Prosciolti per incapacità di intendere e di volere. Criticità reali e disastri possibili dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari.

Autore
Antonio Mastroeni1

1 Dipartimento di Salute Mentale di Como - Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Lariana

Consegnato il 31 marzo 2016 rivisto il 16 maggio 2016 accettato il 23 giugno 2016

RIASSUNTO

La legge n.81/2014, che sancisce la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani, non ha messo in discussione l’affidabilità del concetto di pericolosità sociale in psichiatria, che risale al codice penale del 1930. Ciò è in sostanziale discontinuità con la legge di riforma psichiatria n. 180/1978, che cancellava il concetto di pericolosità sociale dalla legislazione civile e riconduceva tutta la questione psichiatrica alla legislazione sanitaria. La legge n.81 comanda la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, spacciandola per una continuità con la chiusura dei manicomi, mentre la legislazione penale rimane del tutto invariata. La stessa legge prevede piccole strutture decentrate sul territorio, le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), di non più di 20 letti. Esse sono proliferate in forme diverse da una regione all’altra e in 6 regioni mancano totalmente, creando notevoli problemi ai Dipartimenti di Salute Mentale e il diffondersi di molte strutture private.

Le criticità rilevate nell’applicazione della legge n. 81 sono:

Occorre uscire dalla retorica dell’anti-manicomialismo e impegnarsi in un lavoro di riflessione a partire dai presupposti giuridici cui dobbiamo riferirci e dalla definizione di percorsi giudiziari che devono essere trasparenti.


ABSTRACT

The law n.81/2014, which stipulates the closure of Italian Judicial Psychiatric Hospitals, did not put into question the reliability of the social dangerousness concept in psychiatry, which dates back to the penal code of 1930. This is a substantial break with the psychiatric reform, tne law n. 180/1978, that erased the concept of social dangerousness from civil legislation and led back the whole psychiatric matter to the health legislation. The law n. 81 commands the closing of the Judicial Psychiatric Hospitals, passing it off for a continuation of the closure of mental hospitals, while the criminal law remains completely unchanged. The same law provides small decentralized structures in the community, the Residences for the Excution of Security Measures (REMS), no more than 20 beds. They have proliferated in different forms from one region and in 6 regions totally lacking, creating significant problems for the Mental Health Department and the spread of many private structures. The critical issues identified in the application of the law n. 81 are:

  • a. Conflict between state powers;
  • b. Lack of involvement of the judiciary;
  • c. Improper use of the law as a political tool;
  • d. Confusion between legal infirmities and clinical illness;
  • f. Underestimation of clinical heterogeneity of the mentally ill;
  • f. Inappropriate solutions and impact on Mental Health Departments;
  • g. Image damage of psychiatric patients;
  • h. Failure to draw up an evaluation system.

It must exit the anti-asylum rhetoric and engage in a process of reflection since the legal conditions to which we must refer and from the definition of legal paths that should be transparent.


Premessa

Sono trascorsi oltre 5 anni da quell’estate del 2010 in cui una Commissione di Inchiesta del Senato, presieduta dall’allora senatore Ignazio Marino denunciò all’opinione pubblica le condizioni di degrado presenti in quasi tutti gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) del nostro paese. L’inchiesta, corredata dalla pubblicazione di eloquenti immagini, documentava l’inciviltà di quelle strutture ed ebbe un effetto di accelerazione sul trasferimento -già in atto- alle Regioni e al Servizio Sanitario Nazionale della responsabilità gestionale dei servizi sanitari delle carceri e degli stessi OPG. Del resto, l’unico OPG che venne trovato in condizioni civili, quello di Castiglione delle Stiviere (Mantova), per scelte della politica locale, era nato nel 1938, come ospedale a gestione sanitaria, con controllo perimetrale da parte della polizia penitenziaria.

L’opinione pubblica fu informata che esistevano ospedali psichiatrici “giudiziari” che non erano stati coinvolti nella riforma del 1978 (1). Si trattava, infatti, di strutture, previste dalla legislazione penale vigente, riservate a soggetti autori di reato, giudicati non imputabili per una “infermità mentale” e quindi non punibili. Data la non punibilità, questi soggetti, sottoposti a “misure di sicurezza” venivano internati negli OPG per le necessarie cure finché permaneva la condizione clinica e la “pericolosità sociale”. Negli anni precedenti, la legislazione penale che sta alla base della psichiatria giudiziaria o forense, era stata oggetto di proposte di revisione. Ben quattro commissioni parlamentari -l’ultima, la Commissione Pisapia nel 2006 (2)- avevano rivisto le norme in materia di imputabilità riscuotendo importanti consensi da parte degli addetti ai lavori. Dal canto loro, professionisti del settore e società scientifiche (a partire dalla Società Italiana di Psichiatria e dalla Società italiana di Criminologia) avevano messo in discussione –nel solco della citata legge 180 del 1978– l’affidabilità del concetto di pericolosità sociale applicato alla psichiatria (3). Ciònonostante, anziché affrontare alla radice i presupposti dell’esistenza degli OPG, gli stessi vennero considerati una sorta di anacronistico residuo dei vecchi manicomi, un contenitore da svuotare in tempi brevi e da ricondurre nell’ambito della psichiatria, al di là dei problemi clinici e giuridici. Questa impostazione, vanamente contrastata da gruppi di professionisti e da esponenti del mondo scientifico (4), fece sì che le successive iniziative legislative fossero orientate a disporre per legge la chiusura degli OPG a legislazione penale sostanzialmente invariata.


La Legge 81 del 2014: sostituzione degli OPG con nuove residenze

Una volta adottata la scelta di non modificare la legislazione penale all’origine degli OPG, nel 2012, nell’ambito di una legge intesa a ridurre il sovraffollamento delle carceri (5), venne inserito un articolo sul “definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari” che individuava in nuove Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), le strutture che avrebbero dovuto sostituire gli OPG in costanza della vecchia normativa. Nella sostanza, la legge confermava l’impianto giuridico degli ospedali psichiatrici giudiziari, fatta salva la loro sostituzione con strutture residenziali diffuse a livello regionale, maggiormente collegate ai servizi territoriali, soprattutto psichiatrici. Dopo un’iniziale rinvio dell’applicazione della norma, nel 2014 la legge 81 (6) stabilì che entro un anno, esattamente il 31 marzo del 2015, tutti gli OPG dovevano essere chiusi, nonostante le citate REMS non esistessero se non sulla carta. Per decisione dei ministeri coinvolti, le Regioni furono allora autorizzate ad utilizzare -in via transitoria- strutture pubbliche e private, disposte ad accogliere pazienti ex-OPG, aprendo la strada ad una proliferazione di soluzioni organizzative diverse. Nessun provvedimento venne però assunto per definire i nuovi percorsi clinici e giudiziari dei soggetti prosciolti per infermità mentale, fatto salvo un appello alle Regioni, in quanto titolari dell’assistenza sanitaria, a farsi carico attraverso i servizi psichiatrici territoriali (Dipartimenti di Salute Mentale: DSM) del trattamento dei soggetti in precedenza inviati agli OPG. Nonostante le suddette scelte fossero sostenute da una retorica anti-manicomiale e apparentemente ispirate a riportare il trattamento di malati all’ambito dei servizi sanitari, una conoscenza anche sommaria della legislazione penale in materia di imputabilità e di pericolosità sociale, da un lato, e della legge che regola i servizi psichiatrici territoriali, dall’altro, avrebbe consentito di prevedere le problematiche che la nuova normativa avrebbe creato.


I Servizi Psichiatrici dopo la Legge 180 del 1978

È noto che la legge 180 del 1978 (1), oltre a ribadire il diritto costituzionale alla volontarietà –di norma– degli accertamenti e dei trattamenti sanitari, aveva definito le procedure per i trattamenti sanitari obbligatori (TSO) per malattia mentale, disposti con provvedimento del sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, su proposta motivata di due medici. A differenza del passato, la legge non prevede la pericolosità del soggetto come motivo del ricovero ma solo la presenza di “alterazioni psichiche ” e di circostanze tali da renderlo necessario (Tabella 1).

Tabella 1 Mastroeni

Essendo il TSO un provvedimento con finalità terapeutiche, non è previsto alcun intervento del magistrato se non ai fini di una tutela giurisdizionale sulla legittimità della procedura e sulla correttezza dell’operato dei sanitari, nonché a garanzia della possibilità di opposizione al provvedimento. Il comportamento dei sanitari è soggetto, quindi, al giudizio del magistrato, ma mai la persona del paziente. Per questa funzione viene designato un magistrato civile: il giudice tutelare (Tabella 2). La legge precisa, inoltre, che i trattamenti sanitari obbligatori “devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato” con ciò presupponendo la capacità del paziente di esprimere un consenso valido.

Tabella 2 Mastroeni

Si comprende la portata innovativa della legge di riforma psichiatrica, confrontandola con la normativa della legge del 1904 (Disposizioni sui manicomi e sugli alienati) (7) ed il successivo regolamento del 1909 (8) che assoggettavano l’assistenza psichiatrica al rigido controllo del magistrato penale. Il ricovero in manicomio era previsto quando il soggetto era considerato “pericoloso per se stesso o per gli altri o di pubblico scandalo”. La legge prevedeva l’intervento della Procura e del Tribunale e la notifica all’Autorità di Pubblica Sicurezza sia in fase di ammissione che di dimissione. In caso di urgenza, l’autorità locale di pubblica sicurezza poteva disporre un ricovero urgente senza attendere l’autorizzazione del pretore. In ogni caso, il direttore dell’Ospedale Psichiatrico non poteva ammettere né dimettere un paziente se non in via provvisoria (Tabella 3).

Tabella 3 Mastroeni

Persino nel caso in cui un individuo richiedesse il ricovero, il direttore poteva accoglierlo ‘in osservazione’ solo in caso di urgenza e sotto la sua personale responsabilità, salvo darne comunicazione entro 24 ore al procuratore e all’autorità di pubblica sicurezza. Solo la legge 431 del 1968 (9) introdusse la possibilità di ricoveri volontari nei manicomi, sospendendo –tra l’altro- in questi casi l’obbligo di notifica all’Autorità di Pubblica Sicurezza, modificando –di fatto– lo stato giuridico di questa categoria di pazienti. Si dovette però attendere la legge 180 per il pieno inserimento nel sistema sanitario del trattamento sia volontario che obbligatorio dei disturbi mentali. Con la stessa legge, infine, si completò il passaggio dell’organizzazione psichiatrica dalle Province al Servizio Sanitario Nazionale costituito nello stesso anno con la legge 833/1978 (10). Quest’ultima legge, incluse integralmente al suo interno la legge 180. Le malattie mentali vennero così considerate, dal punto di vista della legge, al pari di qualsiasi altra patologia.


Incapacità di intendere e di volere: il percorso dei “prosciolti”

Nel frattempo, tuttavia, i pazienti psichiatrici coinvolti in vicende giudiziarie di tipo penale, dovevano fare i conti con il permanere di una legislazione penale ancorata al codice del 1930 (11) e di una legislazione civile basata sul Regio Decreto del 1942 (12). Se in campo civilistico, la legge del 2004 che istituì la figura dell’Amministrazione di Sostegno integrò, quanto meno, gli istituti civilistici della interdizione e della inabilitazione, la legislazione penale continuò ad avere effetti culturali e pratici sull’assistenza psichiatrica. Il codice penale, infatti, considera imputabili e quindi punibili per un delitto le persone capaci intendere e di volere, cioè capaci di comprendere le implicazioni dei propri atti e di autodeterminarsi per il raggiungimento un fine (Tabella 4).

Tabella 4 Mastroeni

La legge esclude in ogni caso l’imputabilità dei minori di 14 anni mentre considera non punibili le persone che “al momento di compiere un delitto” presentino una infermità che configuri un “vizio di mente”. Il vizio può essere totale (Tabella 5) o parziale; nel secondo caso la responsabilità penale è diminuita ma non esclusa.

Tabella 5 Mastroeni

Nonostante una trattazione giuridica di questi temi esuli dagli scopi di questo scritto, è essenziale cogliere tre aspetti essenziali:

La giurisprudenza conferma che le alterazioni cliniche che influiscono sulla capacità di intendere e di volere non sono solo le malattie mentali ‘funzionali’, oggi definite ‘disturbi psichici’, ma anche le malattie cerebrali di natura neurologica, i traumi cranici, le intossicazioni croniche da sostanze e le malattie somatiche di origine infettiva, tossica, metabolica, professionale. La sentenza della Corte di Cassazione del 2005 (13), va oltre affermando che “vi possono essere situazioni clinicamente non rilevanti o classificate che in ambito forense assumono valore di malattia in quanto possono inquinare le facoltà cognitive e di scelta”.


Le misure di sicurezza e il regime del doppio binario

Per le persone prosciolte, in quanto non imputabili per “vizio di mente” sussistente al momento di compiere il reato, il codice penale prevede 'misure di sicurezza' alternative al carcere. Fino a una recente sentenza della Corte Costituzionale (vedi avanti), la misura di sicurezza ‘obbligatoria’ consisteva nell'internamento in manicomio giudiziario per il quale era previsto un periodo minimo ma non un massimo. Venne coniata l'espressione 'doppio binario' in quanto il colpevole di un delitto si trovava di fronte a due percorsi: il primo, destinato alle persone consapevoli (per il codice 'capaci di intendere e di volere') che conduceva al carcere per un periodo definito; il secondo, destinato alle persone considerate 'incapaci' che prevedeva la ‘misura di sicurezza’ dell'ospedale psichiatrico giudiziario, rinnovabile, in caso di persistenza della condizione. Si verificarono casi di proroga indefinita della misura di sicurezza, non motivati da problemi clinici ma da difficoltà di reinserimento nella comunità. Solo nel 2003, la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’articolo 222 del codice penale che vietava al giudice di adottare misure di sicurezze diverse dal ricovero in OPG (14).


Capacità di intendere e di volere e validità del consenso nelle Leggi 180/833

Riferendoci alla legge 81 del 2014 abbiamo scritto che la necessità di superare gli OPG venne presentata all’opinione pubblica come doveroso completamento della Legge 180, come se la permanenza degli OPG fosse stata una sorta di ‘omissione’ dei legislatori del 1978. In realtà, è chiara la scelta di quei legislatori di recuperare integralmente la psichiatria al mondo sanitario e di sottrarla alla competenza del sistema penale. La legge 180 rovescia l’impostazione della legge del 1904, presupponendo la “capacità” di intendere di volere dei soggetti sottoposti a TSO, salvo prova contraria ed attribuisce al soggetto la possibilità di ricorrere contro l’ordinanza di ricovero, riconoscendone implicitamente la competenza giuridica e la capacità di esprimere un valido consenso, al di là della presenza del disturbo mentale. Anche rispetto al codice civile, la legge considera il paziente “capace di provvedere ai propri interessi” nel momento in cui prevede l’abolizione del tutore obbligatorio. Volutamente, l’accertamento della eventuale pericolosità e incapacità venne circoscritto all’ambito penale.


Criticità dopo l’approvazione della Legge 81/2014

Vediamo ora le criticità della legge 81, tutte largamente prevedibili al momento della sua promulgazione, che tuttora determinano gravi difficoltà di applicazione.

a) Conflitto tra poteri dello Stato

La prima criticità che ha condotto a un conflitto di poteri dello Stato, è determinata dalla sottovalutazione della complessa ripartizione di responsabilità, in materia sanitaria, tra Stato e Regioni che prevede: traduzione del provvedimento legislativo nazionale in complessi trasferimenti finanziari alle Regioni; successiva programmazione regionale, implementazione di modelli operativi ed infine creazione di servizi. Di fatto, si sono verificate differenti velocità di realizzazione per cui ad oggi (Febbraio 2016) –a quasi 2 anni dalla scadenza prevista della legge- 6 Regioni su 20 non dispongono di alcuna struttura alternativa all’OPG mentre 14 sono all’inizio del processo di cambiamento, avendo comunque attivato nel complesso 20 strutture (Figura 1). Di recente (Febbraio 2016) il governo ha nominato un commissario per forzare le Regioni alla chiusura degli OPG mentre la Conferenza Stato-Regioni, dal canto suo, ha espresso parere negativo sulla nomina.

Figura 1 Mastroeni

b) Mancato coinvolgimento della Magistratura

Una ulteriore criticità è determinata dal mancato coinvolgimento della magistratura. È noto che le Regioni, pur avendo acquisito competenze in materia di sanità penitenziaria non hanno competenze in materia giudiziaria. La legge, peraltro, non ha previsto alcun protocollo nazionale di collaborazione tra magistrati e responsabili sanitari: incredibilmente, nel momento in cui dispone il trasferimento degli internati in OPG nelle istituende nuove REMS, non dà alcuna indicazione sui percorsi dei nuovi prosciolti per infermità mentale. Mentre le Regioni hanno presto dovuto fare i conti con la sistemazione dei nuovi ‘prosciolti’ per infermità mentale, il coordinamento dei ministri, istituito ad hoc, ha continuato a ritenere il problema degli OPG come un semplice problema di svuotamento delle vecchie strutture.

c) Uso improprio della legge come strumento politico

Nella consapevolezza della inesistenza delle strutture sostitutive e nella totale incertezza sui nuovi percorsi giudiziari, la legge – anziché normare la materia – è stata concepita come strumento di pressione politica per forzare la trasformazione. Inevitabile, in questo contesto, l’eterogeneità dei modelli adottati dalle singole Regioni, a prescindere dalla lentezza dell’attribuzione di finanziamenti centrali.

d) Confusione tra infermità giuridica e infermità clinica

Un ulteriore non scusabile equivoco ha contraddistinto la conduzione della vicenda OPG. Avrebbe dovuto essere evidente che l’infermità mentale definita dal nostro codice penale come “incapacità di intendere e di volere” non è una nozione clinica ma giuridica. Non si troverà nel codice penale una definizione di infermità se non in termini di incapacità. La stessa “psichiatria giudiziaria” costituisce un’attività ad alta specializzazione che si misura con le caratteristiche cliniche dei soggetti da riconoscere giuridicamente infermi.

e) Sottovalutazione dell’eterogeneità clinica degli infermi di mente

Abbiamo richiamato sopra il fatto che la popolazione dei ‘prosciolti’ per infermità mentale è costituita, nella realtà, da un insieme di soggetti con patologie che fanno riferimento, nell’attuale disegno dei servizi, a settori differenti del sistema socio-sanitario: disturbi psichiatrici nel senso corrente del termine, disturbi neurologici e demenze, ritardo mentale, intossicazioni croniche da sostanze, malattie metaboliche, infermità fisiche, ecc. che hanno indotto condizioni psichiche transitorie, ma rilevanti ai fini del proscioglimento (Figura 2). Per i suddetti motivi, il potenziamento dei servizi psichiatrici è utile e necessario, ma non è risolutivo delle esigenze di trattamento dei prosciolti.

Figura 2 Mastroeni

f) Soluzioni inappropriate ed impatto sui DSM

L’aver ignorato la suddetta asimmetria concettuale ha dato origine a molteplici equivoci tra i quali l’identificazione pressoché esclusiva dei servizi psichiatrici ordinari (DSM) come sede di soluzione del problema OPG. Si è così assistito, data l’inesistenza o la larga insufficienza delle strutture alternative, al crescere degli invii ai DSM da parte dei magistrati con conseguenti ricoveri impropri nelle strutture dei servizi psichiatrici territoriali, spesso nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura ospedalieri sia allo scopo di effettuare accertamenti peritali, sia per l’esecuzione di misure di sicurezza. Al di là della evidente confusione generata da questi invii, l’utilizzo spesso improprio dei DSM, oltre a non corrispondere né alle finalità del sistema sanitario né a quelle del sistema giudiziario, comporta in genere l’adozione di misure di sicurezza che inevitabilmente modificano l’ambiente terapeutico della totalità dei pazienti.

g) Danno d’immagine per i pazienti psichiatrici

Se la normativa introdotta dalla riforma psichiatrica del 1978 aveva contribuito a dissociare, anche nell’immaginario collettivo, il rapporto tra psichiatria e pericolosità sociale, sottolineando la responsabilità civile e penale dei soggetti con disturbi psichiatrici, la nuova normativa ottiene l’effetto contrario. Tanto più che nel caso di soggetti autori di reato, anch’essi potenziali vittime di pregiudizi, l’evidenza del reato commesso è purtroppo reale e non inferita arbitrariamente da un quadro clinico.

h) Mancata predisposizione di un sistema di valutazione

“Last but not least”, nella tragica inadeguatezza della nuova normativa, il problema di una valutazione delle conseguenze sulle persone, acquista una valenza drammatica. In realtà, oltre a non definire un modello di management di percorsi alternativi a quelli tradizionali basati sull’invio in OPG, non è stato creato un sistema informativo nazionale adeguato per monitorare e valutare gli esiti dei diversi percorsi dei ‘prosciolti’. Anche in questo caso, ci si è preoccupati di monitorare lo “svuotamento” degli OPG come se questo fosse risolutivo del problema.


Considerazioni conclusive

Di fatto, gli OPG continuano ad ammettere nuovi soggetti “prosciolti per incapacità”, ma questa prassi è destinata a concludersi, se non altro con un cambiamento di etichetta delle vecchie strutture. I luoghi della psichiatria giudiziaria sono comunque cambiati. Se la disseminazione delle nuove REMS ha finora (Febbraio 2016) realizzato 20 strutture, esiste però un numero crescente di strutture residenziali, soprattutto private, convenzionate con i Servizi Sanitari Regionali. Numerosi, infine, sono i soggetti ricoverati in modo improprio in strutture dei DSM. E’ urgente, quindi, la necessità di sistemi adeguati di monitoraggio e valutazione dei nuovi contesti istituzionali. Anche i progetti previsti di potenziamento dei DSM si stanno diffondendo in modo non omogeneo, in assenza di qualsiasi visione nazionale. Del resto, nella evidenza della avvenuta diaspora delle strutture di psichiatria giudiziaria, non esiste un’analisi della portata generale del fenomeno e del peso quantitativo e qualitativo dei diversi comparti. Non si deve dimenticare che oltre alla limitata quota di ‘prosciolti’, la gran parte dei pazienti autori di reato con problemi mentali è considerata capace e – di conseguenza – sconta la pena in carcere, dove si ipotizza una prevalenza ‘a due cifre’, in carenza di dati certi. Va detto, che negli ultimi anni è avvenuto, comunque, un importante potenziamento della sanità penitenziaria.

Alcuni tentativi di affrontare le criticità sopra riscontrate sono stati già messi in atto spontaneamente da magistrati e clinici in uno spirito di collaborazione, come il Protocollo adottato a Como a partire dal 2013 (15), attualmente fatto proprio dalla Regione Lombardia. Sempre in Lombardia è in atto un tentativo di superare i limiti di progettazione più gravi delle REMS, che al di là delle piccole dimensioni rischiano di diventare contenitori indifferenziati di tipo manicomiale. È in corso, infatti, la trasformazione dell’ex-OPG di Castiglione delle Stiviere in un presidio “multi-REMS” dove queste ultime verranno differenziate sulla base delle problematiche cliniche (oltre a una REMS ‘accoglienza e valutazione’, residenze per ritardo mentale, disturbi di personalità, psicosi); lo stesso presidio è già in grado di effettuare una supervisione dei casi nei servizi periferici, ovviamente privi di competenze specialistiche. Nello stesso tempo, la Regione ha investito notevoli risorse per la creazione di gruppi di lavoro territoriali per favorire l’inserimento sociale dei soggetti che hanno completato il percorso riabilitativo. Questa sperimentazione è messa a rischio, paradossalmente, dalla insufficienza dei parametri strutturali e di risorse umane previsti per le nuove “REMS” ed in ogni caso non è rappresentativa del quadro nazionale.

Che fare quindi? Certamente occorre uscire dalla retorica dell’anti-manicomialismo e impegnarsi in un lavoro di riflessione a partire dai presupposti giuridici cui dobbiamo riferirci e dalla definizione di percorsi giudiziari che devono essere trasparenti. Nostro intento era solo individuare le criticità della situazione determinata dalla legge 81/2014, rinviando a un lavoro necessariamente successivo una riflessione sulle possibili vie d’uscita.


Bibliografia

1) Legge 13 maggio 1978, n. 180 "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori". www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_888_allegato.pdf

2) Ministero di Giustizia: Commissioni di studio anni 1988-2008 Commissione Pisapia - per la riforma del codice penale (27 luglio 2006) www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_7_6_1.wp

3) Enrico Zanalda, Claudio Mencacci: Percorso di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari in Italia. L’impatto sui dipartimenti di salute mentale. L’opinione della Società Italiana di Psichiatria. Rassegna penitenziaria e criminologica. 2013;17(1)25-47.

4) Carta per il Superamento delle Logiche Manicomiali. Un contributo per la chiusura degli OPG. Psychiatry on line, 2014. www.psychiatryonline.it/node/5011

5) Legge n.9 del 17/02/2012 “Conversione in legge, con modificazioni, del DL n. 211 del 22/12/2011, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”.

6) Legge 30 maggio 2014 N.81 : G.U. Serie Generale n. 125 del 31.5.2014. www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/5/31/14G00093/sg

7) Legge 14 febbraio 1904 n. 36: Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/fileadmin/risorse/Materiali/Legge_14_febbraio_1904.pdf

8) Regio Decreto 16 Agosto 1909 n. 615: Regolamento sui manicomi se sugli alienati. http://www.roma.itc.cnr.it/vecchio/RD/rd160809n615.htm

9) Legge 18 marzo 1968, n. 431. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1968/04/20/068U0431/sg

10) Legge 23 dicembre 1978, n. 833: Istituzione Servizio Sanitario Nazionale: art.33, 34, 35. www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1978-12-23;833

11) Codice Penale R.D. 19.10.1930, n. 1398. www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/10/30/codice-penale

12) Codice Civile R.D. 16 marzo 1942, n. 262. www.altalex.com/documents/codici-altalex/2015/01/02/codice-civile

13) Corte di Cassazione Sezioni Unite, Sentenza del 25 gennaio 2005 n. 9163. www.ristretti.it/areestudio/giuridici/leggi/capacita.htm

14) Corte Costituzionale, Sentenza n° 253/2003 del 18.07.2003 G.U. n. 43 22 febbraio 1904 n. 043. www.ristretti.it/areestudio/giuridici/studi/ricovero.htm

15) Protocollo di intesa sottoscritto tra le Autorità locali riguardante il "Coordinamento degli interventi giudiziari, sanitari e di ordine pubblico relativi a pazienti psichiatrici coinvolti in vicende giudiziarie”. www.tribunale.como.it/it/News/Detail/1625

 


L’autore dichiara che il presente articolo non ha alcuna fonte di finanziamento e non esiste alcun conflitto di interesse.