Volume 22 - 25 Marzo 2021

Numero speciale: "Salute mentale e contesto pandemico"

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Aby M. Warburg dal Colera al Coronavirus: quando la storia delle epidemie si intreccia con quella degli individui

Autore

(Ricevuto il 22 gennaio 2021; accettato il 31 gennaio 2021)



Riassunto

L'editore Rubbettino ha recentemente pubblicato, nella collana Nottole di Minerva, il libro di Miriam Gualtieri Resartus. Viaggi, scoperte e visioni di Aby M. Warburg. Il volume “intreccia” i tanti aspetti del personaggio così come le diverse prospettive delle molte discipline che lo hanno studiato, al fine di far emergere elementi della sua biografia finora ignorati, trascurati o fraintesi.
Nell’articolo qui presentato, la sua vicenda intellettuale e psicopatologica viene messa in relazione con la pandemia di colera che flagellò l’Europa nel XIX secolo. L’orizzonte odierno è certamente cambiato, ma le analogie tra il passato e quanto sta accadendo oggi con il Covid-19 sono tante, forse troppe.


Abstract

Rubbettino has recently published, in the Nottole di Minerva series, the book Resartus. Travels, discoveries and visions of Aby M. Warburg by Miriam Gualtieri. The book “weave” the many aspects of the character as well as the different perspectives of the many disciplines that have studied Warburg, in order to bring out elements of his biographical story so far ignored, neglected or misunderstood.
In this article, his intellectual and psychopathological experience is connected with the cholera pandemic that plagued Europe in the XIX century. Nowadays things have certainly changed, but there are similarities, perhaps too many, between the past and what is happening with Covid-19.


A chi legge potrebbe apparire eccentrica l’idea di ospitare, in una rivista di Psichiatria e in un numero riservato alla pandemia in corso, un articolo dedicato a un volume dal titolo Resartus. Viaggi, scoperte e visioni di Aby M. Warburg edito da Rubbettino. Tuttavia, l’eccentricità è solo apparente.

In primo luogo perché Warburg (1866-1929) è stato un paziente dell’astro nascente della Psicopatologia fenomenologica (Daseinanalyse), Ludwig Binswanger. La complessità sindromica del suo caso clinico ha attratto l’attenzione dei più importanti protagonisti della Psichiatria del Novecento (Emil Kraepelin e Sigmund Freud) e costituisce ancora oggi un enigma recalcitrante alla decifrazione e, perciò, «una vicenda critica e clinica straordinaria», secondo le parole dello psichiatra Salvatore Inglese, postfatore del volume citato.

In secondo luogo perché Warburg ha vissuto il dramma di una devastante pandemia che, come quella odierna, giunse da Oriente e, seguendo precise rotte, sbarcò nei porti dell’Occidente, provocando fughe di massa, disordini sociali, panico collettivo, ricerca di capri espiatori e dissesto economico.

L’agente patogeno era il batterio Vibrio cholerae – la cui principale riserva sono l’uomo e le acque, soprattutto salmastre – responsabile di aver scatenato ben sei pandemie nel corso del XIX secolo (la settima, iniziata nel 1961 e tuttora in corso, è causata dal nuovo ceppo V. cholerae O1 El Tor). I primi rimedi della medicina contro il “mostro asiatico” (appellativo conseguente al suo terribile decorso) si dimostrarono inefficaci e i clinici ricorsero a disperate procedure sperimentali che, il più delle volte, si rivelarono fatali. Tutti erano dominati dalla paura, di infettarsi o di infettare, persino di finire sepolti anzitempo: a causa di un macabro effetto del morbo (violenti scuotimenti e sussulti post mortem) i carri adibiti alla raccolta dei cadaveri sembravano brulicare di vita. Inoltre i sintomi dell’infezione, simili a quelli di un avvelenamento, alimentarono l’idea che il contagio potesse avere un’origine criminale piuttosto che naturale. L’ipotesi di un complotto delittuoso fu corroborata dalla condotta dispotica dei vari governi, che imposero ai vivi severe restrizioni (spesso aggravanti le loro già precarie possibilità di sopravvivenza) e si impossessarono con la forza di malati e morti (cosicché le famiglie non poterono eseguire i riti del cordoglio), bruciandone gli effetti personali.

Il colera raggiunse il porto di Amburgo, città natale di Warburg, nell'agosto 1892, cagionando la morte di circa 10.000 persone in poco meno di due mesi. Nonostante la malattia avesse flagellato a varie ondate l’Europa sin dal 1830, i medici non si accorsero subito della sua comparsa poiché in estate i disturbi intestinali acuti erano molto frequenti. Solo quando il numero degli infermi e dei deceduti raggiunse una soglia allarmante le autorità sanitarie avvertirono il governatore prussiano della provincia (Schleswig-Holstein), il quale telegrafò immediatamente alle autorità di Berlino. Tuttavia l’ufficiale capo-medico di Amburgo (Kraus) decise di non informare la popolazione.

Occorre tener presente che, all’epoca, l'acqua erogata in città veniva prelevata dal fiume Elba e da lì direttamente pompata nelle case degli amburghesi. Nell’agosto 1892 il livello del fiume era estremamente basso e tutta la Germania settentrionale era attraversata da un'eccezionale ondata di caldo. Di conseguenza la corrente di marea, contaminata dai liquami delle navi ormeggiate nel porto e dai reflui fognari, risaliva l’estuario di parecchi chilometri, mentre la calura faceva crescere il consumo d’acqua. La combinazione di questi eventi non tardò a manifestarsi: le persone, che avevano ingerito frutti di mare crudi o avevano bevuto e utilizzato l'acqua contaminata, presto iniziarono ad ammalarsi e a infettarsi a vicenda. Nel giro di pochi giorni il numero di nuovi casi raggiunse il migliaio al dì.

Nel frattempo le autorità di Amburgo cercarono di sbarazzarsi dei migranti che, provenienti da varie parti d'Europa, si proiettavano verso il Nuovo Mondo. Di proposito non avvertirono i Paesi di destinazione dell’emergenza sanitaria (in seguito la loro omissione portò a un drastico inasprimento delle leggi americane sull'immigrazione e alla protesta formale del console statunitense) e lasciarono che gli armatori riempissero i transatlantici senza alcuna precauzione. Com’era prevedibile, a bordo di tutte le navi salpate dal porto di Amburgo in quell’agosto 1892 si svilupparono focolai di colera che falcidiarono equipaggi e passeggeri.

Soltanto poche centinaia di migranti diretti in Inghilterra rimasero a terra perché gli inglesi rifiutarono di accoglierli. A questi si aggiunsero quelli a cui era stato intanto rifiutato l'ingresso nel Nuovo Mondo (molti erano i sopravvissuti alle traversate che, arrivati a destinazione, erano stati respinti in Europa, anche a colpi di cannonate). Il destino di queste persone, già in condizioni precarie, fu la prigionia nelle baracche del porto per tutta la durata dell'epidemia.

Per fronteggiare la catastrofe sanitaria di Amburgo, il Kaiser Guglielmo II di Prussia inviò sul posto nientemeno che Robert Koch – il medico che aveva già scoperto l’agente eziologico della tubercolosi (bacillo di Koch) e isolato il vibrione del colera – con i poteri di commissario straordinario della città. Koch costrinse le autorità locali a chiudere le scuole, vietare assembramenti, costruire ospedali da campo, implementare un'importante campagna d’informazione e istituire un programma di quarantena, disinfezione e isolamento dei malati.

Allora, come oggi, l’onda d’urto della malattia, travolgendo abitudini e stili di vita consolidati, sembrò introdurre una cesura con il passato, come se qualcosa di simile non fosse mai avvenuto prima.

Eppure, dalle pagine di questa rivista, qualche mese fa, il filosofo della scienza Gianluca Bocchi, prefatore del volume su Warburg, ci ha rammentato che le «epidemie a vasto raggio hanno accompagnato le popolazioni umane almeno dalle origini dell’agricoltura» e che l’espressione «“Le cose non saranno più come prima” è persino una banalità, se pensiamo a come i cambiamenti siano pervasivi nella storia, e a come spesso grandi discontinuità siano generate da eventi e da tendenze a prima vista trascurabili».

L’attenzione nei confronti di ciò che appare trascurabile o irrilevante, anodino o insignificante costituisce il fulcro dell’originale metodo di lavoro di Warburg: egli amava ripetere che «Dio è nei dettagli» per sollecitare i suoi colleghi e amici ad assumere uno sguardo capace di cogliere quegli “indizi” che aprono nuovi orizzonti di conoscenza. Con tale metodo indagava le immagini che compaiono nelle opere d’arte della cultura occidentale (appuntandone provvisoriamente le riproduzioni fotografiche sui grandi pannelli neri di un atlante rimasto incompiuto) e organizzava i libri della sua biblioteca (collocandoli negli scaffali secondo un criterio di analogia, contrasto o contiguità che doveva aiutare a creare collegamenti possibili e inattesi). Le sue ricerche non si lasciavano intimorire dal rispetto dei confini tra discipline diverse, secondo il motto ciceroniano liberae sunt enim nostrae cogitationes. Come aveva ben compreso, la storia della scienza non è soltanto quella delle singole discipline, ma anche quella delle rotture delle loro frontiere, quella delle loro interferenze, quella della migrazione di concetti e idee, spesso sotto la spinta degli sconvolgimenti della Storia.

Lo dimostra, per esempio, il nostro presente. Si pensi all’approccio inedito dei vaccini per la pandemia (funzionamento a RNA messaggero - mRNA) che induce il corpo umano a produrre le proteine “bersaglio” senza bisogno di virus né di sue parti, neppure depotenziate: quando il nuovo coronavirus si è diffuso, alcuni ricercatori – che negli ultimi decenni avevano studiato la tecnologia a mRNA nel tentativo di curare malattie come il cancro – hanno messo la loro indagine in relazione fruttuosa con il SARS-CoV-2, intanto sequenziato in diversi laboratori del mondo. Le ricerche si sono attuate utilizzando piattaforme “plug-and-play” (collega e usa) basate sull’idea che il DNA o l'RNA di un numero enorme di germi possano essere “collegati” alla stessa piattaforma vaccinale.

L’attuale pandemia ha così rivelato quanto sia importante connettere le idee e attivare il processo creativo in un mondo di estrema complessità qual è quello in cui viviamo, ovvero un mondo le cui differenti dimensioni (sanitaria, economica, politica, sociologica, psicologica, ambientale, ecc.) sono “tessute insieme”, secondo il significato originario del termine “complesso”.

L’idea di non semplificare l’inestricabile complessità del reale è ciò che ha ispirato la scrittura del volume su Warburg qui presentato. Il suo titolo allude proprio al tentativo di “ricucire”, di tessere insieme i molti aspetti del personaggio nonché le diverse prospettive delle tante discipline che se ne sono occupate, in modo da far emergere aspetti finora ignorati, trascurati o malintesi della sua vicenda biografica (Resartus, ovvero ricucito). Tale scelta si riflette sul tipo di narrazione adottata, che si organizza in capitoli – corrispondenti alle direzioni cardinali (Nord, Sud, ecc.) verso cui Warburg si è spostato nel corso della sua vita – e paragrafi, sempre uguali nel titolo (Viaggio, Enigma, Follia, Malinteso, Identità, Metodo, Oggetti, Superstizione) ma che, in ogni capitolo, si combinano in modo differente e si riempiono di contenuti diversi, coerentemente all’adozione di un’architettura combinatoria affine a quella utilizzata da Warburg per organizzare i libri della sua biblioteca e le immagini del suo atlante.

Ai quattro capitoli seguono la bibliografia e due appendici, la prima dedicata al profilo biografico dei personaggi e la seconda agli scritti warburghiani citati nel volume.

Inoltre arricchiscono il testo la Prefazione di Gianluca Bocchi e la Postfazione di Salvatore Inglese.

Il primo – filosofo della scienza, esperto di Storia globale, Geopolitica, Storia delle idee e della cultura, che insieme a Mauro Ceruti ha diffuso in Italia le tematiche concernenti le scienze e l’epistemologia dei sistemi complessi – introduce il volume inserendo Warburg nel dibattito contemporaneo sui modi di costruire, valutare e fondare le conoscenze, dove l’ambizione di definire una descrizione oggettiva del mondo ha ceduto il passo alla possibilità di descriverlo intersoggettivamente attraverso la connessione e la convergenza delle varie prospettive.

Il secondo, Salvatore Inglese – psichiatra, esperto in Antropologia medica, Etnopsichiatria e Salute mentale delle popolazioni migranti – chiude il volume con una Postfazione in cui delinea il profilo psicopatobiografico di Warburg sulla scorta dei documenti e delle testimonianze storiche nonché del dibattito nosografico tra gli alienisti che si occuparono, in modo diretto o indiretto, del caso. La ricostruzione psicopatologica cerca di restituire la complessità di un disturbo psichiatrico, riconducibile ad alcune categorie diagnostiche maggiori (es., Demenza presenile, Schizofrenia, Psicosi maniaco-depressiva) ma, allo stesso tempo, così variegato da attraversare i capitoli della Psicopatologia e della Clinica psichiatrica grazie a una spinta interna proteiforme e transnosografica. Importa osservare che la Postfazione evidenzia i primi sintomi psichiatrici di Warburg indotti proprio dall'epidemia di colera del 1892. Lo studioso reagì a questo evento attraverso l'evitamento fobico, una difesa psichica che lasciò una traccia indelebile nella sua psiche come vissuto di rabbia e vergogna per non essere rimasto ad Amburgo con la sua famiglia.


Per un approfondimento sulle epidemie di colera, in particolare su quella scoppiata ad Amburgo nel 1892, si vedano:
Snowden FM, Storia delle epidemie. Dalla morte nera al Covid-19, LEG, 2020.
Evans RJ, Death in Hamburg. Society and Politics in the Cholera Years, Penguin Press, 2005.