Volume 22 - 25 Marzo 2021

Numero speciale: "Salute mentale e contesto pandemico"

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Mantenere dialogicità e democrazia nei servizi pubblici di salute mentale nell’era della virtualità e della pandemia da Covid-19. Dieci lezioni per il benessere mentale di comunità

Autori

(Ricevuto il 23 gennaio 2021; accettato il 31 gennaio 2021)



Riassunto

Nell’articolo gli autori riflettono su come mantenere e promuovere Dipartimenti di Salute Mentale democratici e dialogici in tempo di crisi globale a causa della pandemia da Covid 19.
Ad un anno dall’inizio della pandemia gli autori individuano ed elencano 10 lezioni dal rapporto fra Covid-19 e salute mentale di comunità, individuando segnali, riflessioni, indicazioni sul rapporto tra uomo e virus, tra Covid e salute mentale, sugli aspetti relazionali, organizzativi e politici che la pandemia ha fatto emergere in tema di salute mentale.
A partire dalla consapevolezza che la pandemia, con le conseguenze sanitarie, economiche e sociali, è foriera di cambiamenti straordinari nella vita e nelle relazioni delle diverse comunità locali, ci si domanda come sia possibile preservare e forse rilanciare i valori della democrazia e dialogicità, i diritti di cittadinanza.
Vengono in soccorso approcci flessibili capaci di tollerare l’incertezza quali il Dialogo Aperto, la Psicoanalisi Multifamiliare, la Comunità terapeutica democratica.
Nuove prospettive nascono anche dall’uso delle nuove tecnologie. Gli autori propongono di attivare una rete virtuale democratica per il benessere mentale di comunità.
La mission del DSM può essere così ridisegnata in un’ottica flessibile e capace di promuovere il benessere degli individui e della comunità locale.


Abstract

In the article, the authors reflect on how to maintain and promote democratic and dialogic Mental Health Departments in times of global crisis due to the Covid 19 pandemic.
One year after the start of the pandemic, the authors identify and list 10 lessons from the relationship between Covid-19 and community mental health, identifying signals, reflections, and indications on the relationship between humans and viruses, between Covid and mental health, and on the relational, organizational, and political aspects that the pandemic has brought to the forefront of mental health.
Starting from the awareness that the pandemic, with its health, economic and social consequences, is a harbinger of extraordinary changes in the life and relationships of the various local communities, the question arises as to how it is possible to preserve and perhaps relaunch the values of democracy and dialogue, and the rights of citizenship.
Flexible approaches capable of tolerating uncertainty such as Open Dialogue, Multifamily Psychoanalysis, and the Therapeutic Democratic Community come to the rescue.
New perspectives also arise from the use of new technologies. The authors propose to activate a virtual democratic network for community mental well-being.
The mission of the DSM can thus be redesigned in a flexible perspective capable of promoting the well-being of individuals and the local community.


Parole chiave

Pandemia-benessere mentale di comunità-democrazia-dialogicità-nuova era digitale-piattaforma multimediale e salute mentale


Introduzione

La pandemia da Covid 19 ha provocato una crisi globale senza precedenti. Ha messo in crisi i legami dentro le famiglie, nelle città e sta provocando nuovi stili di vita e di convivenze tali da modificare sistemi di produzione e equilibri di geopolitica a livello globale. I servizi pubblici di salute mentale sono stati fortemente messi in crisi dalla pandemia. Dobbiamo fermare la pandemia da Covid-19 attraverso la quarantena e nello stesso tempo garantire i servizi essenziali di salute mentale. L'esperienza della storia ci ha insegnato che quando il futuro appare incerto è utile dare uno sguardo al passato. Le parole che maggiormente abbiamo utilizzato nella cultura e nella pratica della salute mentale di comunità sono: famiglia, comunità, democrazia, dialogo, fiducia, lavoro, partecipazione, speranza, condivisione, responsabilità, formazione, difficoltà, modelli innovativi, esperienze internazionali, tolleranza dell'incertezza. Immaginiamo queste parole come una bussola per orientarci creativamente nel presente/futuro per transitare verso il benessere mentale di comunità.

La domanda impellente alla quale dobbiamo trovare una risposta oggi, in piena crisi, è: come manteniamo i contatti con i nostri utenti per le cure, il sostegno psicosociale e la loro partecipazione e come ci ri-prendiamo cura delle nostre relazioni e paure e della nostra funzione come operatori sul campo?

Una risposta a questo quesito è quella di riprendere quel filo che è parso spezzarsi con la diffusione del virus, attraverso l'esperienza maturata in questi mesi di pandemia grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie, le piattaforme multimediali, il web.


Le dieci lezioni della pandemia da Covid-19

Le ricerche di biologia dimostrano che l'integrazione dei virus retrovirali e il DNA delle cellule dei mammiferi e, quindi degli esseri umani, è antica forse quanto l'umanità. È stato scoperto che tra l’8 e il 10% del genoma umano è costituito da sequenze retrovirali endogene, non necessariamente dannose per la salute, il cui significato biologico non è stato ancora compreso fino in fondo. Quindi il rapporto fra virus e umano è abbastanza assodato e consolidato nel tempo. Così come ogni essere umano è una "comunità vivente", in quanto nel nostro corpo esistono miliardi di batteri, e adesso stiamo scoprendo che esistono tantissimi virus e che non tutti sono dannosi. Questi virus in ogni caso hanno avuto un ruolo influente nelle evoluzioni del nostro corpo umano. Il fatto che il 10% del nostro genoma sia costituito da retrovirus e che un altro 15% circa, sia composto da altre unità mobili di probabile origine virale ci fa capire che l'esistenza stessa dell'uomo sapiens è infinitamente più complicata e misteriosa di come si pensava qualche decennio fa.

In quest'articolo proponiamo di leggere la pandemia da Covid-19 evidenziando quali segnali, quali indicazioni e quali riflessioni ci sedimenta.

Abbiamo pensato di elencare le 10 lezioni che ci arrivano dal primo anno dall'inizio della pandemia, dal rapporto fra Covid-19 e salute mentale di comunità.


Prima lezione: “nessuno si salva da solo”. Operatori, utenti e familiari si devono proteggere vicendevolmente. Questo è un principio che nei servizi democratici e dialogici viene da sempre adottato: se vogliamo prenderci cura degli altri, innanzitutto dobbiamo prenderci cura di noi, intendendo la cura di noi in quanto cura della comunità locale. Tutte le indicazioni della quarantena, del lavoro con il Covid-19, degli stili di vita che ci vengono suggeriti indicano questa regola. Gli operatori che lavorano in ospedale o che lavorano nei servizi sanitari a contatto con soggetti positivi al Covid-19, devono prendersi cura di sé, se vogliono prendersi cura degli utenti. Quando il virus colpisce un membro della famiglia è purtroppo facile che tutta la famiglia venga coinvolta. Così quando una persona è affetta da patologia mentale tutta la famiglia soffre. Questa lezione valorizza gli approcci democratici e dialogici: formazione continua congiunta tra operatori e utenti, gruppi multi-familiari, open dialogue, comunità terapeutica democratica si ispirano al principio nessuno si salva da solo.


Seconda lezione: “è necessario un programma di potenziamento dell’attività territoriale”. La pandemia ci ha insegnato che se vogliamo che le persone non arrivino in ospedale, saturando i reparti Covid 19, di terapia intensiva e la rianimazione, vanno seguiti a domicilio.

L’esperienza del Covid-19 ci dimostra che è fondamentale sia il rapporto a domicilio con gli utenti, che la collaborazione degli specialisti con i medici di base. Al contrario, laddove c'è una medicina centrata sulla ospedalizzazione si rischia di mettere in crisi il sistema delle cure. Più è organizzato il servizio territoriale, più si interviene precocemente nella terapia a domicilio, più risultati positivi sono garantiti. Lo dimostra l'esperienza della Corea del Sud, che si era preparata a questo tipo di pandemie. La lezione per i servizi di salute mentale è investire nel territorio con operatori di comunità. Come è avvenuto con l'attivazione dei servizi territoriali per il Covid 19: USCA, concact tracing, supporto psicologico. Gli autori di questo articolo sono stati colpiti in prima persona dal virus Sars2, con il coinvolgimento delle loro famiglie. Siamo testimoni diretti, dunque, della preziosità del rapporto con i medici di base e abbiamo vissuto con trepidazione l'attesa degli operatori Usca per i tamponi. Pertanto possiamo affermare quanto sia importante l’intervento a domicilio per le famiglie, la qualità e la tempestività delle prestazioni dei professionisti specialisti per alimentare la speranza di guarigione, e contenere le angosce di morte.


Terza lezione: “Per contrastare la diffusione del virus occorre un’organizzazione sociale responsabile e costruttiva”. Tale organizzazione sociale è fondata sul principio della prevenzione. La pandemia ha dimostrato che lo stile di vita e l’organizzazione sociale possono favorire sia comportamenti sani che distruttivi. La lezione è che la prevenzione è possibile se si investe su stili di vita sani e su una organizzazione sociale responsabile e costruttiva. In salute mentale la guarigione è un percorso di assunzione di responsabilità della propria vita per cui vale la pena vivere. In salute mentale prevenzione significa organizzare i servizi sull’intervento precoce degli esordi psicotici (per esempio attraverso l’Open Dialogue), integrare gli interventi di rete tra salute mentale adulti, dipendenze patologiche e minori e adolescenti con attiva e coinvolgente partecipazione delle famiglie nei percorsi di cura (come nei gruppi multifamiliari).


Quarta lezione: “le RSA sono state fonte di focolai”. Molte persone che sono decedute vivevano in Residenze Sanitarie Assistite, cioè residenze con un grande numero di ricoveri e distanze interpersonali ridotte. Ciò indica drammaticamente che le strutture residenziali con un alto numero di utenti mette a rischio la salute delle persone, operatori, utenti e familiari. La lezione per le Residenze della Salute Mentale è che bisogna investire e incentivare “residenze a bassa intensità, come i gruppi appartamento o il sostegno domiciliare”. Tali risorse si sono dimostrate preziosissime per garantire una buona qualità di vita e sono state in grado di accogliere anche utenti con grave patologia mentale. Le persone devono poter vivere in stanze singole, con un numero massimo di conviventi non superiore a cinque persone. Queste indicazioni sono del tutto compatibili e utili per evitare quanto verificatosi nelle RSA, per evitare il contagio, per salvare la vita alle persone.


Quinta lezione: “i respiratori naturali, le attrezzature fondamentali, per i servizi di salute mentale, sono giovani professionisti da collocare nel territorio”. Sono stati attivati i servizi territoriali per la cura del Covid-19, le USCA, con l’assunzione di tanti giovani professionisti per effettuare il lavoro territoriale. Pertanto appare necessario che vengano assunti giovani professionisti, in particolare psicologi clinici, psicoterapeuti, tecnici della riabilitazione, educatori, assistenti sociali, tecnici informatici che potrebbero diventare i nostri “respiratori naturali” per fronteggiare e affrontare la crisi psicosociale che la pandemia ha accentuato nella sua drammaticità clinica, economica e delle relazioni sociali. Ciò significa rispondere alle nuove sfide con cui i servizi di salute mentale si dovranno confrontare: crisi dei legami sociali, aumento degli stili di vita tendenti alle dipendenze da sostanze e non, solitudine, comportamenti autolesionistici, depressione, somatizzazioni, comportamenti violenti, disordini di personalità.


Sesta lezione: “le terapie farmacologiche sono tante, sono sperimentali, si adattano da persona a persona, da professionista a professionista e non ci sono ancora indicazioni e certezze standard”. Non esiste ancora una terapia farmacologica standard per fronteggiare i sintomi del Covid 19 così come non esiste una terapia standard per affrontare la malattia mentale. Ogni persona risponde in modo diverso ai singoli farmaci e le terapie farmacologiche vanno personalizzate tenendo conto degli effetti collaterali. Ne consegue che i farmaci sono importanti, ma significativa appare la prevenzione, i comportamenti virtuosi, l’evitamento di stili di vita negativi. Inoltre differenze significative nella risposta individuale alla malattia e alla terapia sono state evidenti; il Covid 19 ha messo in discussione la tendenza alla generalizzazione degli interventi e ha sottolineato il bisogno di attenzionare la specificità dell’individuo. La lezione per la salute mentale è quindi che la terapia farmacologica è personalizzata e non standardizzata, ma la migliore terapia è occuparsi delle relazioni familiari e della rete sociale.


Settima lezione: “stiamo scoprendo che i social media possono essere utilizzati in modo attivo e non subiti passivamente”. La pandemia sembra aver fatto precipitare un processo che era in atto da tempo: l’influenza della tecnologia nelle nostre vite quotidiane, spesso guardata con preoccupazione o subita. In questo tempo abbiamo sperimentato che è possibile mantenere il modello gruppale comunitario, democratico, partecipativo, creativo usando il web in maniera responsabile, attenta, consapevole, creativa. Sta avvenendo una sorta di nuova alfabetizzazione digitale, che ci è utile in questo momento, ma che può essere opportunità funzionale anche per il futuro: tutto fa pensare che si possa rimodulare l’attività del servizio di salute mentale, integrando l'attività dal vivo con le attività attraverso i nuovi mezzi tecnologici e con il web.


Ottava lezione. “durante la quarantena le persone sono state in qualche modo obbligate a mettersi in contatto con il proprio corpo, prendendosi cura di sé e delle proprie paure, accettando la realtà per quella che è” e cercando di vivere al meglio con il proprio gruppo familiare. Nel nostro Servizio, durante questa difficile fase, abbiamo sperimentato l’utilizzo della Mindfulness come modello per la riduzione dello stress, sia nei gruppi degli operatori che in quelli con gli utenti. La Lezione per i servizi di salute mentale è che praticare la meditazione della consapevolezza potrebbe migliorare il clima dei gruppi di lavoro attraverso l'accettazione non giudicante di noi stessi e degli altri. Tutti gli approcci democratici e dialogici che proponiamo ci ricordano il valore del “qui e ora”, di tollerare l'incertezza e della meditazione. Nella nostra esperienza abbiamo compreso la preziosità della meditazione sia nel lavoro in salute mentale per creare un clima di fiducia e di rilassamento che affrontare la paura del contatto con il virus. Nell’attraversamento delle fasi del contagio, incubazione, sintomatologia e guarigione la pratica della meditazione consapevole e il con-tatto con il proprio corpo è stato di grande aiuto sia per noi che per sostegno ai nostri familiari.


Nona lezione: “la famiglia e i sistemi sanitari sono le agenzie a cui tutte le persone hanno chiesto aiuto durante la fase più difficile della pandemia da Covid-19”. La famiglia rimane il luogo protettivo, il luogo di salvezza e di rifugio. La famiglia ritorna ad essere centrale e ciò si ricollega al nostro modello di lavoro improntato sul lavoro con le famiglie, alla valorizzazione della partecipazione sociale. È diventato evidente quanto sia fondamentale il ruolo e la funzione del sistema sanitario pubblico. Ci si salva insieme, attraverso una forte integrazione tra sistema socio-sanitario, scienze e partecipazione familiare. Nei momenti di isolamento per la positività da Covid 19 il pensiero prevalente, la riflessione e la preoccupazione più importante è stato il raggiungimento del benessere di tutta la famiglia.


Decima lezione: “occorre attivare ricerca (vaccino), una formazione innovativa e trasformativa che riguarda l'agire terapeutico, ma anche l’agire umano e quello professionale”. Formazione innovativa in termini di nuove modalità di aggregarsi in gruppo, nuove modalità di utilizzare i gruppi, nuove modalità di utilizzare tecnologie, dinamiche gruppali, nuova alfabetizzazione digitale, nuove modalità di relazione fra professionisti. Questi strumenti, se usati con consapevolezza, possono favorire la partecipazione ai processi decisionali, allo scambio, al confronto. Abbiamo scoperto che i social media ci aiutano a frequentare di più le riunioni d'equipe, le riunioni d'incontro periodiche fra operatori. Concludendo, ricerca, formazione e prendersi cura sono aspetti fondamentali dell'agire quotidiano.


Mantenere e promuovere DSM democratici e dialogici

Pandemia e disastro economico determineranno cambiamenti radicali nella vita e nelle relazioni delle comunità locali. Incertezze, paure, disoccupazione, insicurezza fisica richiederanno l’intervento delle istituzioni pubbliche. In questo presente/futuro abbiamo capito quanto le nostre vite sono interconnesse e interdipendenti. Solo nella capacità di unirsi e di affrontare le cose insieme agli altri, con l’aiuto degli altri, sta la salvezza di persone e comunità (P. Khanna).

Vogliamo allora iniziare riflettendo su un concetto e su un valore fondamentale che è la democrazia. Con il concetto di democrazia si intende una modalità di attuare i processi decisionali fondata sulla condivisione del potere, l’esercizio dei diritti, la giustizia sociale e le sue regole, la libertà di espressione e di comunicazione, la partecipazione, il conflitto finalizzato a trovare soluzioni, la condivisione delle decisioni sulla comunità di vita, la pratica del confronto con l’altro.

In particolare vogliamo sottolineare quest’ultimo concetto, in quanto si fonda su un principio basilare che è la capacità di ascolto, inteso come un dialogo aperto e continuo, fondato sulla consapevolezza della irraggiungibilità dell’“altro”, che è in continuo divenire.

Allo stesso modo intendiamo il concetto di democrazia, come un valore delle relazioni sociali in continua trasformazione, e mai definito in maniera esaustiva.

Inoltre riteniamo che non possa esistere un concetto di reale democrazia senza comunità così come non può esistere una comunità effettiva e tangibile senza democrazia.


Essa è intrinsecamente collegata ai diritti di cittadinanza per tutti i membri di una comunità, ossia l’insieme dei diritti civili, politici e sociali: il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza, alla solidarietà sociale, all’assistenza sanitaria, alle pari opportunità di lavoro e di istruzione, alla casa; il diritto di avere potere decisionale sul proprio corpo, sulla propria salute e sulle cure. Il diritto di esercitare i diritti.

Concepire un servizio di salute mentale democratico e dialogico significa ispirarsi ad un codice etico custodito di valori di verità, compassione, uguaglianza, libertà, coraggio e responsabilità: ossia le basi delle moderne istituzioni scientifiche e democratiche. Bisogna tenere conto che, come tutti i codici etici laici, sono un sistema di valori a cui tendere piuttosto che una realtà sociale. (Y. N. Harari 2018)

Per lavorare in modo funzionale in salute mentale bisogna essere provvisti di una tendenza alla curiosità e alla felicità.

I principi su cui si fonda un servizio di salute mentale democraticamente orientato, riguardano in primis la partecipazione sociale, la co-costruzione condivisa delle buone prassi, la solidarietà, l’empowerment di tutti i soggetti che li attraversano: utenti, familiari, operatori, cittadini della comunità locale. I protocolli metodologici, adattati alla specificità del territorio, vengono applicati in parallelo: Open Dialogue, Gruppi di Psicanalisi Multifamiliari, l’Inclusione socio-lavorativa, Comunità terapeutica democratica e il Living Learning Experience.

I DSM si potrebbero ritrovare nelle migliori condizioni politiche, istituzionali, professionali per dare senso ai cambiamenti epocali in atto ed alle ripercussioni di questi cambiamenti nella nostra comunità di vita. Ciò tuttavia rende necessaria una costante opera di ridefinizione e rinegoziazione collettiva e comunitaria della missione di ogni singolo servizio, di ogni singolo Dipartimento così come del Servizio Sanitario Nazionale nel suo complesso. La mission del Dsm si realizza attraverso la tessitura di una rete di agenzie pubbliche e private, sanitarie e sociali, economiche e culturali, che imparino a dialogare tra loro e con le comunità di riferimento, attraverso pratiche bottom-up di concertazione. “Il DSM va inteso quindi come il luogo fisico, mentale, programmatico e organizzativo, attraverso cui il Distretto socio-sanitario e la comunità locale di riferimento possano pensare la salute mentale”. (R.Barone, S. Bruschetta)

Il DSM, così concepito, si configura come snodo della comunità locale, come laboratorio nel quale convergono, si co-costruiscono e da cui partono le azioni ed i processi di cura che vedono coinvolti con una funzione attiva tutti i protagonisti. Ciò realizza il passaggio dal lavoro psichiatrico, individualistico, fondato prevalentemente su diagnosi, prescrizione farmacologica e ricovero ad una salute mentale di comunità fondata su psicoterapia di comunità, lavoro con le famiglie e gli utenti attraverso l’ascolto, il sostegno, la loro valorizzazione e l’inclusione sociale.

Il SILS (Servizio per l’inclusione sociale e lavorativa) è il luogo dove i livelli di partecipazione e di auto-organizzazione si possono al meglio sviluppare. Le attività vengono proposte e decise nelle riunioni del comitato zonale della salute mentale. Le cooperative sociali e le associazioni propongono e cogestiscono le attività.

Con gli Enti locali il livello di co-progettazione e cogestione è soprattutto nella definizione dei PTI dove utenti, familiari, operatori del DSM, degli enti locali e delle cooperative, amministratori di sostegno e enti informali, insieme definiscono obiettivi, modalità operative, monitoraggio e livelli di collaborazione e integrazione.

Il SILS è anche il luogo degli eventi formativi e della ricerca di innovazioni dei servizi. Dalla conferenza annuale di Servizi, in cui vengono presentati dati di prestazione e performance di ogni singola unità operativa e di ogni singola organizzazione del privato sociale e/o imprenditoriale e delle associazioni degli utenti e del volontariato. Si riflette insieme e si prende spunto per programmare e meglio orientare i servizi locali di salute mentale.


Gli approcci dialogici e democratici a cui ci riferiamo sono più precisamente le attività di gruppo di auto-mutuo-aiuto, i dispositivi di intervento psico-socio-economico (fattorie sociali, cooperative sociali di tipo B, microcredito, borse lavoro, tirocini lavorativi budget di salute), l’Individual Support Employment (Sostegno al lavoro nel libero mercato), la Psicoanalisi Multifamiliare, l’Open Dialogue che rappresentano tutti esempi di una prassi gruppale comunitaria utilissima nel sostegno e nell’incoraggiamento alla riappropriazione del proprio progetto di vita da parte di chi soffre, da intraprendere sempre in relazione ad altri individui che hanno la stessa necessità. In questi approcci tutti i pareri e le “voci” sono importanti ed hanno egual valore. Le decisioni vengono prese insieme tra tutti gli attori. Il potere decisionale è restituito all’utente ed alla famiglia. Ciò si configura come un cambiamento epistemologico: il terapeuta, gli operatori non propongono interventi, ma si mettono a servizio dell’utente e della famiglia, garantendo ascolto, valorizzazione e rispetto delle decisioni e del progetto scelto dall’utente


Una rete virtuale democratica per il benessere mentale di comunità

Appare ovvio che i servizi di salute mentale si dovranno adattare ai cambiamenti sociali, rispettando il distanziamento sociale e i protocolli per prevenire il contagio da Covid-19, ma mantenendo una organizzazione di tipo comunitario, dove larga importanza deve essere data alla partecipazione sociale, allo stare insieme. Nonostante il cambiamento necessario per affrontare la pandemia, la mission del Servizio di lavorare sul territorio, e non solo sulle emergenze/urgenze, deve rimanere salda con copertura degli interventi nelle 24 ore con interventi domiciliari quando necessari.

La comparsa di nuovi scenari comunicativi come conseguenza della Pandemia da Covid 19, ha favorito nei servizi di salute mentale lo sviluppo della virtualità relazionale attraverso nuove piattaforme tecnologiche e nuovi scenari digitali. Gli operatori hanno dovuto cambiare il proprio modo di operare e gestire la comunicazione attraverso le nuove piattaforme onde favorire tutte le azioni che potevano migliorare le aspettative e le indicazioni degli utenti e delle famiglie.

Il mondo dei nuovi approcci in salute mentale di comunità ai tempi del coronavirus vede un nuovo framework che getta le basi per un processo di cura diverso che possiamo considerare un ibrido comunicativo, sociale, digitale oltre che dialogico e democratico. Una metodica che riesce ad accorciare le distanze logistiche ed entra direttamente all’interno delle case e delle famiglie, che attraverso questi strumenti interagiscono in maniera coinvolta anche nei processi di cura.

In tali nuovi setting la mimica facciale, con le sue micro espressioni, sostituisce il contatto fisico. La esposizione delle emozioni con cuori pulsanti e altre immagini. L’ascolto più attento e accogliente di ogni singola parola dell’altro per comprenderne i vissuti e lo sforzo di mettere in parole questi ultimi per essere capiti dall’altro, diventano possibilità per superare gli ostacoli della distanza e della assenza del corpo reale.

I nuovi sistemi di comunicazione virtuale riescono ad entrare al cuore del problema e coinvolgere le famiglie nella conduzione e nella riorganizzazione del ritmo circadiano della quotidianità basata sulla riorganizzazione della giornata fatta di appuntamenti, coinvolgimento laboratoriale come quello di arte libera, scrittura creativa, musica - testo, mutuo aiuto, ginnastica dolce.

La virtualità digitale riduce i costi e migliora la compliance attraverso lo strumento della comunicazione circolare. Per cui ogni singolo influenza, ed è influenzato da ogni altro, dando così vita a una specifica, caratteristica configurazione del sistema, i cui parametri globali prevalgono su quelli del singolo. Una normale espressione di un adattamento, necessario al sistema per mantenere una stabilità, un equilibrio ed una riduzione delle ricadute patologiche della persona con sofferenza psichica. In quest’ottica, la comunicazione nella malattia mentale è da leggersi come un effetto secondario che dobbiamo favorire in una nuova condizione di resilienza adattativa utile a migliorare il sistema di lavoro ma anche la normale quotidianità dell’utente che tenta di adattarsi ad un modello diverso che allontana la propria solitudine e riduce la marginalità sociale.

Sulla base della nostra esperienza del presente/futuro di questi mesi che ci ha costretti ad un cambiamento radicale del nostro operare e per adattarci alla nuova realtà imposta dal Covid-19 proponiamo di utilizzare con creatività le nuove tecnologie aggiuntive e complementari agli approcci prima descritti. Una comunità terapeutica democratica locale e virtuale, dunque è una possibilità per:

  • favorire la comunicazione e modificare le varie sfaccettature del concetto di resilienza nella malattia mentale attraverso la vicinanza con l’utente oggi costretto forzatamente a stare chiuso in casa.
  • prendere in carico patologie connesse alla pandemia quali ansia, depressione e sindromi post traumatiche da stress, solitudine, dipendenze patologiche, comportamenti auto e etero aggressivi attraverso la vicinanza front face, individuale e di gruppo.
  • migliorare la resilienza come funzione psichica che si modifica in rapporto a nuove esperienze che fanno emergere nel malato mentale le proprie capacità istintive, affettive e cognitive. Un processo di integrazione psico-cognitiva e psico-affettiva che si associano alle capacità mentali con il raggiungimento di benefici che si realizzano con il rapporto con gli altri. Migliorare l’organizzazione del lavoro in situazioni emergenziali, attuare i nuovi protocolli di distanziamento sociale, e tutte le misure per prevenire ed evitare la diffusione del Virus Sars Cov2, favorire riunioni operative con tutto il personale dei vari settori del dipartimento di salute mentale.
  • favorire una nuova organizzazione operativa che presuppone la creazione di nuovi ambiti lavorativi virtuali attraverso il Working Readness Assessment con la realizzazione di una nuova predisposizione organizzativa, tecnologica e culturale per ottenere benefici potenziali nei diversi nuclei organizzativi. Abbiamo sperimentato che è possibile effettuare l’open dialogue e i gruppi multifamiliari on line. L’esperienza ci ha dimostrato che è aumentata la partecipazione soprattutto dei giovanissimi. Il centro diurno viene riattivato in versione “digitale” con attività, in videoconferenza, di mindfulness, ginnastica, cucina, scrittura creativa con il coinvolgimento dei familiari.
  • favorire la creazione di una Comunità Democratica Virtuale fatta di Cooperative sociali, Comunità Terapeutiche, Comunità Alloggio, Gruppi Appartamento, Fattorie Sociali, Associazioni di utenti e familiari che operano nel territorio. Un mezzo utile ad effettuare un confronto su criticità e soluzioni costruttive utili al migliorativo dell’assistenza al malato mentale ed a favorire la circolazione di idee e protocolli operativi comuni ed innovativi nel processo di cura e di sicurezza gestito dal Dipartimento di Salute Mentale.
  • favorire il lancio di nuove idee collegate agli aspetti comportamentali (coordinamento e programmazione, rapporto con i colleghi attraverso degli incontri on line del gruppo SPDC, Equipe Territoriale, gruppi operatori open dialogue, gruppi con i servizi sociali degli enti locali, psicoanalisi multifamiliare, comunità terapeutica democratica temporanea per gravi disturbi di personalità.
  • creare progettualità utili al miglioramento della vita degli utenti attraverso varie forme di finanziamento pubblico che possano determinare l’erogazione di Budget di Salute, PTI o favorire l’inserimento lavorativo a vari livelli secondo necessità personalizzate, sviluppare e valorizzare l'esperienza dei facilitatori sociali come risorsa preziosa per il benessere mentale di comunità.

L' uso delle tecnologie pone problemi di scelte di fondo.

Tali scelte e stili di approccio si fondano sulla responsabilizzazione, sulla partecipazione degli utenti, delle loro famiglie e degli operatori alle scelte nei, e dei, processi di cura. I presupposti di base sono la cultura e le prassi democratiche e dialogiche, fondamentali ad evitare la deriva del controllo sociale e della sorveglianza deresponsabilizzante.

Avremo sempre più bisogno di dialogo e democrazia per perseguire il benessere mentale di comunità. Non sarà più una questione di diagnosi (nevrosi, psicosi, disturbi di personalità, depressione), ma di relazioni e di risposte ai bisogni di sempre più ampie fasce di popolazione fragile e marginale.


Riflessioni conclusive

Le crisi planetarie che stiamo vivendo determineranno cambiamenti radicali nello stile di vita e di lavoro. Auspichiamo di sviluppare una nuova visione dei servizi di salute mentale innovativi e lungimiranti. Per raggiungere e ottimizzare stili di vita e di lavoro resilienti bisogna raggiungere buoni livelli di cooperazione. Questi obiettivi possono essere ottenuti nutrendo la fiducia e la speranza, che sono i presupposti di base della recovery e della resilienza. Fiducia degli utenti verso gli operatori e degli operatori verso gli utenti e le loro famiglie. Adesso, in piena crisi COVID-19, pensiamo che in futuro continueranno a confrontarsi modelli aperti, dialogici e democratici, e modelli tecnocratici e autoritari.

La nostra proposta è il benessere mentale di comunità fondato sulla attiva partecipazione di utenti, familiari, operatori, cittadini. Proponiamo di utilizzare consapevolmente, responsabilmente e creativamente le nuove tecnologie per dare più "potere" (empowerment) alle persone, ai nostri utenti e operatori. Il presente è oggi pieno di insidie e incertezze. Il nostro addestramento costante è: tollerare l'incertezza e vivere nel qui e ora. Questi sono gli insegnamenti indispensabili per pensare positivamente al futuro della nostra vita e del nostro impegno lavorativo. I servizi pubblici e i DSM dovranno essere preparati alla pandemia del disagio relazionale. Alcuni scenari futuri nel breve tempo sono immaginabili: incremento di stati d’ansia e depressione, crisi della convivenza in ambito familiare e sociale; disoccupazione soprattutto delle fasce deboli, meno scolarizzate e più povere della popolazione; crisi di partecipazione ai processi democratici; nuovi e inediti bisogni latenti e emergenti nelle comunità di convivenza; aumento delle dipendenze patologiche e comportamenti auto e etero aggressivi; incremento dei disordini di personalità; infiltrazioni mafiose nei processi produttivi e nelle istituzioni.

Avremo bisogno di un piano di assunzione di giovani professionisti (Psicologi clinici, educatori, assistenti sociali, informatici) che insieme agli psichiatri e infermieri ridisegneranno la mission dei DSM. Non rinforzare i servizi pubblici oggi significa rendersi colpevoli quanto alla impreparazione che è emersa nell’affrontare pandemia da COVID-19. Siamo entrati in nuovo mondo e in una nuova era e con nuove proposte dialogiche e democratiche dobbiamo sviluppare servizi lungimiranti e innovativi per favorire la resilienza degli utenti e degli operatori per il benessere mentale di comunità.


Bibliografia

Alessandro Baricco, Virus. È arrivato il momento dell’audacia. Articolo Marzo 2020

Yuval Harari, Il mondo dopo il corona virus: ovvero la dittatura della sorveglianza permanente. Articolo 22 marzo 2020

Parag Khanna, Dopo il virus nascerà una globalizzazione regionale. Articolo Aprile 2020

Raffaele Barone, Benessere mentale di comunità: Teorie e pratiche dialogiche e democratiche. In corso di pubblicazione. Franco Angeli 2020