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EDITORIALE
I dieci principi di “Buone Pratiche” per Servizi di Salute Mentale di Comunità.

Verso servizi di Salute Mentale democratici di Comunità

Autori



La ricorrenza dei 40 anni dalla approvazione della Legge 180/78, comunemente definita “Legge Basaglia”, sembra abbia avuto una notevole risonanza a livello nazionale ed internazionale e ha risvegliato un fermento nel panorama del dialogo sulle pratiche di Salute Mentale nei diversi contesti territoriali.

Ciò avviene nonostante in Italia si stia attraversando, ormai da anni, una crisi caratterizzata dal progressivo impoverimento degli investimenti economici e di risorse nel campo della Salute Mentale Pubblica, dove si registra una sempre maggiore carenza di personale deputato a farsi carico della domanda di aiuto posta dalle persone, dalle famiglie e dai territori con sofferenza psichica.

In tale scenario si colloca la nostra riflessione sulla necessità di attivare, mantenere ed approfondire il pensiero sulle Buone Pratiche di cura della malattia mentale nella comunità locale, di lotta alla esclusione sociale, di promozione della partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti.

A tale scopo abbiamo individuato una proposta di definizione dei principi di buone pratiche che potrebbero caratterizzare i Servizi di Salute Mentale che intendono misurarsi in uno scambio ed un confronto nazionale attraverso la produzione di documentazione e l’apertura a scambi di esperienze.


I dieci principi di “Buone Pratiche” per Servizi di Salute Mentale di Comunità
  1. Programmi, progetti e pratiche di trattamento e di prevenzione che prevedano la partecipazione degli utenti e delle famiglie alle attività del DSM (anche attraverso la presenza di Associazioni degli utenti e dei familiari) e della comunità locale (scuole, servizi sociali, imprese, enti locali, ecc.)
  2. Impegno e dimostrazione di pratiche di non contenzione o presenza di regolamenti che limitano l’uso della contenzione a tempi limitatissimi e monitorati
  3. Presenza di strutture residenziali orientate ai principi, ai valori e alle pratiche delle Comunità Terapeutiche Democratiche
  4. Presenza di progetti d’inclusione sociale (teatro, arte, cultura, associazionismo, sport, cultura della alimentazione e del benessere) e lavorativa (SILS, IPS, Fattorie Sociali, Cooperative di tipo B, Tirocini formativi, Borse Lavoro, ecc.)
  5. Pratiche terapeutiche che prevedano il coinvolgimento delle famiglie e delle reti sociali fondate sullo “stile di lavoro” dell’Open Dialogue, dei Gruppi Multifamiliari, dei Gruppi di Auto-mutuo aiuto
  6. Monitoraggio LAI e uso “appropriato” della terapia psicofarmacologica
  7. Programmi per la presa in carico fondati sulla stipula di PTI co-costruiti con gli utenti, sulla individuazione dei Case Manager e su pratiche Recovery Oriented
  8. Monitoraggio dei PTI e pagamenti attraverso il Budget di Salute
  9. Programmi e protocolli con la Magistratura e le Forze dell’Ordine per la presa in carico dei pazienti con Misure di Sicurezza. Programmi e pratiche di cura per gli immigrati secondo una concezione transculturale
  10. Programmi di Formazione continua degli operatori e degli utenti, con progetti di covisione, intervisione e supervisione. Progetti di ricerca e valutazione che prevedano il coinvolgimento degli utenti dei servizi

Questi dieci principi dovranno essere documentati e messi a disposizione di “gruppi di lavoro integrati” (esperti, operatori, familiari, utenti), che possono verificare, e monitorare attraverso strumenti appositamente elaborati e scambi di esperienze.

Affinché un Servizio di Salute Mentale possa essere riconosciuto come Servizio di Salute Mentale di Buone Pratiche (cercare un termine più appropriato) deve soddisfare almeno 7 di tali principi.