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Ri“Tornare a vivere”, vent’anni dopo

Autore


Riassunto

L’autore dà notizie della campagna fotografica che gli fu commissionata prima degli ultimi atti della assai tardiva chiusura dell’OP di Siena, e propone alcune della sue foto del 1999.


Summary

The author gives news of the photographic campaign that was commissioned before the last events of the very late closure of the Siena Psychiatric Hospital, and proposes some of hisphotos from 1999.


Nel giugno del 1999 ricevo l’incarico da Fausto Mariotti allora dirigente della USL di Siena, di realizzare un reportage sull’Ospedale Psichiatrico.

Qualche tempo prima a Pieve Santo Stefano, “Città dei Diari”, Saverio Tutino mi aveva fatto conoscere Cesare Bondioli e Gigi Attenasio due emeriti psichiatri con una lunghissima esperienza sulla cura del disagio mentale nelle strutture pubbliche. Entrambi erano allievi e amici di Basaglia e Pirella.

Circa un anno dopo Cesare Bondioli, insieme a Vieri Marzi, viene incaricato di coordinare il Gruppo Superamento O.P. San Niccolò.


Era accaduto che nella ‘civile’ Toscana e soprattutto nell’incantevole Siena, dopo soli 20anni dal varo della legge 180, l’Ospedale Psichiatrico stava ancora là.

Si è vero, in gran parte era smantellato, Già riconvertito ad uso universitario, mentre in altra parte abbandonato e spoglio lasciato ad uso magazzino, ma sta di fatto che rimaneva almeno un reparto di degenza “tradizionale” il “Kraepelin” e altre strutture come il “Tamburino” di transizione.

All’interno delle importanti inferriate del recinto del San Niccolò rimanevano ex-degenti vaganti per quegli spazi in una routine quotidiana che stava pian piano cambiando.

Insomma coabitavano ancora vecchie impronte e nuove fresche tracce.

Una testimonianza da non perdere.


Nei mesi di luglio, agosto e settembre frequentai quotidianamente quei luoghi e spesso con guide d’eccezione: Cesare Bondioli, Vieri Marzi, infermieri, assistenti sociali mi guidarono per il labirinto, mi spiegarono i meccanismi di un mondo che conoscevo appena che era ancora lì, vivo o era stato appena spento ma ancora palpitava.

Soprattutto mi avvalsi dell’ ”esperienza” degli ex-degenti, spesso non era facile convincerli a tornare in luoghi dolorosi, rimossi, ma che alla vista sembravo pronti a riaprirsi con un solo giro di chiave. Erano guide dolci e commoventi che cercai sempre di cogliere nella loro grande dignità.

Ricordo sempre questo reportage come un momento di grande ispirazione per tutto il mio lavoro.


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