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La 2° Edizione dei questionari “Mental Health Service Recovery-Oriented” sviluppati dal Progetto Visiting DTC.
Definizioni operative e strumenti empirici per valutare l’orientamento al recovery dei Servizi di Salute Mentale di Comunità

Autore

Tutti gli utenti dei servizi di salute mentale riferiscono che se essi avessero avuto il potere di scegliere come usare il budget destinato alla cura della loro salute mentale, avrebbero principalmente chiesto ad altre persone di far loro da guida nello svolgimento di quelle attività, di loro interesse, che caratterizzano una vita normalmente vissuta.
Larry Davidson


Riassunto

L’articolo presenta le Definizioni Operative preliminari dei Questionari “Mental Health Service Recovery-Oriented”, sviluppati dal Progetto Visiting DTC, rivolti alla valutazione empirica dell’Orientamento al Recovery dei Servizi di Salute Mentale di Comunità.

I Presupposti metodologici si ritrovano all’interno della tradizione di ricerca community-based in salute mentale, la quale ha permesso di mettere in evidenza tre regole generali di buon funzionamento dei Servizi Recovery-Oriented che si riscontrano anche nelle narrazioni di recovery di utenti che hanno sperimentato l’importanza e la validità dei processi attivi di inclusione nel proprio contesto sociale di appartenenza.

Il Mental Health Service Recovery-Oriented è un questionario che adatta alla cultura italiana lo sviluppo di due specifici questionari sul Recovery prodotti da Larry Davidson (il Recovery Self-Assessment - RSA - ed il Recovery Knowledge Inventory - RKI -), integrati in un singolo reattivo, suddiviso in nove aree, raggruppate nelle tre regole generali di buon funzionamento emergenti dalla summenzionata ricerca community-based.

Esso è stato sviluppato in sei forme diverse, con item adattati a diversi destinatari: quattro, specifiche per Somministrazioni Individuali ad Operatori, Utenti, Familiari e Manager, e due, specifiche per Somministrazioni Collettive o per Gruppi di Osservatori Esterni, durante Audit di valutazione nei Servizi di Salute Mentale di Comunità.

Parole Chiave: Salute Mentale di Comunità; Recovery; Sviluppo di Comunità Locale; Servizi di Salute Mentale; Valutazione Orientamento al Recovery.


Abstract

The paper presents the preliminary Operative Definitions of Questionnaires "Mental Health Service Recovery-Oriented", developed by Visiting DTC Project, as tools for empirical evaluation of the Recovery Orientation of the Community-Based Mental Health Services.

The methodological assumptions are found within the tradition of community-based research in mental health, which has allowed highlighting three general rules of good functioning of the Recovery-Oriented Services, which are also found in the recovery stories of users who have experienced the importance and validity of active inclusion processes in their own social context of belonging.

“Mental Health Service Recovery-Oriented” - MHSRO - is a questionnaire that adapts to Italian culture the development of two specific questionnaires on Recovery of Larry Davidson (“Recovery Self-Assessment” - RSA - and “Recovery Knowledge Inventory” - RKI -), integrated into a single tool, divided into nine areas, grouped into the three general rules of good functioning emerging from the aforementioned community-based research.

It has been developed in six different forms, with items adapted to different recipients: four, specific for Individual Administration to Workers, Users, Families and Managers, and two, specific for Collective Administration or for External Observer Groups, during Evaluation Audits in Mental Health Services.

Key Words: Community-Based Mental health; Recovery; Local Community Development; Mental Health Services; Assessment Recovery-Orientation.


1. L’Orientamento al Recovery dei Dispositivi di Intervento Comunitario

I presupposti epistemologici su cui poggia il Progetto Visiting DTC, vedono la salute mentale, come un bene comune intangibile, che contribuisce alla costruzione del capitale sociale delle comunità territoriali. Il Capitale Sociale di una comunità locale politicamente definita, permette nel suo complesso, di organizzare processi di cittadinanza basati sul sostegno allo sviluppo di tutte quelle competenze psico-socio-economiche che abilitano i cittadini alla collaborazione reciproca, per comprendere sempre meglio il mondo in cui vivono e per incidere in modo sempre più attivo sulla complessa realtà che li circonda (1; 2).

In particolare, il bene comune intangibile definito salute mentale, è classificabile come un bene relazionale (3), in quanto comune ad una rete di relazioni sociali ed individuabile in base alla presenza o assenza delle proprietà di condivisione nel consumo e di collaborazione nella fruizione, tipiche della classificazione del bene comune come un terzo genus rispetto alle tradizionali categorie di bene privato e bene pubblico del consumo.

I Servizi dedicati al bene comune Salute Mentale, allora, per definizione con possono che essere basati sulla dimensione comunitaria; da cui ne consegue che non è possibile pensare epistemologicamente la disciplina Salute Mentale, se non come Salute Mentale di Comunità (4) ed i dispositivi di lavoro mentale se non come Ambienti Abilitanti (5).

I contesti sociali che possano fungere quindi da dispositivo di lavoro mentale che renda tollerabile la complessità, siano essi intesi come ambienti di vita familiare e sociale, sia come setting di lavoro psicologico e terapeutico, possono allora essere considerati dei veri e propri Dispositivi di Intervento Comunitari, fondati sulla naturale articolazione gruppale delle relazioni umane presenti nell’ambiente su cui intervengono e nel quale si sviluppano. Essi rappresentano pertanto i contesti di lavoro metodologicamente più efficaci per tutti i programmi tanto di salute mentale quanto di sviluppo locale.

Caratteristica specifica di tutti i dispositivi di intervento comunitario, più o meno istituiti e/o organizzati come Servizi per la salute mentale di Comunità, è la doppia tipologia di funzionamento cui sono orientati: una strutturazione professionale ad orientamento psicoterapeutico (6) ed una auto-organizzazione della cura orientata al recovery (7). Questo doppio orientamento, sempre presente all’interno di tutti quei Servizi di salute mentale di Comunità, intesti come Dispositivi di Intervento Comunitario, rappresenta oggi la più sofisticata lente di osservazione, valutazione e misurazione dei processi bio-psico-socio-economici che determinano la sofferenza mentale e che ne sostengono la sua presa in carico comunitaria.

Il “Progetto Visiting DTC”, in particolare, attribuisce enorme valore a quei Dispositivi di Intervento Comunitario che svolgono la fondamentale funzione sociale di Servizio Residenziale ed Abitativo rivolto alle persone con disagio mentale. Riprendendo e sviluppando la tradizione di ricerca anglosassone delle Comunità Terapeutiche Democratiche, il Progetto Visiting DTC ha sviluppato di conseguenza specifici Programmi di Accreditamento di Qualità per le Comunità Terapeutiche (8), i Gruppi Appartamento (9) e le Abitazioni Supportate (10), attraverso i quali è possibile valutare empiricamente la correlazione tra lo loro funzione di setting psicoterapeutici comunitari e quelle di interventi di orientamento al recovery (12; 13).

I Gruppi Appartamento e le Comunità Terapeutiche rappresentano dei Dispositivi di Intervento Comunitario in Salute Mentale, classificati come setting psicoterapeutici comunitari e quindi finalizzati esplicitamente allo svolgimento di una primaria funzione di cura. A tali dispositivi va imputato l’obiettivo primario della maturazione della qualità delle relazioni interpersonali, affettive e familiari soprattutto, in un’ottica di trasformazione delle capacità mentali (individuali, familiari, gruppali e comunitarie) che permettano lo sviluppo di processi cura (6; 11).

I Dispositivi di Intervento Comunitario in Salute Mentale specificamente e principalmente orientati al Recovery, invece non sono né esplicitamente né principalmente finalizzati in senso psicoterapeutico, e possono essere classificati in tre tipologie: Sostegno all’Abitare, Sostegno all’Impiego, Sostegno alla Convivenza Sociale. Abitare, lavorare e partecipare ai processi di convivenza civile in una data comunità sociale, rappresentano infatti le tre attività di base, che nell’esperienza degli utenti dei servizi di salute mentale, qualificano una vita normalmente vissuta (14; 15).

Queste tre tipologie possono presentarsi anche variamente integrate l’una nell’altra nei Dispositivi di Intervento Comunitario Recovery-Oriented, ma sono tutte ugualmente finalizzate all’inclusione sociale degli individui e contemporaneamente allo sviluppo locale di comunità.

Alcune definizioni operative permettono di delinearne meglio i confini ed il campo di applicazione:

  1. Dispositivi di Sostegno all’Abitare (Casa/Habitat Sociale): ambienti domestici di appartenenza personale e/o familiare degli utenti, all’interno dei quali possono ricevere specifici servizi domiciliari che li interconnettono alla comunità locale:
    • Alloggi appartenenti alla rete di sostegno dell’utente, presso i quali è ospitato
      • Convivenza Guidata
      • Affido Etero Familiare
    • Alloggi nella disponibilità personale dell’utente, che lo abita individualmente
      • Appartamento Protetto,
      • Alloggio Supportato
  2. Dispositivi di Sostegno all’Impiego (Lavoro/Formazione): ambienti formali di inclusione socio-lavorativa all’interno dei quali gli utenti si sperimentano nella propria capacità realizzare la propria promozione personale e professionale e di contribuire allo sviluppo della propria comunità sociale di appartenenza:
    • Sostegno alla progettazione personalizzata dell’inclusione nel mercato competitivo
      • Promozione dell’auto-imprenditorialità attraverso il Microcredito Gruppale
      • Sostegno all’impiego ed al Collocamento Individualizzato
      • Sostegno all’inclusione in Percorsi Formativi Abilitanti
    • Creazione di opportunità lavorative sul mercato del lavoro protetto
      • Borse Lavoro e Tirocini Formativi
      • Interventi Socio-Riabilitativi Attivi
      • Cooperazione Sociale di tipo B
  3. Dispositivi Sostegno alla Convivenza (Socialità/Affettività): ambienti istituzionali o informali di partecipazione democratica alla vita della comunità sociale più ampia che prevedono una cooperazione tra-pari ed una tutela dell’esercizio dei diritti di cittadinanza:
    • Attività di Appoggio Individualizzato per la Partecipazione Sociale
      • Accompagnamento nella libera fruizione del territorio
      • Affiancamento nelle relazioni con le Agenzie locali
      • Intermediazione Istituzionale e Amministrativa
    • Attività di Integrazione Sociale in contesti comunitari locali
      • Associazionismo degli Utenti
      • Centri Culturali Territoriali
      • Ambienti Familiari d’Origine

L’Orientamento al Recovery di tutta questa variabilità di dispositivi di intervento comunitario è assicurato dalla costruzione di “Ambienti Abilitanti”, che assicurano interventi individualizzati, ma svolti in contesti comunitari attraverso lo svolgimento di attività gruppali.

Orientamento al Recovery vuol dire, infatti, lavorare affinché le persone che soffrono di disturbi mentali potenzialmente gravosi ed invalidanti, possano acquisire uno stile di vita indipendente da una specifica assistenza, caratterizzato da una stabilità abitativa e lavorativa, da un soddisfacente numero di contatti sociali e relazioni amicali, dall’assunzione di un sentimento di potere e controllo sulla propria vita e dalla costruzione di un’identità positiva nonostante il disagio (14; 16).

Con il passare del tempo e con la sua diffusione nei Servizi di Salute Mentale di Comunità, Recovery è diventato anche il nome di un processo di guarigione dalla grave patologia mentale, inteso come recupero di una personale condizione di benessere, fondata sulla possibilità di superare il trauma della malattia, le conseguenze dei trattamenti e spesso dei mal-trattamenti, la perdita delle capacità e delle opportunità di accesso ad attività che hanno un significativo valore personale. È così emerso anche un nuovo concetto definito Recovery Personale, che non coincide necessariamente né con il ritorno allo stato precedente alla malattia, né semplicemente con uno stato di autonomia nella partecipazione alla vita sociale della propria comunità di appartenenza, ma piuttosto con l’attivazione di un processo di costante tendenza alla costruzione di un nuovo modo di vivere, libero dal potere di controllo delle istituzioni sanitarie, sulla base di un sempre rinnovato senso di auto-efficacia, per “vivere una vita che vale la pena vivere”.

È stato grazie alla questa spinta teorico-metodologica fornita da tali concettualizzazioni che si sono sviluppati i nuovi dispositivi di intervento comunitario in salute mentale specificamente orientati al recovery, come il sostegno all’abitare ed all’impiego, l’auto-mutuo-aiuto e l’associazionismo partecipativo. Le finalità di tali dispositivi non sono soltanto il recupero dell’autostima delle persone con disagio psichico in essi coinvolti, ma anche l’affermazione il diritto di queste a partecipare a vario titolo alla costruzione degli stessi dispositivi di cui usufruiscono.

Da parte degli operatori dei Servizi, tutto ciò ha comportato una riflessione straordinaria sulla infusione, trasmissione e elaborazione della speranza di guarigione e/o di benessere come componente essenziale di ogni processo terapeutico e/o di ripresa, ed ha richiesto un immane sforzo sistematico, ancora non concluso, sull’impostazione della cura basata sin dall’inizio sull’assunzione del rischio, piuttosto che sul suo evitamento metodologico, e sull’esercizio dei diritti, piuttosto che sulla loro sospensione. Il diritto del paziente di sbagliare è quindi ormai riconosciuto da tutti gli stakeholder come parte integrante dei suddetti dispositivi di intervento comunitari, ed implica uno spostamento di focus dal modello di una malattia da curare e poi riabilitare a quello di una nuova vita da continuare a vivere. I principali processi terapeutici e di ripresa dal disagio psichico saranno così sempre più fondati sul sostegno all’accesso delle persone a tutte le nuove opportunità di vivere, lavorare e partecipare alla vita sociale delle proprie comunità di appartenenza.

La ricerca community-based ha inoltre permesso di mettere in evidenza 3 tipologie di viluppo recovery oriented cui stanno andando incontro i nuovi dispositivi di intervento comunitario in Salute Mentale, che riguarda tanto la loro organizzazione che la loro filosofia (17; 18). Tali ricerche si sono avvalse dello sviluppo e della successiva standardizzazione di alcuni strumenti self-report per la valutazione della qualità degli interventi in Salute Mentale di Comunità basati sulla misurazione degli atteggiamenti degli operatori, degli utenti, dei loro familiari e dei manager attraverso metodologie bottom-up e di validazione consensuale (19).

  1. La prima tipologia di sviluppo del sistema dei Servizi potrebbe essere definita come una trasformazione della loro filosofia rispetto a gli obiettivi da perseguire attraverso una “centratura sui bisogni dell’utenza”. Essa prevede il ri-orientamento dei Servizi verso il supporto agli utenti nel raggiungimento dei propri obiettivi di vita, alla soddisfazione dei loro bisogni ed alla realizzazione dei loro desideri, piuttosto che sugli obiettivi dei professionisti o sulle rappresentazioni di questi ultimi in relazione agli interessi dei loro utenti. In tale ottica, va visto il processo di autonomizzazione degli utenti nella gestione del budget di cura (14; 18). Conseguenze importanti della partecipazione degli utenti agli obiettivi da raggiungere sono la facilitazione della loro inclusione nella comunità e la riduzione della loro dipendenza dal sistema dei Servizi per la salute mentale. Fondamentale in questi casi risulta essere la trasformazione degli operatori in Guida al Recovery, un ruolo operativo che rappresenta una evoluzione community-based di quello del case manager manualizzata sotto forma di linee guida (20).
  2. La seconda tipologia di sviluppo metodologico potrebbe essere definita come “trasformazione delle relazioni cliniche”. Essa prevede che le relazioni tra il personale sul campo e gli utenti dei servizi diventino più egalitarie, piene di speranza, basate sull’empowerment, collaborative e stimolanti, e quindi siano sostenute da processi di appiattimento/elasticità delle gerarchie tipiche delle istituzioni e delle organizzazioni sanitarie. Le decisioni cliniche, comprese quelle sull’utilizzo dei farmaci, devono essere infatti molto più condivise, ed inserite all’interno di un processo di progettazione terapeutica personalizzata (21; 22; 23). Molti Autori hanno proposto l’inserimento sul campo di numerosi operatori del supporto tra pari, come ex-utenti o altri pazienti o familiari esperti, per fornire un supporto di base, o anche la prima assistenza ed il primo orientamento nei Servizi, proprio nell’ottica di rinforzare la tendenza alla riduzione dei livelli gerarchici (24; 25).
  3. La terza tipologia di sviluppo si basa invece la trasformazione dei programmi operativi basata su nuove dimensioni sociali del lavoro in salute mentale. Essa potrebbe essere definita di “evoluzione civile dei Servizi” e prevede l’ampliamento della varietà di interventi e dispositivi di sostegno che il sistema dei Servizi è in grado di fornire, in modo da comprendervi anche dispositivi espressivi, ludici ed artistici volti alla ricerca esistenziale, alla pratica spirituale e alle attività culturali. Metodologicamente vuol dire investire sullo sviluppo culturale di tutta la comunità cui appartengono gli utenti, ma anche i loro familiari ed i loro operatori. Sostenere l’espressione artistica come la produzione narrativa, musicale, cinematografica o teatrale, e lo sviluppo delle relazioni informali che animano il tempo libero, permette di diffondere in maniera divulgativa buone pratiche e soprattutto atteggiamenti positivi verso il disagio mentale, contribuendo all’inclusione sociale ed alla lotta allo stigma (16). Tali sviluppi sostengono meglio l’accesso degli utenti a gruppi di auto-mutuo-aiuto e ad altri servizi user-led, nonché una nuova politica democratica fondata su un associazionismo partecipativo che rappresenti con sempre maggiore efficacia le loro istanze sociali e quelle dei loro care-giver (26; 27).

Queste sono diventate tre regole generali di buon funzionamento dei Servizi Recovery-Oriented che si riscontrano anche nelle narrazioni di recovery di utenti che hanno sperimentato l’importanza e la validità dei processi attivi di inclusione nel proprio contesto sociale di appartenenza (impostata principalmente sugli aspetti della casa e della scuola, del lavoro e del tempo libero, della libertà di scelta della cura e dei curanti), a differenza dell’inserimento in Servizi sanitari istituzionalizzati, differenziati e segreganti.

Da qui riparte oggi l’opera di ri-territorializzazione comunitaria e ri-negoziazione politica della mission di ciascun Servizio che si voglia definire Comunitario, così come di ogni singolo Dipartimento di Salute Mentale, ma anche del Servizio Sanitario Nazionale del suo complesso. Questa opera di co-costruzione collettiva va portata avanti da tutti gli stakeholder di tali Servizi attraverso politiche di concertazione sociale, sia sui diritti alla cura, alla casa, al lavoro e più in generale alla partecipazione sociale, sia sul ruolo che la salute mentale deve avere nell’economia civile delle nostre comunità, ma soprattutto sui nuovi significati che deve assumere il disagio psichico e la grave patologia mentale nella prospettiva tanto della globalizzazione che della postmodernità.


2. Il Mental Health Service Recovery-Oriented 2° Edizione (2017)

Il Mental Health Service Recovery-Oriented è un questionario che adatta alla cultura italiana lo sviluppo di due specifici questionari sul Recovery in Salute Mentale, il Recovery Self-Assessment - RSA - (28) ed il Recovery Knowledge Inventory - RKI - (29), integrati in un singolo reattivo, suddiviso in nove aree, raggruppate nelle tre regole generali di buon funzionamento emergenti dalla summenzionata ricerca community-based sul recovery.

Il questionario Recovery Self-Assessment - RSA - 28) valuta il livello di impegno dei Servizi in pratiche recovery-oriented. È disponibile in quattro diverse forme, ovvero per utenti, care-giver, operatori e dirigenti; ed è costituto da 36 item suddivisi in cinque fattori (Obiettivi di vita, Coinvolgimento, Varietà di opzioni, Scelta e Interventi erogati su misura).

Il questionario Recovery Knowledge Inventory - RKI – (29) è costituito da 20 item che valutano le conoscenze degli operatori dei Servizi ed il loro atteggiamento verso temi quali: la natura individuale del recovery, la competenza culturale, l’autodeterminazione, l’assistenza basata sui punti di forza, la presa di decisioni e l’assunzione di rischi, la gestione della malattia e dei sintomi, l’accettazione della malattia, il coinvolgimento in attività significative, il superamento dello stigma, la ridefinizione di sé, la speranza e la natura non lineare del processo di recovery.

Il Mental Health Service Recovery-Oriented è stato sviluppato, sulla pratica degli Ambienti Abilitanti in Salute Mentale, da Utenti, Operatori, Familiari e Manager del Progetto Visiting DTC, secondo il modello Recovery-Oriented di Davidson, Tondora, Staeheli, O'Connell & Rowe: A Pratical Guide to Recovery-Oriented Practice (15). È stato sviluppato in sei forme divere, con item adattati a diversi destinatari, e raggruppati nelle medesime nove aree. Recentemente, all’interno del Progetto Visiting DTC, è stata sviluppata una seconda edizione (10) che, rispetto alla prima (30), ha rivisto e reso omogenei gli item presenti trasversalmente in tutte e sei le forme che lo caratterizzano.

Le forme in cui è stato costruito il MHSRO sono quattro, specifiche per Somministrazioni Individuali ad Operatori, Utenti, Familiari e Manager (- O - U - F - M -), e due, specifiche per Somministrazioni Collettive o per Gruppi di Osservatori Esterni, durante Audit di valutazione Interna o Esterna (- COM - DEL -) nei Servizi di Salute Mentale di Comunità. Le nove aree in cui sono raggruppati tutti gli item, nelle varie forme sono: 1) Rinnovare la speranza e l’impegno; 2) Essere sostenuto dagli altri; 3) Trovare il proprio posto nella comunità locale; 4) Ridefinire se stessi; 5) Assimilare la malattia; 6) Gestire i sintomi; 7) Assumere il controllo; 8) Combattere lo stigma; 9) Maturare empowerment.

Le prime tre Aree (1, 2, 3) appartengono alla Prima delle tre regole generali del buon funzionamento dei Servizi di Salute Mentale di Comunità. Le seconde tre Aree (4, 5, 6) appartengono alla Seconda Regola. Le Terze tre Aree (7, 8, 9) appartengono alla Terza Regola summenzionata.

La loro esplorazione in dettaglio permette di apprezzarne meglio la sruttura.


Prima Regola Generale di Buon Funzionamento dei Servizi Recovery-Oriented: “centratura sui bisogni dell’utenza”.

1 Rinnovare la speranza e l’impegno
Le relazioni di sostegno con i membri della famiglia, gli amici, gli operatori, i membri della comunità e i pari permettono agli utenti di diventare interdipendenti in una comunità che può sia condividere la loro delusione e il loro dolore, sia gioire della loro felicità e dei loro successi. Tutte le persone hanno bisogno che venga loro offerta la “speranza” di ridefinirsi e di determinare la propria vita, di sviluppare senso d’identità e di appartenenza alla comunità, nonostante la presenza di sintomi o difficoltà persistenti, di maturare empowerment. I successi sono dovuti a fattori relazionali quali la fiducia e l’impegno da parte di tutte le persone coinvolte nel percorso di recovery. Sono fondamentali quelle esperienze relazionali che conducono allo scambio dei seguenti sentimenti: “crede davvero in me”, “vede in me cose che io non riesco a vedere”.

2 Essere sostenuto dagli altri
Massimizzare gli aiuti informali degli amici, dei familiari, dei vicini, dei volontari e di altri membri della comunità. Gli operatori non si sostituiscono a queste reti sociali, ma evitano di ostacolarne lo sviluppo con atteggiamenti autoritari e tecnocratici, ne sostengono lo sviluppo attraverso l’ottimizzazione di tutti gli sforzi rivolti al reclutamento delle relazioni d’aiuto informale. Gli interventi si svolgono nei centri d’arte, nelle parrocchie, nelle squadre di calcio, nei centri formativi, e in tutte quelle opportunità che la comunità offre.

3 Trovare il proprio posto nella comunità locale
Gli interventi si svolgono nell’ambiente naturale della persona con l’obiettivo di facilitare le relazioni con gli altri membri della comunità sociale, sviluppare il senso di cittadinanza e sostenere le persone ad adattarsi alle difficoltà. Il focus è sulla comunità al fine di attivare percorsi d’inclusione sociale e di sviluppo locale di comunità, anche attraverso il coinvolgimento di tutte le risorse, formali ed informali, che i Servizi di Salute Mentale riescano a mettere in campo.


Seconda Regola Generale di Buon Funzionamento dei Servizi Recovery-Oriented: “trasformazione delle relazioni cliniche”.

4 Ridefinire se stessi
Gli interventi sono mediati da operatori eterogenei per cultura, etnia, professionalità, stili di vita, interessi, orientamenti religiosi, sessuali e politici. Agli utenti e ai familiari viene fornita in modo chiaro la possibilità di definire e ridefinire i criteri di tutti i percorsi di aiuto, cura ed assistenza di cui usufruiscono.

5 Assimilare la malattia
Tutti hanno dei punti di forza e delle abilità da valorizzare così come nuove capacità da sviluppare per acquisire sempre nuove competenze. Gli insuccessi di una persona nel dimostrare la propria competenza non sono dovuti solo ai deficit individuali, ma piuttosto al fallimento dei sistemi sociali nel fornire sostegno o creare delle opportunità per dimostrare e acquisire abilità. L’apprendimento dall’esperienza della malattia e della sofferenza mentale si basa sulla valorizzazione delle preferenze personali.

6 Gestire i sintomi
Apprezzare il contesto di vita della persona, valorizzando la storia personale, le sue esperienze, i percorsi e le fasi di sviluppo permette di centrare gli interventi non sui sintomi ma sulle aspettative e le aspirazioni degli utenti. Capire l’impatto dell’emarginazione sugli utenti e sui loro sintomi rappresenta la base su cui costruire gli interventi che permettano loro di diventare quello che vogliono essere, nonostante i limiti imposti loro dalla malattia.


Terza Regola Generale di Buon Funzionamento dei Servizi Recovery-Oriented: “evoluzione civile dei Servizi”.

7 Assumere il controllo
Tutti gli interventi devono prevedere che siano gli utenti ad averne la guida. È necessario che gli operatori imparino a non fare niente senza l’approvazione dell’utente. Il processo di riscoperta e ricostruzione di una costante percezione di sé come agente attivo e responsabile costituisce una fonte importante di miglioramento delle condizioni di ogni utente. Sostenere la persona senza stare né un passo indietro e né un passo avanti, ma standogli semplicemente accanto, accettando che possa fare errori e sbagli.

8 Combattere lo stigma
Molte persone con disturbi psichiatrici sono stati abituati dagli operatori a “ricevere” aiuto e a lasciare che altri prendono le decisioni al loro posto e così si sentono di non avere molto da condividere e da trasmettere agli altri, mentre invece sono proprio gli utenti le persone maggiormente competenti nell’affrontare, descrivere e prendersi cura delle situazionI di disagio mentale. Attivare relazioni a doppia direzione (si dà e si riceve), serve non soltanto a sviluppare senso di agency e autostima al livello individuale, ma a anche a combattere lo stigma a livello sociale.

9 Maturare empowerment
Il contesto di povertà e di esclusione dalle risorse materiali e da opportunità quali l’istruzione, il lavoro e robuste reti sociali può sia aggravare, sia interagire con l’emarginazione, l’invisibilità e la “visibilità distorta” della malattia mentale. Disoccupazione e povertà sono sicuramente stressanti. Il contesto socio-economico in cui vivono gli utenti deve essere considerato un focus di studio, su cui l’utente stesso è informatore privilegiato, al fine di programmare al meglio i Servizi dedicati alla Salute Mentale della Comunità.

tabella 1A
Tab1A: Questionario MHSRO 2°Ed – OPERATORI (parte 1 di 3)


tabella 1B
Tab1B: Questionario MHSRO 2°Ed – OPERATORI (parte 2 di 3)


tabella 1C
Tab1C: Questionario MHSRO 2°Ed – OPERATORI (parte 3 di 3)


tabella 2A
Tab2A: Questionario MHSRO 2°Ed – UTENTI (parte 1 di 2)


tabella 2B
Tab2B: Questionario MHSRO 2°Ed – UTENTI (parte 2 di 2)


tabella 3A
Tab3A: Questionario MHSRO 2°Ed – FAMILIARI (parte 1 di 2)


tabella 3B
Tab3B: Questionario MHSRO 2°Ed – FAMILIARI (parte 2 di 2)


tabella 4A
Tab4A: Questionario MHSRO 2°Ed – MANAGER (parte 1 di 3)


tabella 4B
Tab4B: Questionario MHSRO 2°Ed – MANAGER (parte 2 di 3)


tabella 4B
Tab4C: Questionario MHSRO 2°Ed – MANAGER (parte 3 di 3)


tabella 5A
Tab5A: Questionario MHSRO 2°Ed – COMUNITARIO (parte 1 di 2)


tabella 5b
Tab5B: Questionario MHSRO 2°Ed – COMUNITARIO (parte 2 di 2)


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