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La migrazione online dei Servizi per la promozione di salute mentale: Presupposti metapsicologici

Autori

(Ricevuto il 20 novembre 2020; accettato il 30 novembre 2020)



Riassunto

Stiamo assistendo oggi ad una profonda trasformazione della teoria e della clinica mirata alla promozione della salute bio-psico-sociale.

La pandemia da COVID 19 ha determinato una repentina migrazione nel cyberspazio: noi operatori coinvolti nella cura ed il trattamento del disagio psichico non possiamo permetterci di essere miopi dinanzi a quel digitale che oggi sta consentendo di occuparci dei nostri pazienti, delle loro famiglie, del territorio. Quali sono gli accorgimenti teorico-clinici da tenere in considerazione?

Il presente lavoro introduce la metapsicologia di riferimento per l’approccio online, prestando l’attenzione al processo di protesizzazione e ibridazione del setting, indispensabili per preservare la validità e l’efficacia degli interventi online.


Abstract

Today we are witnessing a profound transformation of theory and clinic aimed at promoting bio-psycho-social health. The COVID 19 pandemic has led to a sudden migration into cyberspace: we operators involved in the treatment and treatment of psychological distress cannot afford to be short-sighted in the face of that digital that today is allowing us to take care of our patients, their families, the territory .What are the theoretical-clinical precautions to be taken into consideration?

This work introduces the reference metapsychology for the online approach, paying attention to the process of prosthetics and hybridization of the setting, essential for preserving the validity and effectiveness of online interventions.



Nell’attuale realtà, uno dei punti fermi che emerge dal dibattito a livello nazionale e internazionale è rappresentato dalla costruzione di un sistema di servizi tramite internet per raggiungere le persone, comunicare e interagire con loro, secondo quanto suggerito da importanti esperienze di e-mental health (Mezzina 2020).

Infatti, in piena emergenza da COVID-19, l’uso della tecnologia connessa in rete si è mostrato fondamentale per i servizi “psicologicamente orientati”. Merita di essere citato, a scopo esemplificativo, il modello introdotto dal sistema sanitario cinese che definisce una modalità di intervento per gestire le criticità emergenti, prevedendo l’integrazione di medici, psichiatri, psicologi e assistenti sociali su piattaforme internet. L’idea di fondo dei ricercatori Zhang et al., (2020) è che, durante l'epidemia, una rapida integrazione del governo e delle forze sociali attraverso il lavoro in rete possa massimizzare la gestione efficace della crisi psicologica.

Quella dell’epidemia da COVID-19 da una parte, e dei dispositivi tecnologici connessi in rete dall’altra, è una questione di porte, di punti di vista e di varchi di accesso a scenari di vario ordine, grado e forma, che erano stati appannaggio dell’immaginario fantascientifico. La questione oggi sta nel riuscire ad ancorare media e metodi a fattori di ordine simbolico che costituiscono i principi della cura. Il nesso tra le pratiche e i modelli teorici richiede dunque una riformulazione dei rapporti tra la psiche e la dimensione dello spazio esteso in senso geografico e territoriale, non essendo più concepibile la mente come un “interno”.

Respirando l’aria personale tipica nel cyberspazio, l’atmosfera appare diversa rispetto alla dimensione collettiva dove si svolge l’incontro in presenza, caratterizzata dal rumore di una penna che scorre sui fogli degli appunti, dall’aroma lontano di un caffè tiepido e da quegli indefinibili sentori o odori da sempre indicatori della sede dove si svolgono le sedute cliniche, i gruppi e le riunioni di equipe “psi”.

Partendo dall’assunto di Marshall McLuhan (1964) secondo cui «il mezzo è il messaggio», possiamo osservare che la mescolanza di mezzo e di messaggio è il terreno proprio dell’Es, un inconscio di superficie che, dunque, ha molto a che fare con la tecnologia connessa in rete, ovvero l’attuale modo di trasmissione dell’informazione.

Ma osserviamo cosa succede, con uno sguardo critico ed analitico.

La comunicazione online oggi non solo ci permette di superare il problema del distanziamento sociale, ci consente oggi fluidità negli scambi comunicativi, sincronizzazione, connessione. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che lo spazio del setting online equivale a un ambiente virtuale e simulato, dunque espanso, smisurato, difficilmente organizzabile in ambiti distinti.

C’è spazio, e troppo, ma non c’è luogo.

La tecnologia e l’uso del device in rete, offrendo troppe possibilità, creano l’illusione che tutto sia possibile. L’immaginario, che nel suo mondo inconscio già tende a “formicolare”, non ha più pareti: le barriere perdono senso e la categoria stessa di barriera non assolve più alla funzione di delimitare e organizzare lo spazio. Infatti il rischio più grande è che la comunicazione online possa dematerializzare e abbattere la barriera da cui nasce il pensiero. Visto che l'apparato psichico, e con esso il pensiero, nasce da uno spazio con barriera.

La corporeità, la mente “embodied” ha a che fare non con fantasmi del profondo, ma con contesti dove conquistarsi e mantenere agibilità, modulando la funzione dei filtri e delle barriere protettive (firewall della mente, anti-virus in relazione ai messaggi ingannevoli e distorsivi, alle credenze anti-scientifiche).

Inoltre la comunicazione a distanza spinge i soggetti a commisurare il grado di inibizione individuale ed emanciparsi dalla sua più drammatica conseguenza: l’analfabetismo informatico, verso una competenza semiotica e un’abilità che sembra di mera “sopravvivenza” per poi esitare nella dimensione ludica, di intrattenimento. Un’opportunità esplorativa dove la dotazione cognitivo-affettiva viene scambiata, confrontata e implementata con l’altro.

Cosa vuol dire il confronto tra lo Seelen-Apparat freudiano, la psiche o mente o apparato psichico, e la macchina elettronico/informatica sul piano della diagnosi e del trattamento? Tra lo spirituale e il virtuale? E cosa comporta nei termini di un funzionamento integrato tra intelligenza artificiale e forme dell’umano o del post-umano (Iossa Fasano 2013)? Qual è l’inconscio del computer? Come ridefinire i campi di sapere (teoria e arti visive) e di espressione figurativa dell’Es che il sogno riformula ogni notte? Come ripensare il ruolo di display e di monitor con cui si relaziona il singolo e in virtù dei quali si svolge l’atto clinico?

È stato notato che il processo di cura deve servirsi di media e di strumenti che non vanno di per sé in direzione adattiva o reintegrativa, né sono automaticamente considerati come sinergici alla salute mentale. Non va da sé che la “macchina influenzante” sortisca effetti terapeutici, sebbene che i soggetti giovani e meno giovani, cerchino gli “influencer”.

Approfondendo il tema e tracciandone una metapsicologia di riferimento (Iossa Fasano e Mandolillo, 2020) abbiamo osservato che nel setting online si verificano fenomeni di iperstimolazione sensoriale, espansione, de-materializzazione, eccesso di simultaneità, che hanno un’effetto destabilizzante e psicotizzante: queste manifestazioni impediscono alla “barriera” di svolgere la sua funzione di misura e di limite regolatore.

Se per Matussek (1991) «lo psicotico è incapsulato all’esterno», oggi possiamo sostenere che “lo psicotico è incapsulato in uno spazio infinito per un tempo eterno” (Iossa Fasano e Mandolillo, 2020). Le barriere spazio-temporali sono per lui ben poca cosa. Ogni consultazione online dovrebbe definire in quale peculiare modo i nuclei psicotici della soggettività sono incapsulati in “spazi esterni” per un tempo non più eterno e in uno spazio ben de-finito.

Ma tornando al setting online, possiamo riconoscere che la psicoterapia, come anche i gruppi di supervisione o di comunicazione online, sono verosimilmente un’assenza e al contempo qualcosa di inautentico. Eppure possono divenire un tassello unificante, un ponte alla “presenza reale e autentica”, esaltandone invisibili o insospettate caratteristiche. Anche nello spazio sconfinato, infatti, il setting può restituire le condizioni che permettono la coscienza, il pensiero e la considerazione per la raffigurabilità.

Come può essere possibile tutto questo?

Raccogliendo la proposta di «utilizzare consapevolmente, responsabilmente e creativamente le nuove tecnologie per dare più "potere" (empowerment) alle persone, ai nostri utenti e operatori» (Barone, Gulino, Barone 2020), riteniamo che molti elementi funzionali svolgono un’azione di rispristino dei parametri nella rappresentazione di sé e nell’interazione mediata con l’altro, rendendo sostenibile il setting online e la relazione. Tali variabili modulativi ed elementi regolativi sono ciò che abbiamo definito “funzioni protesiche” (Iossa Fasano e Mandolillo 2020) perché rendono accessibili e condivisibili quei fattori eccessivamente invasivi della comunicazione online. Trasmissione che, proprio in quanto immateriale e invisibile, risulta minacciosa o realmente intrusiva al di là dei contenuti della comunicazione.

Se la dimensione online distrugge la barriera da cui nasce il pensiero, al contrario gli elementi materiali che compaiono nel setting da remoto lo “protesizzano”, vi immettono schermi, barriere, limiti. Ma tutto ciò richiede una particolare direzione negli studi (verso l’esterno e non l’interno, sulle superficie e non nel profondo) e il riconoscimento del volume di lavoro psichico degli attori nella cura online: pazienti e operatori.

Questi fenomeni che immettono “materia” e materiali nel setting, non sono soltanto oggettive ma anche soggettive, espresse attraverso operazioni o manovre che si rivelano come strategie oppure comportamenti adattivi e funzionali al processo analitico, a quello terapeutico e ai setting formativi, specie le supervisioni in gruppo o le riunioni di equipe.

Il dispositivo mediale rappresenta oggi uno spazio digitale e un ambiente virtuale che possiede un sistema interno di regolazione e di auto-regolazione che, di per sé, non risulta essere sufficientemente adatto alla terapia o tutto ciò che vi è affine. Sistema che va riconosciuto in supervisione, sottoposto a manutenzione e processato nelle sue eterogeneità, sovrapposizioni e contraddizioni avanzanti. Va “ibridato” o “protesizzato” con le funzioni umane che sembrano naturali e spontanee anche se sono esse stesse il frutto di interazione tecno-culturale.

In estrema sintesi, per setting online ibridato da materie regolabili in funzione di barriera si intende, dunque, il risultato di un filtraggio percettivo che ricade sulle forme della rappresentazione e rende possibili ulteriori modi e gradi di ripensamento qualitativo (si pensi all’allestimento scenico del setting in presenza come posizione che non sia sempre frontale: faccione contro faccione; costanza del setting; riservatezza; arredamento; luci; protezione da rumori, astinenza da agìti ed eccessi di libertà nell’abbigliamento e uso di cibi, bevande, fumo e tante altre variabili da sottoporre a disciplina e regolazione).

In conclusione, partendo dall’assunto che «l’insegnamento più grande che ci deriva dall'emergenza COVID-19 è l'importanza fondamentale del territorio, prima ancora che del luogo ospedaliero per la gestione di un fenomeno così diffuso e complesso» (Facchi, Magnani, Cardamone 2020), riteniamo che l’online possa essere un valido strumento per l’attivazione di procedure che consentano di migliorare la fluidità e l’efficienza della connessione tra i servizi. Tenendo conto delle trasformazioni in atto, della attuale “seconda ondata”, degli esiti psicologici legati all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.

Pur non escludendo la possibilità di rientro alle buone pratiche che caratterizzano l’organizzazione dei servizi attraverso incontri in presenza, la gestione attuale dei servizi non può prescindere dalla consapevolezza che la repentina migrazione ha fatto da catalizzatore per il lavoro psichico: riflettere su questi aspetti, con conseguente riconoscimento di alcuni accorgimenti puramente pratici finalizzati a protesizzare ciò che manca, può garantire maggiore validità ed efficacia degli interventi promossi.


Bibliografia

1) Barone R., Gulino E., Barone L. (2020) Tempo presente (sos)peso, tra passato tras(curato) e futuro s(conosciuto). IL DSM di Caltagirone nell’era della pandemia da Covid 19, Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, Vol. 20 – 06/20

2) Facchi E., Magnani N., Cardamone G. (2020) Questioni di salute mentale al tempo del Covid 19, Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, Vol. 20 – Editoriale;

3) Iossa Fasano A. (2013) Fuori di Sé – Da Freud all’analisi del cyborg, Edizioni ETS, Pisa;

4) Iossa Fasano A., Mandolillo P. (2020) Dal divano di Freud al monitor del pc. Metapsicologia della terapia online, Franco Angeli, Milano;

5) McLuhan M. (1964) Gli strumenti del comunicare, Il saggiatore Editore, 2008, Milano

6) Mezzina (2020) Appello per un piano nazionale per la salute mentale nell’emergenza coronavirus, Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, Vol. 20 – 06/20, Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, Vol. 20 – 06/20

7) Matussek P. (1991) “La realtà della psicoterapia delle psicosi”, Psicoterapia e Scienze umane, XXV-2, Milano, Franco Angeli;

8) Zhang J., Wu W., Zhao X, Zhang W. (2020) “Recommended psychological crisis intervention response to the 2019 novel coronavirus pneumonia outbreak in China: a model of West China Hospital”, Precision Clinical Medicine, Volume 3, Issue 1, March 2020, Pages 3–8.