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Open dialogue.
Un intervento innovativo con la famiglia e la rete sociale nel Dipartimento di Salute Mentale di Caltagirone Palagonia

Open dialogue. Intervento innovativo famiglia e rete sociale DSM Caltagirone Palagonia
Autori

RIASSUNTO

Quest’articolo si propone di presentare un metodo innovativo, già sperimentato nei paesi scandinavi, per affrontare l’esordio della patologia psichiatrica grave, ed in particolare gli esordi psicotici. Si tratta dell’”open dialogue” che, attraverso un progetto di sperimentazione in cinque province italiane, vuole verificare l’applicabilità di tale modello al nostro contesto socio-culturale. Tale progetto, in collaborazione con il CNR, è partito nel 2015. Nell’articolo vengono riportati sia i principi ispiratori che l’applicazione pratica nel Dipartimento di Salute Mentale di Caltagirone-Palagonia. Vengono in dettaglio descritti i casi seguiti e lo stile operativo degli operatori impegnati.


ABSTRACT

This article is about an innovative approach, developed in the Scandinavian countries, to treat severe psychiatric disorder, and, in particular, psychosis. It is the ”open dialogue“ method that, through an experimental project in five Italian provinces, wants to verify the applicability of this treatment to our social and -cultural context. This project, in collaboration with the National Research Council, started in 2005. In the article the guiding principles and the practical implementation of the method carried out in the Department of Mental Health of Caltagirone- Palagonia are reported together with the cases followed and the way of working of the operators involved.


Introduzione

L’open dialogue nasce in Finlandia negli anni ’80 come approccio per affrontare l’esordio delle patologie psichiatriche e ridurre i ricoveri ospedalieri, con tutte le conseguenze economiche, sociali e di stigma che ciò comporta. La paternità di quest’approccio spetta a Yaakko Seikkula, anche se le radici sono da rintracciare nel “trattamento adattato al bisogno” di Alanen (2). Infatti, il gruppo di ricerca diretto da quest’ultimo, già a partire dal 1968, tentò di sviluppare un trattamento molto flessibile per i pazienti schizofrenici e le loro famiglie, in termini di metodi e di strumenti, e “adattato” ai loro specifici bisogni, in buona sostanza, una terapia “su misura”.

Gli obiettivi principali dell’ open dialogue sono:

Il dialogo aperto non è un metodo, non è una tecnica, bensì uno stile di vita, un atteggiamento. Si ricordi che “il dialogo è qualcosa cui non possiamo sfuggire, è lì come il respiro, il lavoro, l’amore, gli hobby o guidare l’auto. È la vita”. (16). Infatti, dialogare è il secondo atto che l’uomo compie quando nasce, dopo respirare. Inoltre, “come persone viventi noi siamo essere relazionali, nasciamo nelle relazioni... Nulla è più necessario che essere uditi e presi seriamente, ed è questo che dà origine a una relazione dialogica” (16).

Durante gli incontri i professionisti si prefiggono di riattivare il dialogo fra i membri della famiglia con l’obiettivo di dare una nuova rappresentazione del problema e ciò è possibile attraverso un linguaggio co-costruito e condiviso per esprimerlo. Non si tratta, però, di trovare né vincitori né vinti né tantomeno soluzioni ai problemi, bensì aprire nuove prospettive creandole nel dialogo (14). “La sfida… è… abbandonare i nostri scopi di produrre un cambiamento nei nostri clienti attraverso i nostri interventi” (16).


LA PRATICA DIALOGICA

L’open dialogue è caratterizzato da dodici elementi chiave:


L’OPEN DIALOGUE IN PRATICA

Da un punto di vista pratico le sedute di open dialogue si svolgono in diverse fasi:


L’OPEN DIALOGUE NEL MDSM DI CALTAGIRONE-PALAGONIA

Per entrare nello specifico della nostra esperienza di open dialogue a Caltagirone e Palagonia, è importante inquadrare il contesto di riferimento: il Modulo Dipartimentale di Salute Mentale di Caltagirone-Palagonia insiste sul territorio siciliano, nel Comprensorio Calatino Sud Simeto, il quale accoglie una popolazione di circa 144.000 abitanti distribuiti in 15 Comuni, la cui economia è prevalentemente caratterizzata da agricoltura, artigianato, servizi e turismo e dove sono presenti due Distretti Socio Sanitari e due Piani di Zona. Tale servizio è formato da due centri di salute mentale, dieci ambulatori territoriali con èquipe formate da psichiatra, psicologo, infermiere e assistente sociale, due centri diurni, un SPDC, un day hospital, una Comunità Terapeutica pubblica, una REMS, un centro per la psicoterapia familiare e di comunità e per l’inclusione socio-lavorativa, un SERT e un servizio di NPI.

Nello specifico, invece, l’introduzione dell’open dialogue nel nostro servizio è partito dalla formazione che, come ricorda Seikkula nel suo articolo del novembre 2016, è una delle traiettorie cardine su cui deve svilupparsi il futuro dell’open dialogue. La formazione ha previsto diversi step: in una prima fase, due operatori del Dipartimento di Salute Mentale si sono recati a Roma dove sono stati formati all’approccio open dialogue (progetto in collaborazione con il CNR per verificare l’applicabilità del modello in Italia), successivamente, attraverso la lettura di articoli, libri e attraverso simulate sono stati formati altri operatori del servizio sotto la supervisione di questi due dirigenti. Gli operatori coinvolti in questa seconda fase sono stati psichiatri, assistenti sociali, psicologi, tecnici della riabilitazione psichiatrica e infermieri appartenenti sia all’SPDC del P.O. di Caltagirone, sia al servizio territoriale ma anche alla REMS e alla CTA pubblica di Santo Pietro.

Formare tanti operatori all’approccio dell’open dialogue ha permesso di formare èquipe di quattro professionisti (due conduttori e due facenti parte del team riflessivo). Ciò ha comportato una maggiore polifonia che, come ricordato sopra, è uno degli elementi chiave dell’open dialogue. Infine, nell’ottica della formazione si sta attualmente progettando un corso che si svolgerà nel trimestre gennaio-marzo 2017 e sarà aperto ad altri operatori della salute mentale.

Nel periodo che va da marzo a dicembre 2016, sono stati seguiti 30 casi, di cui 6 sono stati presi in carico durante un ricovero ospedaliero e il percorso è continuato nel territorio. Tali casi non sono stati precedentemente segnalati perché ancora il progetto è in fase di introduzione. A tal proposito, è stata elaborata una scheda di primo contatto per individuare i nuovi casi di esordio psicotico, gestita dagli infermieri, e finalizzata a intervenire nelle 24 ore successive alla richiesta d’intervento, così come previsto dal dialogo aperto. È stata la stessa equipe che ha seguito il nucleo familiare, dal momento del ricovero al reinserimento socio-familiare. Viceversa in altri casi si è verificato un primo contatto ambulatoriale presso il Servizio o al domicilio come da specifica richiesta della famiglia. È stata costituita l’èquipe dei professionisti che ha effettuato con la famiglia e la rete sociale degli incontri di open dialogue. Ciò ha permesso di diminuire il numero dei ricoveri in SPDC in assoluto. Il ricovero non è stato necessario neanche di fronte ad eclatanti crisi psicotiche, in alcuni casi anche in presenza dei vigili urbani.

Dall’analisi dei dati dei casi presi in carico e da un approfondimento diagnostico è emerso che: 21 utenti presentavano esordio psicotico, 4 utenti disturbo bipolare, 2 utenti disturbo di personalità borderline, 1 disturbo di personalità dipendente, 1 nevrosi d’ansia con angoscia e 1 sindrome dissociativa.

Questo modus operandi ci rinvia a due concetti chiave sopra esposti o se si preferisce i due concetti chiave implicano questo modus operandi e cioè:


CONCLUSIONI

Nella nostra esperienza, che può essere sicuramente connotata in termini positivi, abbiamo notato che l’uso degli psicofarmaci si è notevolmente ridotto nei casi di esordio psicotico, che il numero dei ricoveri ospedalieri è diminuito ma anche il clima relazionale fra gli operatori del Servizio è migliorato e si rileva un maggior coinvolgimento delle famiglie.

In sintesi possiamo dire che siamo i “visitatori” delle persone che ci danno il permesso di visitare la loro vita, ma noi non siamo gli individui più significativi nella loro vita. È più importante che i pazienti siano compresi dai loro familiari o dai propri amici e conoscenti. È così che il paziente riesce a farsi capire e ascoltare e valorizzare come persona. È un tipo di supervisione particolare perché devi fare in modo che risulti utile al paziente e alla famiglia.


BIBLIOGRAFIA

(1) AaltonenJ, Seikkula J, Lehtinen K. The comprehensive Open Dialogue Approach in Western Lapland : the incidence of non-affective psychosis and prodromal states. Psychosis. 2011; 3.

(2) Alanen YO. Schizophrenia. Its origins and Need-Adapted treatment. Karnac Books; 2011.

(3) Andersen T. The reflecting team: dialogues and dialogues and dialogues New York: Norton; 1991.

(4) Andersen T. Conversation, language, and possibilities. New York: Basic Book; 1997.

(5) Arnkil TE, Seikkula J. Metodi dialogici nel lavoro di rete. Erickson; 2012.

(6) Bachtin M. The dialogic imagination. Austin: University of Texas Press; 1981.

(7) Barone R, Bruschetta S. La comunità terapeutica nella comunità locale per la cura della grave patologia mentale Testo disponibile al sito www.mitoerealta.org: CT_e_Comunità_locale_-_Barone_Bruschetta_1.pdf

(8) Barone R, Bellia V, Bruschetta S. Psicoterapia di Comunità. Clinica della partecipazione e politiche di salute mentale. Milano: Franco Angeli; 2010.

(9) Bateson G. Verso un’ecologia della mente. Milano: Adelphi; 1976.

(10) Bessone M, Tarantino C. Forme di democrazia in psichiatria: l’Open Dialogue finlandese.

(11) Bruschetta S, Frasca A, Barone R. Verso Servizi Comunitari di Salute Mentale Recovery-Oriented.in Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, rivista online di psichiatria. 2016.

(12) Bessone M, Tarantino C, Forme di democrazia in psichiatria : l’Open Dialogue finlandese, State of Mind, 03/06/2015

(13) Olson M, Seikkula J, Ziedonis D. The key elements of dialogic practice in Open Dialogue. Worcester:The University of Massachusetts Medical School; 2014. (Trad. It. Gli elementi chiave della Pratica Dialogica nel Dialogo Aperto: criteri di fedeltà ad opera di: Marcello Macario, MD, Mental Health Department, Local Health Authority, Savona (Italy); Angelo Arecco, expert by experience, Italian Hearing Voices Network, Savona (Italy); Chiara Tarantino, Clinical Psychologyst, University of Urbino (Italy) Versione 1.1, 2014

(14) Seikkula J. Il dialogo aperto. L’approccio finlandese alle gravi crisi psichiatriche. Roma: Giovanni Fiorini Editore; 2014.

(15) Seikkula J, Aaltonen J, Alakare B et al. Five-years experience of first-episode non-affective psypchosis in open- dialogue approach:treatment principles, follow-up outcomes, and two case studies. Psycotherapy Research. 2006; 16 (2).

(16) Seikkula J, Dialoghi aperti nel presente e nel futuro: nuovi sviluppi”, 21 Novembre 2016.