinici hanno istituito uno spazio di supporto individuale ed hanno offerto agli operatori sanitari la possibilità di accedere ad incontri di decompressione e debriefing psicologico. Parallelamente, è stato offerto un supporto ai pazienti positivi ricoverati, effettuando interventi di consultazione, condotti sia direttamente in presenza che da remoto. In alcuni servizi sono state attivate delle helpline rivolte alla popolazione generale e ai familiari dei pazienti, in particolare per un supporto all’elaborazione del lutto.

In “COVID-19 Diary From a Psychiatry Department in Italy” (25) del Dipartimento di Salute Mentale della AOU Senese, accanto ad una riorganizzazione interna dei servizi che si avvicina a quanto proposto in Lombardia, si insiste molto sull’impatto psicologico degli eventi pandemici sul personale sanitario e quindi sulla necessità di realizzare interventi di supporto ad hoc.

Nello specifico della Salute Mentale in Toscana è importante sottolineare lo sforzo che i Servizi pubblici stanno mettendo in campo per resistere al perdurare della crisi pandemica e all’impatto di questa sulla salute mentale delle comunità. In particolare si sta molto insistendo sulla tenuta complessiva dell’operatività dei servizi che possa garantire il mantenimento della prese in carico e al contempo un’azione di motivazione e sostegno agli operatori impegnati sul campo.

Prioritario è innanzitutto mantenere attivo e sicuro il Servizio di Salute Mentale. Questo comporta innanzitutto porre attenzione alla salute degli operatori e a quella delle persone che lo frequentano (utenti).


Possibili prospettive

Quello che serve adesso è una prospettiva che indichi nel medio tempo alcune precise azioni prioritarie. Su The International Journal of Mental Health Systems un recente lavoro, “Roadmap to strengthen global mental health systems to tackle the impact of the covid-19 pandemic” (26), propone un possibile piano di azione partendo dall’analisi approfondita di quali step sono necessari per rendere più efficiente l’utilizzo di risorse di salute (non infinite) nel perdurare della crisi e nel post crisi. Gli autori del lavoro insistono sulla necessità di integrare in modo efficace ed efficiente anche le attuali soluzioni tecnologiche all’interno dei nuovi paradigmi di cura (Mental Health Care Delivery), di identificare tutti quei fattori che contribuiscono a far precipitare gli equilibri psichici nello specifico del contesto pandemico e sviluppare modelli d’intervento progressivi per mitigare l’impatto della pandemia sulla salute mentale, nelle diverse comunità sociali e nei diversi setting d’intervento.

Abbiamo bisogno di azioni sistematiche e condivise per riprogettare un nuovo sistema di salute mentale nei termini di “build back better”, ovvero ricostruire migliorando. È necessario intercettare i bisogni di salute mentale attuali ma soprattutto ri-orientare i sistemi di salute attraverso un progetto di rafforzamento articolato e community based, che coinvolga tutti gli attori comunitari (enti locali, gestori di servizi, consulte, terzo settore, associazioni di utenti e familiari, centri di ricerca, etc). L’azione si dovrebbe articolare almeno su tre livelli: il macro livello delle politiche di comunità; il livello dei servizi di salute, con il decisivo coinvolgimento degli utenti e stakeholder di rilievo; il livello della ricerca e della raccolta di dati epidemiologici, di estrema importanza per migliorare appropriatezza ed efficacia.

Per noi operatori dei servizi pubblici diventa sempre più importante cercare di capire come adeguare le diverse modalità di lavoro e di intervento in funzione del contesto pandemico. All’inizio, durante la prima ondata, i Servizi hanno reagito con “tagli lineari” (cioè con la sospensione di tutta una serie di attività e il passaggio all’interazione telefonica o in video chiamata), in attesa che la “tempesta” passasse. Oggi questa scelta non è più praticabile. Occorre cercare di capire nel dettaglio come modificare le modalità di svolgimento di ogni specifico presidio terapeutico-riabilitativo in modo comunque da poterne massimizzare gli effetti positivi sulla salute mentale degli utenti.


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