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EDITORIALE - Per il rilancio dei Servizi di salute mentale

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È esperienza quotidiana la progressiva riduzione di operatori e risorse, che espone i Servizi ad un rischio di “depauperamento motivazionale”, oltre a porne in crisi operato ed efficacia.

Siamo in un momento storico in cui le istituzioni sono estremamente fragili. All'interno della crisi più generale del SSN occorre interrogarsi, in una riflessione politica e di allocazione delle risorse, su come sostenere i servizi di salute mentale.

Per contro aumenta l’entità e la complessità del lavoro nei Servizi, poiché costituisce dato di evidenza che:


Si impone quindi la necessità di attingere a risorse nuove, in particolare:

  1. ampliando il senso del radicamento e delle interconnessioni dei Servizi con la comunità;
  2. promuovendo cultura (basata sulle evidenze e sulle molteplici esperienze della storia dei Servizi post Riforma);
  3. favorendo il confronto tra Servizi, ma anche tra operatori, utenti, familiari, associazioni, terzo settore, comunità locale.

Ma ben al di là delle risorse insufficienti, per sostenere un approccio epistemologico che consideri la complessità, la molteplicità delle storie/narrazioni e delle possibili scelte/libertà individuali mai predefinite, nonché la diversità delle culture e dei territori, sappiamo essere fondamentali le esperienze di quei contesti che hanno saputo realizzare progetti innovativi dove la centralità e la responsabilità della salute mentale - e della salute in generale - sono spostate dai Servizi alla comunità e dove essenziali sono i percorsi di confronto e mediazione con l’altro, capaci di generare ricchezza relativamente alla crescita individuale e di comunità.

Crediamo in questo senso centrali alcune tematiche sviluppate in questo numero, quali:


In questo numero quindi prosegue e si conclude il “percorso storico” delineato dagli atti del convegno “Un OP di nome San Niccolò. Storia e memorie della psichiatria senese a 40 anni dalla Legge Basaglia”, curati da Pietro Clemente e Laura Mattei, cui si unisce, in una linea ideale, il contributo di Paolo Martini sulla storia aretina del superamento dell’Ospedale Neuropsichiatrico e dell’attivazione dei Servizi di salute mentale.

Tenere memoria della storia e del profondo senso di conquista correlato alle trasformazioni raggiunte, è valore imprescindibile –soprattutto oggi e soprattutto in chi non ha vissuto quegli anni- per evitare condizioni che possano anche lontanamente favorire pericolosi ritorni al passato. E attraverso quelle storie, scopriamo quanto coraggio, fantasia, inventiva e innovazione sono entrate in gioco allora per superare l’“assurdo”, il “non tempo” e il “non luogo” dell’Ospedale Psichiatrico. Altrettanto coraggio, curiosità e fantasia sono oggi necessari per sostenere quelle conquiste e per incontrare realmente, nel nostro operare quotidiano, lo sguardo dell’altro e il mondo che lo sottende, mantenendo senso etico e libertà, oltre ogni pregiudizio.

In questo contesto, quale proposta metodologica, si pone il lavoro di Sergio Zorzetto e Giuseppe Cardamone, che considerano essenziale, per produrre salute mentale di comunità, l’attiva partecipazione di tutti gli stakeholders (utenti, familiari, istituzioni e risorse della comunità) e propongono quindi la centralità di un lavoro di mediazione che implica in ultima analisi, l’elaborazione di un diverso rapporto con il potere e con il sapere relativi alla psicopatologia e alla salute mentale. In questa ottica, i vertici del sapere e del potere non sono più centrati sull’operatore, ma si declinano piuttosto attraverso una partecipazione democratica di utenti, familiari e comunità alla costruzione delle conoscenze e alla gestione dei percorsi di cura.

In termini più complessi si pone poi l’analisi proposta da Alessandro Prezioso e Angelo Malinconico, che cerca connessioni tra “teorie e prassi in salute mentale” e “processi culturali, politici e ideologici”, orientando uno sguardo critico verso temi oggi in particolare evidenza come la recovery e la standardizzazione Evidence-Based dei processi di cura. Gli autori sottolineano come oggi la frammentazione dell’apparato di conoscenze e prassi che caratterizzava in passato le forme ideologiche e il riconoscimento di diritti politici, produca micro-rivendicazioni omologanti che di fatto escludono però le minoranze che ne sono portavoci, da un discorso politico più ampio. Parallelamente si osserva in salute mentale lo strutturarsi di processi omologanti, che spostano i percorsi di cura su un versante esclusivamente socio-educativo, con il rischio di perdere la soggettività fino al punto che la persona affetta da psicosi, acquista un’identità ancor più fragile, diventando “oggetto” del discorso dell’altro/operatore.

In una linea che valorizza il recupero della soggettività, si pone anche il lavoro di Sandro Domenichetti e Andrea Pozza che sottolineano l’importanza di recuperare un approccio narrativo e dimensionale alla diagnosi, dove la funzione psicoterapeutica acquisti il senso di favorire il discorso narrativo - poiché la narrazione permette di organizzare la personale conoscenza e l’identità stessa - ma anche l’oblio, creando spazi per nuove memorie.

Di matrice più tecnica il contributo di Alessandra Fini, Caterina Mencarini e Maria Fiaschetti che propone l’esperienza della psicoeducazione di gruppo rivolta ai bipolari, realizzata nel Servizio di salute mentale di Prato. Crediamo che la descrizione puntuale di questa esperienza, possa costituire utile spunto anche per altri Servizi interessati a replicarla nelle proprie realtà. Di particolare interesse la nota degli autori che sottolinea l’”azione sistemica” del disturbo bipolare dove emerge il coinvolgimento, oltre alla sfera individuale, di altre aree “extra-individuali” (es. familiare, sociale e lavorativa) che possono costituire fattori attivanti/catalizzatori di possibili ricadute o piuttosto fattori protettivi. In questa logica viene proposta l’attivazione anche di gruppi rivolti ai familiari e/o alle figure “referenti”, individuate dagli utenti affetti da disturbo bipolare.

Di particolare interesse e attualità il tema trattato da Michela Da Prato, Sergio Zorzetto, Edvige Facchi e Giuseppe Cardamone che considerano le scelte organizzative e operative attivabili nei Servizi pubblici per lavorare con i migranti, richiedenti asilo e rifugiati, in considerazione dei recenti contributi della World Health Organization Regional Office for Europe. In questa logica gli autori propongono la cornice teorico-metodologica dell’etnopsichiatria clinica e di comunità, con particolare attenzione ai dispositivi di cura capaci di svolgere una duplice funzione di mediazione a livello territoriale e clinico. In questo contesto si sottolinea la centralità di considerare la “molteplicità delle geopolitiche possibili”, ovvero relative al paese di origine ma anche al paese di accoglienza, favorendo in termini dialogici la narrazione della storia pregressa (paese di origine), degli avvenimenti (spesso traumatici) relativi al viaggio verso l’Italia, della storia attuale e di ciò che avviene nel contesto dell’accoglienza.

Il contributo di Francesco Bardicchia propone il percorso dei Club alcologici territoriali che progressivamente stanno ampliando il proprio campo di azione alla promozione di stili di vita sostenibili e di comportamenti capaci di produrre salute, pur senza abbandonale la mission relativa alle problematiche alcol correlate. La cornice teorica di riferimento è l’approccio ecologico sociale che considera le interazioni fra i gruppi umani ed i diversi ecosistemi naturali, nella prospettiva di promuovere salute attraverso programmi in grado di dare risposte ai bisogni delle persone, inserite nel contesto delle loro relazioni significative familiari e comunitarie.

Anche il contributo di Francesca Pantalei (sviluppato in collaborazione con la Dirigente Scolastica Anna Rita Borelli), sottolinea l’importanza di una prospettiva comunitaria centrata sulla promozione della salute e di stili di vita sani, nella fascia di età (adolescenza) in cui hanno esordio la prevalenza dei disturbi psichici e dove fondamentali sono prevenzione e interventi precoci, soprattutto a carattere psicologico e psicosociale. Di particolare interesse è il riferimento ad un progetto concreto di educativa di strada realizzato a Grosseto, che si pone come obiettivo quello di contenere il disagio giovanile, riqualificando i luoghi pubblici di incontro e favorendo la creazione di reti di relazioni intergenerazionali significative.

Il lavoro di Paola Affettuoso, Giuseppa Renda e Francesco Robertazzo propone un’interessante esperienza relativa allo strumento del Gruppo Multifamiliare applicato nel contesto della comunità terapeutica “La Grazia” di Caltagirone in stretta collaborazione con il Dipartimento di salute mentale. Dopo una definizione della cornice teorica di riferimento, viene descritta l’esperienza ponendo attenzione al percorso di crescita e cambiamento realizzato da utenti, familiari, operatori e supervisori.

Il contributo di Giuseppe Cardamone, Antonella Bruni, Edvige Facchi e Nadia Magnani esplora un tema a margine, che presenta però un’evidente importanza nella pratica clinico-diagnostica, ovvero quelle condizioni a etiologia neurologica autoimmune che possono esordire con sintomi psichici quali dispercezioni uditive e visive, labilità dell’umore, improvvise anomalie comportamentali, alterazioni del pattern ipnico, dove è fondamentale una precoce diagnosi differenziale con identificazione dell’etiologia non psichiatrica e conseguente corretta gestione clinico-terapeutica.

Infine l’interessante lavoro di Claudia Fantuzzi e Roberto Mezzina propone una revisione della letteratura relativa a quelle situazioni, oggi particolarmente frequenti e spesso sottostimate, dove è presente una co-occorrenza nello stesso individuo di un disturbo da uso di sostanze psicoattive e di un disturbo psichiatrico. Condizioni che impongono un collegamento in rete tra servizi di salute mentale e servizi delle dipendenze e nuovi modelli di intervento integrati.


Riferimenti bibliografici

1. McGorry P., Trethowan J., Rickwood D. Creating headspace for integrated youth mental health care. World Psychiatry Vol.18, Issue 2, pagg. 140-141, 2019.

2. World Health Organization. Fact Sheet: Depression. http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs369/en/. 4 dicembre 2019.