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Nuove politiche di salute mentale rigenerative all'interno della comunità:
I Patti territoriali

Autori

RIASSUNTO

Nel 2014 venivano ultimati i lavori di progettazione e stesura del Patto territoriale per la salute mentale zona Valdarno, finanziato dalla Regione Toscana con il parteneriato dell’Asl sud Est, della Conferenza zonale dei sindaci del Valdarno e dalla Cooperativa sociale Koinè di tipo A.

L’azione complessiva del Patto territoriale si riassume in un lavoro strategico sviluppatosi su quattro aree (Prevenzione infanzia e adolescenza, l’abitare, il lavoro e l'auto aiuto) simbolo del principio di rete che ha caratterizzato tutto il piano operativo del progetto. L'aspetto etico e politico dei diritti e dell'uguaglianza tra cittadini costituisce l'assunto di base su cui costruire un Patto Territoriale. E' nel territorio che si creeranno o si perderanno le opportunità di salute nel prossimo decennio. La Salute Mentale gioca un ruolo fondamentale in questa partita poichè non c'è Salute senza Salute Mentale, essa si determina come fattore determinante di una comunità rispetto alla percezione della salute generale, delle capacità di sviluppo umano ed economico, del benessere individuale e collettivo. L'esperienza Toscana propone Patti in contesti diversi e su tematiche non esclusivamente socio-sanitarie, ma il processo, che è parte essenziale, corrisponde in pieno al tipo di lavoro che l’antecedente USL 8 e la Conferenza Zonale dei Sindaci del Valdarno Aretino si erano prefissiti nel raggiungere quegli obiettivi di salute per il territorio del Valdarno, che attraverso lo stesso Patto saranno sanciti e sottoscritti da tutti i soggetti coinvolti; diventando così strumento culturale e scientifico strategico, in un ottica ecologica, integrata e sostenibile dei profili di salute mentale. I patti territoriali possono essere considerati come programmi di sviluppo di una comunità locale, in termini di politica sociale ed economica, attenta a garantire diritti di cittadinanza alle fasce più fragili della popolazione. L'obiettivo è quello di aumentare la capacità di un territorio/comunità di individuare azioni collettive in grado di rispondere ad un determinato problema, costruire una rete di relazioni e azioni, supportata dal patto, in grado sviluppare Territori Competenti.


ABSTRACT

In 2014 the works were completed the design and drafting of the Territorial Pact for Mental Health Valdarno area, funded by the Region of Tuscany with ASL, partnership South East, the zonal conference of mayors of the Valdarno and the Social Cooperative Koinè type A.

The overall action of the territorial pact is summed up in a developed strategic work on four areas (Prevention childhood and adolescence, live, work and self help) symbol of the network principle that has characterized the entire operational plan of the project. The ethical and political aspects of the rights and equality among citizens is the basic assumption on which to build a Territorial Pact. E 'in the territory that will be created or you will lose health opportunities in the next decade. Mental Health plays a vital role in this game as there is no health without mental health, it is determined as a determinant of a community than the perception of general health, the ability of human and economic development, and individual and collective well-being. Experience Tuscany offers Patti in different contexts and on issues not only social and health care, but the process, which is an essential part, fully corresponds to the type of work that the antecedent USL 8 and Zonal Conference of Mayors of the Valdarno Aretino they were prefissiti in achieving those health goals for the territory of Valdarno, which through the same Covenant will be sanctioned and signed by all parties involved; thus becoming a cultural and strategic scientific instrument, in a ecological perspective, integrated and sustainable mental health profiles. Territorial Pacts can be regarded as a local community development programs, in terms of social and economic policy, careful to guarantee citizenship rights to the most vulnerable sections of the population. The goal is to increase the capacity of an area / community to identify collective actions can respond to a given problem, build a network of relationships and actions, supported by the covenant, able to develop Competent Territories.


INTRODUZIONE

“Non voglio con questo dire che la malattia non esiste, ma noi produciamo una sintomatologia, il modo di esprimersi della malattia, a secondo del modo con cui pensiamo di gestirla, perché la malattia si costruisce e si esprime sempre a immagine delle misure che si adottano per affrontarla. Il medico diventa gestore dei sintomi e crea un’ideologia su cui poi il manicomio si edifica e si sostiene. Solo così egli può dominare e reprimere le contraddizioni che la malattia esprime.”

Franco Basaglia

1.1 Prima del Patto

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 il Valdarno aretino viene investito da quella straordinaria ondata di cambiamento che ha portato al percorso di chiusura dei manicomi e che ha visto Arezzo, insieme a Trieste, al centro di questa rivoluzione culturale. Con la rottura del vecchio modello psichiatrico di contenimento, inizia il ritorno dei pazienti dal vecchio ospedale ai territori di provenienza. Questo fenomeno obbliga le comunità a farsi carico del problema e sancisce un principio fondamentale: la comunità non può allontanare o nascondere chi soffre di disturbi psichici, ma deve prendersene cura all’interno del proprio contesto di vita. Occorre rapidamente ridefinire l’organizzazione dei servizi , creare strutture in grado di rispondere in modo adeguato a questi nuovi bisogni: l’accoglienza ed il reinserimento di chi è stato istituzionalizzato, la gestione e la cura della cosiddetta “nuova utenza” a livello di strutture e servizi territoriali (DSM), senza il supporto delle struttura manicomiale. (Bartolucci G., Cuculi F., Testi S., Vergani E. 2006)

Nasce in questo periodo l’esperienza della riabilitazione psichiatrica in Valdarno, all’interno del DSM, sotto la guida sicura e carismatica di Paolo Pesce. Il nuovo approccio al disagio mentale non prevede solo la messa in discussione dei luoghi, del metodo e degli obiettivi; alcune persone, che arrivano al DSM, hanno risorse ed aspettative per una migliore qualità della vita che non soddisfano con il solo contenimento del disturbo psichico o con una maggiore capacità di accoglienza di tipo abitativo. Si tratta di passare da un intervento di tipo contenitivo-assistenziale del disagio a uno riabilitativo-formativo. Qui fa il suo ingresso il paradigma della Recovery, intesa come recupero di un nuovo senso della vita e dell’esperienza della sofferenza, opposto alla tradizionale visione di contenimento. Questo voleva dire anche opporre il concetto di cittadinanza a quello di malattia come non-libertà. Si inizia a ragionare di come il tutto si possa realizzare solo attraverso una dimensione territoriale e comunitaria degli interventi, e si progettano processi di cura e riabilitazione nei contesti di vita delle persone, quella che Burti chiama “Riabilitazione Ecologica”. La sofferenza psichica produce esclusione sociale dal proprio contesto di vita producendo una vera spirale viziosa (M.Spivak). La persona sofferente deve essere beneficiaria di un progetto individualizzato attento ai bisogni, alle problematiche, alle risorse ed alle aspettative soggettive. Un lavoro di cura e riabilitazione, quindi, non solo sul contenimento della sofferenza e sulla rimozione delle cause, ma anche sul recupero di abilità, sullo sviluppo di competenze ed autonomie. Lo specifico dell’agire riabilitativo, divenuto centrale alle attività del DSM, sta nel proporre percorsi mirati a produrre il cambiamento nella condizione e aspettativa di vita della persona. Gli anni ’90 sono quelli di forte ridiscussione del modello di welfare a cui fare riferimento, per i servizi territoriali, e vivono di alti e bassi tra politiche spesso contrastanti in ambito regionale e locale. Il modello di DSM a cui Paolo Pesce pensa, in continuità con il lavoro fatto, guarda alla visione di salute mentale di comunità che l’esperienza di Renato Piccione, come primario del DSM Roma 5, rappresenta come possibile riferimento progettuale. In quel periodo la Cooperativa Sociale di tipo A Koinè gestisce il servizio di riabilitazione psichiatrica del DSM Valdarno Usl 20 A, ed è a questa che Pesce si rivolge per attuare la sua nuova idea di riabilitazione territoriale psichiatrica. In qualità di primario ha intuito che la cooperazione sociale non ha solo un ruolo di fornitura di manodopera all’ente locale, ma ha anche una funzione effettivamente sussidiaria, di integrazione funzionale, capace di fornire visioni, valori, progettualità, specifici saperi. Tra pubblica amministrazione, cooperazione sociale e terzo settore, possono determinarsi sinergie che delineano nuovi terreni di lavoro, nuove metodologie, inusitati processi di elaborazione e di apprendimento collettivo che vanno ben oltre l’angusto confine del risparmio economico funzionale che è stato, ed è, l’orizzonte dei più miopi. Questo è l’assunto di base da cui nasceranno: il nuovo progetto di riabilitazione territoriale che nel 1995 ridefinirà le aree, i tempi, i luoghi, i soggetti formali ed informali dell’agire nei contesti di vita delle persone ma soprattutto i nuovi progetti individuali mirati alla piena esigibilità dei diritti di cittadinanza di ognuno. E’ l’inizio di una stagione di importanti sperimentazioni che diverranno spazi aperti per la promozione di una nuova visione di salute mentale. Nel 1996 nascerà la Polisportiva Gambassi ed ancora una volta si sceglierà, seguendo il modello dell’Aurora di Prato, di non fare un’attività all’interno del servizio, ma in un contesto aperto, fuori, nel territorio, in modo da costituire un nuovo punto rete nel contesto di vita delle perone e favorire con le proprie attività, coesione sociale e lotta allo stigma. Questa esperienza si dimostrerà particolarmente significativa perché in questo periodo maturerà l’idea dei Patti Territoriale per la salute mentale, grazie in modo particolare al lavoro del Dottor Giuseppe Cardamone e della Dottoressa Lucilla Frattura, che porterà alla sottoscrizione della Carta di Pratorotondo nel giugno 1998 (Patti Smit, Carta di Pratorotondo,1998). In realtà negli ultimi anni Toscana si è parlato spesso di Patti Territoriali ma saranno soprattutto protocolli operativi tra soggetti diversi mirati a risultati soprattutto sotto un profilo economico produttivo di un determinato territorio. Questo progetto prende forma e si caratterizza in un modo completamente diverso da queste due esperienze precedenti. Il Patto non è lo strumento per raggiungere determinati e condivisi obiettivi strategici quanto un metodo fortemente partecipato per la costruzione di politiche di comunità chiaramente orientato sui diritti di cittadinanza). Altre importanti esperienze hanno dimostrato la forza e la validità di questo paradigma, basti pensare all’associazione di promozione sociale Aldebaran, alla compagnia teatrale i Giocarelloni, all’atelier di pittura. Ma è sicuramente emblematico di quel pensiero forte di salute mentale e integrazione sociale, il mandato con cui veniva costituita nel 1999 la cooperativa sociale di tipo B Beta: “tipo B , non significa serie B, non assistenzialismo e contenimento ma lavoro vero, impresa sociale vera: non facciamone una riserva indiana.” Nel 2014 la cooperativa sociale di tipo B beta si fondeva con la coop sociale di tipo b Onlus 2000 portando in dote un fatturato di 4,2 milioni de euro e 160 soci lavoratori di cui circa 50 soggetti con svantaggio sociale. Questo lungo percorso ci ha condotti a pensare che è giunto il tempo in cui la Recovery non sia più un obiettivo ma il punto di partenza, che non si parli più di salute ma di diritti di cittadinanza tra cui anche quello alla salute, che la salute mentale, l’ integrazione e l’inclusione sociale sono essenziali ed imprescindibili beni pubblici che tutti i soggetti istituzionali, del terzo settore, della cooperazione sociale, della società civile hanno il dovere di preservare ed incrementare definendo ruoli, funzioni e responsabilità in un Patto Territoriale per la Salute Mentale.

 

1.2 Patto territoriale salute mentale Valdarno

L'aspetto etico e politico dei diritti e dell'uguaglianza tra cittadini costituisce dunque l'assunto di base su cui costruire un Patto Territoriale. E' nel territorio che si creeranno o si perderanno le opportunità di salute nel prossimo decennio e la Salute Mentale ha un ruolo fondamentale in questa partita poichè non c'è Salute senza Salute Mentale in quanto fattore determinante in una comunità della sua salute generale, delle sue capacità di sviluppo umano ed economico, del suo benessere individuale e collettivo(O.M.S.).

L'esperienza Toscana propone Patti in contesti diversi e su tematiche non esclusivamente sociosanitarie, ma il processo, che è parte essenziale, corrisponde in pieno al tipo di lavoro che la USL 8 e la Conferenza Zonale dei Sindaci del Valdarno Aretino si sono prefissi per raggiungere quegli obiettivi di salute che attraverso lo stesso Patto saranno sanciti e sottoscritti da tutti i soggetti coinvolti, diventando allora strumento culturale e scientifico strategico in un ottica ecologica, integrata e sostenibile dei profili di salute mentale. I patti territoriali possono essere considerati come programmi di sviluppo di una comunità locale, in termini di politica sociale ed economica attenta a garantire diritti di cittadinanza alle fasce più fragili della popolazione. L'obiettivo è aumentare la capacità di un territorio/comunità di individuare azioni collettive in grado di rispondere ad un determinato problema, costruire una rete di relazioni e azioni , supportata dal patto, in grado sviluppare Territori Competenti. Il patto definisce 4 aree di lavoro condividendo gli obiettivi e concertando azioni strategiche , costituendo tavoli di lavori specifici che saranno partecipati dai diversi portatori di interesse , attuando la metodologia della ricerca-azione (Rosiello L. e Trombetta C.,2007):
1 - Prevenzione, infanzia ed adolescenza
2 - L'abitare
3 - Il lavoro
4 - L'auto aiuto


2. METODOLOGIA DEI PATTI TERRITORIALI PER LA SALUTE MENTALE

 

2.1 Piano Operativo

Declinando il metodo operativo, che si è basato sugli indirizzi recepiti dal piano integrato regionale e dal Ministero della Salute, abbiamo ipotizzato una prima ipotesi di lavoro, che si è adeguato al processo partecipativo di costruzione del Patto per la Salute Mentale. Il piano ha previsto:

FIGURA 1

FIGURA 1 Mappa concettuale, presente all’interno della Brochure di presentazione del Patto territoriale per la salute mentale del Valdarno, realizzata come materiale di rassegna stampa. Riassume graficamente la logica progettuale e le diverse aree strategiche del piano operativo. Infine si ritrova la declinazione dei diversi progetti sviluppati a seconda dell’area di appartenenza.

Il lavoro sin qui sviluppato porta ad una serie di riflessioni che assumono valore più culturale che scientifico. Se un territorio può condividere percorsi mirati a produrre condizioni di salute – benessere scoprendo nuove risorse e attori di queste politiche, quello che stiamo affrontando è un viaggio verso cambiamenti soggettivi e collettivi.

La persona è al centro del sistema con i suoi sogni, problemi, aspettative, difficoltà, diritti, lo è perché la riconosce tale, non una diagnosi o tanto meno una malattia. In questa visione la Recovery è diventata la parola chiave ma anche l’assunto di base del nostro progetto. Roberto Mezzina dice che: “La Recovery non è un esito ma un processo come la vita, dove emerge il soggetto, dove si vede la persona e si assottiglia la malattia. E’ il viaggio compiuto da ciascuno nel ri-costruirsi una vita al di là della malattia, è la presa di coscienza di sé e dei propri problemi, ma soprattutto dei propri obiettivi di esistenza.” (“Teoria e pratica dell’azione intersettoriale nella progettazione di rete per la salute mentale” Ottobre 2003).

Ma come abbiamo già evidenziato questo percorso individuale deve integrarsi con uno interpersonale e sociale dentro ad un contesto determinato, si deve costruire anche un sé sociale che determina una condizione di cittadinanza diffusa.

L’altra parola chiave che dobbiamo legare a Recovery è quindi cittadinanza per dotare il processo di senso e di qualità.

In questa fase del Patto si passa dalla studio ed elaborazione degli indirizzi normativi, attraverso il lavoro di analisi del contesto fatto, alla proposta di progetti concreti che dovranno scendere dalla teoria alla pratica, dalle intenzioni alle azioni.

Il nostro viaggio è iniziato guardando alla Recovery come il faro su cui orientare tutto il nostro agire, pensando ai servizi, alla pubblica amministrazione come i soggetti competenti e destinatari ad attuare tutti i cambiamenti necessari a raggiungere gli obiettivi che abbiamo condiviso, utilizzando questo metodo. Oggi possiamo parlare di altro. Se la Recovery diventa lo strumento, allora l’assunto di base è il diritto di cittadinanza. Se più si assottiglia il disagio/malattia più si vede la persona, allora i protagonisti del viaggio saranno sempre più i soggetti e i luoghi che rappresentano la Comunità in tutti i suoi aspetti e difetti, e non più i servizi solamente. Le azioni proposte vedono un ruolo diverso, determinante e consapevole della rete di protezione sociale che un territorio può esprimere, la Comunità locale come il luogo delle politiche sociali.

Giuseppe Cardamone e Nadia Magnani parlano di “ una comunità sensibile e competente capace di accogliere e dare risposta, anche attraverso specifici patti/accordi tra istituzioni e agenzie della comunità, finalizzate a promuovere Salute Mentale, percorsi di inclusione e partecipazione sociale.” (Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, nella prefazione al libro di Maone e D’Avanzo “Recovery. Nuovi paradigmi per la salute mentale” Agosto 2016). Il pieno riconoscimento della persona in quanto tale, con i suoi problemi e le sue risorse, con le sue paure e le sue aspettative, è il terreno su cui costruire cittadinanza e salute mentale, sapendo che non è una scommessa dove si vince o si perde, bensì una sfida, e in quanto tale un viaggio che ha in se già il senso e l’idea del cambiamento.

 

2.2 Social Point

L’azione complessiva del Patto territoriale per la salute mentale si sintetizza nel lavoro strategico sviluppatosi su quattro aree, simbolo del principio di rete che ha caratterizzato il piano operativo del progetto. Nel corso della progettazione di queste quattro aree si è aggiunta una quinta area definita di azioni diffuse determinando così il bisogno di sviluppare azioni che fossero trasversali al piano operativo stesso. All’interno delle azioni diffuse ritroviamo le basi che ci portano oggi a parlare di Social Point; il progetto nasce dall’idea di creare uno spazio situato nel centro della città dove attivare uno sportello d’informazione e facilitazione per percorsi di volontariato e cittadinanza, intersecandosi a sua volta con a un’altra azione del Patto che ha avuto come obiettivo quello di mappare il sistema delle opportunità dell’ambito locale. La strategia di rete implica l’ampliamento delle opportunità offrendo a chiunque volesse intraprendere questo tipo di esperienze una possibilità, con ciò si generano risorse in termini di volontari o soci alle tante associazioni attive in Valdarno.

L’elaborazione e sviluppo del progetto nelle sue fasi ed azioni generali portano oggi a ripensare agli obiettivi ed ai soggetti da coinvolgere in quello che chiameremo Social Point PattiSmit.

Riprendendo l’idea originale, sintetizzata nella terza fase del Patto territoriale per la salute mentale, si va elaborando l’ipotesi di reperire uno spazio fisico come cabina di regia di numerose azioni del Patto ma non solo, si determina di divenire un centro di attività e progetti che guardano alla promozione del benessere comunitario in un’ottica di condizione di servizi e attività finalizzati a facilitare l’aumentare delle risposte per i diversi livelli di bisogno psico-fisico e sociale.

Il Social Point risulta non essere solamente la possibile risposta a disagi o difficoltà ma determina la creazione di opportunità allargate a tutta la fascia dei potenziali portatori d’interesse.

Dalla teoria alla pratica, i servizi e le attività ipotizzati al suo interno sono:
Sportello Social Point – punto d’informazione e accompagnamento ad esperienze di volontariato e socializzazione nelle diverse associazioni del territorio, diventando Bacheca delle opportunità e delle risorse umane disponibili e interessate.
Agenzia Ragno – facendo seguito al bando FSE “incremento dell’occupabilità e della partecipazione al mercato del lavoro per persone maggiormente vulnerabili”, riflettere sulla progettazione di una metodologia ed una organizzazione tra tutti i servizi e i soggetti interessati per definire un modello unico ed innovativo di riposte integrate al problema dei processi e dei percorsi di inserimento lavorativo.
Bacheca opportunità alternanza scuola–lavoro: proporre un punto di informazione e accompagnamento per i giovani del Valdarno per poter attivare i progetti di alternanza scuola-lavoro. Utilizzare gli spazi individuati con la mappatura fatta dalla specifica azione/progetto e accreditare tutta le attività del Social Point come luoghi per il tirocinio in oggetto. Presentare l’idea nelle diverse scuole entro la fine dell’anno per poter a settembre accogliere le richieste degli studenti.
Redazione Valdarno Social Journal: sede del comitato di redazione del giornale online che aderirà alla rete 100 passi di cui sarà una proiezione territoriale lavorando anche ad una sua identità forte e riconoscibile sulle tematiche di interesse locale legate a tutto ciò che è cultura e sociale. Al progetto hanno già aderito Libera, alcuni studenti dell’istituto socio-pedagogico di San Giovanni, il Forum della pace del Valdarno , L’associazione promozione sociale Aldebaran.
Rete Patti Smit: spazio di coordinamento, informazione, promozione, comunicazione e monitoraggio di tutte le azioni del Patto e regia operativa dello sviluppo della nuova progettazione. Gestione aree d’intervento strategiche del Patto: Abitare, Auto Aiuto, lavoro, prevenzione-infanzia/adolescenza in un’ottica generale e non solamente riconducibile all’area della salute mentale.
Sede Associazioni: l’Associazione Aldebaran, La Polisportiva Gambassi 2000, Cittadinanza Attiva Tribunale del Malato, sono già alcune delle associazioni che utilizzeranno gli spazi del Point come sede, sportello al cittadino e luoghi di diverse attività e progetti proposti secondo le diverse finalità di ciascuna.

Attività pomeridiane e serali con adolescenti e giovani in carico all’Ufsmia e all’Ufsma (sostegno scolastico, auto aiuto, socializzazione, formazione).

La concretizzazione di uno spazio porta a rendere disponibile il Social Point come luogo per tutte le attività associative svolte da diversi soggetti e per chiunque desideri usufruire di uno spazio, nel rispetto delle finalità del progetto Social Point Patti Salute Mentale Integrazione Territorio(SMIT).

 

2.3 The Net e Social Lab

Il 3 settembre 2016 a Montevarchi, in piazza Magiotti n.10 è stato ufficialmente inaugurato il Social Point-The net.

In precedenza era stata ipotizzata l’apertura di un unico spazio nel centro di Montevarchi, Il Social Point Patti Smit, su cui concentrare tutte le iniziative della rete di soggetti e associazioni del patto (The Net) e le attività proposte direttamente dal piano operativo e dalle diverse associazioni aderenti al sistema delle opportunità di rete per percorsi di volontariato, socializzazione, inserimenti lavorativi, cittadinanza attiva e alternanza scuola lavoro (The Lab).

Successivamente si è valutato di realizzare due spazi distinti ma dalle azione integrate.

In piazza Magiotti è aperto il Social Point-T he net, punto di informazione, formazione, orientamento e tutoraggio per cittadini , associazioni, servizi , scuole nei percorsi di socializzazione, volontariato e alternanza scuola lavoro. La conformazione di punto nevralgico delle attività permette di configurarsi come luogo da cui si coordineranno tutte le azioni del Patto Territoriale (vedi www.pattismit.it, schede progetto e newsletter per tutti gli aggiornamenti) e dove si promuoveranno tutte le iniziativi dei diversi portatori di interesse aderenti al Sistema delle Opportunità di rete mappato a livello di zona Valdarno.

Le azioni previste di rete presentate nel capitolo precedente sono ad oggi operative. In parallelo è stato già individuato un secondo spazio in cui confluiranno la promozione e l’operatività di tutte le attività previste come Laboratorio Artigianale con il nome di Social Point-The Lab.

FIGURA 2

FIGURA 2 - Mappa concettuale delle attività, sviluppate all’interno del Social Point - The Net


3. VALUTAZIONE DEI PATTI TERRITORIALI PER LA SALUTE

 

3.1 Piano di Valutazione

Riprendendo le linee guida sviluppate all’interno del progetto generale ritroviamo nelle azioni diffuse la mission di costruire un modello di valutazione del Patto territoriale e di costituire un gruppo denominato “Comitato dei garanti”. Il Comitato dei garanti è stato composto da figure eterogenee che non ricoprano ruoli istituzionali all’interno dei servizi o si qualificano a seconda del loro ruolo professionale; essi rappresentano un insieme di soggetti chiamati a monitorare lo sviluppo e l’efficacia delle singole azioni, attraverso l’assimilazione e strumentalizzazione di un piano di valutazione prodotto dall’esperto Emilio Vergani (Docente presso l’Università LUMSA di Palermo, Metodi e Tecniche della programmazione sociale; formatore, valutatore e analista dell’organizzazione, inoltre esperto di responsabilità sociale e bilancio sociale). Inoltre, in contemporanea, su proposta del settore politiche per l’integrazione socio sanitaria della regione Toscana, stiamo sperimentando un modello di valutazione che guardi in modo particolare agli esiti di impatto sociale rispetto al tema della Salute Mentale. Il mandato che motiva l’impianto valutativo, che di seguito viene proposto, proviene direttamente dalla struttura stessa del patto territoriale. L’impianto generale del patto infatti prevede che, a partire dal riconoscimento di alcuni punti critici delle comunità locali, si superi la logica dell’intervento meramente pubblico e volto a trovare soluzioni “pronte all’uso” e rispondenti ai bisogni sociali diffusi. Quest’ultimo approccio, ancora molto diffuso, produce infatti due ricadute molto gravi sulle comunità locali: anzitutto l’idea che a problemi comuni si debba contrapporre una soluzione prodotta dal pubblico (PA, enti locali ecc.) determina un approccio passivo da parte della cittadinanza, la quale si abitua a credere che vi sia una sorta di “sportello” che dispone delle soluzioni tecniche per i problemi sociali che via via si vanno configurando.

Questo approccio conferisce un enorme potere a questi segmenti del settore pubblico i quali, spesso peraltro, sono guidati da procedure burocratiche e forme di autotutela. Ma la seconda ricaduta grave consiste nella “disabilitazione” dei cittadini rispetto alla capacità di intervenire per trovare da sé soluzioni sociali, innescando altresì una forma di sottrazione della titolarità dell’azione.

Il patto per la salute mentale, proprio per la sua natura pattizia, prevede invece un coinvolgimento di più soggetti i quali, su un piano di riconoscimento reciproco e “orizzontale”, concorrono alla ricerca di soluzioni comuni per problemi riconosciuti come comuni. La forma che, nel patto, prendono gli interventi migliorativi è quella del progetto di intervento. Ogni progetto proposto dal patto risponde a una delle quattro aree di intervento individuate - prevenzione infanzia e adolescenza, abitare, lavoro, auto aiuto – e trova coerenza con gli altri progetti proprio sul piano dell’area di riferimento. Si comprende che il passaggio che può documentare il grado di successo del patto e del metodo da esso proposto consiste, in primo luogo, nella valutazione dell’impatto prodotto dai progetti realizzati. Ma per non cadere in contraddizione con la ratio promossa dal patto stesso non è possibile proporre un sistema di valutazione già definito e “pronto all’uso”. Ciò che occorre è la realizzazione di un percorso, per quanto possibile, di valutazione partecipata. Che cosa significa ciò? Prevalentemente ciò significa due cose: a) anzitutto che la valutazione non viene condotta solamente da una (o più) figura esperta la quale dovrebbe detenere il sapere tecnico capace di produrre le valutazioni corrette e attese. Si tratta di un’idea molto diffusa ma poco fondata (si pensi, solo per fare un esempio, alla scarsa qualità e poca affidabilità delle valutazioni proposte dai tecnici delle agenzie di rating internazionale) in quanto presuppone che la valutazione sia un mero processo di verifica, mentre la valutazione costituisce spesso un processo di ricerca e costruzione di significati condivisi da attribuire ai fatti, agli eventi, agli esiti di un intervento. Se tutto ciò è vero allora la ricerca e la costruzione di questi significati non può darsi con il solo lavoro di una figura tecnica ma richiede l’intervento attivo di tutti i portatori di interesse afferenti un dato intervento, a sua volta riconducibile a una delle quattro aree individuate. Ma questo discorso apre un secondo aspetto che riguarda la valutazione partecipata: non si tratta solamente di condurre in modo aperto la valutazione ma, nondimeno, di costruire in modo partecipato – fin dove possibile – alcuni aspetti del piano della valutazione e degli strumenti di rilevazione. Su queste basi proseguiamo nella tracciatura del piano di valutazione, lasciando poi al momento del lavoro partecipato con gli stakeholder il perfezionamento di alcuni passaggi. La teoria del cambiamento si colloca alla base del piano della valutazione. Nel caso del patto possiamo rintracciare due differenti livelli di “teoria del cambiamento”: quella contenuta nel patto stesso e quella contenuta in ogni singolo progetto. Per questa seconda si deve rimandare la ricostruzione a ogni singolo progetto, mentre la teoria del cambiamento contenuta nel patto è agilmente ricostruibile a partire dai documenti generali a disposizione. La teoria del cambiamento inerente al patto si trova ben chiaramente espressa in tre passaggi: il primo passaggio dice che “più si assottiglia il disagio/malattia più si vede la persona”; il secondo passaggio dice che “Il pieno riconoscimento della persona in quanto tale, con i suoi problemi e le sue risorse, con le sue paure e le sue aspettative, è il territorio su cui costruire cittadinanza e salute mentale” mentre l’ultimo passaggio riconosce alle comunità locali la titolarità di luogo dove si costruiscono le politiche sociali. Si può quindi affermare in primo luogo che il patto territoriale per la salute mentale ha come riferimento la costruzione di cittadinanza e di salute mentale; ma il patto riconosce che questo può avvenire laddove da un lato si riduce il disagio/malattia che nasconde e indebolisce la persona (e ciò può accadere con il metodo del recupero della persona, ossia con la Recovery) e, dall’altro, se si riconosce alle comunità locali (fatte da persone) la titolarità di luoghi in cui si costruiscono le strategie di cambiamento proprio volte alla crescita della salute mentale (e non solo). In altre parole, il cambiamento avviene se recuperiamo le potenzialità celate in ogni persona e riportiamo i luoghi decisionali là dove le persone vivono e si costruiscono come soggetti attivi, vale a dire le comunità – intese come luoghi attivi e capaci di senso e non passivi ricettori di decisioni prese altrove (Tavolo per la Rete italiana di Economia Solidale, 2013). Ad oggi, a circa dodici mesi dallo start up di alcune azioni/progetto del Patto, è iniziata la sperimentazione di questo modello valutativo su due azioni progetto che si trovano distintamente, una al compimento del primo anno ovvero l’apertura del sito Pattismit; mentre la seconda è l’attivazione del Pranz’arci che si trova al settimo mese di attività. In corrispettiva al modello di valutazione in precedenza evidenziato, le due azioni progetto, ad oggi, hanno visto la condivisione insieme al Comitato dei Garanti di un monitoraggio periodico suddiviso in tre, sei mesi per il Pranz’arci e un anno del sito Pattismit. Di seguito presentiamo una breve relazione dei progetti e dei dati raccolti su tre dimensioni.

 

3.2 Valutazione sito www.pattismit.it

Il sito www.pattismit.it nasce con lo scopo di progettazione e attivazione di un sito, al fine di rendere accessibile e promuovere ad ampio spettro il Patto territoriale salute mentale zona Valdarno, attraverso la creazione di una comunicazione sinergica e partecipata tra comunità e progetto. La particolarità del nome si rifà all’incontro a metà degli anni 90’ con l’esperienza della polisportiva Aurora di Prato; allora, per la prima volta ascoltando la Dott.ssa Lucilla Frattura e il Dottor Giuseppe Cardamone conoscemmo l’esperienza della carta di Prato Rotondo, per la costruzione partecipata di Patti Territoriali per la salute mentale sottoscritta il 12 e 13 giugno 1998 e fu lì che scoprimmo per la prima volta dell’acronimo Pattismit.

La ripresa dell’acronimo simboleggia un segnale chiaro e riconosce l’assoluta innovazione del processo da loro ideato e che permette, a noi oggi, di evidenziare la genialità di quel periodo storico per il tema della salute mentale. Il progetto del Valdarno, ha inseguito assunto obiettivi e di conseguenza percorsi assolutamente diversi, ipotizzando così la costruzione di un sistema di soggetti portatori di interesse in grado di promuovere politiche e quindi buone prassi all’interno di territori consapevoli e competenti. Oggi il sito si trova ad essere valutato, ad un anno, dalla sua messa in rete e ad avere quasi raggiunto tutti gli obiettivi specifici e generali prefissati all’interno dell’iniziale progettazione. Il sito rappresenta la piattaforma attraverso la quale il Patto persegue il fine informativo e di monitoraggio dell’andamento e attuazione in tempo reale di tutto quello che persegue e porta avanti il piano operativo del Patto.

Attraverso lo strumento di word press si è creato uno spazio accessibile a tutti per la consultazione e fruizione dell’informazione, attraverso una comunicazione interattiva per ampliare il principio di partecipazione attraverso la comunicazione informatica ad ampio raggio.

Il sito è stato sottoposto al modello di valutazione presentato precedentemente e presentano al Comitato dei Garanti in tre dimensioni 3 , 6 e 12 mesi. A differenza del progetto Pranz’Arci che presenteremo successivamente, la valutazione ha previsto la concertazione con il gruppo di lavoro di indicatori specifici, in modo da poter sperimentare un linguaggio comune e condivisibile su gli aspetti positivi e funzionali dello strumento.

La raccolta degli indicatori risulta essere facile, in quanto grazie all’utilizzo di google analitic, si verifica che il sito ha un andamento costante e risulta essere un buono strumento di comunicazione.

FIGURA 3

FIGURA 3 - Rappresentazione grafica, ripresa dal sistema google Analitic, rispetto agli indicatori.

Rendere pubbliche e trasparenti le diverse azioni progetto attuati dal Patto, facilita lo scambio d’informazioni e la possibilità di accesso al progetto ai portatori d’interesse, soprattutto attraverso l’utilizzo di una newsletter mensile che aggiorna direttamente chiunque abbia manifestato la voglia e la possibilità di essere aggiornato attraverso la sottoscrizione, ad essa tramite indirizzo email.

FIGURA 4

FIGURA 4 - Elenco iscritti alla Newsletter del sito.

Attualmente gli scritti come è possibile consultare dall’immagine sono in totale 43, lo strumento utilizzato per l’invio della newsletter è il sistema di Mailchimp, che permette la costruzione grafica delle notizie ma sopratutto è dotato di un sistema di restituzione dell’apertura e consultazione della Newsletter da parte degli iscritti. Le conclusioni finale dell’esperienza ad un anno all’avvio del sito pattismit permette di fare alcune considerazioni importanti ovvero come la rete è ormai oggi uno stile di vita, dove internet è diventata una grande opportunità anche per i temi che possono essere identificati come impegnativi; è qui che si nasconde il vero potenziale della comunicazione informatica concede di ampliare la platea di ascoltatori ma sopratutto getta le basi per parlare di cultura di salute mentale.

 

3.3 Valutazione Pranz’Arci

Il Progetto Pranz’Arci nasce dall’ipotesi di creare un’esperienza di formazione e socializzazione utilizzando e sperimentando un’attività che promuova la costituzione di un piccolo gruppo in formazione, mirato ad acquisire competenze in cucina e di gestione di una piccola mensa sociale. La concreta realizzazione di instaurare uno spazio per svolgere attività di mensa sociale è stata possibile mettendo in azione il principio risultante dal “Sistema delle Opportunità”, ovvero la trasversale ricerca azione, condotta da un’equipe interna, rispetto al territorio del Valdarno e definita come un azione/progetto del Patto; così creando i presupposti per realizzare un processo che vede la partecipazione attiva e condivisa di alcuni attori locali nella progettazione, attuazione e sostentamento del percorso/progetto.

Il progetto Pranz’Arci nasce su iniziativa del Patto e vede lo sviluppo di una collaborazione tra il Circolo Arci di Levane (Montevarchi, Ar) insieme alla società immobiliare Sinistra Progressista di Levane, raffiguranti il ruolo di proprietari e gestori dei locali dove è stata ipotizzata la preparazione dei pasti giornalieri (cucina attrezzata) e servizio mensa (spazio adiacente alla cucina). I due attori locali hanno in seguito stipulato un accordo con l’Amministrazione Comunale di Bucine, quale soggetto fruitore della mensa sociale, rispetto al proprio servizio di fornitura dei pasti a domicilio per i cittadini aventi diritto. La completa collaborazione e messa in rete territoriale del progetto, vede l’ulteriore coinvolgimento, sulla fornitura dei generi alimentari per la mensa, da parte della Coop. di Levane e l’inserimento dell’associazione Auser di Bucine come gestore del trasporto dei pasti a domicilio.

L’obiettivo generale del progetto, oltre a promuovere percorsi di formazione culinaria e di socializzazione mirata per favorire nuove occasioni d’inserimento lavorativo, si è declinato in obiettivi specifici che vedono ad oggi l’individuazione, in collaborazione al servizio di socio-riabilitazione di salute mentale del Valdarno, di tre giovani impiegati in progetti individuali riabilitativi (P.I.R.) per l’acquisizione di competenze nell’ambito culinario all’interno della piccola attività di ristorazione/mensa e gestione dello spazio adiacente, in modo da promuovere autonomia professionale.

Durante la fase progettuale del Pranz’Arci è stato previsto l’affiancamento di un figura professionale ovvero un cuoco, che insieme ai giovani tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, dalle ore 08:30 alle 11:30 prepara i pasti, favorendo così l’acquisizione di competenze rispetto alla gestione del menù e organizzazione della cucina, conoscenze sulla filiera corta e la dieta mediterranea, organizzazione e gestione della sala per la distribuzione dei pasti e rafforzamento ed espansione dell’attività di mensa sociale; senza dimenticare il fine ultimo racchiuso nella creazione dell’opportunità economica per la trasformazione da formazione a inserimento lavorativo continuativo. In sintesi ogni mattina il team della mensa sociale prepara mediamente 25 pasti giornalieri, che smista attraverso la distribuzione di all’incirca 21 pasti consegnati a domicilio da parte dei volontari Auser e di 4 pasti consumati nella mensa sociale, locale adiacente alla cucine, dai cittadini aventi diritto che vertano in condizioni di fragilità sociale e solitudine. A tal proposito è stato attivato contemporaneamente, un progetto di socializzazione, strutturato anch'esso con il servizio sociale di Bucine e l’associazione Atrac.to, che vede un giovane impiegato nell’aiuto del servizio di mensa sociale conviviale.

Il progetto ha preso avvio dal 1° Marzo 2016 e rappresentativo risulta, prima di approfondire alcune considerazioni finali, presentare una sintetica raccolta dati che evidenzia i cambiamenti e lo sviluppo del progetto in una dimensione semestrale.

MARZO 2016 - GIUGNO 2016
INSERIMENTO LAVORATIVO CON FORMULA PIR (Progetto Individuale Riabilitativo) 1
FIGURA PROFESSIONALE CUOCO 1
VOLONATARI AUSER PER IL TRASPORTO 2
INSERIMENTO CON PROGETTO DI SOCIALIZZAZIONE (Associazione Atracto) 1
VOLONTARI AUSER PER SUPPORTO CUCINA E GESTIONE MENSA 2
LUGLIO 2016 - SETTEMBRE 2016
INSERIMENTO LAVORATIVO CON FORMULA PIR (Progetto Individuale Riabilitativo) 2
FIGURA PROFESSIONALE CUOCO 1
VOLONATARI AUSER PER IL TRASPORTO 3
INSERIMENTO CON PROGETTO DI SOCIALIZZAZIONE (Associazione Atracto) 1
VOLONTARI AUSER PER SUPPORTO CUCINA E GESTIONE MENSA 2

TABELLA 1 Personale impiegato nel progetto

 

MARZO 2016 - GIUGNO 2016
PASTI A DOMICILIO GIORNALIERI 18
PASTI MENSA SOCIALE GIORNALIERI 3
PASTI PREPARATI 1575
PASTI CONSEGNATI A DOMICILIO 1350
PASTI CONSUMATI ALLA MENSA 225
ORE LAVORATIVE EFFETTIVE CUCINA 260
ORE LAVORATIVE EFFETTIVE TRAPORTO AUSER 156
ORE SOCIALIZZAZIONE 50
ORE LAVORATIVE VOLONTARI PER SUPPORTO ALLA CUCINA E MENSA AUSER 260
ORE LAVORATIVE PIR 260
LUGLIO 2016 – SETTEMBRE 2016
PASTI A DOMICILIO GIORNALIERI 18/20
PASTI MENSA SOCIALE GIORNALIERI 3
PASTI PREPARATI 2820
PASTI CONSEGNATI A DOMICILIO 2375
PASTI CONSUMATI ALLA MENSA 445
ORE LAVORATIVE EFFETTIVE TRAPORTO AUSER 490
ORE LAVORATIVE EFFETTIVE CUCINA 360
ORE SOCIALIZZAZIONE 120
ORE LAVORATIVE VOLONTARI PER SUPPORTO ALLA CUCINA E MENSA AUSER 360
ORE LAVORATIVE PIR
(NUOVI INSERIMENTI)
360
240

TABELLA 2 Fornitura pasti e monte orario lavorativo

 

L’esperienza del Pranz’arci si è basata sul schematizzare, scelte strategiche, per valorizzare quegli spazi presenti in modo da divenire risorse; dunque anche prendendo in considerazione la raccolta dati si evidenzia un andamento con carattere positivo sia sul piano del personale impiegato sia rispetto alla possibilità di aprire estendere il servizio mensa sociale anche ad altri cittadini non oggetto di interventi dei servizi sociali ad una tariffa comunque sostenibile. Il Pranz’Arci risulta infine un esperienza per vedere la fragilità come valore, anziché come difetto per la rimessa in gioco della propria identità e capacità professionale attuando un percorso di educazione a quello che deve divenire un territorio competente.


CONCLUSIONI

Il progetto Patto territoriale salute mentale zona Valdarno ha circa la metà delle azioni/progetto, delle diverse aree di intervento, proposte nel piano operativo, ad oggi avviate. Il continuo lavoro di incontro/confronto con i portatori d’interesse ha delineato un carattere generativo, portando a definirne nuove o a modificare strategie rispetto a quelle inizialmente proposte; sarà necessario tutto l’anno solare 2017 per avere l’avviamento del progetto in tutte le sue parti, in modo da consolidare e valutare la buona pratica. Il piano valutativo brevemente presentato e la raccolta dati attualmente disponibile permette di principiare una riflessione sul senso e la visone globale del progetto; mirando a confermare anche l’ipotesi iniziale perseguita, ma sopratutto rispetto all’analisi delle azioni già attive, ci orienta sempre più a misurare due indicatori che riteniamo determinanti a conferma di tutto il processo concettuale su cui abbiamo costruito il Patto.

Il Patto territoriale non è solamente uno strumento di lavoro/progettazione per lavorare in ambito sociale, ma propone una metodologia diversa di costruzione di reti territoriali all’interno di una comunità, finalizzate a promuovere cultura e scelte/politiche competenti, consapevoli e partecipate dai diversi soggetti/cittadini portatori di interesse. I percorsi di salute e quindi di salute mentale si definiscono sempre più nel pieno riconoscimento dei diritti di cittadinanza che possono avere piena esigibilità attraverso accordi/patti territoriali. Il Metodo su cui abbiamo lavorato è facilmente adattabile a contesti diversi e bisogni diversi purché al centro del progetto rimanga la persona nella sua soggettività, lo sviluppo delle capacità individuali ed il capitale sociale delle singole persone coinvolte nelle azioni, nei diversi contesti creati e nella comunità sviluppati dal Patto in risposta a bisogni/diritti attraverso una logica non di cura, ma di accrescimento delle capacità di promuovere risposte adeguate, individuali e collettive.


BIBLIOGRAFIA

Bartolucci G., Cuculi F., Testi S., Vergani E., (2006), Riabilitazione Psichiatrica in Valdarno, Magma Edizioni, Pesaro.

Rosiello L. e Trombetta C.,(2007) La ricerca-azione, il modello di Kurt Lewin e le sue applicazioni, Erickson, Trento.

Tavolo per la Rete italiana di Economia Solidale, (2013), Un’economia nuova , dai Gas alla Zeta, Altra Economia, Milano

Patti Smit, Carta di Pratorotondo, giugno 1998